E VISSERO PER SEMPRE…
di Kuno84
Note preliminari: Luoghi e personaggi non mi
appartengono, ma sono frutto della geniale mente di Rumiko Takahashi. Questa storia è stata scritta per il concorso "Multifandom - Fantasmi" indetto da Lisachan e si è classificata al secondo posto.
Quando il ragazzo cinese
vestito di bianco entrò nella sala grande del Nekohanten, l’orologio appeso
alla parete finì di segnare le quattro spaccate. Udendo il debole rintocco,
inforcò le lenti degli occhiali per mettere a fuoco le lancette e constatare
una volta di più la notizia; quindi sospirò con aria dimessa.
‘Tanti auguri, Mousse.’ Disse a
se stesso.
Aveva appena terminato le
faccende in cucina, mentre Shan-pu era in giro a fare delle consegne e, dal
canto suo, quella schiavista della vecchia mummia dormiva al piano di sopra.
Così lui, che pur doveva ancora sparecchiare i tavoli e buttare gli avanzi di
ramen, era del tutto libero di festeggiare mentalmente la ricorrenza.
Era entrato a tutti gli effetti
nel proprio diciottesimo anno di vita. Questo voleva significare qualcosa?
Forse non voleva dire nulla, si rispose. Dopotutto, non si sentiva in alcun
modo più adulto e maturo rispetto ad un minuto prima, quando gli anni compiuti
che poteva contare erano ancora sedici.
Erano avvenute molte cose,
negli ultimi dodici mesi. Anche se per lui non era cambiato poi molto, in
definitiva. L’ultimo avvenimento di una certa rilevanza, in ordine di tempo,
era stato il quasi-matrimonio tra Ranma Saotome e Akane Tendo. (¹)
Vero, il tutto si era concluso
con un nulla di fatto. Probabilmente, ma non poteva affermarlo con sicurezza.
Mousse aveva incitato in tutti i modi possibili i due fidanzati a sbrigarsi a
compiere il grande passo, ma il pandemonio comportato dallo sbucare improvviso
di una certa fiasca di Nannichuan e, soprattutto, dall’attacco congiunto delle altre
fidanzate aveva ristabilito lo status quo. Probabilmente. O altrettanto
probabilmente, no.
Nonostante
l'apparenza indicasse l’esatto contrario, aveva notato che Shan-pu pareva aver
compreso l’antifona. Questo non era stato un bene per lui, anzi. L’amazzone era
più scontrosa e irascibile che mai: e il più delle volte, a farne le spese era
lo stesso Mousse. Il quale sapeva che le sue speranze di far breccia nel cuore
di ghiaccio della donna amata, già fievolissime, si erano praticamente ridotte
allo zero: dato che accettare il suo amore, per Shan-pu sarebbe equivalso ad
ammettere la propria definitiva sconfitta riguardo a Ranma. E l’orgoglio – o la
cocciutaggine, od entrambe – di amazzone non gliel’avrebbero mai permesso.
Le riflessioni del giovane
cinese furono interrotte da un leggero scampanellio proveniente dall’ingresso.
Un cliente? Di primo pomeriggio? Mousse dubitò che questo fosse il caso in
questione, ma si avviò comunque a ricevere l’ospite.
“E’ permiesso?” Frignò una strana
voce nasale. Dopodiché, senza attendere risposta alcuna, entrò nel locale un
ometto smunto che trascinava, con evidente difficoltà, una valigia
all’apparenza più consistente di lui. Mousse sbuffò violentemente, indispettito
dalla maleducazione del nuovo arrivato. Inoltre, aveva intenzione di spiegare
al più presto che il ristorante a quell’ora era chiuso: per la vecchia Cologne
un cliente era sempre un cliente, ma il mandarino non voleva saperne di
improvvisarsi cameriere in vista di uno straordinario che nessuno gli avrebbe
mai pagato.
“Se vuole un tavolo”, mormorò
dunque, col tono meno seccato che fu in grado di sfoggiare, “temo che dovrà
ripassare più tardi: il Nekohanten riaprirà non prima del tramonto.”
“Oh, ma io non sonio un
cliente.” Ridacchiò l’altro. “Casomai, sei tu che potrai essere il mio, di
cliente.”
Mousse fissò l’interlocutore
con aria confusa. Aveva uno strano modo di parlare, e tuttavia gli risultava in
qualche maniera familiare, come se l’avesse già udito da qualche parte.
“Mi presento.” Riprese quello.
“Sono un commiesso
viaggiatore e ho portato con me miolti prodotti interessanti
provenienti direttamiente
dalla Cina. Ne vuoi provare qualcuno?” Concluse, quasi sogghignando sotto i
baffi che non aveva.
