Rumpelstiltskin, zoppicando, si
allontanò dal molo, lanciando un'ultima occhiata all'imponente
veliero che stava spiegando le vele, preparandosi a salpare.
Quella nave si stava portando via sua
moglie per sempre, e lui non era riuscito a salvarla, abbandonandola
tra le grinfie di quel gruppo di pirati e tagliagole.
Rabbrividì al pensiero di ciò che le
avrebbero fatto a bordo mentre dentro la sua testa riecheggiava la
voce del capitano che lo scherniva e gli ripeteva ossessivamente una
sola parola: “codardo”, quella stessa parola che ormai gli era
stata cucita addosso come un marchio d'infamia.
Aveva passato gran parte della sua vita
a cercare di allontanare da sé l'ombra della vigliaccheria di suo
padre, che l'aveva abbandonato da piccolo; e ora, ironia della sorte,
gli veniva rivolta la stessa accusa.
Era stato tacciato di codardia così a
lungo che alla fine vi si era adeguato, era entrato nella parte che
gli altri avevano scelto per lui, rinunciando ad ogni tentativo di
ribellarsi a tutto ciò.
Mentre si avviava mesto verso casa
cercava di pensare alle parole giuste per affrontare le domande del
piccolo Bae su dove fosse sua madre.
Come si dice ad un bambino di sei anni
che non rivedrà mai più la mamma perchè ella è stata rapita dai
pirati e il papà non ha avuto la forza e il coraggio di salvarla?
Rumpelstiltskin aveva davvero provato
ad impedire che ciò accadesse: aveva supplicato il giovane e bel
capitano di restituirgliela, di restituirgli la madre di suo figlio;
ma non c'era stato verso di convincerlo e aveva solo ottenuto di
farsi umiliare brutalmente davanti a tutta la ciurma.
In fondo come poteva un povero
filatore, cresciuto in un piccolo villaggio di contadini e pastori,
tenere testa ad un pirata che sicuramente eccelleva nell'arte della
lama e si era battuto innumerevoli volte contro gli avversari più
svariati?
No, non avrebbe
detto la verità a Bae. Gli avrebbe semplicemente raccontato che sua
madre era morta. Non c'era bisogno di caricare il piccolo di un
ulteriore fardello, era già abbastanza difficile vivere come il
figlio del codardo del villaggio.
Quando entrò nella
misera casupola, la trovò vuota: probabilmente Baelfire era da
qualche parte nei campi a giocare con gli amici, così si sedette
all'arcolaio e iniziò a filare la lana.
Quell'attività non
era solo un modo per guadagnarsi da vivere, era anche un toccasana
per scacciare i brutti pensieri: il lento e pigro girare della ruota
lo rilassava, lo faceva tornare padrone di se stesso e delle proprie
emozioni.
Verso il tardo
pomeriggio, poco prima che il sole tramontasse del tutto, la
porticina di legno della casa si aprì cigolando e Bae entrò
salutando allegramente il padre che ancora era intento a filare.
Rumpelstiltskin
avvertì un groppo in gola e deglutì: ecco, era il momento.
Doveva dirglielo.
Si alzò lentamente
dallo sgabello, appoggiandosi pesantemente al bastone, e si sedette
al piccolo tavolo di legno della cucina, facendo cenno al piccolo di
imitarlo.
Balefire si
arrampicò su una sedia di fronte al padre, non senza qualche
difficoltà data la sua statura, e lo osservò con i suoi occhioni
castani così simili a quelli di lui.
- Papà? - Il
bambino sembrava aver intuito che qualcosa non andava: la sua
espressione si era fatta ad un tratto preoccupata e il suo sguardo
aveva preso a vagare per la casa, in cerca di qualcosa...qualcuno.
- Papà, dov'è la
mamma? - Chiese infine con una voce sottile sottile, quasi un
sussurro spaventato.
Rumpelstiltskin
sospirò: - Bae, la mamma è....la mamma...se n'è andata. -
Il piccolo sembrò
sollevato: - E dov'è andata? Quando torna? -
- No,
figliolo...lei...non tornerà più. È andata a stare in un posto
molto lontano, da cui non si può fare ritorno. -
Gli occhioni del
bambino si fecero improvvisamente lucidi e confusi: - Ma...ma come
non tornerà più? Perchè ci ha lasciati? Perchè è andata via? Non
ci vuole più bene? -
Il padre lo strinse
forte a sé, tentando di consolarlo: - Lei non voleva andarsene, Bae.
Ha dovuto purtroppo, è stata costretta. Ma ti voleva bene, voleva bene ad entrambi. -
Quanto suonava falsa quell'ultima precisazione.
Bae iniziò a
singhiozzare piano, poi irruppe in un vero e proprio pianto contro la
sua spalla.
- Shhhhh -
Rumpelstiltskin gli
accarezzò i capelli e continuò a stringerlo; doveva essere forte
per suo figlio, anche se dentro di sé si sentiva a pezzi e avrebbe
solo voluto scomparire.
Quella notte, Bae
rimase a dormire con il padre nel letto che fino alla sera prima
aveva ospitato Milah, e ora aveva un lato vuoto e spoglio.
Il piccolo si era
addormentato subito, sfinito dal pianto, Rumpelstiltskin invece
fissava il soffitto della casa, incapace di chiudere occhio.
Ripensò a ciò che
era accaduto sul ponte della nave, alle parole che il capitano gli
aveva rivolto in tono beffardo e sprezzante, ripensò a Milah che lo
accusava continuamente di essere un codardo, poi la sua mente tornò
indietro di sei anni, tornò al giorno in cui si era ferito alla
gamba per poter lasciare il fronte e tornare a casa da suo figlio
neonato.
Guardò il piccolo
che dormiva placidamente contro il suo fianco e gli passò una mano
tra i folti capelli neri.
Bae era sempre
stato la fonte della sua forza, gli aveva sempre dato una ragione per
andare avanti, per vivere, per sopportare le accuse di tutti gli
abitanti del villaggio che lo credevano un disertore e un vigliacco.
Ora si trovava
improvvisamente a dover badare da solo a lui, senza poter contare
sull'aiuto di sua madre, quindi non poteva continuare a crogiolarsi
nel dolore e nell'autocommiserazione.
Nella sua mente,
riformulò quella promessa che aveva fatto sei anni prima, quando
Milah gli aveva messo suo figlio tra le braccia per la prima volta:
io non ti lascerò mai, Bae. Te lo prometto.