Serie TV > Glee
Ricorda la storia  |      
Autore: Ale HP    22/08/2013    3 recensioni
Thadastian!HungerGames
La sua più grande paura era quella di finire in Arena con Sebastian. La cosa era molto probabile. Insomma, erano i più poveri lì dentro – lui con una famiglia numerosa e Sebastian con solo una madre pazza che non faceva altro che starsene seduta di fronte il fuoco a parlare con il camino – e la maggior parte dei biglietti dentro all’urna maledetta erano con sopra scritti i loro nomi.
« Non succederà davvero » disse Sebastian, come se stesse leggendo i suoi pensieri.
« Ma potrebbe » constatò lui, troppo obbiettivo per lasciarsi abbindolare dei discorsi da sognatore che faceva Sebastian.
« Se tu venissi estratto mi offrirei volontario all’istante » continuò poi Thad, senza guardarlo nemmeno.
« Non te lo permetterei » disse.
« Scommetto che lo faresti anche tu ».
Che i cinquantesimi Hunger Games abbiano inizio.
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Sebastian Smythe, Thad Harwood | Coppie: Sebastian/Thad
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Titolo: If Tomorrow never comes – will he know how much I love him?
Pairing: Sebastian/Thad
Avvertimenti: Characters Death, AU
Genere: Angst, Romantico
Crossover: Hunger Games, ambientato nei cinquantesimi Hunger Games.
Note: Non pubblico da secoli, da poco dopo Natale, più o meno, e questa storia si è praticamente scritta da sola. Sono super dubbiosa, davvero tanto, ma se non la pubblico uscirò davvero pazza, sono secoli che non ricevo feedback, positivi o negativi che siano, e mi sa che ne ho proprio bisogno.
 

A Ilaria,
perché le ho costantemente rotto le palle con questa storia,
e mi sopporta ancora.

 

If Tomorrow never comes – will he know how much I love him?
Che i cinquantesimi Hunger Games abbiano inizio.

 
Il distretto otto era completamente deserto, quella sera, mentre Thad e Sebastian camminavano silenziosamente mano nella mano.  La mietitura sarebbe arrivata il giorno seguente e quell’edizione sarebbe stata ancora più spietata del solito.
Il doppio dei tributi. Capitol City non sarebbe mai potuta essere più meschina. E Thad non poteva fare a meno di odiare tutta quella situazione e odiare i cinquanta e passa bigliettini con su scritto il suo nome. La sua era una famiglia numerosa – non aveva idea del perché i suoi genitori fossero stati così pazzi da mettere al mondo ben sei figli – così appena ebbe compiuto dodici anni, s’iscrisse per le tessere, essendo il maggiore, e il suo nome veniva moltiplicato e moltiplicato, anche se il suo stomaco e quello dei suoi fratelli continuava ad essere vuoto.  Né lui né i suoi genitori volevano che i più piccoli, il cui maggiore tra loro aveva appena quattordici anni, prendessero anche una sola tessera. Spettava a Thad, era lui il primogenito; e poi, meno nomi dei fratelli c’erano lì dentro meglio era. Che cosa sarebbe mai potuto succedere, se in quell’edizione lui e un altro dei suoi fratelli fossero scelti insieme? E se anche la piccola Lily fosse poi scelta con loro? Si spazzerebbe via un terzo delle bocche da sfamare, pensò amaramente Thad. Ma anche quello che lo procura, il cibo.
Ma la sua più grande paura era quella di finire in Arena con Sebastian. La cosa era molto probabile. Insomma, erano i più poveri lì dentro – lui con una famiglia numerosa e Sebastian con solo una madre pazza che non faceva altro che starsene seduta di fronte il fuoco a parlare con il camino – e la maggior parte dei biglietti dentro all’urna maledetta erano con sopra scritti i loro nomi.
« Non succederà davvero » disse Sebastian, come se stesse leggendo i suoi pensieri.
« Ma potrebbe »  constatò lui, troppo obbiettivo per lasciarsi abbindolare dei discorsi da sognatore che faceva Sebastian.
« Se tu venissi estratto mi offrirei volontario all’istante » continuò poi Thad, senza guardarlo nemmeno.
« Non te lo permetterei » disse.
« Scommetto che lo faresti anche tu ».
Sebastian gli prese le mani, guardandole come se fossero la sua ancora di salvezza. « Tu  hai qualcosa da cui tornare, hai una famiglia. Io ho te, e basta » disse.  « La mia unica ragione per la quale se venissi scelto tirerei avanti, saresti tu, solo per te avrei la voglia di tornare a casa ».
Thad riuscì persino a sorridere, sentendo quelle parole. Era il tono con cui le diceva che lo fece sentire la persona più fortunata al mondo, nonostante tutto. « Ti odio quando sei così romantico. Riesci quasi a convincermi ».
« Mi dispiace per quel quasi » borbottò Sebastian, prima di baciarlo.
Ogni volta che questo accadeva, Sebastian non poteva dimenticare il loro primo bacio. A come era successo e a quanta felicità gli era riuscito a portare.
Fu tre anni prima, quando suo fratello fu estratto e morì allo scontro della Cornucopia, dopo nemmeno cinque minuti. Fu per quello che sua madre uscì pazza, suo padre si uccise e lui dovette iscriversi alle tessere.
Lui e Thad erano amici da sempre, entrambi coltivano un segreto amore l’uno per l’altro, senza mai esserselo detto. E quando Thad si era trovato davanti ad un Sebastian completamente in lacrime non poté far altro che baciarlo. All’inizio Sebastian era stato scontroso, non voleva che il suo primo bacio fosse perché Thad provasse pena per lui. Gli ci volle un po’ di tempo e molte spiegazioni di Thad per capire che la sua non era affatto pena, era ben altro. Thad lo amava con tutto il cuore e gli stette vicino in quei brutti momenti. Sebastian era un mare in piena tempesta. C’erano momenti in cui tutto sembrava normale, come se non fosse mai successo niente, scherzava come era solito fare, con quella sua ironia così sottile che offendeva anche, e poi, tutto un tratto, si trovava infuriato con tutto e tutti – persino con Thad – avrebbe picchiato chiunque fosse sotto tiro – e Thad ne prese molti, di pugni – per poi cadere in lacrime, sorretto dall’unica persona che gli era rimasta accanto.
E con il passare degli anni Sebastian si era calmato, aveva abbandonato la sua ironia e i suoi sfottò, ma non c’era nemmeno la rabbia: era rimasto solo il Sebastian innamorato di Thad e con una grande paura degli Hunger Games.
« Hai sonno? » chiese, all’improvviso.
Thad annuì e senza nemmeno parlare presero la stessa direzione, camminarono oltre le industrie e arrivarono quasi al confine del distretto otto, a pochi metri dalla recinzione elettrica. C’erano varie case lì, tutto disabitate in seguito all’esplosione che provocò il padre di Sebastian per uccidersi – era un uomo egocentrico quanto gli abitanti di Capitol City, non poteva morire passando inosservato – ma c’era un’unica stanza ancora intatta tra tutte quelle abitazioni, ed era la stanza di Shane e Sebastian. C’era solo un letto lì, quello di Shane, poiché era sembrato inutile portarsi anche quello alla nuova casa, sarebbe stata solo una sfacchinata in più. E poi Sebastian amava dormire lì, si sentiva ancora il suo odore, ed era l’unico posto dove lui e Thad potevano dormire insieme passando inosservati.
A Panem era inusuale che due persone dello stesso sesso stesero insieme, ma sapevano che non erano i primi (sia a Panem che nella storia umana). Prima della guerra che distrusse tutto, entrambi sapevano che anche se non erano ben accetti da tutti, c’erano posti in cui si sarebbero potuti persino sposare. Thad e Sebastian ci avevano scherzato più volte. «Ci pensi? Io e te sposati! » diceva Thad, anche troppo entusiasta. « Certo, e poi con anche dei bambini che scorrazzano qua  e là e ci chiamano papà uno e papà due ». «Io sarei papà uno » concludeva scherzano Thad.
« Vorrei che questa notte non finisse mai » sussurrò ad un certo punto Thad, accovacciato contro il petto di Sebastian, steso sul letto.
« Pensala così: è l’ultima mietitura a cui parteciperemo inquesto modo, poi niente più paura di sentire il nostro nome detto con quell’orribile accetto di Capitol City ». Sebastian lo strinse più a sé, sapendo che non l’aveva di certo consolato dicendo quelle parole, sapendo che avrebbe detto che avrebbe preferito che questa notte la stessero vivendo i suoi fratelli e non lui.
« Dopo quest’anno, se i miei fratelli venissero mai scelti, io non potrò salvarli, non potrò offrirmi volontario al loro posto. Dovrò restarmene in disparte a guardarli morire » disse con un filo di voce, spaventato dalla sola idea di tutto quello.
« Non succederà, vedrai. Quante volte c’è il loro nome lì dentro, avanti? Solo tre per Jack e appena uno per Lily! Sai quanta gente c’è come noi, con più di cinquanta bigliettini con il proprio nome? »
« Hai ragione » disse, chiudendo gli occhi per dormire.
Quando Sebastian sentì il lieve russare di Thad si lasciò sfuggire due parole. « Lo spero ».
 
