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Autore: Rowena    20/08/2013    6 recensioni
Cosa sarebbe successo se la storia fosse accaduta non a Pasadena negli anni 2000, ma bensì in Italia in piena Controriforma, quando né la gravità né le stringhe erano ancora state anche solo pensate, e bisognava fare attenzione a non esporre troppo le proprie idee innovative?
Firenze 1640: una giovane donna con il sogno di recitare giunge nella città dei Medici piena di ambizioni.
[Questa storia partecipa al contest "Au Storico" indetto da Agne sul forum di EFP]
Genere: Avventura, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Howard Wolowitz, Leonard Hofstadter, Penny, Rajesh Koothrappali, Sheldon Cooper
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Angoletto dell'autrice: Buongiorno a tutti, e grazie per aver letto la mia prima storia su questo fandom adorabile, folle e divertentissimo. Ho scritto questa one-shot per il contest AU Storico indetto da Agne. Siamo a Firenze nel 1640, in piena Controriforma e allo stesso tempo nel periodo in cui nasce la scienza moderna. È un esperimento un po' folle, e messo in cantiere in fretta a causa dell'avvicinarsi della scadenza del contest, quindi spero che non ci siano castronerie di genere. Ho cercato di essere il più corretta possibile dal punto di vista storico, ma se notate delle stupidaggini non vi fate scrupolo a segnalarmele. Per ora è tutto, un po' di note alla fine della storia ancora.
Buona lettura! :)

Rowi




Una nuova città, un centro economico e culturale in cui di certo sarebbe stato assai più facile fare carriera come attrice. Penny, dopo giorni di scossoni su una carrozza economica e troppe battute lascive da parte degli altri occupanti del vagone, scese a Firenze e si sciolse nel primo sorriso da settimane: finalmente era sola e libera, lontano dalla sua sconclusionata famiglia e da quel buco di provincia che era Torino.
Portando con sé pochi soldi e giusto un paio di vestiti oltre a quello che già indossava, la giovane donna s'incamminò spavalda osservando l'imponente cupola del Brunelleschi, che splendeva magnifica rossa e bianca a protezione della città. Ah, Firenze! Terra di mecenati e di artisti, luogo di sogno dove ogni speranza poteva realizzarsi. Per un'aspirante attrice come lei, non esisteva posto migliore al mondo.
Dunque, per prima cosa doveva trovare un'abitazione: aveva sentito per la via di parecchi alloggi presso ordini monastici per i pellegrini, ma non aveva alcuna intenzione di approfittarne, se non per la prima sera, nel caso avesse impiegato più tempo del necessario per la sua ricerca.
Nemmeno le prime due topaie che visitò, alcove di prostitute assassinate di recente dai loro amanti – una delle quali nella stessa stanza che Penny visitò, a giudicare dagli schizzi di sangue mal puliti sulle pareti – riuscirono a smontare le sue alte aspettative, né il pregiudizio nei riguardi di una giovane donna non accompagnata. A quanto pareva, perfino chi aveva per affittuarie abituali delle meretrici di basso bordo sembrava avere il diritto di giudicarla dall'alto in basso…
Alla fine, dopo diverse ore in giro per le vie di Firenze, individuò due stanze al quarto piano di un edificio un po' defilato rispetto alle strade più belle e movimentate della città, ma che includevano dei mobili decenti per un affitto ragionevole.
Il padrone di casa sembrava un tipo di poche parole che non le fece troppe domande, per dirsi invece assai felice di aver trovato una nuova occupante: «Madonna, vi avverto. Nell'altro appartamento abitano dei tipi strani e molto fastidiosi, ma che pagano troppo bene perché io mi decida a cacciarli. Se vi dovessero dare fastidio, signora… Problema vostro».
Non sembrava molto rassicurante, si disse la ragazza, ma la casa era la migliore che aveva visto in tutto il giorno, e lei non voleva passare neanche un'ora dalle monache per farsi ripetere tutta la notte la lezione sull'importanza di conservare le proprie virtù per il proprio sposo.
Era ancora sulla soglia della sua nuova abitazione, quando quattro bizzarri personaggi salirono per le scale.
«Salute, messeri, sono la nuova occupante delle stanze qui accanto!», annunciò Penny con un sorriso smagliante. Era talmente felice all'idea di aver trovato una casa pulita e senza topi, che sarebbe stata gentile e cordiale con chiunque, nonostante le parole del padrone. Aveva riflettuto non poco prima di partire, conoscendo i rischi che avrebbe potuto correre vivendo da sola in una città sconosciuta, senza il padre o un marito a proteggerla, eppure dopo aver risolto il problema della casa così in fretta – era bastato assicurare al padrone di casa che non aveva intenzione di intrattenere uomini nella sua proprietà – la giovane era ottimista e speranzosa al punto da non preoccuparsi nel rivolgere la parola a dei perfetti sconosciuti.
E non ce n'era ragione, del resto, poiché i quattro uomini che erano comparsi sul ballatoio erano tutto fuorché minacciosi: erano un quartetto assai bizzarro, composto da un allampanato personaggio vestito in maniera orribilmente fuori moda – il suo completo con maniche e pantaloni a sbuffo lo faceva sembrare ancora più magro e alto – un tipetto basso con un grosso paio di occhiali ad arco dalla montatura di corno, un ragazzo dall'ampio cappello giallo e, per ultimo, uno straniero dalla pelle scura che la fissava come se dalla fronte le fosse appena spuntato un lungo corno.
«Buongiorno a voi, Madonna!», rispose al saluto il tipo con gli occhiali con un sorriso tirato. Sembrava molto timido, sebbene si fosse lanciato davanti agli altri per rivolgerle la parola. «Qual è il vostro nome?»
«Penelope, ma tutti mi chiamano Penny, è meno pomposo e più adatto a me».
«Non posso fare altro che concordare: io sono Leonard, e vengo dalla lontana Inghilterra. Questo è Sheldon, il mio coinquilino», disse indicato il tipo più alto, che si muoveva rigidamente e rivolse alla ragazza solo un'espressione sprezzante, prima di passare al ragazzo col cappello giallo. «Poi c'è Howard, e per ultimo Raj, figlio dell'ambasciatore del Gran Mogol Shah Jahan presso la corte del Granduca di Toscana».
