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Autore: Akrois    11/08/2013    5 recensioni
- Allora nonna, cosa ti porta qui a New York?
Marjorie inarcò un sopracciglio, causando uno spostamento tettonico della pelle del suo viso che la rese irriconoscibile per tre lunghissimi secondi - Un'anziana donna moribonda deve avere un buon motivo per andare a trovare il suo unico nipotino, nonché unico parente in vita?
Moribonda. Certo. Sua nonna era stata data per spacciata già del 1964 da un medico che era morto molto tempo prima di lei.
[attenzione, in questa storia vengono citati maltrattamenti su minori.]
Genere: Commedia, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bruce Banner/Hulk, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Il bastone della vecchiaia.

 

 

 

 

Dedico questa storia

a tutte le signore che ho incontrato durante questi lunghi mesi di tirocinio

e mi tolgo il cappello in onore di queste signore quasi centenarie

che sono sempre più attive e sveglie di me.

Akrois.

 

 

 

 

 

 

 

Ci sono giorni in cui dai per scontato che qualcosa accadrà. Ci sono giorni in cui dai per scontato che il mondo ti si rivolterà contro e la terra crollerà sotto i tuoi piedi senza uno straccio di spiegazione scientificamente, logicamente e fottutamente accettabile.

Bruce Banner aveva vissuto tanti di quei giorni.

Insomma, quando sei un mostro verde spacca tutto part-time ti abitui a sentire il mondo crollare sotto i tuoi piedi. In generale crolla proprio perché è sotto i tuoi piedi, ma sono dettagli.

Ora, il nostro coraggioso protagonista si stava godendo una sorta di giornata tranquilla, rilassandosi con un buon libro, mezzo litro di tisana rilassante e un CD "gabbiani che volano su mare mosso ma non troppo mentre un piano suona struggentemente all'orizzonte" programmato per girare in loop infinito.

Quindi era, in complessivo, una bella giornata.

Ma le belle giornate tendono ad avere brutti sviluppi e Bruce Banner questo lo sapeva benissimo. Ehy, il giorno in cui si era iniettato quel siero del supersoldato dei poveri doveva essere la giornata più bella della sua vita, perdonatelo se ora come ora si ritrova ad essere leggermente pessimista.

"Signor Banner" pronunciò la voce del sempre presente Jarvis "un'ospite chiede di entrare."

- Credo che tu debba chiedere a Tony, Jarvis - disse Bruce sorridendo al soffitto - è lui che si occupa di queste cose, di solito, no?

"L'ospite chiede di lei, signor Banner. Di conseguenza, credo che sia giusto chiedere a lei."

- Oh. - sospirò poggiando il libro su un tavolino e salutando con la manina la sua giornata tranquilla - Per caso è grosso, in divisa e armato?

"No signore. Ad un accurato esame risulta essere una signora di novantanove anni con una protesi al ginocchio destro e quello che suppongo essere un pacemaker."

Bruce sentì il sangue raggelarsi leggermente. Scolò un sorso abbondante di tisana e chiuse gli occhi - Ti ha per caso detto come si chiama?

"Sì signor Banner. Il suo nome è Marjorie Banner, signore."

Contò almeno trecentoquarantacinque numeri dopo il 3,14 e si bevve tutta la tisana in un sorso, mentre Jarvis annunciava l'atroce verità "C'è il 99,9% di possibilità che la signora sia sua nonna."

 

 

 

Marjorie Banner, classe 1912, donna dai mille talenti e dai mille rimproveri era sempre stata la croce di Bruce Banner.

Una donna di quelle all'antica, con la sigaretta perennemente in bocca, l'aria arcigna e un bastone composto da cinque centimetri di legno e l'intera zanna di un povero elefante. Non dimentichiamoci il capello argenteo cotonatissimo, mi raccomando. Quello era necessario per completare il look "anziana stanca del mondo ma comunque più figa di te".

Bruce ricordava bene le infinite sgridate di sua nonna, gli spinaci mangiati per forza o per amore, quella volta in cui voleva comprare un cane ma sua nonna lo portò via dal negozio a forza, le torte fumanti che gli venivano tolte da sotto il naso per finire nascoste in irraggiungibili armadi e i palloni che venivano sistematicamente confiscati.

