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Autore: TheMask    07/08/2013    3 recensioni
Ognuno a la sua dipendenza, no?
La mia dipendenza è quella della vita.
Si, la mia droga è quella. La vita.
Vorrei smettere, ma non ci riesco.
E anche se sono contraddittorio, anche se sono un idiota forse, anche se non sono altro che un mafioso del cazzo ormai, io riuscirò ad avere la mia dose di vita.
La vera vita.
La vera vita è essere il numero uno. E’ avere Matt.
E io raggiungerò tutte e due le cose.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Matt, Mello | Coppie: Matt/Mello
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Buondì,
avverto solo che ho scritto questa "cosa" alle due di notte in un momento di pura insonnia: siete avvisati, non ho molto ben il controllo di ciò che ho scritto.
Vedete un po' voi...



Me lo sono chiesto spesso, cosa voglia dire essere forte.
Intendo dire, cos’è davvero la forza? Quando, guardando una persona, pensi che essa è forte?
La forza può manifestarsi in molti modi diversi, ma quella vera, quella che vedi negli occhi di una persona che ti sta fissando, quella che vedi non nei muscoli o nelle pistole, e neanche nel potere – spesso scambiato con la forza – cos’è?
Cosa significa, forza?
Cosa da, cosa richiede? La si acquisisce? La si ha?
La forza non sta in ciò che si pensa, a mio parere.
Ne ho visti tanti, uccidere senza battere ciglio, sparare a persone innocenti, persone indifese che non meritavano di finire così la loro esistenza.
Ma non ho mai trovato che in questo gesto ci fosse veramente la forza che io intendo, o quantomeno non nei carnefici.
Nelle vittime c’è, qualche volta, quella forza che io intendo. Quando le persone forti capiscono che a secondi la loro vita non ci sarà più, che non c’è più da sperare e che tutto ciò che anno vissuto, da quando correvano ad abbracciare i genitori dopo essere inciampati a quando studiavano e non ne avevano voglia, a quando amavano qualcuno e a quando facevano cazzate verrà distrutto , non sembrano spaventate.
Si accende qualcosa nei loro occhi, qualcosa che cambia tutto. E quello che ha in mano la pistola diventa il perdente, all’improvviso.
Queste persone non piangono prima di morire, non tentano di scappare in modo ridicolo. Queste persone affrontano il pericolo, anzi, la morte, a viso aperto. Guardano il loro assassino con degli occhi che esprimono infinitamente più cose che semplici parole.
Esprimono tutto quello che c’è stato e che ora non è che un fottuto granello in una spiaggia. Da quando piangevano da bambini per un taglietto, a quando si facevano amicizie al liceo, a quando si innamoravano, a quando soffrivano, a quando facevano cazzate. E esprimono sfida.
Dai, sembrano dire, cancellami! Toglimi di mezzo, uccidimi, fammi fuori! Tutto quello che ho vissuto sarà dissolto, ma non me ne fotte più niente, perché, cazzo, sono pronto a morire, ma non ti darò la soddisfazione di vedermi piangere, supplicare. Perché sono forte, più di te.  
Certo, da morte le persone sono tutte uguali. Corpi vuoti e banalmente accasciati in pozze di sangue.
Ne ho visti troppi perché mi impressioni.
Se sei forte non sei diverso, da morto, sei diverso da vivo. Sembra una cosa ovvia, ma non tutti si rendono conto che ognuno di noi può morire in modo ridicolmente umiliante, senza alcuna eccezione.
I codardi e i duri. Non c’è differenza, perché il tuo sistema nervoso ti farà piangere lacrime salate anche se non vuoi, se qualcuno di ficca un coltello nel braccio o ti strappa un dito.
Tutto sta in quel secondo, prima della morte. Prima.
Allora la forza è saper affrontare le cose senza paura del rischio più grande: la morte?
Ma non è vero.
Quanti stupidi si sono lanciati nelle braccia della morte solo perché erano idioti, senza un briciolo di forza o di coraggio? Solo troppo stupidi per rendersi conto.
Non è la paura il punto, forse.
Forse è la consapevolezza di ciò che si è. Se sai chi sei è molto più facile che tu abbia paura di perdere te stesso.
Cazzo è così difficile conoscere se stessi che pensare che basta un attimo, un proiettile, una mina vagante a spegnerti mette inevitabilmente addosso una certa angoscia, no?
E allora la forza può essere una cosa che ti spinge a non temere di cambiare completamente in un istante, anche di morire – che è il modo più radicale di cambiare – anche se sai chi sei e anche se hai delle cose a qui tenere, persone per qui vivere che non potrebbero più capirti?
