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Autore: TheHeartIsALonelyHunter    13/08/2013    7 recensioni
Non c’era un giorno uguale nella routine dei Weasley, sebbene Hermione tentasse, con scarsi risultati, di organizzare giornate sempre uguali e ordinate.
C’erano giorni in cui la casa risuonava delle urla allegre di Hugo che correva dietro a Lily Luna cercando di strapparle di mano un giocattolo già rotto da tempo.
C’erano giorni in cui invece, in casa, regnava il silenzio di Rose Weasley che “doveva studiare per un esame” e stava china sui libri anche per ore.
C’erano giorni in cui le urla di Ron e Hermione che litigavano si potevano sentire anche dalla loro casa.
C’erano giorni, invece, in cui Ron si ricordava di amare la moglie e la trascinava in un passionale tango mentre lei rideva cercando di staccarsi da lui.
C’erano giorni in cui Hermione chiedeva a Harry “Va tutto bene?” e lui annuiva perché non voleva parlare neanche con Hermione.
C’erano giorni, invece, in cui Hermione chiedeva a Harry “Va tutto bene?” e lui non poteva mentire.
Genere: Malinconico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ginny Weasley, Harry Potter, Luna Lovegood, Rolf Scamandro | Coppie: Harry/Ginny, Harry/Luna, Luna/Rolf
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Filone scelto: Harry
Pacchetto: Luna Lovegood, (obbligo) Genere Malinconico, (divieto) Torre di Corvoner.
Titolo della storia: La solita routine
Rating: Arancione 
Introduzione: Non c’era un giorno uguale nella routine dei Weasley, sebbene Hermione tentasse, con scarsi risultati, di organizzare giornate sempre uguali e ordinate.
C’erano giorni in cui la casa risuonava delle urla allegre di Hugo che correva dietro a Lily Luna cercando di strapparle di mano un giocattolo già rotto da tempo.
C’erano giorni in cui invece, in casa, regnava il silenzio di Rose Weasley che “doveva studiare per un esame” e stava china sui libri anche per ore.
C’erano giorni in cui le urla di Ron e Hermione che litigavano si potevano sentire anche dalla loro casa.
C’erano giorni, invece, in cui Ron si ricordava di amare la moglie e la trascinava in un passionale tango mentre lei rideva cercando di staccarsi da lui.
C’erano giorni in cui Hermione chiedeva a Harry “Va tutto bene?” e lui annuiva perché non voleva parlare neanche con Hermione.
C’erano giorni, invece, in cui Hermione chiedeva a Harry “Va tutto bene?” e lui non poteva mentire.
Vostre Note: Alla fine della storia per non spoleirare.

Nona classificata al contest "La malinconoia" indetta da FannyRimes
Prima classificata nel filone Harry e vincitrice del premio speciale "Pain" al contest "Con chi accoppieresti Draco?E Harry?" indetto da Mary Black e giudicato da MmeBovary
Ha partecipato al contest "[Tuttifandom e originali SOLO EDITE] Oscar EFPiani 2014" indetto da Frandra aggiudicandosi la nomination come "Miglior sceneggiatura non originale"

Diciassettesima classificata al contest "Qual'è la migliore edita che abbiate mai scritto?" indetto da PhoenixQuill
 




Harry si chiedeva, ormai da anni, cosa sarebbe successo se quel giorno le avesse risposto “sì”.
Se invece di scuotere la testa contrariato, se invece di prenderle le mani come per pregarla, se invece di cercare, con mille scuse e mille spiegazioni, un motivo per quel rifiuto che lui stesso non capiva, le avesse detto semplicemente “sì”.
Si era chiesto, richiesto e quasi scervellato cercando di immaginare una vita diversa da quell’ammasso di cliché che era la sua vita.
La sua routine era così noiosa e così dannatamente uguale a quella del giorno prima, che a volte Harry veniva preso da una rabbia cieca e sentiva il bisogno di sbattere la testa contro il muro.