Fu a quel punto che Mousse se
ne accorse. Il tintinnio stava continuando, ma l’interlocutore era ormai
all’interno. Individuando la nuova fonte del suono, che si rivelò essere un
piccolo bizzarro sonaglio che lo straniero portava al collo, si ricordò di
tutto ed intuì la minaccia.
Quell’uomo era posseduto.
Mousse si volse di spalle e il
suo cuore sussultò, scorgendo una figura sfocata. Non era per caso… possibile
che avesse terminato il suo giro di consegne proprio adesso?!
“Shan-pu! Attenta!” Gridò ad
alta voce, compiendo un balzo all’indietro e portando in salvo un attaccapanni.
“Ma cosa ti è successo?! Come sei dimagrita!” Osservò, quasi in lacrime.
“Credo che dovresti sistemarti
meglio gli occhiali.” Lo schernì l’altro.
“Fai poco lo spiritoso! Guarda
che ti ho riconosciuto!” Esclamò con enfasi il cinesino, aggiustandosi le lenti
e tornando a rivolgere la propria attenzione all’intruso. “Dunque esci fuori da
questo pover’uomo, prima che perda la pazienza!”
L’altro sghignazzò.
“E così hai scoperto la miao
identità. Ma ora è troppo tardi!” Dal nulla si materializzò un secondo
sonaglio, identico al precedente ma molto più grande. Immediatamente dopo,
un’aura demoniaca accecante si sprigionò dal commesso viaggiatore,
abbandonandone il corpo inerte e circondando con rapidità il campanello grande,
mentre il ristorante sprofondò per qualche secondo nell’oscurità più totale.
“Sei Maomolin!” Concluse
Mousse. “Quell’impiastro di gatto-fantasma che cerca sempre moglie! Vai via!
Non ti permetterò di mettere le tue sporche zampacce addosso alla mia adorata
Shan-pu!”
Si sistemò in posizione di
difesa, intanto che l’aura assumeva consistenza e prendeva le sembianze di un
enorme felino.
“Staremo a vedere!” Ghignò
questo, socchiudendo gli occhi luminescenti dalle strette pupille verticali.
“Tu sottovaluti i miei poteri demiaoniaci: adesso che Ranma non è nei dintorni,
m’impossesserò del tuo corpo e non avrò più ostacoli!”
Detto questo, si lanciò contro
l’altro. In tutta risposta, Mousse picchiò ripetutamente lo spirito con pugni,
calci e vari arnesi estratti dalle maniche.
“No! Pietà! Pietà! Mi arrendo
ma, per favore, non colpirmi!” Piagnucolò il gatto gigante, accovacciandosi in
un angolo.
“Vedo che non sei affatto
migliorato dall’ultima volta.” Constatò il giovane quattrocchi, sospirando con
fastidio. “Sarebbe tutto qui il tuo malvagio spirito combattivo?”
“Come sarebbe a dire mialvagio?”
Protestò quello, asciugandosi le copiose lacrime che aveva versato. “Non agisco
certo così per cattiveria.”
Il ragazzo vestito di bianco
inarcò un sopracciglio, poco convinto. Afferrò per il colletto della giacca
l’omino che era stato posseduto e che adesso, ignaro, era beatamente
addormentato. Quindi lo trascinò fuori del ristorante e poi tornò all’interno,
versandosi da bere. Infine riprese a fissare il gatto-fantasma, che ancora non
aveva abbandonato il suo posto.
“E allora… perché?” Si decise
dunque a chiedergli.
“Intendi dire” prese a parlare
lo spirito, “perché sono così ostinato a cercare una moglie? Non certo per amiore. Sono
un gatto, che interesse avrei a sposare una ragazza umana?”
Mousse posò il bicchiere sul
tavolo, confuso. Si avvicinò all’interlocutore.
“Allora c’è un altro motivo?”
Domandò.
Il gatto annuì gravemente.
“Io sono uno spirito. Non ti
sei mai chiesto come mai stia vagando sulla terra? Il miaotivo è
semplice: sono vittima di una maledizione che m’impedisce di raggiungere
l’Aldilà.”
“Non mi starai raccontando una
frottola per impietosirmi?” Fece Mousse.
“Assolutamente no. E’ tutto
legato a questi due sonagli che vedi.”
“Ah, sì! Shan-pu mi aveva
raccontato la loro storia. La coppia che li possiede è destinata a legarsi
insieme. Proprio per questo li aveva comprati: aveva tenuto il campanello
piccolo per sé, e aveva regalato quello grande… a Ranma.” Ricordò, con evidente
nervosismo.