La forza è saper cambiare? Non avere paura del cambiamento e delle sue conseguenze?
Può anche essere.
Ma io sono forte?
Chi sono io?
Un ragazzo biondo molto freddo e lucido, un assassino anche, un amico per qualcuno, un pericolo per altri, una persona che sa quello che vuole e a volte è confusa sul perché.
Per esempio, perché voglio superare Near e non farmelo amico? Perché lo desidero dall’altro lato della linea anche se so che solo insieme siamo qualcosa di perfetto? Che ci completiamo?
Perché lo odio, ma perderei una grandissima parte di me stesso, se lui morisse?
Ho forse paura di non poter trovare un avversario che lo sostituisca e che sia alla sua altezza?
Non saprei, lo dovrei chiedere a Matt ,ma sono troppo orgoglioso.  Eppure ammetto lui ne capisce meglio di me, di queste cose da ragazzine.
Quello che è certo è che non piangerei neanche se fosse lui – il mio miglior amico – a puntarmi contro una pistola.
Ora però, anche se trovassi… l’umiltà di fargli domande da ragazzine a cui non so dare risposta, non potrei.
Lui non c’è. Non ora, non ieri, non domani. Non ci sarà più, di fianco a me. E forse è anche meglio.
Anzi. È sicuramente meglio.
Se guardo quello che la mafia mi ha fatto, non posso che pensare che lui ne sarebbe uscito distrutto.
Non è più forte di me.
Io sono più forte.
Se io sono cambiato così tanto, se ho dovuto abbassarmi a tanto, se ho fatto così tante cose merdose, se mi sono costretto ad abbassare la testa davanti a qualcuno, non vuol dire che sono forte, però.
Ho forse vuol solo dire che non sono nobile di spirito, o altre cazzate simili. Perché a volte, se non chini la testa, se non ti sporchi le mani, vai incontro a una fine prematura, evitabile e oltremodo stupida.
Perché uccidersi per una cazzata? Meglio un uovo domani che una gallina oggi, no?
Quindi meglio essere il capo domani che non rimanere nobili e saldi sui propri stupidi principi oggi, guadagnandosi la morte.
La verità è che dovrei smetterla di farmi tutte queste seghe mentali che non portano a nulla, ma ho così tante ore vuote in questo periodo, che a volte mi chiedo addirittura se vale la pena rimanere in questo letamaio.
Certo, lo so che vale la pena eccome, però l’attesa è sfiancante.
Insomma, sto aspettando una persona. Mi deve aiutare a uccidere l’ultimo ostacolo che mi separa dal mio obbiettivo. È una persona che ho conosciuto dopo la Wammy, qui nel mondo reale. Nella merda del mondo reale.
Ma finché non arriva, non è saggio agire e finché non arriva io non ho quasi nulla da fare. La cosa mi uccide.
Me ne sto qui, in questo fottuto appartamento di merda, e so che fra poco questo sarà un ricordo e che io sarò il capo di tutto, e che avrò una fottuta villa a tredici piani se la vorrò, e un letto comodo, e un pavimento pulito, e una casa senza fottutissimi scarafaggi.
E molto potere.
Però ora come ora, non sono affatto felice al pensiero. Troppa l’attesa, troppa la noia.
In conclusione, che palle.
Un’altra cosa che ho pensato mentre me ne sto qua a non fare nulla, è che non ho salutato Matt. Sarò idiota, ma ero troppo incazzato quando me ne sono andato, avrei solo rovinato il momento dell’addio.
Odio gli addii e dire addio a Matt sarebbe stato davvero troppo.
Lui mi avrebbe guardato senza capire, me lo immagino benissimo, con quelle sue iridi verde smeraldo che sembrano animate, e mi avrebbe fatto delle domande inutili e stupide. Io forse gli avrei risposto male.
Eppure ora, sento la sua mancanza.
Sarei felice se fosse qua, ma è meglio che lui sia al sicuro, è meglio che lui sia alla Wammy.
Lui è una delle poche cose pulite in questo mondo di merda, pieno di stronzi pronti a fotterti e orologi che ticchettano senza fine. Io non voglio, non permetto, che lui si sporchi in tutto questo.
Quel ragazzo è l’ultima cosa che ho, alla fine dei conti.
L’unica cosa vera.
