Il bastone della vecchiaia.
Dedico questa storia
a tutte le signore che ho incontrato
durante questi lunghi mesi di tirocinio
e mi tolgo il cappello in onore di
queste signore quasi centenarie
che sono sempre più attive e
sveglie di me.
Akrois.
Ci sono giorni in cui dai per
scontato che qualcosa accadrà. Ci sono giorni in cui dai per scontato
che il mondo ti si rivolterà contro e la terra crollerà sotto i
tuoi piedi senza uno straccio di spiegazione scientificamente, logicamente e
fottutamente accettabile.
Bruce Banner aveva vissuto tanti
di quei giorni.
Insomma, quando sei un mostro
verde spacca tutto part-time ti abitui a sentire il mondo crollare sotto i tuoi
piedi. In generale crolla proprio perché è sotto i tuoi piedi, ma
sono dettagli.
Ora, il nostro coraggioso
protagonista si stava godendo una sorta di giornata tranquilla, rilassandosi
con un buon libro, mezzo litro di tisana rilassante e un CD
"gabbiani che volano su mare mosso ma non troppo mentre un piano suona
struggentemente all'orizzonte" programmato per girare in loop infinito.
Quindi era, in complessivo, una
bella giornata.
Ma le belle giornate tendono ad
avere brutti sviluppi e Bruce Banner questo lo sapeva benissimo. Ehy, il giorno
in cui si era iniettato quel siero del supersoldato dei poveri doveva essere la
giornata più bella della sua vita, perdonatelo se ora come ora si
ritrova ad essere leggermente pessimista.
"Signor Banner"
pronunciò la voce del sempre presente Jarvis "un'ospite chiede di
entrare."
- Credo che tu debba chiedere a
Tony, Jarvis - disse Bruce sorridendo al soffitto - è lui che si occupa
di queste cose, di solito, no?
"L'ospite chiede di lei,
signor Banner. Di conseguenza, credo che sia giusto chiedere a lei."
- Oh. - sospirò poggiando
il libro su un tavolino e salutando con la manina la sua giornata tranquilla -
Per caso è grosso, in divisa e armato?
"No signore. Ad un accurato
esame risulta essere una signora di novantanove anni con una protesi al
ginocchio destro e quello che suppongo essere un pacemaker."
Bruce sentì il sangue
raggelarsi leggermente. Scolò un sorso abbondante di tisana e chiuse gli
occhi - Ti ha per caso detto come si chiama?
"Sì signor Banner. Il
suo nome è Marjorie Banner, signore."
Contò almeno trecentoquarantacinque
numeri dopo il 3,14 e si bevve tutta la tisana in un sorso, mentre Jarvis
annunciava l'atroce verità "C'è il 99,9% di
possibilità che la signora sia sua nonna."
Marjorie Banner, classe 1912,
donna dai mille talenti e dai mille rimproveri era sempre stata la croce di
Bruce Banner.
Una donna di quelle all'antica,
con la sigaretta perennemente in bocca, l'aria arcigna e un bastone composto da
cinque centimetri di legno e l'intera zanna di un povero elefante. Non
dimentichiamoci il capello argenteo cotonatissimo, mi raccomando. Quello era
necessario per completare il look "anziana stanca del mondo ma comunque
più figa di te".
Bruce ricordava bene le infinite
sgridate di sua nonna, gli spinaci mangiati per forza o per amore, quella volta
in cui voleva comprare un cane ma sua nonna lo portò via dal negozio a
forza, le torte fumanti che gli venivano tolte da sotto il naso per finire
nascoste in irraggiungibili armadi e i palloni che venivano sistematicamente
confiscati.
Bruce non aveva un bel rapporto
con una nonna. Forse la cosa era legata anche al fatto che sua nonna aveva
partorito suo padre e ciò era segno che il gene della pezzodimerderia
doveva essere nascosto da qualche parte nel corredo generico di famiglia.
Ora, suddetta nonna sedeva, in tutta
la sua quasi centenaria gloria, su una delle splendide poltrone coperte di teli
indiani che Tony aveva gentilmente piazzato nel salotto del suo piano.