“E’ esatto, anche se hai omesso
un particolare: che solo io sono, e posso essere, il detentore del campaniello
grande. Ed entrambi i sonagli mi legano su questa terra: è la maledizione che
mi tiene prigioniero.”
“Ora capisco! Quindi l’unico
modo per spezzare la maledizione sarebbe…”
“Legare assieme i possessori
dei due sonagli.” Completò Maomolin. “Solo così potrò riposare in pace per
l’eternità.”
“Hai tutta la mia comprensione.
Tuttavia, non ti permetterò di sacrificare la vita di Shan-pu, tanto più che
ormai il campanello piccolo è sparito chissà dove.”
Lo spirito squadrò attentamente
il mandarino.
“La ami tanto, non è vero?” Gli
chiese. “Ma lei non sembra ricambiare i tuoi sentimenti. Non merita la tua
protezione.”
“Questo non è affar tuo!”
Replicò Mousse, seccato.
“In fondo siamo simili.” Notò
il gatto-fantasma, sospirando. “Siamo entrambi delle anime in pena.”
Mousse sospirò a sua volta.
Quella massa di peli pulciosa, in fondo, aveva perfettamente ragione.
Maomolin si scosse.
“Ma ora che ci penso”, riprese,
“ciascuno di noi potrebbe dare soluzione ai problemi dell’altro: in effetti, ho
con me qualcosa che forse potrebbe fare al caso nostro.” Detto questo, si avviò
verso l’ingresso, dove aveva lasciato a terra la valigia di prima. La aprì ed
estrasse, tra la varia roba, uno specchio finemente decorato.
“Questo è il Sendai no Kagami
(²).” Spiegò. “Se mostri la tua immagine in esso riflessa alla ragazza che ami,
lei sarà tua per l’eternità.”
“Scordatelo!” Ribatté Mousse.
“Voglio che Shan-pu mi ami liberamente, senza magie o incantesimi vari.”
“Parole miaolto
nobili da parte tua. Ma cosa ti hanno fruttato finora? Dimmi la verità.”
Mousse chiuse le
palpebre e vari ricordi affollarono all’istante la sua mente. Pensò che poco
tempo prima aveva avuto la sua grande occasione, a Jusendo, grazie alle uova surikomi
(³). Il loro potere era qualcosa di vagamente simile all’imprinting: la persona
che ne fosse stata soggetta diveniva schiava di colui che avesse visto per
primo.
Per mezzo di queste uova, di
cui l’amazzone era effettivamente rimasta vittima, Mousse aveva avuto per la
prima ed unica volta la possibilità di una Shan-pu obbediente e che lo adorava.
Non era quello che aveva sempre sognato? Perché, dunque, aveva gettato tutto al
vento, permettendole di guardare il proprio riflesso allo specchio, facendola
così divenire nuovamente la padrona di se stessa? Era stato un pazzo? Forse sì.
Ma che onore ci sarebbe stato, si era detto quella volta, a conquistarla con
qualcosa che non fosse il proprio vero e sincero amore, che del resto
costituiva l’unica cosa che fosse in grado di offrirle?
Eppure… a Shan-pu non era mai
importato niente dell’amore che lui provava per lei. Mousse aveva perduto la
sua grande occasione, restituendole un cuore sì libero di amare, ma pur sempre
di ghiaccio e prigioniero delle regole del loro villaggio. Era forse un vero
amore quello che Shan-pu manifestava nei confronti di Ranma? No, ne era
solamente convinta. Il suo cuore non era mai stato libero e Mousse, ogni giorno
che passava da allora, si sentiva sempre di più un enorme idiota. Il rimpianto
si scavava sempre maggior spazio nel proprio animo oppresso, e il ricordo di
ciò che poteva essere, ma non era stato, tormentava ogni sua notte insonne. Se
quell’occasione imperdibile per assurdo si fosse ripresentata, si era chiesto
mille volte, lui avrebbe agito allo stesso modo?
Ritornò al presente. Maomolin
attendeva ancora una sua reazione.
“Mmm, poniamo che… che io sia
d’accordo ad usare il tuo incantesimo.” Disse al gatto-fantasma. “Mi spieghi
perché faresti tutto questo per me? E soprattutto, perché non l’hai utilizzato
tu per i tuoi scopi?”
“Primo, mi sei simpatico.”
Rispose. “Te l’ho detto, non siamo così diversi. Inoltre… la cosa più
importante di questa magia è che chi la invoca si guardi in questo specchio. E
come saprai bene”, concluse gravemente, “noi gatti-fantasma non riflettiamo la
nostra immiagine
allo specchio.”