«Il nome completo sarebbe Rajesh Ramayan Koothrappali, ma a quanto pare per voi conquistatori del mondo sembra essere incomprensibile, e…»
Il figlio dell'ambasciatore si zittì all'improvviso e tornò a fissare la giovane con un'espressione terrorizzata, al punto da metterla a disagio.
«Ma che gli succede?»
«Non è abituato alle donne italiane», spiegò Leonard ridacchiando e spingendo da parte l'amico. «A tutte le donne che non provengano dal suo paese, a quanto pare. Vi trova troppo sfacciate e ciò lo mette in imbarazzo. Ignoratelo, è molto meno molesto di…»
«Non preoccupatevi di lui, bella fanciulla», si fece avanti Howard. Prese la mano di Penny e se la portò alle labbra senza mai smettere di fissarla. «E cosa vi porta a Firenze?»
«Ecco, appunto», mormorò Leonard sistemandosi gli occhiali sul naso.
Lei si divincolò, infastidita dal contatto fisico non richiesto: «Sono in cerca d'impiego, io vorrei…»
«Ma perché dobbiamo stare qui in piedi sul ballatoio quando abbiamo sedie e poltrone in abbondanza, per una femmina per di più!», sbottò all'improvviso Sheldon, aprendo la porta dell'appartamento che condivideva con Leonard. «Nessuno di voi ha fatto tante scene quando è arrivato l'inquilino precedente».
«Questo perché forse si trattava di un conciatore molto grasso e molto sporco che russava talmente forte da attraversare ben due pareti», suggerì Howard scoccandogli un'occhiata funesta. «Insomma, l'hai guardata bene?»
«Ah, c'era un conciatore? Ora capisco l'odore acre che c'è in casa», commentò a voce più alta Penny, così da spostare la conversazione. «Dovevo aspettarmi qualche inghippo per un affitto così modesto, ma pazienza. L'idea era di stabilirmi più vicino al Duomo, ma ho scoperto che più ti avvicini alla corte dei Medici più gli affitti sono cari, per cui… Se voglio vivere del mio lavoro di attrice, devo accontentarmi».
«Attrice, eh? Sapete che, quando sarai defunta, verrete sepolta in terra sconsacrata per l'immoralità della tua professione?»
«Rischi che sono disposta a correre», replicò Penny in tono piatto, stanca di sentirsi ripetere la morale religiosa sul tema. «Non vi facevo un timorato di Dio, Sheldon».
«Oh, io non ho timore alcuno in merito… Ma se ve lo chiedesse mia madre, vado a Messa tutti i giorni e mi fustigo per domandare perdono per la mia superbia nel voler comprendere i misteri del Signore», spiegò lui alzando gli occhi al cielo. «Sapete, non vorrei chiamasse di nuovo un esorcista: dopo il decimo rito per scacciare il demonio che dovrebbe aver ottenebrato il mio pensiero e la mia fede, la questione ha cominciato a farsi noiosa».
«A proposito di questioni religiose, io rientro a casa prima che faccia buio. A domani, amici! Mia signora», salutò Howard, dedicando a Penny uno sguardo lascivo che la disgustò.
«Che peccato che ve ne andiate così presto, non è neanche calato il sole! Che c'è, avete paura del buio forse?», disse con voce sarcastica, dettaglio che non fu colto da Sheldon.
«Howard vive nel quartiere ebraico con sua madre: deve tornare entro la chiusura dei cancelli, per il coprifuoco».
Ma Penny sembrò cogliere solo una parte dell'informazione così prontamente fornita dallo strampalato studioso: «Alla sua età vive ancora con sua madre? Non dovrebbe aver già sposato una bella e ricca ragazza ebrea? O procreato un sacco di piccoli ebrei col naso adunco e attaccati al denaro?»
Leonard questa volta s'intromise per evitare che il suo coinquilino travisasse ancora una volta l'ironia della giovane attrice: «La sua famiglia è dovuta scappare da Roma per la diaspora di Clemente VIII e si è rifugiata a Pisa approfittando della magnanimità del Granduca Ferdinando I».
Howard, che a sentir parlare delle proprie origini si era fermato sulla soglia, allargò le braccia sospirando: «Sempre detto che i Medici sono gente in gamba, forse perché come molti esponenti del mio popolo hanno iniziato come banchieri… Comunque, anche dopo la mia nascita, mio padre ha continuato a viaggiare per affari, e un bel giorno non è più tornato. Non sappiamo se sia stato perseguitato o sia fuggito, comunque mia madre non ha reagito bene, per cui mi è difficile abbandonarla».
I tre ragazzi, che avevano conosciuto la madre di Howard, erano abbastanza certi che l'opzione corretta fosse la seconda, ma non l'avrebbero mai ammesso con l'amico direttamente per paura di innescare pericolosissime discussioni. Come avevano già avuto modo di provare, infatti, Howard era l'unico e solo ad aver diritto di lamentarsi dell'inconsolabile vedova, che sapeva essere davvero castrante col figlio… Ma sapevano anche che non rimaneva a casa solo per affetto.
«Sì, di' piuttosto che è molto comodo non doverti preoccupare di alcuna questione pratica che non riguardi il tuo lavoro».
«Questione di punti di vista, ma almeno io ho sempre le brache ben lavate e inamidate con cura. Mi piacerebbe rimanere a chiacchierare ancora, ma i guardiani sanno essere insopportabili. A domani, mia bella pulzella!»
Penny si fece forza per non rispondere a male parole come le aveva insegnato suo padre, sapendo che era meglio lasciar andar via Howard e non prolungare quel patetico corteggiamento.
«Non ha conosciuto molte ragazze in vita sua, nevvero?», domandò poi scocciata quando ebbe sentito il portone chiudersi di sotto.
«A quanto pare, le figlie di Sion sono guardate a vista dai parenti e tenute in casa costantemente, tranne che per le funzioni. Ma ci mette del suo», rispose Leonard con un risolino. Meglio non aggiungere che nemmeno lui poteva vantare chissà che esperienze, ma questo Penny non poteva saperlo.
Una ragazza così bella e così sfrontata dall'altro lato del pianerottolo sembrava un sogno, al giovane con gli occhiali, che fin dal primo sguardo aveva percepito un palpito speciale, e che si sentiva determinato a conquistarla… Nonostante non fosse ben sicuro di come potesse fare.