Ogni mattina Harry si alzava dal letto alle sette in punto.
Ginny era già in cucina e aveva preparato la colazione con amore.
Il Prescelto sorrideva, più per cercare di rallegrare sé stesso che la sua sposa.
Appena si accorgeva di lui, la ragazza (non più ragazza) si girava verso di lui e lo accoglieva, allegra, con un “Ciao, amore!” che era tutto meno che naturale.
Harry si prendeva un istante prima di entrare nella cucina, perché aveva prima bisogno di ispirare il profumo del caffè, sperando che gli desse un po’ più di vita, e non quel malumore che lo perseguitava da –Merlino- 20 anni che erano sposati.
Con una carezza e un bacio sulla guancia, Harry le ricordava ogni mattina che la amava, e ricordava anche a sé stesso che lui la amava.
DOVEVA amarla.
Altrimenti, perché a lei aveva concesso quel “sì” che a Luna aveva negato?
Dopo la colazione (il caffè era sempre troppo caldo, la brioche troppo fredda), Ginny andava a trovare Ron e Hermione.
Ogni volta lo implorava di venire con lei, dicendo che da tanto, TROPPO tempo non andava a dare un' occhiata alla loro casa.
Riusciva sempre a trovare nuovi argomenti per farlo entrare in quella casa: Hermione aveva comprato una nuova moquette SEMPLICEMENTE DIVINA, Hugo era riuscito in un incantesimo PARTICOLARMENTE DIFFICILE, Ron aveva mandato a fuoco DI NUOVO la cena…
E così Harry si trascinava di malavoglia alla casa accanto, dove vivevano Ron e Hermione che, al contrario della loro grigia famiglia, potevano vantare una famiglia di mille colori.
Non c’era un giorno uguale nella routine dei Weasley, sebbene Hermione tentasse, con scarsi risultati, di organizzare giornate sempre uguali e ordinate.
C’erano giorni in cui la casa risuonava delle urla allegre di Hugo che correva dietro a Lily Luna cercando di strapparle di mano un giocattolo già rotto da tempo.
C’erano giorni in cui invece, in casa, regnava il silenzio di Rose Weasley che “doveva studiare per un esame” e stava china sui libri anche per ore.
C’erano giorni in cui le urla di Ron e Hermione che litigavano si potevano sentire anche dalla loro casa.
C’erano giorni, invece, in cui Ron si ricordava di amare la moglie e la trascinava in un passionale tango mentre lei rideva cercando di staccarsi da lui.
C’erano giorni in cui Hermione chiedeva a Harry “Va tutto bene?” e lui annuiva perché non voleva parlare neanche con Hermione.
C’erano giorni, invece, in cui Hermione chiedeva a Harry “Va tutto bene?” e lui non poteva mentire.
E poi, dopo quelle visite, c’erano sempre Albus e James che scorazzavano per la casa a fare incantesimi mentre Ginny li richiamava (questo, naturalmente, se i due ragazzi non erano a Hogwarts), Lily che gli si infilava tra le gambe per essere abbracciata e la cena. 
Una cena precisa e ordinata. 
Una cena completamente ordinaria.
Chissà perché, avrebbe preferito una cena carbonizzata a quella compostezza dannatamente melensa e così…
Così…
Semplicemente così normale.
Sembrava strano che dopo anni e anni passati a nascondersi dal Signore Oscuro e giorni passati nell’ansia di essere preso, Harry odiasse tutta la normalità che lo circondava, o forse era semplicemente una reazione dovuta, appunto, a tutti quegli anni passati a compiere e a vedere “stranezze”.
Forse Harry non avrebbe mai voluto DAVVERO la normalità nella sua vita, anche se sentiva di volerla profondamente.
Quante volte, nella sua vita, Harry si era immaginato una vita diversa da quella che ora lo costringeva in una casa grigia che odiava, in una vita grigia che odiava e una moglie grigia per cui non provava ormai più nulla?