La mattina seguente Thad fuggì dalla stretta di Sebastian senza svegliarlo, lasciandogli un bigliettino con scritto un veloce “ti amo” sopra. Sua madre lo aspettava già fuori alla porta, quando arrivò.
« Dove sei stato? » chiese, le braccia incrociate e una smorfia di disappunto dipinta in faccia.
« Ho dormito con Sebastian » disse, lasciandole un bacio sulla guancia per poi entrare in casa.
« Potevi avvisarci, almeno! » sbraitò, contrariata.
Thad la lasciò perdere e si recò in camera, per cambiarsi. Era felice che ai suoi genitori stesse bene, di lui e Sebastian, e che quando gliel’aveva detto avevano semplicemente detto “Almeno non avrete bambini da mandare alla mietitura!” ed erano stati felici per loro. Ma a sua madre non andava altrettanto bene che dormissero assieme in quella casa abbandonata, diceva che era troppo pericoloso.
Thad si guardò allo specchio, osservò il basso ragazzo che lo guardava e quasi non si riconobbe con quella camicia azzurra nella cinta dei pantaloni e senza la sua casacca marrone che indossava ogni giorno.
Si passò una mano tra i capelli, cercando in vano di sistemarli: non erano come quelli di Sebastian, sempre perfetti.
« Sei inguardabile lo stesso » scherzò Jack, entrando nella stanza. Lui si che era il bello della famiglia, con quegli occhi verdi identici a quelli della madre e i capelli ricci come quelli del padre, sempre in ordine e tagliati alla giusta misura. Era anche abbastanza alto per la sua età, sembrava quasi un sedicenne, se non fosse stato per quegli occhi così innocenti che facevano ricordare a Thad quanto fosse piccolo.
Jack non sapeva cosa facessero lui e il padre per portare almeno una pagnotta di pane a casa; ed era meglio così, tanto se ne sarebbe occupato sempre lui.
« Grazie » disse lui, scombinandogli i capelli con una mano.
« Sei spaventato? » chiese allora Jack, diventando serio.
« Dai, è la sesta volta che faccio questa cosa e… » provò a dire.
« Non dire cazzate, è ovvio che sei spaventato » interruppe Jack, sedendosi sul letto. « Così come lo sono io ».
« Quand’è che sei diventato così? » chiese, ridendo per la presa di posizione del fratello.
« Da quando tu te ne vai in giro con Sebastian a procurare del cibo e non porti mai me » disse. « Ho passato parecchie domeniche da solo, sai. Lily non è una grande compagnia e non avevo assolutamente voglia di fare da babysitter » continuò, sorridendo. « Vi ho seguiti parecchie volte, sai? Eravate così felici e innamorati che non vi siete mai accorti di me. Avrei voluto che l’aveste fatto ».
« Davvero? »  chiese stupido Thad; mai si era accorto di tutto quello che succedeva nella testa di Jack, non si era mai accorto che stesse crescendo.
« Già. E volevo chiederti una cosa: come fate a essere così felici in questo posto? Perché io non ci riesco e non penso che ci riuscirò mai » concluse Jack.
« Non lo so, davvero. Ma ti prometto che se tutto va bene domani ti portiamo con noi » disse, dicendo il più in fretta possibile quel “se tutto va bene”.
« Già, se tutto va bene » mormorò, prima di rivolgere un sorriso amaro al fratello e andarsene.
 
