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Autore: I am in love with a train    07/08/2013    5 recensioni
[dalla storia]
"Siamo tutti tesi mentre infila il braccio dentro l’enorme barattolo la prima volta, per poi estrarre il fogliettino con il nome del malcapitato. Lentamente lo apre e con un sorriso annuncia: -il nome del primo tributo di questa settantaquattresima edizione degli Hunger Games è…"
Come promesso, eccomi con una nuova storia! :D *coro di insulti* Questa volta sarà una bike ambientata... *rullo di tamburi* nel primo libro di Hunger Games! :D La trama sarà la stessa, con qualche cambiamento necessario in alcuni punti u.u quindi se amate questo libro tanto quanto lo amo io (*^*) entrate e leggete bella gente! :3
Genere: Avventura, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Billie J. Armstrong, Mike Dirnt, Tré Cool
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ehm... quanto tempo è passato? Una settimana? Di più? Ok, scusatemi veramente tanto ç.ç è che è stato un parto scrivere questo capitolo. Che tra l'altro è l'ultimo *sigh*. Mi sembra così strano mettere la parola fine a questa storia ç.ç MA! A questo proposito avrei una piccola proposta da farvi.

*Quindi vi prego di leggere qua sotto.*
Avevo in mente di fare un seguito di questa storia, seguendo a grandi linee quella che è la trama del secondo libro di Hunger Games. Voi cosa ne pensate? Vi piacerebbe leggere un seguito? Fatemelo sapere nelle recensioni :)

E nel caso in cui dovessi farlo, non lo pubblicherò con questo account, poiché questo non è quello mio personale, ma lo condivido con un'amica. Bensì lo trovereste scritto da una certa Longview , ovvero me u.u
E niente, ora vi lascio all'ultimo capitolo *si asciuga una lacrimuccia* spero sia di vostro gradimento


13- I hope you had the time of your life

Mike’s P.O.V.

-Forza. Billie, non aspettare, uccidimi-

Lui rimane fermo e un po’ tremante a fissarmi. Io invece cerco di mantenere un tono deciso, perché deve sbrigarsi.

-Billie, devi farlo-

Assottiglia lo sguardo e si prepara a scagliare la freccia dritta nel mio petto; chino il capo e serro le palpebre, preparandomi al dolore che presto mi colpirà.

Tentenna ancora qualche secondo, e respira lentamente: vedo la sua cassa toracica che si muove pesante sotto lo strato di pelle e vestiti, facendomi credere che anche lui sia agitato, e stia tentando di calmarsi.

-B-Billie… fatti solo dire che ti…- deglutisco, facendo perdere tempo a Billie -… io ti voglio bene-

Toglie le dita che tenevano ferme sul legno curvo dell’arco la freccia, e con uno schiocco la rilascia: sento chiaro lo spostamento d’aria dovuto al suo passaggio, e sento anche la punta conficcarsi con un suono sordo non so bene dove.

Niente mi trapassa, non provo dolore.

Riapro gli occhi sbalordito e mi guardo in giro, ritrovando la freccia bloccata nella corteccia di un albero, in orizzontale.

Mi volto nuovamente verso Billie, che sta frugando freneticamente all’interno della sua giacca.

Ne tira fuori delle bacche e si avvicina a grandi passi a me, aprendo il palmo sul quale si trovano e prendendo tra le sue la mia mano sinistra.

Solo in quel momento le riconosco: sono Morsi della Notte, quelli che ha utilizzato per avvelenare Mikey.

La prima reazione che ho è quella di sottrarmi dalla stretta leggera che sta esercitando sulle mie dita, ancora troppo sconvolto e non capendo dove vuole andare a parare.

-Mike, dammi la mano e fidati di me!-

Mi fido di lui? Sì, quindi non posso fare a meno di dargli ascolto.

Fa scivolare sul mio palmo una manciata di quelle piccole bacche violacee, e, con la mano libera, mi solleva il volto per cercare un qualche genere di appiglio nei miei occhi, un qualcosa che gli dica che sta facendo il giusto. Un mio consenso, forse.

-Loro dicono di volere un solo vincitore, giusto?- il suo sguardo si fa più ampio e piano annuisce, invitandomi a fare lo stesso -noi invece non gli daremo la soddisfazione di prelevare l’unico sopravvissuto da questo posto, ok?-

Tiro indietro il viso liberandomi dalle sue dita, che ancora mi tenevano ferme il mento, e scuoto la testa.

Non può. Capisco il ragionamento da lui fatto, ma non posso permettergli di metterlo in atto. Io mi ero ripromesso di farlo vincere, non può cambiare tutto all’ultimo momento.