“Quelli non erano i vampiri?”
Osservò di sottecchi Mousse.
“Tu ti fidi troppo dei film.”
Lo spirito del sonaglio scosse la testa.
“Va bene.” Tagliò corto
l’altro. “Tu non puoi utilizzare lo specchio. Ma cosa ci guadagneresti a farlo
usare a me?”
“C’è un secondo motivo. Ed è
collegato a ciò che stavo per fare prima: impossessarmi del tuo corpo.”
“Lo sapevo che c’era il
trucco!” Protestò Mousse, battendo il pugno sul tavolo.
“Ti sbagli! Senza di me, non
potresti fare niente. Per attivare il potere del Sendai no Kagami è necessario
recitare la formula dell’incantesimo denominato ‘E vissero per sempre…’: si
tratta di una litania lunga e complessa che non potresti mai imparare, per cui
è necessario che sia io a pronunciarla. Ora capisci a cosa mi riferivo, quando
ti ho detto che ciascuno di noi due avrebbe potuto essere d’aiuto all’altro?”
Mousse annuì, convinto. “Tu non
puoi rifletterti a quello specchio ed io non sono in grado di recitare la
formula. Però, qualora tu…”
“Qualora io m’impossessassi del
tuo corpo, rifletterei la tua immagine allo specchio, quindi potrei recitare la
formula. E Shan-pu sarebbe in balìa dell’incantesimo.”
“Per quel che ti riguarda?”
“Sarò liberato dalla mialedizione.
Shan-pu in passato ha posseduto il sonaglio piccolo, quindi è idonea allo
scopo: la cosa importante è che lei venga legata a me. Non importa come. Non
conta se io sarò provvisoriamente dentro di te, né se sarà legata a noi solo
per mezzo dell’incantesimo dello specchio.” Esclamò lo spirito, consegnando
l’oggetto a Mousse. “Non appena Shan-pu s’innamorerà perdutamente di noi, la
condizione sarà avverata ed io potrò lasciare questa terra: abbandonerò
automaticamente il tuo corpo… e, a quel punto, Shan-pu rimarrà solo tua!”
“Shan-pu. Mia.” Ripeté meccanicamente
il cinesino, stordito come se stesse sognando. Di certo, era il più bel regalo
di compleanno che potesse ricevere.
Tuttavia…
Come, come crederci?
“Chi mi dice che non si tratti
della solita bufala?!” Domandò con cipiglio severo a Maomolin.
L’altro non si scompose. Aguzzò
le orecchie, più grandi e perciò più sensibili rispetto a quelle
dell’interlocutore. Sorrise soddisfatto di ciò che aveva udito.
“Fra pochi istanti ne avrai la
prova.” Si limitò a dire, prima di smaterializzarsi e tornare nel campanello
senza che Mousse avesse il tempo di protestare.
Tra l’altro, ora aveva sentito
anche lui i passi
della vecchia mummia che scendeva di sotto. Il colloquio col gatto-fantasma era
stato abbastanza rumoroso, era ovvio che l’avessero svegliata.
“Cosa succede qui?!” Esclamò la
bisnonna di Shan-pu, compiendo gli ultimi balzi sul suo nodoso bastone.
“Ecco, io…” Provò ad accennare
il giovane. Ma già Cologne non gli prestava più attenzione. Il suo sguardo si
era soffermato distrattamente sullo specchio che Mousse teneva ancora stretto
in mano e, di colpo, le sue pupille si erano ristrette e le rughe, per
l’evidente preoccupazione, erano spaventosamente aumentate rivelando per un
attimo la propria età.
“Non… non può essere! Quello è
il leggendario Sendai
no Kagami, di cui si erano completamente perse le tracce da secoli!
Quello dell’incantesimo denominato ‘E vissero per sempre…’. Come fai ad
averlo tu?!”
“Allora quel gattaccio diceva
il vero...” Mormorò il cinesino, a se stesso più che alla vecchia.
“Dammelo!” Ordinò lei, con un
tono tanto imperioso che nemmeno Mousse ricordava di averne mai subìto uno tale
dalla sua tirannica datrice di lavoro. “Dammelo immediatamente!”
“Obaba…” Fece il suo
interlocutore. “Cosa sai riguardo questo specchio?”
“Niente che possa importare
agli esseri viventi!” Sbraitò lei. “Ora consegnamelo! E poi vattene! Sparisci
per sempre da qui, pezzo d’idiota che non sei altro! Non osare più avvicinarti
a Shan…” Si zittì, ma era troppo tardi.