La mietitura avvenne in piazza come sempre, c’era solo più terrore nell’aria. Le parole “quattro tributi” venivano sussurrate ovunque, accompagnate da qualche esclamazione spaventata o semplicemente dal silenzio più totale.
Thad si sistemò al fianco di Sebastian e senza nemmeno rivolgergli uno sguardo gli prese la mano. Sebastian gliene fu grato: nessuno dei due sarebbe stato in grado di sostenere lo sguardo dell’altro, ma un contatto tra loro doveva esserci a qualunque costo.
La saltellante accompagnatrice Jackie Roofsmyte disse le cose che diceva ogni anno, presentò il filmato che tutti sapevano a memoria e poi esclamò sorridente il suo: « Prima le donne! »
Venne estratta la figlia della farmacista, Katie Spirfilght, una sedicenne più bassa anche di Thad ma che sapeva essere più forzuta che mai – di certo lei non era una che si ammalava spesso, con tutte le cure a cui veniva prestata – e la piccola Dakota, l’unica amica che Jack aveva. Thad si rabbuiò all’istante, guardando l’espressione che prese il volto di suo fratello, che si lasciò scappare un piccolo « NO! » che nel silenzio della piazza non sembrò affatto piccolo.
Thad si ritrovò a pensare che forse quella ragazzina doveva essere molto più che un’amica per Jack e una lacrima solitaria gli rigò una guancia. Sebastian gli strinse subito la mano con più forza.
Dakota rivolse uno sguardo triste a Jack, prima di salire sul palco.
« Ora passiamo ai più virili! » esclamò entusiasta Jackie.
Sebastian la odiava con tutto il cuore, odiava tutta quella felicità che mostrava in quel momento, mentre Dakota piangeva silenziosamente dietro di lei, guardando Jack e la sua famiglia, la odiava con quei suoi capelli blu e la pelle turchese e il suo stupido accento. E la odiò ancora di più quando pronunciò un nome che gli fece crollare il mondo addosso.
« Jack Harwood » disse, sorridendo.
Guardò Thad strabuzzare gli occhi e trattenere il respiro e prima che potesse dire qualcosa urlò delle parole che non pentì mai di aver detto: lo faceva per Thad. E per quella piccola Dakota che sentendo quel nome aveva iniziato a piangere ancora di più. « Mi offro volontario come tributo, al posto di Jack! » urlò, lasciando la mano di Thad, per salire sul palco senza nemmeno aspettare che qualcuno dicesse qualcosa.
« Oh! » esclamò Jackie. « Sono tre anni che non ci sono volontari al distretto otto! »
Sebastian guardò Jack mentre saliva le scale, che gli sussurrò velocemente « Non dovevi farlo ».
« Come ti chiami, giovanotto? » chiese Jackie.
« Sebastian Smythe » disse, facendo così rimanere incredula la donna. « Già, quello al cui posto si era offerto l’ultimo volontario, Shane Smythe ».
« Che coraggio! Be’, proseguiamo! »
Jackie infilò per la quarta volta la mano dentro l’urna e ne uscì con un altro nome altrettanto devastante. « Thad Harwood! »
Sebastian guardò Thad arrancare verso il palco, completamente distrutto all’interno, sapendo che ormai per loro non c’era più alcuna speranza.
« Vaffanculo » disse Sebastian, guardando sprezzante l’urna e la mano di Jackie con ancora il bigliettino in mano.
 
  Quando i tributi vennero portati via al palazzo di giustizia Jack corse verso di loro immediatamente, doveva vederli, tutti e tre, non poteva lasciarli andare senza parlarci prima.
  Due pacificatori lo portarono prima da Sebastian, privo di visite.
« Perché l’hai fatto? » gli chiese semplicemente.
« Sapevo che Thad si sarebbe offerto volontario, e non potevo guardare né te morire mentre Thad era qui a piangerti e non potevo nemmeno lasciare che si offrisse lui ».
« E ora siete tutti e due in gara » disse.
« Forse era destino » Sebastian scrollò le spalle dicendolo. « Farò di tutto per proteggerlo e per proteggere Dakota ».
« Proteggi te stesso e basta » disse Jack, sorprendendolo, « è così che funziona ».
  Non aspettò nemmeno che i due pacificatori annunciassero che il tempo fosse finito e lo trascinassero via, se ne andò lasciando Sebastian in confusione, desideroso di un abbraccio e pieno di punti interrogativi su quel piccolo Harwood.
  Jack andò da Dakota poi, e non ebbe nemmeno il tempo di entrare che lei si buttò fra le sue braccia. Le prese il volto fra le mani e la guardò a fondo.
« Ascoltami, andrà tutto bene, vincerai, lo farai per me, d’accordo? » sussurrò a pochi centimetri dalle sue labbra. « Tu sei forte e lo sai. Andrà tutto bene, sarà così ».
« Non è vero, Jack, non è vero » disse piangendo.
« Dirò a Thad di aiutarti, a lui non interessa vincere, non vuole vincere sapendo che Sebastian non può con lui; e per lui vale lo stesso. Ti aiuteranno, vedrai ».
« Sarei dovuta venire la domenica con te, invece di dar retta a mia madre. Avrei dovuto almeno imparare a trovare qualcosa da mangiare, invece di farci bastare il cibo procurato con le tessere. Se resisto allo scontro alla Cornucopia morirò di fame ».
« Non dirlo. Tu sei veloce, sei agile e sarà facile trovare un rifugio su un albero. E sugli alberi crescono i frutti, no? Trova un albero e ce la farai. Tu sei più forte di quello che pensi » disse, e dicendo questo la guardò dritto in quegli occhi scuri che amava così tanto. E la baciò per la prima volta, pentendosi di non averlo fatto prima.
« Andrà tutto bene » sussurrò tra i baci, proprio mentre entravano i pacificatori che lo presero per le braccia. « Tu vincerai! » urlò, ad una porta ormai chiusa.
  Quando andò da Thad stava piangendo a dirotto e si gettò semplicemente tra le sue braccia, come dovevano aver già fatto Lily e sua madre, senza dire niente.
« Se ci hai seguiti sai dove procurare il cibo, prenditi cura di Lily, e di Mike e John, e non far sì che mamma si scordi di allattare Susan, e non farli piangere troppo quando morirò. E se l’anno prossimo uno dei gemelli fosse scelto, per quanto ti potrà sembrare difficile, offriti al loro posto. Sono troppo piccoli, non avrebbero nessuna speranza » disse Thad, tutto d’un fiato, senza mai staccarsi dal fratello. Gli stava cedendo il suo ruolo, quello da fratello maggiore, che aveva tenuto per tutti quegli anni e al quale non era riuscito ad attenersi quel giorno, non offrendosi prima che potesse farlo Sebastian.
« Proteggila » fu l’unica cosa che Jack disse in risposta.
Thad annuì. « Lo farò, io e Sebastian faremo in modo che vinca lei, te lo prometto » disse.
« Ti voglio bene » sussurrò Jack tra le lacrime, prima che i due pacificatori lo portassero via; Thad ne era certo, quella era l’ultima volta che avrebbe visto suo fratello.
 