Tante, troppe volte.
Dannazione, perché non aveva detto quel “sì” a Luna?
In fondo, cosa poteva essere quella parolina di sole due lettere che si tramandava dalla notte dei tempi e che ogni giorno milioni di persone pronunciavano, per un motivo o per un altro?
Bè, Harry sapeva che la parola “sì” non era affatto semplice.
Anzi.
Era forse la più complicata parola che fosse stata mai inventata sulla terra, e la promessa più vincolante che un amante potesse fare.
Era un giuramento di fedeltà eterna, quel “sì” che all’apparenza sembrava così debole.
Era un legame da stringere con una persona, quella parola che spesso e volentieri veniva sprecata per la persona sbagliata (come lui aveva fatto).
Era il “per sempre e sempre”, una nuova vita che cominciava, la promessa di una famiglia, di una casa, di un amore.
Un “sì” che Harry era riuscito a concedere solo a Ginny.
Perché?
Perché a lei e non a Luna?
Cosa gliel’aveva impedito quel giorno sulla Torre di Grifondoro?
Cosa gli aveva impedito di rispondere, alla domanda “Ti va di stare con me?” un “sì” sicuro e sincero?
Forse l’assurdità di tutta la situazione che stava vivendo.
Forse la prospettiva del caos che Luna gli avrebbe portato nella vita.
Forse la speranza di avere una vita tranquilla e sicura dopo tutto ciò che gli era successo.
Forse, a bloccarlo, quella notte, era stata solo la paura.
Harry sapeva benissimo, e lo sapeva probabilmente anche Luna, che lui era un grandissimo codardo.
Poteva anche dire di aver sconfitto Lord Voldemort, poteva essere acclamato come uno dei migliori Cercatori che Hogwarts avesse mai visto, poteva avere amici che cercavano, ogni volta che lo vedevano, di tirarlo su dallo stato in cui versava con aneddoti sulle “grandi avventure dei bei vecchi tempi”, ma Harry Potter era un codardo.
Semplicemente perché aveva avuto paura di dire un “sì” che gli avrebbe cambiato la vita per sempre.
Paura di decidere da solo chi amare come moglie e chi, invece, amare come amica.
Paura di ferire i sentimenti di qualcuno, quando probabilmente Luna era stata molto peggio di Ginny per quel “No”.
A lui non l’aveva, naturalmente, dato a vedere, ma sapeva benissimo quanto Luna fosse più fragile di sua moglie. 
Ma allora perché aveva detto “sì” a Ginny, se sapeva benissimo di amare Luna e non lei?
Perché l’aveva lasciata andare via?
Perché l’aveva fatta sposare con quel Rolf che, sì, forse l’amava, ma che lei non amava?
Perché lei amava lui, a distanza di anni, lo sapeva, lo SENTIVA.
Oppure era stato tutto un gioco per la piccola Loony?
Forse aveva tentato di ingannarlo, forse i suoi sentimenti per lui erano stati la semplice infatuazione di una ragazzina conquistata dall’eroe del momento?
In fondo, e lo sapeva bene, Luna non era mai stata e non sarebbe mai stata la donna seria e precisa che Ginny era.
E questo la rendeva ancora più desiderabile agli occhi di Harry.
 
Fu durante una delle tante rimpatriate tra amici che capì, finalmente, che per Luna non era stato affatto un gioco, no.
Mentre i ragazzi alzavano per la quinta volta i bicchieri colmi di champagne a qualche avvenimento e a un figlio in arrivo (Harry non capì di chi), mentre il suo nome veniva ripetuto e Ginny gli stampava baci sulla guancia, mentre i loro “bambini” (ormai non più bambini) sbadigliavano annoiati e i VERI bambini (Lily e Hugo) si infilavano tra le gambe di Hannah, lo sguardo di Luna era fisso nel suo e i suoi occhi verdi si perdevano in quelli grigi della bionda.