«E voi che fate nella vita?», domandò Penny accantonando definitivamente il discorso su Howard e ignorando Raj, che continuava a fissarla con gli occhi fuori dalle orbite.
«Siamo studiosi», rispose Sheldon con enfasi e un sorriso inquietante. «Osserviamo la natura e il mondo e cerchiamo di comprendere le leggi che li governano, seguendo l'esempio del grande Galileo».
Penny storse il naso a sentire quello strano nome: «Chi?»
Se avesse esclamato la peggiore delle bestemmie, lo strano tipo allampanato che le stava di fronte avrebbe reagito in maniera più composta e rispettosa per quella ragazza che, ai suoi occhi, era una contadinotta ignorante e impudente. Ma sfortunatamente, non c'era cosa al mondo che peggio indisponesse Sheldon che sentir bistrattare il suo idolo e mentore.
«Come sarebbe, chi? Galileo Galilei», ripeté con un tono ancor più saccente. «Matematico, filosofo, studioso. Scopritore dei misteri celesti, ingiustamente criticato e accusato dalla chiesa e costretto ad abiurare le sue idee per avere salva la pelle… Tutto questo non ti dice nulla?», concluse quasi disgustato nel vedere l'espressione confusa e totalmente ignara della giovane, liberandosi da ogni uso formale della lingua. In fondo, nell'ottica del giovane studioso chiunque non conoscesse e idolatrasse Galileo era indegno del minimo rispetto.
«Ah, forse… Quel tizio che sosteneva che la Terra gira intorno al Sole?», azzardò Penny. «Ma è storia vecchia, no? Roba di qualche anno fa».
Sheldon sillabò le ultime parole senza emettere un fiato e cominciò a camminare per la stanza con fare stizzito, prima di continuare la propria invettiva: «Ti rendi conto che stiamo parlando di un pensatore geniale, che malgrado l'oscurantismo della nostra epoca sarà ricordato per sempre per i suoi sforzi nello svelare i misteri del cosmo? Dalle sue osservazioni dipenderà lo sviluppo dell'intero pensiero umano, e tu lo chiami quel tizio?!»
«È un tantino suscettibile sull'argomento, perdonalo», s'intromise Leonard spingendo da parte il coinquilino. «Cosa avevamo stabilito? Non ti puoi permettere di fare simili apprezzamenti su Galileo di fronte ad estranei, potremmo finire entrambi accusati di eresia dagli inquisitori!»
«Ma questi non sono apprezzamenti, sono semplici dati di fatto», fece notare Sheldon a voce più alta, senza afferrare il punto.
L'amico lanciò un'occhiata furtiva alla ragazza, che si trovava a soli pochi passi da loro e aveva sentito tutto perfettamente, prima di continuare esasperato: «Allora modifichiamo la regola precedente: non puoi parlare di Galileo con estranei senza condannarlo apertamente».
«Condannarlo? Perché, è il mio più grande…»
«Lo so! Ma fino a che questa ammirazione non sarà socialmente accettabile, evita di attirare su di noi l'attenzione di ogni estraneo che potrebbe essere interessato a guadagnare un paio di monete vendendoci al Sant'Uffizio, mi sono spiegato meglio?»
«Se stai parlando di me, non ti preoccupare», aggiunse la ragazza avvicinandosi ai due. «Non sono così disperata, e anche avessi bisogno di denaro non mi metterei in una situazione potenzialmente pericolosa anche per me».
Raj si avvicinò a Leonard, gli batté la mano sulla spalla e poi gli bisbigliò qualcosa all'orecchio.
«Sì, sono d'accordo, anche a me sembra degna di fiducia», rispose lui con un sorriso. «Penny, non so se avete già cenato, ma uscireste con noi, Madonna? Conosciamo una taverna eccezionale qui vicino, sarebbe un buon modo per festeggiare il vostro arrivo in questa città».
«A una condizione, che tu mi dia del tu e non mi chiami più Madonna. Non sono abituata a tutte queste formalità», acconsentì la ragazza prima di aprire la porta. «Un attimo, recupero la mia bisaccia e sono da voi».
E lasciò la stanza in gran fruscio di gonne.
«Sarà saggio introdurre nelle nostre abitudini una donna? Mi sembra pericoloso per i nostri studi», commentò Sheldon un po' infastidito.
«Prendilo come un raro evento dalla natura da osservare», gli biascicò Raj, improvvisamente di nuovo dotato della parola.
Leonard era rimasto imbambolato a fissare la soglia: «È davvero bellissima, non trovate?»
«Mah, è un'osservazione troppo soggettiva per risponderti con esattezza, ma in ogni caso le sue maniere un po' rozze lasciano a desiderare».
«Allora, andiamo?», domandò Penny affacciandosi di nuovo sulla porta.
«Se proprio dobbiamo… Certo che non sarebbe eccezionale se i locandieri non organizzassero un servizio di consegna a domicilio per i clienti affezionati? Scommetto che sarebbe un successone», sospirò Sheldon. «Immaginate quanto tempo potremmo risparmiare per le nostre scoperte!»
«E quanto ancora si assottiglierebbero le nostre occasione di socializzare…»
E il resto della serata passò davanti a uno splendido cosciotto di agnello arrosto, un ottimo Chianti e le elucubrazioni di Sheldon su come si sarebbe potuto ordinare le pietanze di proprio gradimento tramite un piccione viaggiatore. Leonard gli fece notare che non sarebbe stato molto salutare, e Raj bisbigliò qualcosa d'incomprensibile, ma la giovane seduta con loro non ascoltava.
Era così contenta di essere a Firenze, la città che sognava da anni, e di essersi già trovata dei nuovi amici, per quanto strambi, che ogni trovata bislacca le sarebbe andata a genio, quella sera.

***

Ma le speranze di Penny erano destinate a infrangersi molto presto. La prima settimana di prove fu un vero e proprio disastro, quasi non ebbe modo di presentarsi o dimostrare il suo talento. Nonostante la sua passione, non era informata delle ultime novità apprezzate dal pubblico fiorentino, tanto più che molti attori prendevano in giro i politici e i nobili, personaggi che erano difficili da conoscere al di fuori del Granducato di Toscana.
«Allora, come è andata la prova?»