Bruce non aveva un bel rapporto con una nonna. Forse la cosa era legata anche al fatto che sua nonna aveva partorito suo padre e ciò era segno che il gene della pezzodimerderia doveva essere nascosto da qualche parte nel corredo generico di famiglia.

Ora, suddetta nonna sedeva, in tutta la sua quasi centenaria gloria, su una delle splendide poltrone coperte di teli indiani che Tony aveva gentilmente piazzato nel salotto del suo piano.

Logicamente circondata da tutti gli Avengers, perché, ehy, chi si perderebbe mai la visita della nonna stronza di Bruce Banner?

Per lo meno, Steve non era più il nonnetto della stanza.

- Dunque- disse Clint stravaccandosi poco elegantemente tra il divano e il tavolinetto da caffè - lei è la nonna di Brucie? Cavolo, non ci aveva mai parlato di lei, cioè, pensavamo che fosse orfano, insomma, non parla mai della sua famiglia- il fiume di minchiate venne arginato non da Natasha, seduta accanto a lui, o da Steve, in piedi a lato del divano, ma da una potente bastonata che colpì gli stinchi di uno dei supereroi più potenti della terra, facendolo ululare di dolore.

- Giù le zampe dal tavolo, ragazzino. Nessuno ti ha mai insegnato a non poggiare i piedi dove non dovresti, uh?- sbottò l'anziana, osservandolo con puro astio (ma non era astio, era solo che la sua faccia era bloccata a quel mondo da un sacco d'anni).

- No signora.- grugnì Clint massaggiandosi uno stinco con'aria terribilmente scocciata. Bruce s'immaginò una freccia che passava attraverso l'occhio destro di sua nonna.

- Figa tua nonna- disse Tony poggiandosi sulla sua spalla sinistra - perché ce la tenevi nascosta? Una così potrebbe entrare negli Avengers. Si potrebbe chiamare "La Reliquia Assassina" o " La Bastonatrice Centenaria". Lei sì che incuterebbe terrore nei nostri nemici.

- Per l'amor di tutto ciò che c'è di buono e di santo a questo mondo Tony, stai zitto. Mia nonna non si farebbe scrupoli a strapparti il reattore Arc dal petto e fartelo mangiare.

- Oh-oh .- il ghigno di Tony si allargò - Che cosa cattiva. - s'inchinò teatralmente davanti al viso sempre accigliato di Marjorie, sorridendole come solo Tony Stark, milionario-supereroe-gran figo-e tutto il resto, poteva fare - Signora, rimpiango di non essere nato, quanti, settant'anni fa? Avremmo potuto fare grandi cose insieme.

- Uh, con uno come te non ci farei neanche lo stufato.- commentò lapidaria Marjorie, sorseggiando lentamente il suo the (facendo quel terribile suono di risucchio che per anni aveva disgustato il povero Bruce). Tony comunque non perse il sorriso e si sedette nuovamente accanto a Bruce.

Cadde il silenzio. Steve chiese alla signora se gradiva dei biscotti più facili da masticare, beccandosi uno sputacchio in faccia come ringraziamento.

Altro silenzio.

Bruce decise di tirar fuori le palle a quattro mani e assieme a queste anche il suo coraggio, aprì la bocca e (forzando un sorriso falso come una forma di parmigiano made in Mexico) disse - Allora nonna, cosa ti porta qui a New York?

Marjorie inarcò un sopracciglio, causando uno spostamento tettonico della pelle del suo viso che la rese irriconoscibile per tre lunghissimi secondi - Un'anziana donna moribonda deve avere un buon motivo per andare a trovare il suo unico nipotino, nonché unico parente in vita?

Moribonda. Certo. Sua nonna era stata data per spacciata già del 1964 da un medico che era morto molto tempo prima di lei. Sua nonna possedeva la cosa più simile all'immortalità che la mente umana fosse in grado di concepire.

- Nonna, ti vivi nello Utah. Non dirmi che hai fatto una settimana di viaggio solo per venirmi a fare un saluto.

Sua nonna alzò di nuovo un sopracciglio. La conversazione, per lei, era finita.