Quando l’aveva rivista quasi non la riconosceva: i lunghi capelli biondi che per notti intere aveva sognato di accarezzare erano ora corti e tagliati a caschetto, ma ancora disordinati nella loro normalità. Il viso scavato rendeva gli occhi ancora più grandi e più grigi, e seppure la sua espressione fosse incredibilmente severa e austera, Harry riuscì a vedere una nota di malcelata tristezza in fondo a quell’azzurro e una richiesta supplice di aiuto.
Da quando era iniziata la conversazione, Luna aveva aperto bocca poco o niente, e solo per rispondere ai brindisi senza particolare slancio. Sembrava come ghiacciata, immobile in uno strano stato che Harry non capiva, come in coma, come se qualcosa bloccasse tutta la vita che un tempo, Harry lo ricordava, la animava.
Era come se la sua vivacità, la schiettezza di un tempo fossero andate a farsi benedire, e al posto della ragazzina che tanto amava fosse arrivata una donna grigia tanto e più di Ginny.
Una donna ordinaria, che probabilmente cucinava cene stupende e succulente, che la sera andava a letto e fissava il soffitto pensando a quanto normale fosse la sua vita.
Vicino a lei Rolf, come un gargoyle, la scrutava e la controllava con estrema severità. 
Sebbene nella sua fisionomia il giovane Scamandro fosse molto bello, sembrava a prima occhiata un tipo per nulla spontaneo e totalmente artificioso.
Se, con la sua voce ancora flebile e dolce, Luna provava a inserirsi nel discorso parlando di Gorgospizzi o di Truffolotti, subito Rolf le prendeva un braccio e la zittiva, sotto lo sguardo stupito e triste di Harry.
“Ti prego, voglio sentire parlare dei Truffolotti, ti prego! Parlami di qualcosa di diverso da questa stupida routine!” pregava mentalmente l’uomo, sperando con tutto sé stesso che, con la spontaneità e la vivacità di un tempo, Loony tornasse ad alzare la sua voce su Luna.
Ma Rolf era accanto a lei, e la donna non poteva fare altro che stringersi nelle spalle e fissare, con sguardo triste, il pavimento sotto di lei.
Prima che potesse rendersene conto, Harry era stato trascinato in una conversazione assurda su James e la sua ragazza, di cui capì a malapena due parole: i suoi occhi erano ancora fissi in quello sguardo di ghiaccio, in cerca della ragazza che, tanti anni prima, gli aveva conquistato il cuore e l’anima.
Ma la dolce Loony di cui per tanto tempo aveva fantasticato, la Loony che doveva tirarlo fuori dall’assurdità della sua vita, sembrava avere una vita assurda quanto la sua.
Ad un tratto, la donna si alzò, e sussurrando “devo andare in bagno”, si allontanò veloce dal gruppo.
Harry la seguì con lo sguardo, come aspettandosi di vederla girare da un momento all’altro, mentre lei continuava imperterrita verso una porta in fondo al locale.
Ginny lo prese per la manica e, ancora ridendo di una battuta che Harry non aveva capito, gli sussurrò all’orecchio:
“Non sei felice, amore?”
L’uomo evitò di girarsi verso di lei.
“Di cosa?”
“Del fatto che James si è fidanzato!”
La donna, vicino a lui, sembrava molto felice, ma Harry non lo era affatto.
Non lo era ormai da tanto.
“E…Chi è la fortunata, Rosie?”
Sentì Ginny ridere, una risata ovattata, come se la sentisse da lontano, ma non si interrogò neanche sul perché di quella risata. 
“Amore, oggi hai proprio la testa tra le nuvole.” 
Prima che potesse ritrarsi, sua moglie gli aveva scoccato un bel bacio sulla guancia, che Harry ignorò totalmente.
Il suo sguardo era fisso su quella porta, il pensiero rivolto a lei, un'unica idea in testa, seppure folle e azzardata.
“Devo andare in un posto…” sussurrò a Ginny, in un tono abbastanza alto da poter essere udito dall’intera tavolata.