Penny gli lanciò un'occhiata furente, sebbene sapesse che Leonard non c'entrava nulla con il suo buco nell'acqua, e che aveva chiesto perché teneva a lei.
«Non mi hanno neanche lasciato provare: niente donne nubili o senza parenti che le accompagnino. Se voglio anche solo tentare di entrare nella compagnia, devo tornare con un padre o un marito», sbuffò la ragazza lasciandosi cadere su una poltrona lì vicina. «Vecchiacci bigotti!»
«Dovresti ringraziarli, sai», suggerì Sheldon, chino come sempre sui suoi fogli coperti di calcoli complicati, «se un giorno mai ti stuferai di queste balordaggini, sarà merito loro se avrai ancora una reputazione onorevole e potrai aspirare a un buon matrimonio».
«Ignoralo, ha una madre troppo bigotta perfino per la sua congregazione. E sono dei quaccheri!», bisbigliò Leonard alla ragazza a mo' di scuse. Negli ultimi giorni si era sempre prodigato nel cercare di giustificare i bislacchi comportamenti del suo amico nella speranza che la giovane non si offendesse e decidesse di non rivolgere più la parola a nessuno di loro. S'impegnava anche a rendere le spiegazioni scientifiche di Sheldon più comprensibili anche a chi non aveva studiato all'università, temendo che la nuova amica rimanesse esclusa da quasi tutte le conversazioni in cui si lanciavano.
Lei apprezzava queste piccole gentilezze, la facevano sentire a casa e davano senso all'ordine della casa, ricordandole che era Sheldon quello un po' fuori di testa.
«Ad ogni modo», continuò Penny alzando il tono di voce per ignorare quest'ultimo, «ho quasi finito il denaro, per cui dovrò trovarmi in fretta un altro lavoro».
«Non puoi farti mandare dei soldi da casa? Anche a Torino ci sarà una banca, in un paio di settimane potresti avere ciò che ti occorre».
«Ehm, potrei farlo se la mia famiglia sapesse che sono qui».
Leonard si tolse gli occhiali dal naso e li sfregò sulla manica della sua camicia per pulire le lenti: «Che vuol dire?»
«Che, tecnicamente», rispose Penny esibendo un sorrisetto colpevole, «mio padre crede di avermi mandato in un convento molto prestigioso nei dintorni di Firenze, altrimenti non mi avrebbe mai permesso di venire qui. Ho un accordo con una novizia proveniente dalla stessa zona, per qualche soldo lei mi metterà da parte eventuali lettere da Torino, così che nessuno si accorga dell'inghippo».
I quattro ragazzi rimasero a bocca aperta: la loro nuova amica era bella e molto affascinante, per certi aspetti, ma nessuno di loro l'avrebbe ritenuta capace di ordire un simile piano.
«Splendida e anche astuta», commentò Howard, che non aveva ancora compreso di non avere speranze con Penny. «Ogni giorno riveli nuovi talenti!»
«Ah-ah… Gira al largo, nasone», lo zittì lei senza concedergli ulteriori attenzioni.
«Beh, tuo padre non dev'essere molto furbo, se ha creduto a questa panzana».
Penny alzò le spalle, senza offendersi questa volta: «Mi ha cresciuta come un maschio per poi trovarsi imbarazzato quando non si sono presentati pretendenti alla mia porta… Almeno non per sposarmi. L'idea che entrassi in convento credo abbia sollevato tutta la mia famiglia. Voi che avete fatto oggi?»
«Dovevamo rileggere alcune pagine degli studi proibiti di Galileo per impostare le prossime osservazioni del cielo notturno, ma io e Sheldon siamo incappati in una discussione sul metodo da seguire… E non siamo riusciti a trarre una conclusione definitiva, nonostante il tuo idolo», continuò in direzione dell'amico, «sia perfettamente d'accordo con me».
«Non è affatto vero!»
«Ma se le ultime opere di Galileo non fanno altro che elogiare l'importanza dell'osservazione della natura e nell'esperienze pratiche… O vuoi forse dirmi che si sbaglia?»
«L'esperienza può servire a verificare una teoria, ma non può essere la base su cui fondare una teoria», rispose l'altro col solito tono piccato. «È la matematica la regina di ogni studio, la conoscenza su cui ragionare e riflettere per comprendere il mondo dalle semplici osservazioni. E sempre la matematica sta alla base delle invenzioni che permettono di vedere meglio il mondo. Com osserva Cartesio…»
«Vuoi davvero appellarti a Cartesio, quando Bacon, il nostro connazionale più illustre nel panorama scientifico, elogia il valore dell'esperienza e della conoscenza empirica?»
«La conoscenza empirica è importante, ma le idee, i calcoli…»
«Andranno avanti così ancora per molto?», domandò Penny a Howard, allibita.
«Hanno cominciato stamattina, ogni tanto s'interrompono, parlano di qualcos'altro… E poi riattaccano. È la loro normale prassi. Tra un po' chiameranno me in causa, perché sono un ingegnere e aspiro a creare macchine geniali come quelle di Leonardo da Vinci: Sheldon mi vorrà dalla sua parte per avvalorare che la matematica mi è fondamentale per ideare i miei congegni, mentre Leonard dirà che non inventerei nulla se non avessi già chiaro cosa ci voglio fare. In genere Raj li confonde proponendo di andare a mangiare a una certa ora, ma visto che ci sei tu non spiccicherà parola, quindi rimarremo qui per sempre», concluse scuotendo il capo.
Raj, offeso, gli diede un colpo sul braccio, ma rimase in silenzio senza mai staccare gli occhi da Penny, che sospirò di nuovo pensando a una soluzione che potesse chiudere la questione in fretta.
«E se vi invitassi io a cena? Solo formalmente, non ho il becco di un quattrino».
«È pericoloso, Sheldon ama che le situazioni si ripetano sempre con lo stesso copione, potrebbe non reagire bene. Forse provando a distrarlo con un altro argomento…»
I due nel frattempo continuavano la discussione senza più avere percezione delle altre persone nella stanza.
«Bacon!»
«Cartesio!»
«Bacon!»
«Cartesio all'infinito!»
«Quanto sei irritante…»
«E questo dimostra che la matematica è fondamentale per lo studio delle scienze».