 
  Sul treno diretto a Capitol City Sebastian e Thad se ne stettero nella stessa stanza, stesi sul letto di Thad a guardarsi l’un l’altro, accarezzandosi e sussurrando “Ti amo” sparsi qua e là.
« Dimmi che la pensi come me » disse poi Sebastian, con lo sguardo basso.
« Che siamo già morti entrambi? » chiese Thad.
« E che passeremo i nostri ultimi giorni insieme » concluse Sebastian, baciandolo.
« Non potremo fare in altro modo »  concordò Thad, dopo essersi staccato dalle labbra del suo amato.
« E proteggeremo Dakota » disse poi, ricordando le parole del fratello.
Sebastian annuì, e si strinse a Thad. « Ti amo » disse, infine.
 
 
  A Capitol City i due vennero separati dallo staff dei preparatori. A Sebastian non dovettero fare molto – come si aspettava Thad – lo fecero lavare, gli sistemarono i capelli all’indietro con poca gelatina e lo fecero andare.
  Thad dovette subirsi mille ramanzine sui suoi capelli, sulla sua barba e di come dovessero trovare vestiti che lo allungassero, perché era davvero troppo basso. Poi gli rasarono completamente la faccia e dovette dire addio alla sua barba e ai pochi peletti in più delle sopracciglia; gli cambiarono taglio di capelli e li fecero quasi sembrare da umano, più che da animale inferocito.
  Entrambi trovarono tutto così inutile, dato che nell’Arena il suo taglio di capelli non sarebbe affatto contato e la barba sarebbe ricresciuta presto. Ma alla fine non era così importante da lamentarsene.
  Il loro mentore, Cassandra, chiese loro se volessero essere addestrati assieme. Thad e Sebastian non ci misero nemmeno un istante a dire di sì e Dakota si unì subito a loro. Solo Katie decise che non voleva assolutamente che loro sapessero i suoi punti di forza.
  Thad scoprì di avere una buona mira, lanciare sassi alle code delle lucertole per fare staccare era servito a qualcosa allora. Lui e la lancia diventarono ben presto migliori amici.
  Sebastian, invece, era semplicemente grandioso. Aveva una forza bruta pazzesca – scaraventare i mobili della vecchia casa come valvola di sfogo era stato un ottimo allenamento – e maneggiava i pugnali come se fossero un prolungamento delle sue braccia. Pensò quasi che avessero una possibilità, almeno uno dei due, quando vide Dakota e ricordò la promessa che aveva fatto al fratello.
  Dakota era veloce – proprio come aveva detto Jack – e imparò a maneggiare tutte le armi presenti lì, non avendo una cosa in cui eccelleva oltre la corsa. Ed imparò a mimetizzarsi, cosa che era già facile per la sua piccola statura.
  Forse almeno lei ce l’avrebbe fatta e sarebbe tornata da Jack. Lei gli aveva confessato che lo aveva sempre amato, per quanto una ragazzina di quattordici anni possa amare davvero qualcuno, e che poco prima che i pacificatori lo portassero via era riuscito a baciarla ed era stata la cosa più bella del mondo. Thad le promise che quello non sarebbe stato il loro ultimo bacio.
  Quando dovettero fare le sessioni di prova con gli strateghi né Thad né Sebastian ebbero questa grande paura o tensione, non come Dakota almeno.
  Sebastian fu il primo, e doveva aver riscosso molto successo, dato che quando Thad entrò nella stanza gli Strateghi stavano parlando a bassa voce ma si vedeva lontano un miglio che erano entusiasti.
« Thad Harwood » disse, deciso.
  Deglutì e prese una lancia, scagliandola contro un manichino, dritto verso il cuore. Il manichino si lacerò giusto in quel punto, facendo un buco non indifferente. Poi, andò a riprendersi la lancia, e senza farsi vedere allargò di qualche centimetro il buco che si era formato. Tornato in postazione, scagliò la lancia nello stesso punto, facendola attraversare il buco, fino a colpire il manichino che si trovava almeno cinque metri dietro il primo.
  Thad sentì gli Strateghi scambiarsi assensi e li vide annuire più volte, quando lo congedarono Thad si sentì quasi felice e pensò per un istante che potessero esserci anche il doppio di vincitori, oltre che quello dei partecipanti.
  Si dovette ricredere quando vide il servizio dei punteggi, alla televisione. Katie prese un bell’otto, e lei sorrise soddisfatta, finché non vide il nove di Dakota e ne fu infinitamente gelosa: doveva averli colpiti conoscendo tutte quelle armi e con la sua velocità.
  E poi, sei. Lui e Sebastian avevano avuto lo stesso, identico, sei. Eppure erano sembrati tutti così entusiasti.
« Cosa avete fatto? » chiese Cassandra, incuriosita: sapeva che entrambi valevano almeno un otto, se non di più.
« Io ho preso tre pugnali per mano e ho colpito sei diversi manichini, non tutti al cuore, ma pensavo di averli impressionati abbastanza » disse Sebastian.
« Ho preso una lancia, io, come mi avevi detto, e l’ho lanciata prima al cuore di un manichino, quando l’ho ripresa ho allargato il buco senza farmi vedere e poi l’ho scagliata allo stesso punto, facendola passare per il buco e colpendo un altro manichino. Uno di loro ha persino applaudito » disse Thad, un po’ attonito.
« Deve essere successo qualcosa. Qualcosa che avete fatto » disse Cassandra. « O come ».
« Secondo me agli Strateghi non piacciono » disse all’improvviso Katie, con la voce piatta. « Li avranno visti baciarsi attraverso la telecamera e avranno deciso che non “era il caso” ».
Jackie sembrò uscire pazza quando sentì quel “Li avranno visti baciarsi”. « Baciarsi? Come osate? » borbottò, la voce acuta per la rabbia.
« Avanti, Jackie, non essere ridicola. Voi due, devo parlarvi in privato » disse Cassandra, intimandoli a seguirla nella stanza di Sebastian.
Thad si sedette a nemmeno un centimetro di distanza da Sebastian: in quei giorni sentiva il morboso bisogno di tenerlo al fianco, non voleva perdersi nemmeno uno dei loro ultimi momenti.
« Cosa avete in testa? » chiese, brusca. Non lo disse in tono cattivo, però, voleva semplicemente sapere.
« Che intendi? » chiese Sebastian. « Con la nostra relazione o con gli Hunger Games? »
« Entrambe ».
« Stiamo insieme da tre anni, e ne abbiamo passate tante. Non credere che degli stupidi giochi ci separino » sbottò Thad, in collera.
« Almeno uno di voi morirà, siamo chiari » disse Cassandra. « Smythe, ho avuto a che fare con tuo fratello, e – sinceramente – era un buono a nulla. Pensava solo alla ragazza del Dodici, fece di tutto per salvarla e morì per farlo. Morirono entrambi. Non penso tu voglia fare la stessa fine ».
« Se è morto per salvare la ragazza che amava non era un buono a nulla » disse Thad.
« E comunque, voglio fare la stessa identica fine di mio fratello » concluse Sebastian.
Thad annuì. « Ho promesso a mio fratello che gli avrei riportato Dakota, è quello che farò. Tanto non avrebbe senso vincere senza Sebastian ».
« Quindi ora so chi deve piacere agli sponsor e chi no ».
 