Gli Avengers e la nonna del Dottor Bruce Banner bevvero il loro the in completo silenzio.

 

 

Marjorie Banner dormiva solo con un certo tipo di coperte, con un certo tipo di decoro, fatte di un certo tipo di cotone, su un certo tipo di letto imbottito in un certo modo.

E, ovviamente, nel richiedere questo cose era stata il più sgarbata possibile.

Bruce andava in giro con un thermos di tisana rilassante da cinque litri attaccato alla cintura.

 

 

Bruce ricordava con orrore il giorno in cui sua nonna l'aveva trovato mentre portava un cucciolo di cane in casa. Ricordava ancora i suoi occhi saettanti d'ira e la bocca che si tendeva in una linea rosea sottilissima, tanto da confondersi con le altre rughe.

Aveva pianto, gridato e battuto i pugni, ma il cane era stato riportato al canile in un batter d'occhio.

Aprì gli occhi di scatto, guardandosi attorno. Cazzo, quel povero cane. L'avevano probabilmente abbattuto col gas da almeno trent'anni.

All'epoca aveva pensato di chiamarlo Albert.

 

 

 

L'emergenza doveva arrivare. Aveva bisogno di lasciare libero Hulk, si spaccare qualcosa e di risvegliarsi circondato da gruppi di piccioni curiosi sulla cima di qualche edificio senza scale.

 

 

L'emergenza arrivò e venne accolta con gioia sia da Bruce che da Hulk, ormai più furibondo del solito. Passare due settimane in un angolino della mente di Bruce l'aveva massacrato psicologicamente.

E ottanta DoomBot erano quanto di meglio si poteva chiedere in merito a sistemi per scaricare lo stress.

Lo schema era quello solito, che come sempre era il migliore quando quella sorta di divin labrador (Thor, per la cronaca) era occupato a farsi gli affari suoi ad Asgard; quindi avevamo Hawkeye sui tetti che faceva piazza pulita di tutto ciò che gli si avvicinava o che gli stava lontano, Black Widow che faceva lo stesso, Captain America che menava qua e là e dava ordini, Iron Man che volteggiava aggraziatamente come un condor obeso facendo battutine non prettamente necessarie e Hulk che spaccava.

Ah, la dolce, dolce routine.

Solo che, quel giorno, qualcosa sembrava leggermente fuori schema. Il primo ad accorgersene fu Bruce, che, si sa, stava nella testa di Hulk ed era più rapido a capire quando il bestione aveva le palle più girate del solito.

Hulk non era soddisfatto. I DoomBot, a quanto pare, non erano abbastanza per lui. Voleva di più. Più DoomBot.

Più bersagli.

Più SPACCARE.

Pessima cosa.

Ecco cosa succede a tenere il mostro di rabbia inscatolato e marinato nella rabbia: il mostro di rabbia di arrabbia ancora di più.

Per fortuna che Bruce era una mente logica e razionale, chissà cosa sarebbe successo se fosse stato uno zuzzerellone qualunque.

La voce di Steve entrò nella sua testa lentamente, ovattata e lontana come uno che parla attraverso un gran quantitativo d'acqua o di morfina - Bruce! Bruce, svegliati! Bruce, per l'amor del cielo, riprenditi immediatamente, la battaglia è finita, hai capito?! Finita!

No, la battaglia non era finita. C'erano ancora dei bersagli, c'era ancora roba da spaccare. C'era ancora suo padre che sorrideva come un lurido figlio di puttana e sua nonna che non l'aveva mai difeso e sua madre che piangeva e il sangue e Albert sicuramente gasato in un maledetto canile solo come un cane solo come sua madre che moriva con la testa spiaccicata contro il pavimento e sua nonna fredda immobile col cappello nero al funerale neanche una parola neanche uno sguardo e i dolci che non aveva mai avuto e i lividi e

un colpo lo fece trasalire.

Un bastone (quasi uno stecchino, paragonato alla massa di Hulk) era puntato contro il suo polpaccio. In mezzo alla polvere, Marjorie Banner sembrava più vecchia di almeno vent'anni (il che era tutto un dire) - Cosa diavolo stai facendo signorino, uh?- esclamò la donna sopra al rumore di roba che cadeva, che si frantumava, che si sbriciolava formando nuove nuvole si polvere volteggianti come veli marroni - La battaglia è finita, non hai sentito il super procione blu, uh?