Logicamente circondata da tutti
gli Avengers, perché, ehy, chi si perderebbe mai la visita della nonna
stronza di Bruce Banner?
Per lo meno, Steve non era
più il nonnetto della stanza.
- Dunque- disse Clint
stravaccandosi poco elegantemente tra il divano e il tavolinetto da
caffè - lei è la nonna di Brucie? Cavolo, non ci aveva mai
parlato di lei, cioè, pensavamo che fosse orfano, insomma, non parla mai
della sua famiglia- il fiume di minchiate venne arginato non da Natasha, seduta
accanto a lui, o da Steve, in piedi a lato del divano, ma da una potente
bastonata che colpì gli stinchi di uno dei supereroi più potenti
della terra, facendolo ululare di dolore.
- Giù le zampe dal tavolo,
ragazzino. Nessuno ti ha mai insegnato a non poggiare i piedi dove non
dovresti, uh?- sbottò l'anziana, osservandolo con puro astio (ma non era
astio, era solo che la sua faccia era bloccata a quel mondo da un sacco
d'anni).
- No signora.- grugnì
Clint massaggiandosi uno stinco con'aria terribilmente scocciata. Bruce
s'immaginò una freccia che passava attraverso l'occhio destro di sua
nonna.
- Figa tua nonna- disse Tony poggiandosi
sulla sua spalla sinistra - perché ce la tenevi nascosta? Una
così potrebbe entrare negli Avengers. Si potrebbe chiamare "La
Reliquia Assassina" o " La Bastonatrice Centenaria". Lei
sì che incuterebbe terrore nei nostri nemici.
- Per l'amor di tutto ciò
che c'è di buono e di santo a questo mondo Tony, stai zitto. Mia nonna
non si farebbe scrupoli a strapparti il reattore Arc
dal petto e fartelo mangiare.
- Oh-oh
.- il ghigno di Tony si allargò - Che cosa cattiva. - s'inchinò
teatralmente davanti al viso sempre accigliato di Marjorie, sorridendole come
solo Tony Stark, milionario-supereroe-gran figo-e tutto il resto, poteva fare - Signora, rimpiango di
non essere nato, quanti, settant'anni fa? Avremmo potuto fare grandi cose
insieme.
- Uh, con uno come te non ci
farei neanche lo stufato.- commentò lapidaria Marjorie, sorseggiando
lentamente il suo the (facendo quel terribile suono di risucchio che per anni
aveva disgustato il povero Bruce). Tony comunque non perse il sorriso e si
sedette nuovamente accanto a Bruce.
Cadde il silenzio. Steve chiese
alla signora se gradiva dei biscotti più facili da masticare, beccandosi
uno sputacchio in faccia come ringraziamento.
Altro silenzio.
Bruce decise di tirar fuori le
palle a quattro mani e assieme a queste anche il suo coraggio, aprì la
bocca e (forzando un sorriso falso come una forma di parmigiano made in Mexico)
disse - Allora nonna, cosa ti porta qui a New York?
Marjorie inarcò un
sopracciglio, causando uno spostamento tettonico della pelle del suo viso che
la rese irriconoscibile per tre lunghissimi secondi - Un'anziana donna
moribonda deve avere un buon motivo per andare a trovare il suo unico nipotino,
nonché unico parente in vita?
Moribonda. Certo. Sua nonna era
stata data per spacciata già del 1964 da un medico che era morto molto
tempo prima di lei. Sua nonna possedeva la cosa più simile
all'immortalità che la mente umana fosse in grado di concepire.
- Nonna, ti vivi nello Utah. Non
dirmi che hai fatto una settimana di viaggio solo per venirmi a fare un saluto.
Sua nonna alzò di nuovo un
sopracciglio. La conversazione, per lei, era finita.
Gli Avengers e la nonna del
Dottor Bruce Banner bevvero il loro the in completo silenzio.
Marjorie Banner dormiva solo con
un certo tipo di coperte, con un certo tipo di decoro, fatte di un certo tipo
di cotone, su un certo tipo di letto imbottito in un certo modo.
E, ovviamente, nel richiedere
questo cose era stata il più sgarbata possibile.