  Il giorno delle interviste vennero tutti tirati a lucido, Thad e Sebastian vennero vestiti quasi uguali, entrambi con dei completi con i colori del loro distretto, forse il tessuto stesso veniva dalle loro fabbriche, forse l’avevano persino fatto loro o il padre di Thad.
  Sebastian era bellissimo con quel vestito, aveva pensato Thad; e anche Sebastian aveva pesato lo stesso di Thad.
« Quindi il nostro sabotaggio va avanti? » chiese Sebastian, prima di entrare sul palco affianco a Cesar Flickerman, truccato di tutto punto secondo le ultime mode di Capitol City.
« Sì » confermò Thad. « Ti amo » aggiunse poi, tenendogli la mano per poi lasciarla piano mentre se ne andava.
Sebastian mimò un «Anche io » con le labbra prima di voltarsi e salutare Cesar allegramente.
« Sebastian Smythe! » esclamò quello.
   Lui lo salutò altrettanto allegramente, con uno di quei suoi sorrisi che sfoggiava prima di tutta la storia di suo fratello. Uno di quei sorrisi che avevano fatto innamorare Thad.
« Aspettavo con ansia il tuo arrivo! Ho così tante cose da chiederti! » continuò allegro Cesar.
« Quindi io ho molte cose a cui rispondere » disse Sebastian, cercando di essere il più contento possibile.
« Innanzitutto, ti sei offerto volontario! Come mai? » chiese Cesar.
Sebastian accavallò le gambe, con fare elegante: Thad lo trovava ammaliante. « Oh, quel ragazzino, Jack. Non potevo permettermi che partecipasse agli Hunger Games ».
Cesar lo intimò a continuare.
« Be’, è il fratello di Thad Harwood, l’altro tributo » disse, poi deglutì. Thad capì che era arrivato il momento. « E non potevo permettere che il fratello dell’amore della mia vita andasse agli Hunger Games con lui » concluse.
  La sala era in completo silenzio, persino Cesar restò ammutolito.
« Forse alla fine è meglio così, no? » continuò Sebastian. « Passeremo i nostri ultimi giorni insieme ».
  La campanella che segnava la fine dell’intervista suonò e Sebastian salutò allegramente Cesar e il pubblico, ormai completamente sconvolto.
 « Buona fortuna » disse poi Sebastian, improvvisamente serio, verso Thad.
  Lui annuì ed entrò sul palco con un piccolo sorriso, il massimo che era riuscito ad ottenere. Si stava buttando in un massacro, ed ancora non doveva entrare nell’Arena.
« Thad Harwood! Perché non mi parli un po’ di tuo fratello? » chiese allora Cesar: voleva tenere in disparte l’argomento amore.
« Oh, lui è un ragazzino intelligente e molto simpatico. E gli voglio molto bene. Ma, capitemi, ha solo quattordici anni, per quanto possa essere brutto dirlo, sono contento che Sebastian si sia offerto al suo posto ».
  Cesar all’improvviso sembrò capire il loro gioco, perché iniziò a fargli domande proprio su Sebastian.
« E quando vi siete conosciuti, tu e Sebastian? » chiese.
« Ci conosciamo da sempre! I nostri padri lavoravano assieme e frequentavamo sempre le stesse lezioni a scuola. Io mi sono innamorato di lui a dieci anni, quando caddi fuori al cortile, nell’intervallo, e dopo essermi sbucciato un ginocchio e tagliato un braccio Sebastian fece di tutto per non farmi piangere e farmi stare meglio » disse, sorridendo mentre diceva l’ultima frase.
  Cesar sorrise, un sorriso falso ma era pur sempre un sorriso. « Che cosa tenera! »
« Esattamente » concordò Thad.
« E quanto tempo ci ha messo l’altro per capirlo? Insomma, per capire i tuoi… i tuoi sentimenti? »
« Tanto. Tre anni fa, dopo che Carl Smythe – suo fratello – venne ucciso alla Cornucopia, lo baciai e gli confessai tutto. Scoprii che anche per Sebastian era lo stesso, così da allora… » disse Thad.
« Da allora siete una coppia? » chiese Cesar.
« Possiamo ben dirlo ».
  Il campanello suonò e Thad salutò Cesar e il pubblico, prima di correre a rifugiarsi nelle braccia di Sebastian.
 