Steve si sarebbe offeso di certo. Ma in effetti somigliava ad un procione.

- HULK SPACCA!- esclamò Hulk, loquace e articolato come al solito. Marjorie incrociò le braccia, il bastone stretto nell'incavo del gomito destro - No.

- HULK VUOLE SPACCARE TUTTO!

- Tutto cosa, uh? Non ci sono più nemici. Quella è la casa di qualcuno, stupido ragazzone verde!

- HULK SP- Hulk si fermò - CASA?- domandò osservando il palazzo della quale stava demolendo accuratamente la parete est - CASA?- disse agitando un dito verso il palazzo.

- Sì, ragazzo. Quella è la casa di qualcuno e tu la stai distruggendo. Come ti sentiresti se qualcuno distruggerebbe la tua casa, uh?

- MALE- disse Hulk guardando il palazzo - HULK MALE. HULK TRISTE. UOMO DI LATTA COSTRUISCE CASA DI HULK. HULK PROTEGGE CASA.

- Allora perché spacchi le case degli altri, uh?

Hulk la guardò con aria dispiaciuta. Il mondo trattenne il fiato.

Una vecchina centenaria di quarantacinque chili (da vestita) aveva appena vinto contro Hulk. Che i posteri ricordino questo giorno in eterno!

 

 

 

Bruce si svegliò un numero X di ore dopo nel suo comodo e caldo letto.

Sorrise, pensando che magari era stato tutto un brutto sogno.

Ora avrebbe preso il suo bel libro, si sarebbe fatto una tisana, avrebbe messo qualche lagnoso CD di musica da meditazione e si sarebbe goduto un rilassante pomeriggio.

Un secco colpo di tosse cancellò questa splendida speranza dalla sua mente. Non che non ci fosse abituato, però era sempre una sofferenza.

Marjorie se ne stava seduta su una sedia accanto al letto, il fidato bastone poggiato su una valigia - Parto- disse la donna - torno a casa.

Grazie a Dio non era certo l'esclamazione giusta dopo una notizia simile, ma rendeva bene lo stato d'animo di Bruce - Così presto?- domandò con fintissima tristezza.

- Ho visto mio nipote- Marjorie si sistemò la stola di volpe che aveva impallinato lei stesa nel '64 - non ho altro fare qua. Ho solo una cosa da darti,uh, prima di andar via. Coso, tu, fallo entrare!

“Come desidera signora." rispose pacatamente Jarvis, probabilmente offeso dall'essere chiamato coso, tu. Comunque, Natasha era stata chiamata Stalin in gonnella quindici volte in quelle due settimane e poster di Capitan America con su scritto "Il super procione blu ci salverà!" erano appesi per tutta la Tower, quindi Jarvis non si poteva lamentare.

Tornando alla storia, la porta si aprì e quello che era indubbiamente una palla di cannone pelosa sparata ad alta velocità si diresse verso il letto di Bruce, saltandoci sopra con decisione e buttandosi anima e corpo a leccare la faccia del pover'uomo.

Bruce rimase immobile, paralizzato dall'eccesso di dolcezza e bava.

Qualche cane aveva qualcosa di familiare.

Forse era la macchia marrone sulla zampa destra uguale a quella nera sulla zampa sinistra ("calzini spaiati" li aveva chiamati il precedente proprietario, all’epoca) o il muso allegro, le orecchie penzoloni, gli occhi neri, la coda a ciuffetti - Albert?- domandò prendendo il muso del cane fra le mani - Albert?- domandò di nuovo voltandosi verso sua nonna.

Marjorie sbuffò - Certo che no, uh. Albert è morto sette mesi fa. Questo è uno dei suoi figli- allungò una mano, accarezzando lentamente il cane sulla testa - si chiama Albert II, ma a casa lo chiamo Albie.

- Albie.- Bruce guardò fisso il cane. Poi la luce l'illuminò (ricordatevi sempre che Bruce Banner è un genio e non uno zuzzurellone qualunque. Credo sia necessario ripetere questo concetto più e più volte) - Nonna, ma tu non avevi riportato Albert al canile, quella volta?