«Come puoi usare questa cosa come prova a tuo favore nella nostra discussione? Sei pazzo!»
«Mai quanto te a ostinarti nella tua folle contraddizione, e…»
Penny scosse il capo e ci pensò su, comprendendo poi quale era il solo argomento avrebbe attirato l'attenzione dello spilungone: «Ehi, Sheldon, perché non provi a rispiegarmi la teoria copacabana?»
«La teoria copernicana, possibile che tu sia così ignorante?», la corresse l'interpellato dimenticandosi all'istante della disputa con Leonard, che a sua volta fissò la ragazza e mormorò un grazie impercettibile nella sua direzione.
«Forse, ma sono abbastanza furba per sapere come zittirti».
Sheldon fece per replicare ancora, ma rimase a bocca aperta raccogliendo la provocazione: «Sono prevedibile, un punto per te. Ah, è così dura dover vivere tra gli stolti. Ad ogni modo, io non credo affatto che Galileo sminuisca la matematica a favore dell'esperienza».
«Sempre a parlare di questo Galileo, è davvero così importante?!», sbottò Penny.
«Sì, e so che farei degli enormi passi avanti nella mia ricerca se potessi discutere con lui delle mie idee… Ma purtroppo non mi è possibile, è costretto al confino nella sua villa di Arcetri e tutte le sue visite sono controllate dalla Chiesa. Bisogna supplicare il Papa in persona per fargli visita».
«Perché non racconti a Penny di quando hai tentato di raggiungerlo anche senza autorizzazione? Quella sì che è una storia divertente».
«Oh, che sciocchezza. Ero solo un giovane studente molto intraprendente che mal sopportava le imposizioni insensate».
A dire il vero, Sheldon aveva fatto ben più di quanto non amasse raccontare: aveva perfino preso a nolo un cavallo – e lui detestava cavalcare, era impacciato e non sapeva tenere le redini – per raggiungere Arcetri, e si era messo a discutere dei sofisti greci con le guardie che gli avevano poi sbarrato la strada nei pressi della dimora in cui si era ritirato lo studioso per sfuggire alle persecuzioni clericali, nonostante la sua abiura.
«Non è così che il Granduca ha interpretato il tuo gesto», ridacchiò Leonard, «se ricordo bene, ha minacciato di bandirti per sempre dai suoi possedimenti, se avessi tentato un gesto tanto sciocco e sconsiderato».
Come al solito, l'udito di Penny selezionò attentamente le informazioni da ritenere importanti: «Ma voi conoscete il Granduca e non me l'avete detto? Non mi avete ancora introdotta a corte, quando sapete quanto questo potrebbe aiutare la mia carriera di attrice? Questo è davvero scortese da parte vostra!»
«Non prenderla sul personale, è solo che Ferdinando II de Medici non ci ama molto», ammise l'uomo con una punta di vergogna. «Ammira i nostri studi e ci sovvenziona per informarlo di ogni nostra scoperta, come ogni buon mecenate, ma non ci vuole tra i piedi. Soprattutto a corte».
«Oh santo cielo, che avrete mai combinato?»
«Beh, lui ha dato dello zotico a un importante emissario del Re di Francia», spiegò Raj con un dito puntato verso Sheldon, mentre Howard si asciugava gli occhi umidi per il troppo ridere. «Mentre Leonard ha quasi dato fuoco agli abiti dell'amante del Granduca, cercando di far volare una piccolo pallone di carta su un braciere per spiegare le possibilità dell'uomo di volare. Un vero spasso!»
«Ci credo, se ti fa così ridere da dimenticarti di avere paura di me», ridacchiò Penny notando come l'espressione di Raj mutò in terrore in un istante.
La stanza scoppiò in una risata fragorosa, ad eccezione del soggetto con le maniche più gonfie e voluminose, che batté i piedi a terra con uno strepito stizzito.
«Ora basta prendermi in giro, andrò a cercare delle menti illuminate che possano capire il mio genio!», tuonò infatti Sheldon con una voce troppo acuta per intimorire davvero qualcuno, prima di attraversare la soglia a grandi passi e uscire facendo sbattere la porta alle proprie spalle.
«Che dite, lo seguiamo?»
«Nah, sa cavarsela da solo. Andrà a brontolare un po' in università e, quando nessuno gli darà retta, tornerà qui», commentò Leonard con un'alzata di spalle.

***

Ma Sheldon non tornò quella sera, né durante la notte. Leonard, malgrado i suoi sforzi per non apparire preoccupato, cominciava a darsi pensiero per il compagno di stanza: non era mai successo che si trattenesse fuori tanto a lungo, per lo più perché era troppo schizzinoso e preoccupato delle malattie per dormire all'addiaccio, o che tenesse il muso per un tempo irragionevole.
Rimasto sveglio tutta la notte, lo studioso avrebbe desiderato tanto potersi permettere una tazza di caffè, la bevanda portentosa importata dalle Indie occidentali che restituiva vigore e lucidità, dopo una notte passata in bianco ad attendere il suo amico.
Tuttavia, bastò che qualcuno bussasse alla porta perché scattasse in piedi a vedere di chi si trattasse. «Sheldon?»
«No, sono io», rispose piano Penny dall'altro lato delle tavole di legno scadente. «Non è ancora tornato?»
L'uomo scosse la testa, sconsolato: «Forse lo troverai ridicolo, ma sono davvero in ansia. Capita spesso che faccia queste scenate, ma non è mai sparito così».
«No, capisco benissimo visto il tipo. Se fosse il mio migliore amico, nemmeno io starei tranquilla».
«È un po' strano, ma non è cattivo», si sentì in dovere di spiegare Leonard. «Solo, pensa di poter giudicare le persone in base alla loro intelligenza, e di trattare male chiunque non ritenga al proprio livello…»
«Tutto il mondo, quindi».
«Pressappoco. Eppure studiamo insieme da anni, e anche se mi secca devo ammettere che è davvero geniale, in certi momenti».
«Anche tu mi sembri bravo, da quello che ti ho sentito dire… Ed è apprezzabile che tu tenti di spiegarmi le cose, a differenza di Sheldon: forse non sono intelligente quanto voi, ma tu ci provi a farmi capire. Non mi è mai successo prima, i ragazzi che frequentavo vicino a casa mia… Diciamo che non mi cercavano per parlare di scienza», concluse lei con un sorriso colpevole.