  Dakota andò abbastanza bene, parlarono del suo nove, parlarono dei suoi pregi e parlarono persino di Jack e di quel suo “no” urlato in piazza. Lei disse che era il suo migliore amico, e quando vide il pubblico esultare in un coro di “Ooh” e “Uuh”, aggiunse che forse erano anche più che amici.
  Thad non prestò molta attenzione alle interviste degli altri tributi, se ne stesse accovacciato tra le braccia di Sebastian, cercando con tutte le sue forze di non piangere.
  Alzò lo sguardo solo quando un tributo del dodici gli venne vicino, chiamandoli entrambi.
« Ehi, voi due » disse. Era un ragazzone alto e robusto, con gli occhi grigi e i capelli scuri. Sebastian era abbastanza sicuro che si chiamasse Haymitch.
« Sì? » chiese Sebastian, facendo alzare Thad dalle sue gambe.
« Non ci provate nemmeno a vincere, eh? » chiese Haymitch.
Thad sbuffò contrariato. « Non sono affari che ti riguardano, no? »
Haymitch rise, sinceramente divertito. Era un ragazzo abbastanza strano, quello, sempre con gli occhi rivolti verso una delle ragazze del dodici e con la mente altrove. E poi veniva a parlare loro del fatto che non avrebbero nemmeno provato a vincere?
Anche a Thad venne la voglia di farsi una grossa risata.
« Mi dispiace per voi. Sembrate così felici insieme… » borbottò alla fine Haymitch prima di andarsene.
 
 
  La sera prima dei giochi fu terribile. Dakota non partecipò alla cena, aveva ricevuto una lettera di Jack e stava piangendo troppo per presentarsi agli altri; Katie era muta come una tomba, più del solito; e Thad tremava solo all’idea che la mattina dopo sarebbero anche potuti morire tutti.
  E che sarebbe successo se – per qualche strano motivo – Sebastian fosse morto e lui no?
  Thad pensò che se lo stessero chiedendo entrambi, perché – mentre erano stesi sul letto di Sebastian – entrambi tremavano di paura.
« Facevamo tanto gli spavaldi, ma terrorizza anche noi » cacciò ad un certo punto Sebastian, mettendosi supino.
« Per forza, stiamo andando in contro alla morte » disse Thad, tirando su col naso. « E non possiamo scappare. Siamo in trappola ».
Sebastian sospirò, afflitto. « Spero un giorno che tutto questo finisca, gli Hunger Games, la fame e Capitol City che sguazza nell’oro. Non è possibile » disse, « ce ne sarebbe per tutti ».
« Ci servirebbe una rivolta, e non possiamo permetterci così tante vittime » disse Thad.
« Cinquant’anni di Hunger Games non sono abbastanza? Dopo quest’edizione saranno millecentosettantaquattro morti, anche di più di quelli che ne costerebbe una rivolta. Pensa se andassero avanti per altri cinquant’anni. Sarebbe un genocidio ».
« È così che va avanti Capitol City, purtroppo » concluse Thad. « Per quanto sia macabro, li diverte vederci morire ».
« Vorrei solo che tutto questo non fosse successo a noi » sussurrò alla fine Sebastian, abbracciandosi a Thad.
« A te non era successo » gli ricordò. « Potevamo avere ancora una speranza ».
« Mi stai dicendo che non avresti fatto in modo che Jack non perdesse, andiamo? »
  Thad non seppe che rispondere, e alla fine dovette concordare con Sebastian.
Nascose la testa nel petto di Sebastian e iniziò a singhiozzare. « Solo… solo mi dispiace così tanto » riuscì a dire.
  Sebastian lo strinse a sé, distrutto quanto lui. Non si accorse nemmeno quando si addormentarono, fermi in quella posizione, soltanto quando il sole iniziò a filtrare dalla finestra capì che il loro tempo era finito.
 
 
 
  Quei sessanta secondi sulla pedana furono i più brutti che Thad ebbe mai vissuto in tutta la sua esistenza. C’erano i favoriti, quelli del uno, due e quattro in particolare, che lo guardavano proprio come si guarda un coniglio prima di mangiarlo; c’erano almeno metà dei tributi persi ad osservare il paradiso in cui si trovavano; c’era Haymitch, che guardava fisso la Cornucopia e gli zaini tanto allettanti, così come faceva Sebastian. Dakota era immobile, lo sguardo rivolto verso il cielo rosato e la bocca aperta per lo stupore.
  Non appena il colpo di cannone annunciò l’inizio dei giochi, Thad scese dalla pedana per correre in contro a quella di Dakota, che se ne stava ancora ferma, senza accorgersi di nulla.
  Thad vide una ragazza correre in direzione della ragazzina, con un pugnale in mano e urlando cose che non avevano chissà quanto senso.
« Dakota! » urlò lui, buttandosi addosso a lei, per farle da scudo.
  Purtroppo, farle da scudo non implicava certo diventare di ferro, si ritrovò a pensare Thad, mentre sentiva una lancinante fitta dietro la schiena, proprio dove il pugnale della ragazza l’aveva colpito.
  Si sentì poi spinto a terra con una forza brutale, e urtò la testa contro la pedana di Dakota, finalmente uscita dal suo sogno ad occhi aperti. Fortunatamente, era ancora in piedi e in forma, senza nemmeno un graffio; forse era una combattente anche migliore di Thad e Sebastian messi insieme.
  Thad lottò con tutto se stesso per non svenire: sapeva che se fosse successo non si sarebbe svegliato più, e non se lo poteva permettere. Non poteva morire in quel modo, senza prima dire addio a Sebastian, senza prima vederlo. L’ultima volta che gli aveva detto qualcosa o che l’aveva anche solo toccato era stato la sera prima, dato che quella mattina Sebastian era sgattaiolato dal letto senza che lui se ne rendesse conto.
  Così, decise che si sarebbe alzato da terra – e lo fece anche – noncurante della vista annebbiata e del senso di vertigini che provava. Per non parlare del sangue che usciva a fiotti dalla schiena.
« Thad! Thad! »
La voce di Sebastian gli arrivò come in un sogno, lontana anni luce.
  Sentì le sue mani calde prenderlo in spalla e portarselo via, trascinandosi dietro anche la piccola Dakota: gli Hunger Games erano iniziati nel peggiore dei modi.
 