-No, Billie tu devi andartene di qui!-

-In ogni caso me ne andrò, anche se non da vincitore. Ora zitto e fa come ti dico-

Non ribatto, so che sarebbe inutile con lui. Mi limito ad accarezzargli dolcemente una guancia qualche secondo, prima che Billie distolga lo sguardo dispiaciuto e mi ordini di mettermi di spalle.

Sento la sua schiena poggiarsi alla mia e lasciarsi andare, senza più forze ormai. Ci prendiamo un po’ di tempo: chiudo gli occhi e penso alla mia famiglia, a mio padre che mi riteneva spacciato ancor prima che entrassi nell’arena. Deglutisco in un tentativo di mandar giù il groppo che ho in gola, che però non accenna ad andarsene. Mia madre, che l’ultima volta che l’ho vista era in lacrime, disperata perché non accettava il fatto di perdere il figlio così giovane. Anche per lei ero morto già allora. Poi ripenso ai vari ragazzi che frequentavo, gli unici che forse potevo considerare amici, ma che appena una difficoltà si presentava all’orizzonte scomparivano nel nulla senza farsi più sentire.

E alla fine un brivido mi percorre dalla testa ai piedi, quando Billie comincia far vagare la mano in cerca della mia e mi sfiora con i polpastrelli; io la afferro saldamente facendo intrecciare le nostre dita, mentre passo con delicatezza il pollice sul dorso della sua mano.

-Al mio tre-

Chiudo gli occhi reclinando la testa, così da poterla appoggiare sulla sua e esalo un flebile “ok”.

-Uno-

Respiro lentamente, per calmare il cuore, e penso che, molto probabilmente, sta cominciando una rivolta contro Capitol City con questo nostro piccolo gesto. Che poi proprio piccolo non è, visto che si parla della nostra vita.

Io lo faccio per Billie, perché non sarei in grado di vederlo morire, ne uscirei con la coscienza sporca. Lui invece? Lo fa per me? Per i miei stessi motivi? Qualcosa mi dice di sì, ma, non so, non ne sono pienamente certo.

 Forse lui sa che facendo così piazzerà il trampolino di lancio per una futura rivoluzione. La speranza che questi saranno gli ultimi Hunger Games a cui la gente dovrà assistere. Noi due gli ultimi a morire all’interno dell’arena.

-Due-

Incastro definitivamente le nostre dita, affondando le unghie nel dorso della mano di Billie: lui fa altrettanto.

Mi porto la bacche alla bocca, pronto ad ingurgitarle non appena sarà il momento.

Sento qualcosa che mi spinge in gola, parole mai dette prima e che mai verranno sentite. Vorrei dirglielo e morire senza rimpianti, ma la vergogna supera il coraggio, in questo momento. Non sarei in grado di proferire parola. Purtroppo.

-Tre-

Entrambi gettiamo, con un rapido movimento del braccio, la manciata di Morsi della Notte sulla lingua, e velocemente prendiamo a masticare: il sapore è dolce, ma ancora non voglio ingoiare il loro succo. Una vocina dentro di me mi dice di non farlo.

Però oramai ci siamo quasi, meglio sbrigarsi e finirla velocemente.

-FERMI!-

Un grido mi fa bloccare all’istante, e anche Billie sento che s’irrigidisce; desidero con tutto me stesso che non le abbia già mandate giù, proprio ora che un piccolo barlume di speranza sembra si stia facendo largo.

-Fermi!! Non fatelo!-

Il cuore smette di battere, neanche lui vuole rovinare questo momento con il suo incessante rumore che mi rimbomba nelle orecchie.

Forse… forse abbiamo vinto su Capitol City.

-Signori e signore… ecco a voi i vincitori dei settantaquattresimi Hunger Games-

Lo dice con poca convinzione, ma io sto scoppiando di gioia.

Io e Billie ci lasciamo e sputiamo a terra tutto ciò che avevamo in bocca; lui mi passa tremante la borraccia con l’acqua, non dopo aver fatto qualche gargarismo frenetico.

Faccio lo stesso, senza quasi riuscire a respirare, e alla fine ci rialziamo entrambi ansanti e ancora scioccati.

Credo di aver bisogno di un po’ di tempo per assimilare il tutto.

Billie’s P.O.V.

Da quando siamo usciti dall’arena tutto mi sembra così poco reale, come se l’intero pianeta fosse avvolto da un’aura mistica che mi fa vedere ogni cosa con gli occhi di un bambino di tre anni, che sta scoprendo il  mondo e si sorprende di fronte a tutto, dai palazzi alti appena fuori dal portone di casa, al battito d’ali di una farfalla.