Bruce andava in giro con un
thermos di tisana rilassante da cinque litri attaccato alla cintura.
Bruce ricordava con orrore il
giorno in cui sua nonna l'aveva trovato mentre portava un cucciolo di cane in
casa. Ricordava ancora i suoi occhi saettanti d'ira e la bocca che si tendeva
in una linea rosea sottilissima, tanto da confondersi con le altre rughe.
Aveva pianto, gridato e battuto i
pugni, ma il cane era stato riportato al canile in un batter d'occhio.
Aprì gli occhi di scatto,
guardandosi attorno. Cazzo, quel povero cane. L'avevano probabilmente abbattuto
col gas da almeno trent'anni.
All'epoca aveva pensato di
chiamarlo Albert.
L'emergenza doveva arrivare.
Aveva bisogno di lasciare libero Hulk, si spaccare qualcosa e di risvegliarsi
circondato da gruppi di piccioni curiosi sulla cima di qualche edificio senza
scale.
L'emergenza arrivò e venne
accolta con gioia sia da Bruce che da Hulk, ormai più furibondo del
solito. Passare due settimane in un angolino della mente di Bruce l'aveva
massacrato psicologicamente.
E ottanta DoomBot
erano quanto di meglio si poteva chiedere in merito a sistemi per scaricare lo
stress.
Lo schema era quello solito, che
come sempre era il migliore quando quella sorta di divin labrador (Thor, per la
cronaca) era occupato a farsi gli affari suoi ad Asgard; quindi avevamo Hawkeye
sui tetti che faceva piazza pulita di tutto ciò che gli si avvicinava o
che gli stava lontano, Black Widow
che faceva lo stesso, Captain America che menava qua e là e dava ordini,
Iron Man che volteggiava aggraziatamente come un
condor obeso facendo battutine non prettamente necessarie e Hulk che spaccava.
Ah, la dolce, dolce routine.
Solo che, quel giorno, qualcosa
sembrava leggermente fuori schema. Il primo ad accorgersene fu Bruce, che, si
sa, stava nella testa di Hulk ed era più rapido a capire quando il
bestione aveva le palle più girate del solito.
Hulk non era soddisfatto. I DoomBot, a quanto pare, non erano abbastanza per lui.
Voleva di più. Più DoomBot.
Più bersagli.
Più SPACCARE.
Pessima cosa.
Ecco cosa succede a tenere il
mostro di rabbia inscatolato e marinato nella rabbia: il mostro di rabbia di
arrabbia ancora di più.
Per fortuna che Bruce era una
mente logica e razionale, chissà cosa sarebbe successo se fosse stato
uno zuzzerellone qualunque.
La voce di Steve entrò
nella sua testa lentamente, ovattata e lontana come uno che parla attraverso un
gran quantitativo d'acqua o di morfina - Bruce! Bruce, svegliati! Bruce, per
l'amor del cielo, riprenditi immediatamente, la battaglia è finita, hai
capito?! Finita!
No, la battaglia non era finita.
C'erano ancora dei bersagli, c'era ancora roba da spaccare. C'era ancora suo
padre che sorrideva come un lurido figlio di puttana e sua nonna che non
l'aveva mai difeso e sua madre che piangeva e il sangue e Albert sicuramente
gasato in un maledetto canile solo come un cane solo come sua madre che moriva
con la testa spiaccicata contro il pavimento e sua nonna fredda immobile col
cappello nero al funerale neanche una parola neanche uno sguardo e i dolci che
non aveva mai avuto e i lividi e
un colpo lo fece trasalire.
Un bastone (quasi uno stecchino,
paragonato alla massa di Hulk) era puntato contro il suo polpaccio. In mezzo
alla polvere, Marjorie Banner sembrava più vecchia di almeno vent'anni
(il che era tutto un dire) - Cosa diavolo stai facendo signorino, uh?-
esclamò la donna sopra al rumore di roba che cadeva, che si frantumava,
che si sbriciolava formando nuove nuvole si polvere volteggianti come veli
marroni - La battaglia è finita, non hai sentito il super procione blu,
uh?
Steve si sarebbe offeso di certo.