 
  Thad iniziò a stare meglio dopo qualche ora. Sebastian gli aveva fasciato il petto con un pezzo del suo cappuccio, e aveva sciacquato la ferita con un po’ d’acqua. Thad non aveva ben capito il perché, dato che il loro piano era un altro.
« Ti amo » disse all’improvviso Sebastian. « Volevo solo che lo sapessi. Quando ti ho visto accasciato a terra prima… non potevo far altro che pensare che le ultime cose che ti avevo detto erano delle lamentele su Capitol City ».
Thad si alzò, accarezzò la guancia di Sebastian e gli sorrise. « Come se non lo sapessi » sussurrò. « Ti amo anche io, così tanto ».
  Sebastian gli si avvicinò, appoggiò una mano sulla sua spalla e l’altra nell’incavo del collo e lo baciò come non aveva mai fatto prima. C’era così tanta passione e amore che Thad si sentì quasi soffocato. E poi c’era la sofferenza. E quell’orribile consapevolezza che nulla sarebbe durato.
« Ragazzi! » urlò Dakota, cercando di catturare la loro attenzione. « Ho trovato dell’acqua ».
  E, infatti, proprio davanti ai piedi di Dakota si stendeva un modesto fiume, dall’acqua cristallina, che dopo qualche metro andava a gettarsi nelle rocce, diventando invisibile alla superficie.
Prima che loro potessero dire qualcosa, lei stava già riempiendo le bisacce e la sua bocca.
  E ancora prima che Dakota si potesse girare verso di loro per dire “Venite! È fresca!” un colpo di cannone segnò un’altra morte e Dakota era caduta a terra, priva di sensi.
 
 
 
  Nel distretto otto si scatenò il putiferio. Ma Jack Harwood era troppo distrutto per partecipare all’ennesima inutile manifestazione per una morte così prematura.
  Aveva visto suo fratello prendersi una pugnalata per salvare Dakota, l’aveva visto in fin di vita fare di tutto pur che la ragazza che amava tornasse a casa da lui. E poi?
  Non era servito a nulla.
  In quel momento, con la consapevolezza che Dakota era morta e Thad era ferito, si sentì infinitamente egoista ad aver chiesto a suo fratello di aiutare Dakota.
  Forse, se ognuno si fosse fatto i fatti propri, almeno una delle tre persone a cui teneva là dentro sarebbe tornata indietro.
  Ma che, come si erano messe le cose, Thad o Sebastian abbandonassero l’uno o l’altro, era puramente impossibile. E Jack lo sapeva bene.
  E sapeva bene anche un’altra cosa: era solo.
 
 
 
  « Dobbiamo fare qualcosa! » continuava a dire Thad, pallido come non mai. « Deve essere solo una coincidenza! È morto qualcun altro, lei è solo svenuta ».
  Sebastian cercava di portarlo via, tirandolo per le spalle, ma non stava facendo un grande lavoro. Avevano entrambi la vista annebbiata dalle lacrime e Thad continuava a parlare e dire di come potevano ancora salvarla e scusandosi con Jack.
  Ma Sebastian sapeva bene che non era colpa di Thad, sapeva che non poteva prevederlo. Capitol City aveva deciso di metterli in una bolla velenosa.
 