“Devi proprio, Harry?” chiese la donna, in tono triste.
“Tranquilla…” disse Harry, sfiorandogli di sfuggita la guancia. 
“Torno presto”.
Cinque secondi dopo, si era Smaterializzato nel bagno delle donne. 
Appoggiata alla porta di ingresso, Luna Lovegood piangeva disperata con la testa tra le mani.
Harry sentì il cuore perdere un battito a quella visione, ma cercò di rimanere più neutro possibile mentre diceva:
“Non pensavo di vederti ridotta così, un giorno…” 
Si accorse che la voce aveva preso una piega vagamente incrinata mentre diceva tali parole, ma non se ne curò troppo: non era quello il problema.
Luna alzò la testa dal rifugio sicuro delle sue mani, e non sembrò affatto stupita nel vederlo lì mentre lei versava lacrime disperate.
Harry la guardò shoccato mentre il mascara le colava via dagli occhi (che mostro era Rolf se l’aveva convinta a portare quella roba?) e un mezzo sorriso le si apriva sul volto.
“Ciao, Harry Potter…”. La sua voce era ancora calda e dolce come la ricordava, la voce di una bambina, solo più incrinata del normale.
La donna si avvicinò di qualche centimetro a lui, mentre il cuore del più grande eroe di tutto il Mondo Magico (o almeno, così lo chiamavano) cominciava a battere come mai in venti anni aveva battuto.
“Potrei farti la stessa domanda, Harry…” ribatté Luna, con la schiettezza e la naturalezza che avevano fatto innamorare il mago tanto, tanto tempo prima.
Ormai i due erano abbastanza vicini da poter sentire l’una il fiato dell’altro.
“Che ti è successo in 20 anni, Prescelto?” chiese lei, in un tono tra il sicuro e l’incerto.
“Cosa ti ha cambiato tanto, Harry?”
L’uomo rabbrividì quando sentì le mani di Luna unirsi alle sue, e una lacrima colare giù dai suoi occhi e bagnare i due palmi uniti.
“Cosa ha cambiato te, Loony?” domandò, cercando di non scoppiare a piangere anche lui.
Era lì.
Vicino a lui.
E si stava stringendo sempre più al suo corpo .
L’uomo abbassò veloce lo sguardo, cercando di non considerare la donna vicino a lui che ora stringeva le sue mani.
“È da troppo tempo che la desideri per poterla cacciare…” sussurrava una vocina nella sua testa. 
La sua mente vorticava freneticamente in cerca di un appiglio, un’idea qualsiasi per cui non fare ciò che desiderava ardentemente e più di tutto in quel momento. 
I suoi bambini…
I bambini che ormai non erano più bambini e potevano capire.
Ron e Hermione…
Felicemente innamorati come lui non era mai stato.
Rolf…
L’uomo che aveva traviato per sempre una donna meravigliosa.
I figli di Luna…
Anche loro abbastanza adulti da capire.
Ginny…
C’era Ginny.
La moglie grigia che gli aveva regalato venti anni grigi di grigi giorni.
Davanti a lei c’era il colore, un colore che aveva cacciato via con un semplice “No” sulla Torre di Grifondoro.
Un errore che non si era più perdonato, e un dolore che ancora batteva nel suo cuore ferito.
Luna sfiorò il suo braccio. Harry rabbrividì.
Poi, guardando i suoi occhi in lacrime, la baciò.
Come se, d’improvviso, la sua vita avesse acquistato un senso, l’uomo si ritrovò a gioire di quel bacio come un ragazzo, e la donna reagì come la ragazzina che era stata tanto, tanto tempo prima.
Il contatto durò poco ma bastò per riempire gli occhi di Luna di calde lacrime e il cuore di Harry di una dolce gioia mista a paura.
“Oh, Harry…” La sua voce era spezzata da singhiozzi che sembravano non voler cessare.