Tutte queste persone che mi girano intorno, questi mafiosi assassini del cazzo, non sono altro che vermi senza un minimo di quella forza che io intendo. Perché saranno anche cazzuti e saranno anche imprendibili e difficili da fare fuori, e saranno anche bravi a sparare e a uccidere quello che sentono come faccio io, ma alla fine, in confronto a Matt, non sono niente.
E anche se lui non è così forte, anche se lui tiene troppo alle cose e lo dimostra in modo eccessivo, lui è mille volte meglio.
Ora che lo penso me ne rendo conto.
Mi manca per questo, credo. Perché per me era una persona, l’unica, che fosse veramente pulita.
Che non avesse paura di fare vedere quello che pensava e provava.
Io no, non lo faccio quasi mai. Non fa per me.
D’altro canto,  io non sono altro che un assassino che si brucia per arrivare all’unica cosa che gli importa. Al suo obbiettivo.
Sono un malato.
Ognuno a la sua dipendenza, no?
La mia dipendenza è quella della vita.
Si, la mia droga è quella. La vita.
Vorrei smettere, ma non ci riesco.
E anche se sono contradditorio, anche se sono un idiota forse, anche se non sono altro che un mafioso ormai, io riuscirò ad avere la mia dose di vita.
La vera vita.
La vera vita è essere il numero uno. E’avere Matt.
E io raggiungerò tutte e due le cose.
 
 

 
Passato un giorno, Mello era di nuovo a pensare, seduto sul divano giallo sporco del salotto-cucina.
Mangiava una barretta di cioccolata. Qualcuno bussò alla porta tre volte e Mello balzò in piedi, afferrando dal basso tavolino davanti a lui, una 99 millimetri lucida, a cui tolse subito la sicura.
Si avvicinò alla porta e, tendendo la pistola davanti a se, girò le chiavi nella toppa.
Si fermò per un secondo. Respirò a fondo.
Tirò un calcio alla porta.
Si aprì.
“Mello?”
Un secondo, un battito di cuore perduto.
La pistola cadde a terra con un rumore sordo che gli sembrò ovattato, le sue braccia andarono in linea coi fianchi, gli occhi sgranati.
Era una ragazzo, che stava davanti a lui, della sua età.
Aveva i capelli rossi, dalle sfumature ramate, dei vestiti forse un po’ strani e una sigaretta fra le labbra.
Non sorrideva, ne aveva un’altra espressione decifrabile.
Aveva pronunciato solo quella parola e ora lo fissava.
Fissava qualcuno che era cambiato tanto, forse troppo. Guardava qualcuno che aveva scoperto essere immensamente importante per lui. Che, si rendeva conto, ora conosceva meno della metà di quanto non lo conoscesse tempo prima.
E lo guardava con i suoi occhi verde smeraldo, che sembravano davvero delle cose vive e che erano innocenti e ingenui come solo i suoi potevano essere.
“Mello…”
Sussurrò ancora. Quasi non credendoci.
“Matt” gli rispose una voce un po’ roca.
Gli occhi di Mello tornarono normali, le sue braccia si incrociarono sul suo petto, coperto da vestiti di pelle nera. Notò un odore molto forte di fumo.
“Non dovresti essere qui, Matt. Perché cazzo mi hai cercato?”
Matt non rispose, non subito. Si aspettava una reazione del genere.
Lasciò cadere la sigaretta dalle labbra e la calpestò a morte con gli stivali, espirando fumo denso e grigiastro alla sua sinistra.
“In effetti un motivo ce l’ho, Mello: ti amo”
Per il biondo quelle parole non ebbero significato per qualche secondo. Quando le afferrò, Matt lo fissava ancora, ne supplicante ne squallidamente umile. Aveva uno sguardo luccicante, quasi di sfida.
Ci poteva vedere tutti i momenti che avevano passato insieme, da quando si erano conosciuti a quando avevano studiato insieme quella volta, nel parco, a quando avevano rubato alla mensa, a quando si erano visti per l’ultima volta.
Matt lo stava affrontando con la forza che lui intendeva.
Era vero? Era un sogno, forse?
Stava realmente accadendo?
Matt attendeva.
Mello stava li.
“tu cosa?” mormorò Mello senza capacitarsi, illudendosi di non aver capito.
“Io ti amo, Mello” ripeté Matt, tranquillamente.
Buffo come una singola frase ti mette in crisi dopo che hai visto decine persone morire davanti ai tuoi occhi nei modi peggiori.
Mello quasi non riusciva a respirare. Aveva sempre avuto un blocco ai polmoni, quando era troppo agitato. La pediatra, quando lui l’aveva informata di ciò, aveva detto che era tutto normale. Aveva un piccolo soffio al cuore, ma non era nulla di grave.