Erano sempre più vicini, e soli per la prima volta da quando si conoscevano. L'occasione giusta che Leonard attendeva da giorni e giorni, da non sprecare per niente al mondo.
«Penny, una di queste sere ti andrebbe…»
«Leonard, dobbiamo fare qualcosa per Sheldon!», gridò Raj salendo gli ultimi gradini di corsa.
In qualche modo, lo studioso evitò d'imprecare come gli aveva insegnato sua madre e si allontanò da Penny: «Calmati, Raj, che è accaduto?»
«La locandiera all'angolo dice che ieri sera è stato arrestato dalle guardie del Sant'Uffizio perché ha cominciato a fare una declamazione del genio incompreso di Galileo!»
«In pubblico?! Ma che diavolo gli è preso?»
«Pare che fosse ubriaco, ma è strano, lui non beve mai… Devono averlo convinto ad assaggiare un po' di vino per tirarsi su il morale», tirò a indovinare Raj. «Ma non è questo il punto, bisogna andare a tirarlo fuori di là in qualche modo».
«Come? È praticamente impossibile, ed è troppo presto per chiedere l'aiuto di Ferdinando de Medici, prima di mezzogiorno è davvero intrattabile… Cosa possiamo fare?», ripeté sconsolato l'altro giovane, lasciandosi cadere a terra per lo sgomento.
Penny si chinò e gli prese una mano per fargli conforto: «Io un'idea ce l'avrei, ma dovete darmi corda qualunque cosa dica. È come essere in una commedia, il personaggio centrale improvvisa e gli altri devono seguirlo, a prescindere dalla piega che prenderà la storia. Ci siamo capiti?»
Leonard si tolse gli occhiali per riflettere, non sapendo come comportarsi: rischiavano di finire tutti a fare compagnia a Sheldon in cella, ma d'altra parte lasciarlo da solo con gli inquisitori equivaleva ad accendere la prima miccia del rogo in piazza. E tutti i suoi studi o le conoscenze che aveva acquisito negli anni non gli suggerivano alcun sistema per tirare fuori il suo amico in fretta, mentre Penny sembrava sicura di sé. Lo fissava con quei grandi occhi verdi, così belli e vivaci, e pareva avere davvero la risposta al problema che lui non era in grado di risolvere…
«Proviamo, non mi viene in mente nulla che possa aiutarlo. Anche se si meriterebbe di rimanere con gli inquisitori un po' più a lungo, forse imparerebbe a evitare certe scenate».
«Ma se si mette a cantare, siamo tutti in pericolo», gli ricordò Raj, sebbene lui avesse meno da temere nella compagnia. In quanto figlio di un diplomatico importante, infatti, difficilmente sarebbe stato perseguito dall'Inquisizione, mentre Leonard era un signor nessuno, Howard un ebreo e Penny rischiava di essere accusata di meretricio e stregoneria.
«Non c'è bisogno che me lo ricordi. Muoviamoci allora!»
E di gran carriera, i tre corsero giù per le scale e si lanciarono verso la zona dove, non ufficialmente, il Sant'Uffizio aveva un palazzo in cui erano fermati i casi sospetti. La più veloce era Penny del terzetto, che si muoveva rapida per le vie senza neanche preoccuparsi di non macchiarsi le gonne, evitando con facilità i passanti. Peccato che fosse la sola a non sapere in che direzione andare, e che Leonard dovesse tenere un ritmo per lui insostenibile per assicurarsi che la ragazza non prendesse la traversa sbagliata.
Anche se, a conti fatti, era difficile non riconoscere il palazzo in questione: sembrava che fosse avvolto da una cappa spettrale, e la gente si faceva il segno della croce passandoci davanti, nonostante si preoccupasse di passare il più lontano possibile dal portone.
Due grosse guardie in uniforme papale sorvegliavano l'uscio, apparentemente non armate, sebbene avessero un'aria assai minacciosa e sembrassero pronte a sguainare una spada nascosta da un momento all'altro.
Penny, che non aveva mai avuto a che fare con l'Inquisizione, si fece avanti ancora col fiatone: «Salve, siamo qui per vedere il dottor Sheldon da Edimburgo».
«E voi chi sareste, Madonna? La sua fidanzata?», domandò una delle guardie ridacchiando.
«Mi chiamo Penelope, e temo di essere la causa di questo spiacevole malinteso», proseguì lei senza raccogliere la provocazione né replicare soffiando che, piuttosto che sposare uno come Sheldon, avrebbe davvero abbracciato un ordine monastico a caso. «Vedete, buon uomo, io sono un'attrice e…»
«Siete accompagnata da un parente o un marito, nevvero? Alle donne nubili e sole non è permesso recitare, sarebbe immorale e promiscuo».
«Sì, questo è il mio fidanzato», disse lei in maniera sempre più piatta e scocciata acchiappando sottobraccio Leonard.
Quest'ultimo rimase a bocca aperta nel contatto inaspettato con le forme generose della ragazza, ma non la contraddisse per non sprecare il momento. «Sono Leonard e vengo da Cardiff».
«Mai sentita».
«È una città del Galles, anche se da non molti anni siamo stati assoggettati dall'Inghilterra», tentò di spiegare Leonard senza offendersi più di tanto. Era ormai rassegnato: a quanto pareva, nessuno più a sud di Londra conosceva la sua terra d'origine. «Ad ogni modo, il dottor Sheldon è un mio collega e siamo entrambi studiosi al servizio del Granduca di Toscana, a cui dovrete rispondere per la sua incarcerazione».
Al sentir tirare in ballo Federico II, le guardie si fecero meno sicure e si guardarono tra loro per decidere cosa fare: il Sant'Uffizio aveva il diritto di trattenere il prigioniero per un interrogatorio sentito, per capire quanto grave fosse la sua situazione, eppure nessuno di loro avrebbe rischiato di inimicarsi il signore di Firenze tanto a cuor leggero. Le conseguenze avrebbero potuto essere terribili.
«D'accordo, seguiteci, ve lo faremo vedere, ma non possiamo liberarlo», acconsentirono alla fine dopo un rapido consulto tra loro. «Non senza aver consultato un teologo incaricato dal Sant'Uffizio di accertare la gravità della situazione».