Sento che ogni minimo dettaglio è stato creato apposta per me, per le mie esigenze e per continuare a sbalordirmi senza mai stancarmi.

È stato incredibile, perché siamo stati accolti come eroi. Io non mi vedo come un eroe. Io sono me stesso, Billie Joe. Il cacciatore del Distretto 12. Non voglio che la gente mi consideri in un modo diverso solo perché sono uscito vivo dagli Hunger Games.

Io voglio dimenticare quest’orribile esperienza, e loro così non fanno altro che riportarla vivida alla mia mente, anche se poi si è conclusa solo pochi giorni fa.

Ora infatti siamo sul treno che ci riporterà a casa, ma solo provvisoriamente: ci daranno il tempo di riabbracciare i nostri cari, e poi dovremo partire per il Tour dei  Vincitori; attraverseremo tutti i Distretti, dal primo all’ultimo, presentandoci alle folle. Non so dove troverò il coraggio per guardare negli occhi i genitori dei ragazzi che sono morti, che magari ho ucciso proprio io.

Mi alzo dalla poltrona sulla quale sono seduto, e mi dirigo verso un finestrino: mi perdo a osservare il paesaggio che sfreccia a una velocità assurda, del quale riesco a distinguere solo alcuni colori, come il verde, il giallo e l’azzurro, che in sottili linee scorrono sotto i miei occhi.

-Tutto bene?- con Mike non ho più parlato in questi giorni, non mi sento pronto ad intraprendere un discorso con lui, non dopo quello che ho tentato di fargli.

-S-sì…- so di suonare poco convincente, poiché in una misera sillaba la voce mi si spezza a metà, portandolo ad insinuare una mano tra i miei capelli per consolarmi, facendomi però solo rabbrividire.

-So come ti senti… i Giochi mi hanno cambiato, purtroppo. Hanno lasciato un brutto segno in me, che mai riuscirò a cancellare…-

-Io non la penso così. Tutto quello che hanno lasciato in me… voglio eliminarlo. Io voglio dimenticare, Mike, non potrei vivere il resto dei miei giorni con i ricordi del tempo passato nell’arena- abbasso lo sguardo ai miei piedi, e lui fa scorrere le dita lungo la mia schiena, fino a riportare il braccio molle lungo la sua figura.

-Io invece non voglio dimenticare tutto, Billie- mi guarda diretto negli occhi, capisco al volo a cosa si sta riferendo.

Ovvio che nemmeno io voglio scordarmi di quello che c’è stato. Ma qualcosa in me mi dice di non rischiare, di tornare a casa proprio come ero partito.

Niente paure, niente morti sulla coscienza.

Niente Mike.

-Michael…- solo dal tono che ho utilizzato, e dal fatto che l’ho chiamato col suo nome per intero, credo abbia capito. Infatti il suo sguardo si fa più truce e si mette sulla difensiva. So di stare per spezzargli il cuore, e forse di star per distruggere in mille frammenti anche il mio, proprio come quella volta che pensavo di averlo perso per sempre sotto la lama di quel coltello. Ma non ci do peso.

-C-cosa?- silenzio, non dico nulla, non ne ho la forza.

-Billie… mi hai preso in giro per tutto il tempo, vero?-

-Volevo che tornassimo entrambi a casa- non ci credo nemmeno io.

-Se è solo per questo allora tanto valeva che mi lasciassi morire lì dentro, ne sarei stato più felice-

-No Mike, io…- faccio vagare lo sguardo, e tiro fuori tutto il coraggio che ho per pronunciare queste parole -se lo avessi fatto, il nostro Distretto mi avrebbe considerato per sempre un ignobile egoista-

-È per questo che lo hai fatto??- serra la mascella per non esplodere, ma è arrabbiato, e si vede. Sto sbagliando e lo so, ma sento di non poter fare altro.

-B-bene. Quindi è finita. No anzi, in realtà non è vero, visto che tra noi non è mai iniziato nulla. Addio- mi volta le spalle, mentre io mi sento corrodere dentro. Prima che possa aggiungere altro ci raggiunge Matt, che appoggia una mano sulla spalla di ognuno.

-Cosa sono ancora queste facce da funerale? Avete vinto gli Hunger Games, su con la vita- annuisco a vuoto, senza neanche aver compreso pienamente le sue parole. Sono ancora troppo concentrato su Mike, che piano ora si sta allontanando, e non solo in senso fisico.

Penso, e una piccola parte di me mi urla di non lasciarmelo scivolare via dalle mani. Ma non faccio nulla per non permetterlo, resto lì a fissare la sua figura camminare e scomparire dalla mia visuale. Forse per sempre.

 So di aver appena commesso l’errore più grave di tutta la mia vita.

  
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