“È per te che sono diventata così, non lo capisci? Quando mi hai rifiutata, alla Torre, ho pensato che facendo come Ginny… Ho pensato…”
Nuove lacrime tornarono a bagnare i suoi occhi, ma le sue mani rimasero strette in quelle di Harry che, da parte sua, non aveva idea di cosa dire.
D’improvviso la bambina era tornata adulta.
Non si doveva giustificare, no, non doveva.
Era lui che avrebbe dovuto chiederle scusa, spiegare, giustificarsi…
Ogni parola sembrava ormai inutile da dire, eppure lui sentiva il BISOGNO di dire qualcosa.
Di darle una ragione, di farle capire, di scusarsi, soprattutto.
Di domandare perdono e di dire che era stato uno stupido codardo a rifiutarla, che Rolf era l’uomo più fortunato del mondo, sebbene non lo sapesse.
Ma prima che potesse aprire bocca, Luna lo zittì con queste parole:
“Il bagno si è riempito di Nargilli…”
Il secondo bacio fu ancora più intenso, preludio del terzo, e poi del quarto, e del quinto, e di tutti quelli che seguirono.
La porta era stata serrata da un incantesimo, e Harry Potter, completamente nudo sul pavimento, stringeva tra le braccia Luna Lovegood, l’arcobaleno della sua vita.
Con il petto scosso da tremiti di eccitazione e paura, l’uomo pensava che non aveva mai provato nulla del genere con Ginny.
 
Una settimana dopo, Harry era di nuovo nella sua casa, vicino a sua moglie, al tavolo della colazione, ma stavolta non le aveva scoccato un bacio sulla guancia: non gli serviva perché sapeva che non l’amava.
Ad un tratto il telefono (i due coniugi l’avevano installato per poter parlare coi loro figli in un altro modo che non fosse via gufo) cominciò a squillare insistente, e prima che Harry potesse chiedersi chi fosse, Ginny gli aveva messo la cornetta in mano dicendo: 
“è Luna”.
Con la voce agitata ma più bassa che poteva, per evitare che Ginny sentisse, l’uomo soffiò nel telefono:
“Luna, come stai?”
“Bene, bene, grazie.”
La sua voce era piatta e incerta, ma Harry non ci fece caso: era troppo contento di poterla sentire.
“Senti, Luna, ho pensato che potremmo vederci domani sera a…”
“Harry, dobbiamo finirla qui.”
L’uomo rimase basito.
Il suo cuore perse un battito.
E sentì uno strano cigolio alla parte sinistra del petto.
“C…Come, Luna?”
“Hai capito bene, Harry. Non possiamo andare avanti.”
La sua voce era calma e neutra, ma il ragazzo poteva immaginare che avesse pianto.
“Io e Rolf… Vogliamo ricominciare tutto da capo.”
La donna prese fiato.
“Mi ha chiesto scusa per tutti i cambiamenti che ha voluto fare in me. Ha detto che gli dispiace, che non pretenderà mai più nulla da me.”
Gli occhi di Harry erano lucidi di lacrime.
“Non più di quanto io possa dargli, certo.” 
Sentì Luna tirare su col naso, e provò a immaginare quanto quel momento doveva essere difficile per lei.
“Partiamo domani. Andiamo… In giro per il mondo a cercare Gorgospizzi.”
La donna ridacchiò, cercando di prendere la cosa sul leggero, forse per rendere il distacco meno crudele.
“Sarò… Sarò felice, vedrai!”.
Luna si prese una pausa, e Harry sperò con tutte le sue forze che gli chiedesse di venire con lei o che sarebbe rimasta e che era tutto uno scherzo.
“E lo sarai anche tu.”
Una lacrima scese veloce dagli occhi dell’uomo e scivolò giù per il mento.
Felice, come potrei essere felice senza te? Questo ciò che avrebbe voluto dire.
Ma tacque, mentre Luna finiva il suo discorso.
“Sii buono con Ginny. Ti ama tanto.”
“No, ti prego, non te ne andare.