“Tutto vero.” Ripeté Mousse.
Non era mai stato trattato in quel modo. Nemmeno lui. La vecchia era
terrorizzata, da quello specchio. Terrorizzata per Shan-pu. Segno che nemmeno
lei avrebbe potuto contrastare il suo incantesimo. La carta vincente era nelle
sue mani. Idiota? Lo sarebbe stato, qualora se ne fosse sbarazzato.
Il quattrocchi sorrise
nervosamente. Quell’ultimo maltrattamento verbale gli aveva fatto perdere il
poco sangue freddo che gli era rimasto. Non aveva più dubbi.
Si voltò, dando le spalle a
Cologne e specchiando il proprio volto nella superficie magica. “Non
avvicinarti tu, vecchiaccia! Fai solo un altro passo e guarderai il mio
riflesso, diventando la mia schiava d’amore! Non ci tieni, vero?” Rovesciò
alcuni tavoli ancora apparecchiati, come a formare un confine tra sé e
l’interlocutrice. Quindi iniziò a ridere in modo sguaiato, manifestando
all’altra la propria posizione di vantaggio. Ovviamente, non era il caso di
rivelare alla vecchia di non conoscere affatto le parole dell’incantesimo.
Comunque fosse, Obaba si era
arrestata di colpo: il bluff sembrava funzionare. Adesso era lui a tenere il
coltello dalla parte del manico.
“Stolto!” Gridò Cologne,
respirando affannosamente. “Quello specchio non è roba per te!”
“Già, come al solito.” La
schernì. “E scommetto che tu sei la persona più adatta a custodire un oggetto
così importante, dall’alto dei tuoi millenni di esperienza… ‘Stupido di un
Mousse, perché non hai consegnato subito lo specchio alla mummia qui presente?’
Hai ragione, sono proprio un pezzo d’idiota!”
Rovesciò altri tavoli e buttò a
terra le scodelle e i piatti col ramen avanzato che non erano ancora caduti.
Poi, veloce com’era venuta, la furia lo abbandonò e ad essa si sostituì una
gelida consapevolezza. Sapeva di non poter più tornare indietro.
Fulminò l’anziana amazzone con
lo sguardo più determinato che le avesse mai rivolto. “Questa è stata l’ultima
goccia! Finora sono sempre stato trattato come una pezza per i piedi. Ma sai la
novità? Mi licenzio dal tuo ristorante, vecchiaccia! Torno in Cina… e mi
porterò dietro la tua bisnipote, che tu lo voglia o no!”
“Non farlo!” Disse lei, questa
volta singhiozzando. “Shan-pu è tutto ciò che mi è rimasto! Non posso perderla
per sempre! Ti prego…”
“Ci siamo fatte più umili,
vedo.” Fece lui, squadrandola sprezzante.
“Non capisco… Credevo che tu
amassi sinceramente Shan-pu, che volessi il suo bene. Dunque mi sono sempre
sbagliata?” Quasi implorò la vecchia, che mai come allora parve a Mousse una
fragile nonnina indifesa.
Il cinesino esitò un attimo.
Non credeva che l’altra avesse mai fatto simili valutazioni. Che fosse per
questo, che gli aveva permesso di stare in Giappone con loro, al Nekohanten?
Provò a dire qualcosa, ma fu Cologne per prima, senza preavviso, a cadere
esanime al suolo.
“E ora… cosa succede?” domandò,
sgomento.
“Nulla di allarmiante.”
Lo rassicurò la voce nasale di Maomolin, che si materializzò alle spalle della
vecchia in tutta la sua ingombrante mole. “Ho solo usato sulla nonna la magia
dei gatti-fantasma: dormirà per qualche ora.”
Mousse fissò lo spirito,
pensieroso. Riprese la parola:
“Capisco. Basta che
l’incantesimo dello specchio non duri, anch’esso, solo qualche ora.”
“Sciocchino, non ricordi il
titolo dell’incantesimo? ‘E vissero PER SEMPRE…’. Te l’ha confermato anche la nonna.”
Il gatto gigante si lisciò i baffi. “Penso che tu abbia avuto la prova che
cercavi: questo specchio non è una bufala, ma la tua grande possibilità. Ora,
cosa pensi di fare?”