  Quando l’hovercraft arrivò, Sebastian convinse Thad a lasciare quel posto, arrancando su per il prato verde.
  Era davvero bello quel posto, ed era stato abbastanza strano trovarselo come Arena degli Hunger Games; almeno finché non ebbero capito.
« Qual è il piano ora? » chiese Thad, quando i singhiozzi furono cessati abbastanza per permetterlo di parlare.
Sebastian sospirò. « Ci ammazziamo a vicenda? » chiese, senza nemmeno un accenno di ironia; lo stava davvero considerando come opzione.
« Oppure tu cerchi di salvarti e tornare da Jack » aggiunse.
« Ne abbiamo già parlato » disse Thad.
« Era prima che Dakota morisse » continuò Sebastian. « Sai, tuo fratello mi ha detto una cosa strana, prima di partire per Capitol City. “Proteggi te stesso e basta, è così che funziona”. Forse tu dovresti fare così ».
« Sebastian, non mi convinci, lo sai » disse Thad, deciso come non era stato in quegli ultimi giorni. « Ho un’idea, però ».
  In poche ore si ritrovarono a raccogliere frutti di qualunque tipo per il bosco candido e magnifico, noncuranti di niente e nessuno. Forse, pensò Sebastian, era quello l’atteggiamento da assumere durante i giochi: il menefreghismo. Più hai paura e più pericoli ti si presentano. Più trovi la morte come unica salvezza e più gli strateghi ti lasciano vivere.
« Penso che ne abbiamo a sufficienza » disse Thad, quando ebbero entrambe le mani piene e lo zaino stracolmo.
« Cosa vuoi fare? » chiese Sebastian, stizzito. « Potresti dirmelo ».
« Se te lo dico, quei simpaticoni lassù farebbero di tutto per fermarci ».
  Sebastian si limitò a sbuffare. Seguì Thad mentre collocava i frutti sul prato in un ordine abbastanza sparso – secondo Sebastian, che si limitava a passarglieli.
  Quando dichiarò che ebbe finito si tenne due frutti in disparte, poi intimò Sebastian a seguirlo sull’albero rigoglioso lì vicino, per vedere dall’alto.
  Sebastian si ritrovò meravigliato quando scoprì che i frutti disposti in quello che gli sembrava in un ordine sparso formavano invece un’unica ma incisiva parola.
Assassini.
« Hai conservato quei due frutti per un motivo » disse poi Sebastian, collegando finalmente tutti i pezzi.
« È l’unico modo » disse Thad, scrollando le spalle.
  Sebastian annuì, aprendo la zip dello zaino. Due pere li guardavano, invitanti; proprio come ci si aspetta da un frutto velenoso, no?
« Aspetta » lo fermò Thad, poggiando una mano sul suo braccio. « Tutti questi anni, sono stati fantastici ».
«  Thad… » provò a protestare Sebastian.
« No, devo dirtelo. Sono passati otto anni, e ti amo ancora come il primo giorno ».
« Quella storia della sbucciatura del ginocchio era vera? » chiese stupito.
« Certo ». Thad gli accarezzò una guancia dicendolo.
« Pensavo che fossi solo io ad amarti da allora ».
Thad rise, inaspettatamente. « Siamo solo stati due sciocchi che hanno sprecato tanti anni amandoci in segreto ».
« L’importante è che ora sai che è vero. Ora sai che ti amo quanto tu ami me, e che mi dispiace così tanto che…  » Sebastian non riuscì a concludere la frase, era troppo distrutto per farlo.
  Thad allora lo baciò, come fece la prima volta tre anni prima, in quello stesso giorno. Forse anche l’ora era più o meno la stessa.
  Ma il bacio fu cento volte meglio.
  Sebastian se ne stupiva ogni volta; pensava sempre “Oh, questo bacio è il migliore!”, ed ogni qualvolta che si baciavano non riusciva a non pensarlo.
  Forse era per quell’iniziale timidezza che non mancava mai e quel scoprirsi pian piano a vicenda. E poi le lingue che si toccavano, desiderose l’una dell’altra, come se fossero fatte per stare assieme. E quando il respiro iniziava a mancare, Sebastian sentiva Thad annaspare sotto di lui, per colpa di quella poca asma portatagli da tutte le allergie che aveva.
« Stai bene? » glielo chiese come fece la prima volta, solo per il piacere di sentire la risposta.
« Con te, sempre ».
 
 
  Jack non pianse quando vide Thad e Sebastian dare il morso alle pere, mano nella mano davanti alla scritta “Assassini”, che gli Strateghi avevano provato ad oscurare o a sfocare almeno un po’. Inutile, dato che per qualche secondo era stato fin troppo visibile ed era certo che almeno i distretti l’avessero visto.
  Haymitch passò affianco ai corpi di Thad e Sebastian, prima che vennero portati via dall’hovercraft, e una lacrima gli si mise nell’angolo dell’occhio. Prese Maysilee per mano e se ne andò prima di capire cosa avessero voluto scrivere.
  Quando vinse gli Hunger Games Haymitch era distrutto per vari motivi. Primo, Maysilee, ovviamente. Secondo, Capitol City che l’aveva a morte con lui. Terzo, quando aveva rivisto i giochi, nella sintesi di tre ore, non avevano fatto vedere Thad e Sebastian nemmeno per un secondo. Li avevano completamente censurati.
  Fu per questo che quando Cesar Flickerman gli domandò che impressioni avesse capì che cosa avevano voluto scrivere Thad e Sebastian su quel prato.
  Capì e pensò che avevano anche ragione.
« Li avete uccisi tutti » disse, prima di alzarsi e fare la sua uscita di scena.
 
 
  Quando col Tour della Vittoria arrivò al distretto otto fu terribile. Già era devastante starsene nel distretto dodici e imbattersi nella gemella di Maysilee, distrutta più che mai, ma trovarsi davanti un’intera famiglia Harwood fu davvero impensabile.
  Li riconobbe grazie a Jack, il ragazzino per il quale si era offerto Sebastian, che se ne stava seduto solo dal lato in cui doveva esserci la famiglia di quest’ultimo. Dall’altro lato, quello per Thad, c’erano altri quattro marmocchi, due perfettamente identici, una ragazzina rossiccia con gli occhi pieni di lacrime e una bambina che poteva avere al massimo un anno, che se ne stava avvinghiata al padre, così simile a Thad che quasi pensò di trovarselo davanti. La madre, poi, era una donna bellissima, Haymitch trovò così sbagliato vedere quel volto così magnifico provato da tanto dolore.
  Riconobbe anche quella che doveva essere la famiglia della ragazzina che avevano cercato di proteggere Thad e Sebastian, Dakota, perché quella che doveva essere la sorella minore era praticamente uguale a lei.
  E l’ultima doveva essere la famiglia di Katie, quella che come prima cosa alla Cornucopia aveva deciso di colpire Thad da dietro e in seguito aveva ferito Maysilee. E che poi aveva ucciso lui stesso, dopo che Thad e Sebastian erano morti. Era stato quasi felice di averlo fatto.
  Non disse quasi nulla, desiderò solo parlare con quel ragazzino, prima di andarsene.
« Mi dispiace per quei due » borbottò, vicino l’uscio del Palazzo della Giustizia.
« Anche a me, sai » disse.
Haymitch prese un sacchetto da dentro la sua giacca e glielo porse. « Mi stavano simpatici, avrei anche voluto aiutarli. Ma non era quello che volevano ».
Jack aprì il sacchetto e vi trovò dei soldi. Tanti, per la precisione. « Perché? »
« Per dire che mi dispiace » disse. « Non volevo che succedesse ».
« Ma è successo » replicò.
Haymitch abbassò lo sguardo e salutò Jack alzando una mano.

Quando tornò sul treno scoprì il fantastico sapore dell’alcool.
« A Thad e a Sebastian » disse, alzando il bicchiere e facendo un cin cin con il vuoto più totale.
E bevve. Bevve finché non dimenticò.
O almeno ci sperava.
   
 
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Glee / Vai alla pagina dell'autore: Ale HP