Ma in effetti somigliava ad un procione.
- HULK SPACCA!- esclamò
Hulk, loquace e articolato come al solito. Marjorie incrociò le braccia,
il bastone stretto nell'incavo del gomito destro - No.
- HULK VUOLE SPACCARE TUTTO!
- Tutto cosa, uh? Non ci sono
più nemici. Quella è la casa di qualcuno, stupido ragazzone
verde!
- HULK SP- Hulk si fermò -
CASA?- domandò osservando il palazzo della quale stava demolendo
accuratamente la parete est - CASA?- disse agitando un dito verso il palazzo.
- Sì, ragazzo. Quella
è la casa di qualcuno e tu la stai distruggendo. Come ti sentiresti se
qualcuno distruggerebbe la tua casa, uh?
- MALE- disse Hulk guardando il
palazzo - HULK MALE. HULK TRISTE. UOMO DI LATTA
COSTRUISCE CASA DI HULK. HULK PROTEGGE CASA.
- Allora perché spacchi le
case degli altri, uh?
Hulk la guardò con aria
dispiaciuta. Il mondo trattenne il fiato.
Una vecchina centenaria di
quarantacinque chili (da vestita) aveva appena vinto contro Hulk. Che i posteri
ricordino questo giorno in eterno!
Bruce si svegliò un numero
X di ore dopo nel suo comodo e caldo letto.
Sorrise, pensando che magari era
stato tutto un brutto sogno.
Ora avrebbe preso il suo bel
libro, si sarebbe fatto una tisana, avrebbe messo qualche lagnoso CD di musica da meditazione e si sarebbe goduto un
rilassante pomeriggio.
Un secco colpo di tosse
cancellò questa splendida speranza dalla sua mente. Non che non ci fosse
abituato, però era sempre una sofferenza.
Marjorie se ne stava seduta su
una sedia accanto al letto, il fidato bastone poggiato su una valigia - Parto-
disse la donna - torno a casa.
Grazie a Dio non era certo
l'esclamazione giusta dopo una notizia simile, ma rendeva bene lo stato d'animo
di Bruce - Così presto?- domandò con fintissima tristezza.
- Ho visto mio nipote- Marjorie
si sistemò la stola di volpe che aveva impallinato lei stesa nel '64 -
non ho altro fare qua. Ho solo una cosa da darti,uh, prima di andar via. Coso,
tu, fallo entrare!
“Come desidera
signora." rispose pacatamente Jarvis, probabilmente offeso dall'essere
chiamato coso, tu. Comunque, Natasha era stata chiamata Stalin in gonnella
quindici volte in quelle due settimane e poster di Capitan America con su
scritto "Il super procione blu ci salverà!" erano appesi per
tutta la Tower, quindi Jarvis non si poteva lamentare.
Tornando alla storia, la porta si
aprì e quello che era indubbiamente una palla di cannone pelosa sparata
ad alta velocità si diresse verso il letto di Bruce, saltandoci sopra
con decisione e buttandosi anima e corpo a leccare la faccia del pover'uomo.
Bruce rimase immobile,
paralizzato dall'eccesso di dolcezza e bava.
Qualche cane aveva qualcosa di
familiare.
Forse era la macchia marrone
sulla zampa destra uguale a quella nera sulla zampa sinistra ("calzini
spaiati" li aveva chiamati il precedente proprietario, all’epoca) o
il muso allegro, le orecchie penzoloni, gli occhi neri, la coda a ciuffetti -
Albert?- domandò prendendo il muso del cane fra le mani - Albert?-
domandò di nuovo voltandosi verso sua nonna.
Marjorie sbuffò - Certo
che no, uh. Albert è morto sette mesi fa. Questo è uno dei suoi
figli- allungò una mano, accarezzando lentamente il cane sulla testa -
si chiama Albert II, ma a casa lo chiamo Albie.
- Albie.- Bruce guardò
fisso il cane. Poi la luce l'illuminò (ricordatevi sempre che Bruce Banner
è un genio e non uno zuzzurellone qualunque. Credo sia necessario
ripetere questo concetto più e più volte) - Nonna, ma tu non
avevi riportato Albert al canile, quella volta?