…
“Sono a casa!” Esclamò
l’amazzone, entrando nel locale con tutta la bicicletta come suo solito. Le
consegne l’avevano tenuta impegnata per molto tempo, ma adesso era finalmente
libera di andare a trovare Ranma. Non doveva perdere altro tempo, quel
tentativo di matrimonio di qualche tempo prima stava sicuramente a significare
che la ragazza violenta era più determinata che mai a sottrarglielo: ma era
solo una povera illusa, Ranma era il futuro consorte di Shan-pu e, quella sera,
l’amazzone gliel’avrebbe dimostrato una volta per tutte…
Certo, prima avrebbe dovuto
apparecchiare i tavoli per il servizio serale. Oggi era il suo turno. Nessun
problema. Con due paroline dolci, avrebbe saputo convincere Mousse a farlo al
posto suo.
“C’è qualcuno?”
Per la seconda volta, nessuno
le rispondeva o si faceva vedere, che cosa strana. E come mai il ristorante era
aperto, eppure immerso nel buio più totale? Avanzò cautamente. “Bisnonna?
Mousse?”
L’istinto di amazzone le
consigliò di non abbassare la guardia. Eppure, non capiva. Quale pericolo
doveva mai temere? Fece ancora un passo in avanti, poi un altro. Urtò qualcosa,
ed ebbe l’istinto di ritrarsi.
Ciò nonostante, resistette.
Recuperò il proprio autocontrollo ed esercitò, poco per volta, gli occhi
all’oscurità. Ciò che inquadrò, tuttavia, riuscì ad inquietarla più di ciò che
non riusciva a vedere.
Quelli sparsi per terra erano i
piatti di ramen che Mousse avrebbe dovuto pulire? E cosa era accaduto ai tavoli
che avrebbe dovuto sparecchiare? Erano sottosopra! Che diamine aveva mai
combinato quell’impiastro, stavolta?!... Shan-pu volle fervidamente
arrabbiarsi, eppure un sentimento più forte si era impossessato di lei da
parecchi secondi. Un sentimento innominato, che giammai alcuna amazzone cinese
avrebbe dovuto provare.
In piedi, immobile, stava
tentando di scacciarlo da sé quando, improvvisamente, notò il fioco chiarore di
un lume.
La logora lampada illuminava
appena uno dei tavolini del centro della stanza. Seduto a quel tavolino,
parzialmente nascosto dalle tenebre, stava il suo amico d’infanzia.
“Mousse?” Accennò, la voce che
tradiva l’insicurezza. “Shan-pu non capisce! Che cosa vuol dire tutto questo?!”
Lui avvicinò il volto al lume.
La fissò in silenzio, così che la ragazza ebbe tutto il tempo di scorgere la
sinistra luce che gli circondava i lineamenti e pareva provenire non dalla
lampada, ma dai suoi stessi occhi: i quali, solitamente così vivi ed imploranti
l’amore della cinesina, mai le erano parsi tanto inespressivi.
“Mousse?” Ripeté, usando tutta
l’aura combattiva che le rimaneva in corpo. “Vuoi rispondermi, stupido
papero?!”
Lui continuò a guardarla.
Fu quando l’amazzone perse ogni
speranza in una sua replica, che quello si voltò verso l’interno e si decise
finalmente a rivolgerle la parola. “Shan-pu.” Proferì, senza emozione.
“Avvicinati.”
Stavolta fu lei, quella che non
osò rispondere, gelata dal tono dell’interlocutore.
“Avvicinati.” Disse quello,
continuando a darle le spalle. “C’è una cosa che voglio mostrarti.”
L’amazzone prese, lentamente, a
procedere tentoni.
Adesso era costretta ad
ammetterlo a se stessa.
Aveva paura.
“Vieni. Un altro passo ancora.”
La invitò la voce di Mousse, quando fu ormai a pochi metri dai suoi lunghi
capelli, scuri come l’ambiente d’intorno.
Shan-pu obbedì. Avere paura non
significava che si sarebbe fatta sopraffare da essa. Ma perché quello scemo
continuava ancora a darle le spalle? Stava forse ridendo di lei?
“Brava.” Annuì leggermente la
nuca del cinesino. “Adesso guarda!”
Ancora senza voltarsi verso la
ragazza, distese un braccio lasciando che la mano fuoriuscisse dalla lunga
manica del suo abito. La mano impugnava uno specchio, leggermente inclinato
così da mostrarle indirettamente il proprio volto. “Guarda!” Ripeté.
Shan-pu non fu in grado di
resistere alla tentazione.
Doveva sapere.
Sia che stesse ridendo di lei,
sia che fosse impazzito o semplicemente disperato per le proprie pene d’amore.
Shan-pu doveva, voleva
sapere quale sentimento animasse ora il volto del ragazzo, pochi momenti prima
così inespressivo. Sapere che cosa lo muoveva.
E l’avrebbe scoperto.
Sporse il capo.