Nessuno dei tre visitatori sembrava particolarmente entusiasta di entrare nelle stanze del palazzo riadattato a prigione. Anche se non c'erano molte persone incarcerate in quel momento, era un luogo tetro, che metteva paura con il suo aspetto sinistro. Istintivamente Penny strinse forte la mano di Leonard, che ricambiò il gesto sussurrandole di stare tranquilla, mentre alle loro spalle Raj batteva i denti dal terrore.
«Allora, abbiamo messo il vostro amico in isolamento, per di qua».
«Le accuse a suo carico sono così gravi?»
«Niente affatto, è che nemmeno minacciando di strappargli la lingua si è deciso a tacere. Si è messo a discutere sull'importanza di arroventare correttamente le tenaglie, così da cauterizzare la ferita all'istante», spiegò rassegnata una delle guardie. «È sempre così?»
Leonard scosse il capo: «Quando si sente in confidenza è anche peggio».
«E non lo avete ancora accusato di essere indemoniato?»
«Sua madre ci ha provato parecchie volte ma senza alcun esito, quindi o è posseduto da Satana in persona o è così di carattere».
«Vergine santissima», si segnò l'altra guardia, prima di aprire la pesante porta che li separava dal prigioniero.
Lo spettacolo che si trovarono di fronte quasi fece scoppiare a ridere il terzetto di soccorritori: Sheldon era appeso per i piedi in una cella strettissima, dove anche il minimo movimento lo avrebbe spinto su tavole di legno irte di chiodi appuntiti. Nonostante il pericolo, però, il giovane sembrava aver voluto comunque tentare di spostarsi, e ogni lembo di pelle scoperta era graffiato, i suoi abiti a sbuffo strappati in molti punti.
«Aiuto, mi torturano da ieri notte!»
«Ma che tortura e tortura… Cercavamo solo un modo di farlo tacere, avete idea di quanto sia snervante?»
«Credetemi, ce l'abbiamo eccome».
«E in ogni caso, non avremmo potuto fare altrimenti, il vostro amico ha sostenuto in pubblica piazza le idee eretiche di Galileo, ed è stato udito da parecchi testimoni».
«Stavo solo spiegando i fondamenti della scienza cosmica a un gruppo di stranieri che non volevano credere alle macchie sul Sole, non ho fatto niente di male», si giustificò Sheldon pigolando. «Aiutatemi, mi va troppo sangue al cervello, potreste danneggiare le mie capacità cognitive se i miei umori si sbilanceranno ancora».
«Lo avete sentito, beh? Sarà il Sant'Uffizio a Roma a decidere del suo destino».
Raj si presentò come il figlio dell'ambasciatore del Mogol e si fece forza delle conoscenze di diritto che aveva imparato stando a corte: «Sciocchezze, serve il permesso di Ferdinando II per mandare dei fiorentini nello stato pontificio ed essere giudicati dalla Chiesa!»
«I tempi cambiano, e dopo l'abiura di Galileo gli inquisitori si sono fatti più audaci. E Firenze, per quanto stato potente e ricco, non è più forte come ai tempi di Lorenzo il Magnifico», spiegò Leonard tra i denti, che conosceva meglio la situazione politica della penisola italica. «Per contenere l'eresia galileiana, sono pronti a tutto».
«E proprio qui sta il malinteso: come vi stavo dicendo, sono un'attrice e sto preparando una satira in cui si deridono le bislacche trovate di quel pisano. Insomma, la Terra non può che essere al centro dell'universo, il pianeta che Dio ha scelto per la sua grande creazione!»
«E il dottor Sheldon in che modo ha a che fare con questa rappresentazione?»
«Beh, gli ho chiesto di spiegarmi meglio… Non la teoria sostenuta da Galileo, ci mancherebbe, ma come controbattere nella maniera più corretta al personaggio che invece cercherà di convincermi a credere nell'eresia», inventò su due piedi la ragazza senza neanche perdere il filo del discorso. «E siccome era particolarmente convincente, gli ho chiesto di imparare la parte. Forse lo hanno sentito mentre memorizzava le battute e hanno travisato il suo intento».
«Ma che sciocchezze, perché mai…»
«Lui è troppo modesto, e ha paura che questa incursione nel mondo della commedia sminuisca la sua statura di studioso», continuò Penny attirando di nuovo l'attenzione su di sé. «E, ad essere sinceri, pensateci bene: ci vorranno giorni perché il trasferimento a Roma sia autorizzato, e magari dovrete anche scortarlo voi. Volete davvero tenerlo qui così tanto a lungo? Ancora non avete visto neanche una frazione delle sue stramberie».
I due uomini si fissarono per un istante, terrorizzati alla prospettiva: in fondo, non avevano ancora chiamato il teologo per la prima verifica, avrebbero potuto benissimo cancellare le tracce dell'arresto, o utilizzare la spiegazione fornita gentilmente dalla ragazza per giustificare il rilascio.
Un'altra notte con quel folle sarebbe stata insopportabile…
«E sia», sospirò alla fine uno dei due prima di cercare le chiavi per liberare il prigioniero. «Ma che non accada mai più, ci sono già troppi eretici in giro a divulgare queste teorie strampalate».
Ci volle un po' per riuscire a far scendere Sheldon, ma ben presto i quattro amici furono di nuovo in strada, liberi e senza accuse.
«Non ci posso credere, non ci posso credere, siamo liberi! Ce l'abbiamo fatta», esclamò Raj con un sospiro di sollievo.
«Hai avuto un'ottima idea, Penny, sei stata brava. Devi insistere e provare ancora con tutte le compagnie della città, Firenze non può fare a meno di un'attrice così brava», si complimentò Leonard.
«È stata una sua idea?», domandò Sheldon ancora confuso, che si chiedeva ancora perché avessero messo su un teatrino tanto bislacco.
Penny annuì: «E che questo ti serva di lezione, le contadinotte ignoranti sanno guardarsi le spalle meglio di te. E per ringraziarci, Sheldon offrirà da bere a tutti! Andiamo», concluse dedicando un sorriso speciale a Leonard.
«E va bene, ma prima devo passare a casa a cambiarmi, questi abiti sono ormai indecenti», si arrese l'altro notando quanti strappi avessero provocato i chiodi sporgenti della sua cella.