- Uh?! E lasciare che qualche
accalappiacani senza palle né cuore gasasse la povera bestia? Col cazzo,
uh. L'ho portato a casa mia di nascosto. Era un bravo cane. Mi ha tenuto
compagnia.
- Ma ci sono altri cuccioli?
- Li ho dati via tutti, uh. Ma
questo qui volevo che lo avessi tu.
- Nonna, potevi tenerne almeno
uno. Ti sentirai sola, ora.
- E perché mai dovrei
tenere un cane, Robert? Per farlo uggiolare sulla mia tomba quando finalmente
Dio deciderà che è ora di togliere il mio culo da questo mondo,
uh?
- Nonna, non dire così. -
si tirò a sedere, osservando sua nonna, ora non più la sua
arzilla/arcigna nonna, ma una vecchietta di quasi cent'anni leggera come un
cardellino - Tienilo con te. Non voglio che stai sola.
- Robert, tesoro- Marjorie
sorrise - non sono sola. Ho tanti angeli custodi con me. - la donna si
lisciò le pieghe della gonna lentamente - La tua povera mamma sarebbe
davvero molto felice di vederti così.
- Verde e gigante?
- Circondato da persone che ti
vogliono bene. E felice, uh.
Guardò il muro e poi Albie
- Sono felice?
- Lo sei. Devi solo cercare di
non farti sopraffare dalla rabbia. Non essere come tuo padre, Robert.
Osservò la mano di sua
nonna stringersi con forza sulla stoffa della gonna - Purtroppo quell'uomo
è uscito dal mio utero. Purtroppo ha incontrato tua madre. Purtroppo non
ho mai avuto il coraggio di portarti via dalle sue grinfie, anche dopo la morte
di tua madre ho sempre avuto paura, uh.
Marjorie sospirò,
alzandosi in piedi - Ma da tutto quello sei nato tu, uh. E questo per me
è un motivo di gioia.- poggiò una mano tra i capelli di Bruce,
arruffandoli - Vorrei che tu potessi dimenticare il passato, uh, ma so' che
questo non è possibile. Quello che ti auguro è di vivere la tua
vita serenamente, Robert, senza farti condizionare dalle cose orribili che non
hai mai meritato.
Bruce la guardò. Voleva
dire qualcosa, ma non sapeva bene cosa. Forse, ringraziarla per averlo nascosto
nella sua stanza quando suo padre era troppo arrabbiato, per avergli passato
quelle caramelle fatte in casa super appiccicose quando suo padre non guardava,
per aver portato sua madre all’ospedale, per avergli preparato quella
torta gigante e avergli regalato quel pupazzo di Capitan America prima di
andare a vivere all'ospizio, ringraziarla per aver venduto la bella casa che
suo nonno aveva costruito per far sì che loro potessero tirare avanti
qualche mese in più.
- E mettiti la maglia di lana,
uh. Se quel coso stranutisce ricoprirà New York di moccio, per
carità, non è che farà mai più schifo di quanto ne
faccia normalmente, ma, ew, moccio.
Bruce rise.
Due anni dopo, Bruce Banner
poggiò un mazzo di fiori troppo opulento su una tomba di marmo troppo
semplice. Sua nonna sorrideva, avvolta nella divisa da crocerossina che aveva
indossato durante la guerra. La foto era stata scattata prima che partisse,
quando ancora il mondo per lei era rose, fiori e coraggio da leoni.,
Albie strusciò il muso
contro la pietra, uggiolando un poco. Bruce sorrise, accarezzandolo sul dorso.
Nella sua mente e nel suo cuore,
ora, regnava la calma.
A.Corner___
Erano secoli che volevo scrivere questa storia. SECOLI. Ora l’ho scritta
e mi sento realizzata.
Sì. Sono felice.
Dunque, questa storia non
è betata. Credo di non aver mai avuto una
storia betata in vita mia. Non ho neanche una beta
che mi beti le storie.
Non è una cosa di cui
vantarsi, purtroppo.
Voglio un beta, lo voglio tanto tanto.
Questa storia partecipa a Qualcuno
ha detto Mary Sue?