- Uh?! E lasciare che qualche accalappiacani senza palle né cuore gasasse la povera bestia? Col cazzo, uh. L'ho portato a casa mia di nascosto. Era un bravo cane. Mi ha tenuto compagnia.

- Ma ci sono altri cuccioli?

- Li ho dati via tutti, uh. Ma questo qui volevo che lo avessi tu.

- Nonna, potevi tenerne almeno uno. Ti sentirai sola, ora.

- E perché mai dovrei tenere un cane, Robert? Per farlo uggiolare sulla mia tomba quando finalmente Dio deciderà che è ora di togliere il mio culo da questo mondo, uh?

- Nonna, non dire così. - si tirò a sedere, osservando sua nonna, ora non più la sua arzilla/arcigna nonna, ma una vecchietta di quasi cent'anni leggera come un cardellino - Tienilo con te. Non voglio che stai sola.

- Robert, tesoro- Marjorie sorrise - non sono sola. Ho tanti angeli custodi con me. - la donna si lisciò le pieghe della gonna lentamente - La tua povera mamma sarebbe davvero molto felice di vederti così.

- Verde e gigante?

- Circondato da persone che ti vogliono bene. E felice, uh.

Guardò il muro e poi Albie - Sono felice?

- Lo sei. Devi solo cercare di non farti sopraffare dalla rabbia. Non essere come tuo padre, Robert.

Osservò la mano di sua nonna stringersi con forza sulla stoffa della gonna - Purtroppo quell'uomo è uscito dal mio utero. Purtroppo ha incontrato tua madre. Purtroppo non ho mai avuto il coraggio di portarti via dalle sue grinfie, anche dopo la morte di tua madre ho sempre avuto paura, uh.

Marjorie sospirò, alzandosi in piedi - Ma da tutto quello sei nato tu, uh. E questo per me è un motivo di gioia.- poggiò una mano tra i capelli di Bruce, arruffandoli - Vorrei che tu potessi dimenticare il passato, uh, ma so' che questo non è possibile. Quello che ti auguro è di vivere la tua vita serenamente, Robert, senza farti condizionare dalle cose orribili che non hai mai meritato.

Bruce la guardò. Voleva dire qualcosa, ma non sapeva bene cosa. Forse, ringraziarla per averlo nascosto nella sua stanza quando suo padre era troppo arrabbiato, per avergli passato quelle caramelle fatte in casa super appiccicose quando suo padre non guardava, per aver portato sua madre all’ospedale, per avergli preparato quella torta gigante e avergli regalato quel pupazzo di Capitan America prima di andare a vivere all'ospizio, ringraziarla per aver venduto la bella casa che suo nonno aveva costruito per far sì che loro potessero tirare avanti qualche mese in più.

- E mettiti la maglia di lana, uh. Se quel coso stranutisce ricoprirà New York di moccio, per carità, non è che farà mai più schifo di quanto ne faccia normalmente, ma, ew, moccio.

Bruce rise.

 

 

 

 

 

 

Due anni dopo, Bruce Banner poggiò un mazzo di fiori troppo opulento su una tomba di marmo troppo semplice. Sua nonna sorrideva, avvolta nella divisa da crocerossina che aveva indossato durante la guerra. La foto era stata scattata prima che partisse, quando ancora il mondo per lei era rose, fiori e coraggio da leoni.,

Albie strusciò il muso contro la pietra, uggiolando un poco. Bruce sorrise, accarezzandolo sul dorso.

Nella sua mente e nel suo cuore, ora, regnava la calma.

 

 

 

 

 

 

 

A.Corner___
Erano secoli che volevo scrivere questa storia. SECOLI. Ora l’ho scritta e mi sento realizzata.

Sì. Sono felice.

Dunque, questa storia non è betata. Credo di non aver mai avuto una storia betata in vita mia. Non ho neanche una beta che mi beti le storie.

Non è una cosa di cui vantarsi, purtroppo.

Voglio un beta, lo voglio tanto tanto.

 

Questa storia partecipa a Qualcuno ha detto Mary Sue?

 

   
 
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