Fu finalmente in grado di
scrutare il riflesso di Mousse.
Poi, non vide più altro.
Shan-pu stava sporgendo il
capo. Stava guardando in direzione dello specchio. Lo sapeva perché aveva piena
coscienza di sé, nonostante il suo corpo fosse, in quel momento, sotto il
completo controllo del gatto-fantasma. Essere posseduti era un’esperienza
indubbiamente strana. Ma non così brutta, in fondo.
La cosa più importante, Mousse
era in grado di assistere a tutto quello che stava accadendo. Aveva udito la
voce di Shan-pu che entrava, come Maomolin la udiva. L’aveva guardata, come Maomolin
la guardava. Si era voltato dall’altra parte, sebbene la sua mente non avesse
mai impartito quest’ordine al proprio corpo. Le aveva parlato, anche se non era
lui a muovere la bocca.
Adesso la scorgeva di nuovo,
attraverso lo specchio. Meglio, vedeva il riflesso del suo stesso viso e quindi
vedeva lei che guardava la stessa cosa ed era come impossibilitata a
distogliere lo sguardo.
Era fatta.
Non ci sarebbe voluto molto, a
completare l’opera.
La sua bocca riprese a
muoversi. Pronunciò parole sconosciute, appartenenti ad una lingua perduta
nella notte dei tempi, le quali si accavallarono l’un l’altra in una predica
che somigliò ad un sommesso miagolio.
Quand’ebbe terminato di
recitare la formula, lo sguardo di Shan-pu cambiò. Da confuso, impaurito, divenne
dolce, amorevole. Bramoso. A quel punto, lui si girò di nuovo e i loro sguardi
s’incrociarono.
“Sono tua.” Proferì l’amata.
“Per sempre.”
‘Shan-pu…’ Tutto quello che fu
in grado di pensare il cinesino, mentre avvolgeva le sue spalle con le proprie
braccia, anche se ciò avveniva per volontà di Maomolin.
Subito dopo, furono entrambi
avvolti da una colonna di luce.
“La maledizione che mi teneva
prigioniero è stata finalmente spezzata.” Disse ad alta voce il ragazzo, come
se si stesse rivolgendo all’amazzone. Ma, in realtà, era il gatto-fantasma che
parlava a Mousse.
Il cinesino esultò
interiormente. Sentiva lo spirito di Maomolin che, lentamente, si staccava dal
proprio corpo. Recuperò, poco a poco, il controllo sui propri muscoli e, come
prima azione indipendente, intensificò la stretta sulla giovane.
Lui e Shan-pu erano isolati dal
resto del mondo, immersi in un mare di luce. Mousse credette, per un momento,
di vivere uno splendido sogno.
Un istante più tardi, capì che
non era un sogno.
Ma il più terribile degli
incubi.
La ragazza si fece via via più
pallida, e Mousse avvertì che stava perdendo la presa su di lei.
‘Cosa… cosa sta succedendo?!’
Pensò freneticamente.
Shan-pu stava perdendo consistenza.
Proprio sotto i suoi occhi. Tentò di stringerla con maggior veemenza, ma il
gesto non portò a niente.
“Gattaccio!” Ringhiò. “Cosa
vuol dire?!”
Nessuno gli rispose. E Mousse
ricordò.
(“Questo è il
Sendai no Kagami: se mostri la tua immagine in esso riflessa alla ragazza che
ami, lei sarà tua per l’eternità.” Gli aveva spiegato Maomolin.)
E finì per comprendere da solo
l’inganno di cui era caduto vittima.
(“Quello specchio
non è roba per te!” Gli aveva gridato Cologne.)
“No!"
(La vecchia voleva
forse dire… che non era per gli esseri mortali?)
"Shan-pu!”
(“E vissero per
sempre…”)
“Shan-pu!”
(“Per sempre…”)
“SHAN-PUUU!”
Si accasciò al suolo, sfinito
ed impotente. La ragazza non poteva udirlo. Ormai completamente incorporea,
rimase salda tra le braccia dello spirito del gatto del sonaglio Maomolin,
salendo e svanendo assieme a lui nel corridoio di luce.
Anche lei era diventata un
fantasma.
…
Quando Ranma Saotome e Akane
Tendo fecero irruzione nel ristorante Nekohanten, attirativi dallo
straordinario fenomeno di qualche minuto prima, che aveva illuminato a giorno l’intero
distretto di Nerima, la prima cosa che notarono fu la vecchia Cologne.