A certi ragazzi con il soffio al cuore, capitava di non riuscire a respirare a fondo nei momenti di maggiore ansia o nevrosi, ma non si doveva preoccupare, diceva lei.
E in effetti la cosa non l’aveva mai troppo preoccupato.
Ma ora riusciva a malapena a fare entrare quel poco di aria che gli permetteva di non svenire.
Gli stava venendo il fiatone, quasi.
“Vuoi rimanere li tutto il giorno?” chiese Matt.
Mello non seppe parlare. Aprì la bocca, stava per mandarlo afffanculo, ma non ci riusciì.
Matt sbuffò e si accese un’altra sigaretta.
Quando anche quella venne spenta sul pianerottolo, Mello si decise.
“Tu sei fuori e non devi provare a prendermi per il culo” disse, stringendo impercettibilmente gli occhi.
Matt si bloccò nel gesto di sistemarsi un ciuffo di capelli, cadutogli davanti agli occhi.
“Tu.. davvero pensi che sto scherzando?” domandò, con una punta di incredulità nella voce.
Mello riprese baldanza e il suo respiro si fece un attimo più profondo.
“E’ ovvio. E non lo devi fare” disse, con una voce dura che l’altro non aveva mai sentito.
Matt incrociò le braccia e lo guardò negli occhi.
“E così, tu credi che ti sto prendendo per il culo, eh? – disse con una voce pericolosamente calma – Tu hai avuto la geniale pensata che io sia un idiota, giusto? Dopo che io ti ho cercato per anni in giro per il mondo, facendo cose che mai avrei fatto per delle fottutissime informazioni su di te, chiedendomi ogni cazzo di secondo perché mai tu non ti fosse neanche degnato di salutarmi, spezzandomi la schiena, strisciando per terra, rischiano la mia stessa fottuta vita, ora che finalmente sono riuscito a trovarti e so cosa vuol dire il fatto che quando ti vedevo mi sentivo male, che quando te ne sei andato non riuscivo a mangiare, che quando studiavamo insieme ascoltare te che leggevi mi sembrava il Paradiso, ora che finalmente ho delle fottute risposte e ho te, tu mi dici cosa? Mi dici che sono un idiota. Che non valgo neanche un saluto decente, dopo anni che non mi vedi. Che non dovrei essere qui.”
Restò a guardarlo, apparentemente calmissimo. Non aveva alzato la voce neanche una volta, pronunciando tutte le parole con la medesima, lenta, intenzione.
Mello ricominciò a non riuscire a respirare.
“Ma tu non puoi… ” cominciò a dire, ma non riuscì a finire la frase, lasciando un silenzio sospeso.
“Non posso forse amarti? Mello, non puoi proibirmelo. E non puoi sfuggire a questa cosa.”
Mello si accorse che stava tentando di non affrontare il problema. Sapeva benissimo che Matt non stava scherzano, si vedeva. Si accorse anche che la sua voce aveva uno strano effetto su di lui. Aveva la pelle d’oca, stava perdendo il controllo. Però non ce la faceva, non poteva accettare una cosa così assurda! Non poteva essere vero!
Cosa avrebbe dovuto fare adesso?
Tentò di tirare un respiro profondo, non riuscendoci.
“Senti Matt” si fermò.
Riprovò a respirare.
“Senti Matt, … tu non puoi… insomma, non capisco. – affermò – Non capisco come puoi avermi trovato tanto per cominciare. Non capisco perché mi hai cercato. Non capisco perché dici di.. amarmi. Non capisco cosa intendi e non capisco… non capisco come cazzo fai a piombarmi davanti così e dirmi queste cose! Perché cazzo ti è saltato in mente di… cazzo, io non… non è possibile, non è normale… è assurdo tutto questo e magari non è neanche vero, non può essere vero che qualcuno vada da un fottutissimo mafioso del cazzo, apra la porta e dica che lo ama, non è… cristo Matt!”
Non era difficile capire che Mello era parecchio confuso e altrettanto in agitazione.
“Mello. Quelle che non capisci in gran parte sono cazzate. Come ti ho trovato, come ti ho cercato, sono tutte cose senza importanza ora. Perché? perché sono davanti a te e ti sto dicendo queste cose? Perché ti amo. E puoi essere il peggior.. mafioso del cazzo del mondo, a me non importa. Io non penso a te come mafioso del cazzo, ma come alla personache amo. Se ti sento parlare sto improvvisamente meglio. Se solo ti guardo non posso fare a meno di accorgermene. Se mi guardi negli occhi, posso affrontare anche la morte senza battere ciglio, quindi non stupirti. Capisco che tu sia confuso, non te lo aspettavi, per  una volta sono riuscito a stupirti, no? Ma ora io sono qui e non me ne andrò.”