***

«Non posso credere che mi sia perso un simile evento. Sheldon e l'Inquisizione. Sheldon appeso per i piedi. E io me lo sono perso», continuava a ripetere qualche giorno dopo Howard alla locanda, basito e offeso. «Avreste dovuto coinvolgere anche me».
«Scusa tanto se non ti ho avvisato del mio imminente arresto e dei maltrattamenti che ho subito», rispose l'altro con aria sprezzante. «La prossima volta chiederò che tu sia il primo a essere informato del mio gramo destino, se la cosa ti consola».
«Ciao a tutti, ho grandi novità: forse ho trovato una compagnia che potrebbe essere interessata a prendermi per uno spettacolo, sono così felice!»
«E il problema di non avere un uomo che assicuri per te?»
«Visto che le guardie l'altro giorno hanno smesso di fare domande quando ho presentato Leonard come mio fidanzato, gli ho chiesto di venire con me al provino e ripetere la stessa manfrina», spiegò la ragazza con gli occhi che brillavano. «Mi spiace però, perderai un sacco di tempo alle prove».
«È tempo che passerò con te, non è affatto sprecato», si schermì lui arrossendo fino agli occhiali.
Dopo il tentativo interrotto da Raj, infatti, non aveva ancora trovato il coraggio di chiedere ancora a Penny di prenderlo davvero in considerazione come compagno, ma in cuor suo Leonard sperava che da quel piccolo accordo tra loro potesse nascere l'occasione giusta per dichiararsi.
«Sei davvero gentile, e… Sheldon, ma che diavolo ti sei messo?», domandò Penny rendendosi conto solo in quel momento della tenuta dello studioso.
Sheldon infatti portava una sorta di gonna dal disegno a grossi quadrettoni che continuava in una fascia che gli attraversava il torace. Sotto, una camiciola leggera. Lei non aveva mai visto nulla del genere, e le gambette secche dell'uomo la fecero scoppiare a ridere.
«Si dà caso che questo sia un kilt, il costume tradizionale della mia terra! In genere non lo metto qui, ma non avevo altri abiti eleganti oltre a quello che si è rovinato nell'arresto».
«E meno male, lo sai che sei indietro sulle mode maschile di almeno cinquant'anni? Nessuno porta più quelle maniche a sbuffo, per non parlare delle brache… Non saprò niente di Galileo, ma perfino io posso dirti che sembri mio nonno!»
«Si dà il caso che quelle brache me le avesse cucite la mia nonnina, come ti permetti di prenderle in giro? Sono disperato, non ne ho altre così comode… Dannati inquisitori».
«Ma io non posso credere che me lo sono perso», ripeté ancora Howard, senza staccare gli occhi da Sheldon.
Ancora una volta, Penny si sedette a tavola e si servì di agnello, estraniandosi dalla discussione che sarebbe probabilmente andata avanti per tutta la serata. Di tanto in tanto scambiava sguardi furtivi con Leonard, che però chinava subito la testa arrossendo come un ragazzino.
Per essere praticamente scappata di casa, la ragazza se la stava cavando bene: aveva una casa, degli amici, un futuro da attrici… Aveva salvato un pazzo dall'Inquisizione. E forse aveva perfino trovato un bravo giovane di cui innamorarsi.
Firenze si stava rivelando perfino più splendida delle già sue rosee aspettative.
«E basta fare battute sul mio kilt, sono sicuro che Galileo lo apprezzerebbe tantissimo!»
«SHELDON!»







Angoletto dell'Autrice: Eccomi di nuovo, grazie per essere arrivati fino alla fine. :)
Spero che vi sia piaciuta, per quanto mi riguarda, io mi sono divertita davvero tantissimo a scriverla (ma con dei pupazzetti come Leonard e Sheldon, come potrebbe essere altrimenti?).
Un po' di note storiche: ho scelto Firenze poiché era uno dei centri culturali di allora, e la città di uno dei più importanti mecenati di Galileo, che fa un po' da filo conduttore per la storia a partire dal titolo (intendendo il limite come concetto matematico, per riprendere i titoli delle puntate della serie) e che è fondamentale per lo sviluppo della scienza moderna come la vivono i personaggi del telefilm nella versione originale. Galileo viene confinato nella sua villa dopo l'abiura nel 1633, e là rimase in totale solitudine se non la compagnia dei familiari (non so quanto felici, visto che le due figlie furono spedite in convento perché non creassero problemi con la nuova amante del padre... Una gioia XD) fino alla sua morte nel 1642. Quindi ho scelto un anno abbastanza avanti nel suo confino così che la segregazione di Galileo fosse già abbastanza avanti e data di fatto come una condizione ormai definitiva.
Non so quanto sia credibile che a Firenze ci fosse un ambasciatore dei Mogol, per la precisione del sovrano che tra le varie cose costruì il Taj Mahal per commemorare la sua moglie favorita (quante cose che si imparano con Alberto Angela XD), ma avevo bisogno di uno stratagemma per mettere Raj in scena. Per quanto riguarda Howard, qualche anno prima ci fu davvero una cacciata degli ebrei da Roma, e la maggior parte degli sfollati si rifugiò nel Granducato di Toscana, per lo più a Pisa (dove tra l'altro non fu mai istituito un ghetto vero e proprio), ma immagino che qualcuno si sia sistemato nel già affollatissimo ghetto di Firenze.
Spero di non aver scritto castronerie filosofiche: per rispettare i ruoli del telefilm, Sheldon sostiene la teoria e Leonard la pratica, ho citato due nomi che pur essendo giunti a considerazioni abbastanza simili a loro volta differivano pesantemente sul metodo con cui interrogarsi e darsi delle risposte.
Spero che il ruolo dato alla chiesa non sia offensivo, personalmente aver impiegato più di trecento anni ad ammettere di aver fatto una minchiata con Galileo è sufficiente per sfottere il Sant'Uffizio, ma è una visione personale.
E... Non so. Mi sembra una storia terribilmente priva di descrizioni rispetto al mio solito, ma i dialoghi l'hanno fatta da padrone (ma vista la serie, non me ne sorprendo), ma come ho già detto mi ha divertito tantissimo scriverla, chi non si divertirebbe a capitanare una banda di pazzi come questa…
Grazie di essere passati e alla prossima! :)

Rowi
   
 
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