L’anziana amazzone aveva appena
recuperato conoscenza, ma si era resa conto dell’accaduto in pochi secondi e
adesso stava singhiozzando disperata, pregando che qualcuno le riportasse
indietro la bisnipote. Perfino Ryoga Hibiki, che probabilmente si era perso nei
dintorni credendo di trovarsi ad Aomori, aveva raggiunto il locale e non era
stato in grado di ignorare l’appello di Obaba.
Si consultarono tutti insieme.
Cologne ricordava di aver letto qualcosa sul Sendai no Kagami in uno dei tomi che
conservava di sopra. Gli altri la seguirono, lasciando nuovamente la sala
grande del locale spoglia come qualche ora prima.
Fatta eccezione per un giovane
vestito di bianco, dimenticato da tutti, accasciato al suolo in evidente stato
di shock. Lo sguardo perso nel vuoto, mormorava a tratti con voce roca, appena
percettibile, come fosse una cantilena:
“Tanti auguri, Mousse…”
End Notes:
(1) Nella lunga storia finale del manga
(volumi 37-38).
(2) Letteralmente, “specchio dei mille
anni” (ma il termine “sendai” intende “mille anni” nel significato di
“eternità”). Preciso di aver inventato di sana pianta questo oggetto
magico.
(3) Ancora nei volumi 37-38 del manga.
Ancora due parole su questa one-shot.
L'ho pubblicata per qualche tempo, a mo’ di prova, su un altro sito meno frequentato
dato che il risultato finale non mi convinceva troppo. Apple92 ha comunque
individuato la fanfiction, così ora rispondo più che volentieri alla sua
recensione… Lieto che tu abbia trovato toccante la storia! Il finale ti ha lasciato un
po’ con l’amaro in bocca? Fermo restando che ritengo questo scritto quello che
mi è meno riuscito negli ultimi tempi, sappi comunque che l’effetto era proprio
quello voluto. ^^ Grazie ancora per il tuo commento!
Aggiornamento del 10.03.2008. Risposte alle recensioni.
Maryku – Sono contento che la storia ti sia piaciuta! Se gli altri troveranno il modo di far tornare Shan-pu? Il finale è aperto, se non racconto quel che sarà dell’amazzone è semplicemente perché… questa è un’altra storia. Storia che potete “colmare” con la vostra fantasia, o scrivere sotto forma di spin-off (però in quest’ultimo caso informatemi, dato che io stesso sarei il primo curioso di leggerlo ^^) Voglio precisare che non ho niente contro Shan-pu, il fatto è che il protagonista è Mousse e questa one-shot si incentrava su di lui.
Laila – Sì, è come hai detto tu. ^^ Obaba e gli altri sono alla ricerca di una soluzione, ma io ho troncato la fanfiction a metà, perché ciò che mi interessava raccontare era proprio il conflitto interiore di Mousse. Tu lo definisci un personaggio controverso, io semplicemente lo ritengo un essere umano, con i suoi pregi e le sue debolezze: oltre agli episodi che hai citato, pensa a quello dell’invicibiloscopio! Leggendo una storia del manga, non sappiamo mai se Mousse ne uscirà da eroe o da “verme”. Questo non succede con nessun altro personaggio “ranmaceo”.
Sono felice di essere riuscito ad ingannarti con quel “e vissero per sempre…”: nessuno ha mai detto “felici e contenti”, ma il lettore era portato ad immaginarselo e a credere in un finale positivo. Sì, l’altro protagonista è indubbiamente Maomolin che, ci tengo a ricordarlo, è un bakeneko, tipo di youkai al centro di leggende assai inquietanti: anche qui, il lettore è portato a sottovalutarlo, dimenticando la sua pericolosa natura.
Lavs684 – Ti ringrazio tanto! Uhm, per il finale... ma guarda che anch’io sono per l’happy ending. ^^’ Per Shan-pu non è affatto finita. In quanto a Mousse… beh, in lui rimane la consapevolezza di aver consegnato la donna amata tra le grinfie del gatto fantasma, appunto il rimorso per aver sfruttato da vile la nuova occasione, come dicevo nel riassunto. Qui si consuma il vero dramma della storia. Il comportamento di Mousse è un pochino deludente, lo ammetto, ma… noi che avremmo fatto nella sua situazione?
Akane25 – Dici benissimo, è l’amore che spesso ci rende ciechi e, in questo caso particolare, rende Mousse incapace di accorgersi della trappola dello spirito del sonaglio, bramoso com’è di un lieto fine per sé e Shan-pu. Grazie per tutti i complimenti! ^^
Ribadisco quanto detto prima. Se avete qualche idea e volete scrivere un seguito riguardante Shan-pu, fate pure! Basta solo che, in quel caso, me lo facciate sapere. ^^
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