“Ah, non te ne andrai?” chiese Mello quasi con aria di sfida, mentre elaborava le parole del rosso.
“Non finché non mi risponderai”
A  quelle parole Mello, chissà come, riprese la calma almeno in parte. Ritornò lucido e pensò che una persona veramente forte non avrebbe avuto problemi ad affrontare la questione.
Certo, una  persona forte sa quello che è, quindi sa cosa dire, cosa fare.
Lui non era affatto forte, sul fronte relazioni sociali, realizzò. E Matt lo era fin troppo.
Comunque il fatto era…
“Tu non mi hai fatto nessuna domanda, Matt”
Matt accennò un sorriso.
“Tu mi ami, Mello?”
Ecco, ora il biondo era totalmente partito.
La sua respirazione si faceva i cazzi propri e il suo cervello era così in pappa che gli ci vollero almeno un paio di minuti per capirci qualcosa.
Innanzi tutto della domanda.
Amare Matt?
Amava Matt?
Chi, cosa, come?!
Ma era vero?
Ma cosa cazzo voleva dire amare Matt?
Da cosa lo capiva?
Quale fottutissima risposta doveva dare?
Doveva rispondere?
Poi però Mello decise che era troppo. Strinse gli occhi, respirò a fondo e stavolta ci riuscì. Fissò Matt così a fondo che egli arrossì leggermente.
Può darsi di si, può darsi di no…” disse infine, tirandosi fuori da una tasca una barretta di cioccolato fondente.
La scartò e , con un rumore secco, ne staccò un pezzo coi denti.
Adesso era Matt ad essere un po’ in tilt. Tutto si aspettava, meno che il biondo rispondesse così. era convinto di avere vinto, di averlo mandato così in confusione da non riuscire a dire altro che la verità. Da poterlo in qualche modo… dominare. Da controllarlo. Perché Mello non era mai stato possibile controllarlo e non si poteva mai sapere cosa gli passava per la testa.
Ma finché era spiazzato gli leggevi i pensieri in faccia, questo Matt lo sapeva e l’aveva sfruttato.
Ma ora… cosa cazzo voleva dire può darsi??? Lo stava prendendo in giro come al solito?
Mello gustò la cioccolata, poi rialzò lo sgaurdo sul rosso e quasi sorrise. Gli occhi verdi erano spersi.
Aveva vinto anche stavolta sul suo vecchio amico.
“Allora, Matt, che hai intenzione di fare ora?”
Dopo qualche istante Matt riacquistò determinazione.
“Sono arrivato fino a qua, no? Mi sono quasi ucciso più volte per rivederti, giusto?”
Mello gli lanciò uno sguardo che sembrava dire: se non lo sai tu.
“Allora non resta che tentare. Diciamo che posso smascherarti se voglio.”
Mello diede un altro morso alla barretta e lo sciolse in bocca.
“Ah, si? E come avresti intenzione di fare?”
Matt ridacchiò e Mello sentì qualcosa dentro di se morire per quella risata.
Matt fece un passo avanti, si chinò leggermente e, sempre con un sorriso sulle labbra, si avvicinò così tanto a Mello da poterne vedere i dettagli più impercettibili del volto. Sentiva il suo odore dolce e amaro allo stesso tempo.
Il biondo, non poteva letteralmente muoversi, non ci riusciva.
Matt lo fissò da così vicino da vederne le singole pagliette oro nel mare ghiacciato delle iridi.
Si avvicinò ancora e quando finalmente posò le sue labbra su quelle di Mello, ebbe la conferma che voleva.
Non è che il suo amico non volesse muoversi, mandarlo a quel paese e tirargli un pugno, è che non ci riusciva e Matt lo aveva capito benissimo.
Quando, dopo alcuni secondi che a Mello sembrarono morbosamente lunghi, Matt si allontanò di nuovo, sorrideva.
“Questo lo prendo come un si.”
Mello gli tirò un pugno.




Grazie per essere arrivati fino alla fine di questa "cosa", spero che sia stata di vostro gradimento e che avrete voglia di lasciarmi una recensione per farmi sapere cosa ne pensate :)
Baci,
Mina
  
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