Non te ne andare…”.
L’avrebbe pregata in ginocchio, se fosse servito a qualcosa.
Ma non serviva a nulla: la sua decisione era già presa, e sembrava non essere mai stata più decisa di così.
“Ti amo anch’io, Harry.”
Il segnale, dall’altra parte, cessò.
Harry abbassò lentamente la cornetta.
Le sue guance erano completamente rigate di lacrime.
 
Ci sono giorni, ora, in cui Harry si sveglia la mattina e vorrebbe essere con lei e Rolf in giro per il mondo, a vedere cose stravaganti e goffe creature.
Ci sono giorni in cui si alza dal letto e Ginny lo aspetta con un sorriso meno aperto, forse perché sa.
Ci sono giorni in cui Hermione viene a casa e gli stringe la mano per farlo stare meglio.
Ci sono giorni in cui vorrebbe solo stare solo.
Ci sono giorni in cui riesce a stare solo.
C’è poi un giorno in cui Hermione gli annuncia che Luna è incinta, e Harry sa di chi.
C’è un giorno in cui James gli presenta la sua fidanzata, e lui rimane di stucco quando si accorge che anche lei ha capelli biondi e il caschetto. Ma non è Luna, no, è Dominique Weasley la fortunata.
C’è un giorno in cui Harry si chiede dove sia ora Luna, e di dove sia suo figlio.
C’è un giorno in cui Ron viene a casa e gli chiede come sta.
C’è un giorno in cui Harry si domanda se mai il bambino vedrà il suo vero padre.
C’è un giorno in cui si scandalizza nel notare James e lei appartati a baciarsi.
C’è un giorno in cui l’ombra bionda sembra seguirlo ovunque.
C’è un giorno in cui resta a letto perché ha paura di ciò che potrebbe vedere svegliandosi.
C’è un giorno in cui Ginny gli dice che è nato il figlio di Luna, e non sorride.
C’è un giorno in cui Harry trova il coraggio e la va a trovare in ospedale.
E quel giorno sa che finalmente Luna ha trovato la felicità.
La vede in un lettino d’ospedale, i capelli scompigliati e suo figlio tra le braccia.
Le chiede di lei e Rolf, e Luna sorride.
Bacia il bambino che mai potrà crescere, e una lacrima gli scende dagli occhi.
Bacia Luna sulle labbra, e stavolta è lei a piangere.
C’è un giorno, il giorno dopo, in cui Harry torna a baciare Ginny sulla guancia la mattina.
C’è un giorno in cui comincia anche a baciarla sulle labbra, e gode della sua soddisfazione.
C’è un giorno in cui si rende conto che tutto ciò che ha è una benedizione del cielo, e che sì, Luna aveva ragione, sarà felice.
C’è un giorno in cui si sveglia la mattina e ha voglia di morire.
E lo solleva il pensiero che, da qualche parte nel mondo, Luna Lovegood lo ama.
 
 
Note d’autrice: 
E così finisce questa pazza, pazza storia.
Lo so, è molto triste (si, ho troppa autostima XD) e anche molto strana, ma a me piace comunque.
La HarryLuna è una delle mie coppie preferite, e DOVEVO sfruttare un altro contest per scrivere su di loro.
E così è nata questa storia strana e folle.
Un’ultima nota.
In origine, a fidanzarsi non doveva essere James, ma Albus, e la sua fidanzata un mio OC, la terza figlia di Luna (io adoro quei due insieme e li ricaccio per qualsiasi contest possibile). Ma poi ho pensato che, nella mia versione dei fatti, Luna era morta quando i due si fidanzano, e anche Ginny, quindi non poteva essere.
Perciò, non ho preso la JamesDominique perché mi piace (potrebbe anche piacermi in seguito), ma perché anche lei è bionda. 
Per questo.
AH, e c'è un lieve OOC di Luna ma qiesto perchè le circostante l'hanno portata a cambiare, come scritto nella storia.
  
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