Libri > Il Signore degli Anelli e altri
Ricorda la storia  |      
Autore: I Biscotti Inflessibili    27/08/2013    4 recensioni
Nell'arco della sua vita pochissime sono le gioie che Thorin si è concesso, perchè sempre troppo concentrato sulla riconquista, sui suoi doveri e sul suo ruolo di guida per una comunità in esilio. Ora che è finalmente a casa, a Erebor è in suo potere concedersi perfino il lusso dell'amore, ma è destino che per il Re dei Nani la strada sia in salita.
Genere: Commedia, Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Thorin Scudodiquercia
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Giovane, coraggiosa e poco saggia'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Note: Questa storia fa parte di quella che supponiamo diventerà una serie piuttosto cicciotta. Citando dalla precedente storia: Siccome il finale de Lo Hobbit ci deprimissime tutte quante, abbiamo pensato di regalare al nostro zione preferito e ai suoi nipotini altre chance di vita e di gioia, perchè Thorin ha UN SACCO bisogno di gioia. E di amore, tantissimo amore. Meg nasce principalmente per questo, e Norla pure, perchè Thorin si merita almeno di avere una madre viva e in salute. Entrambe, assieme a Pirli, il defunto marito di Dìs, sono copiyright dei Biscotti Inflessibili, di lady hawke, Charme, Maiwe e di altre collaboratrici da noi approvate. Diffidate dalle imitazioni, perchè le imitazioni verranno squartate: Nessun rumore, solo tanto sangue (cit.). Meg è già apparsa in questa piccola storia di lady hawke che potete leggere qui, ma non è necessario farlo, ve lo possiamo garantire. Contiamo di donarvi presto altre storie su quella che sembra diventare la nostra piccola saga fluffosa. Se recensirete Kili vi abbraccerà e Fili vi farà un inchino, mentre Thorin non farà niente, perché lui è majestic! A voi! :3


Ti presento i miei



Il difetto peggiore della routine è che regala una prevedibilità a cui è facile abituarsi, ma che è difficile abbandonare. Da mesi, ad esempio, Thorin sapeva che nel pomeriggio, in un determinato punto sulle colline dietro Pontelagolungo, Meg, una giovane mortale di circa vent'anni, era solita passeggiare avanti e indietro, in attesa del suo arrivo. La cosa era cominciata per caso, ma era divenuta così piacevole che lo stesso Thorin, che per una vita aveva anteposto il dovere a tutto il resto, cercava, nonostante i suoi impegni come sovrano, di poter sgusciare via da Erebor il più spesso possibile. Fu perciò con stupore che si ritrovò a vagare per un po', da solo. Poi si convinse che, come d’altronde a volte capitava a lui stesso,  Meg fosse impegnata, e se ne tornò alla sua montagna. Ma fu di notte, quando avrebbe dovuto dormire, che si ritrovò a tormentarsi, ragionando attorno all'idea che lei, finalmente, avesse seguito il suo consiglio di non continuare a frequentare un Nano così più vecchio di lei. Nonostante fosse quello che lui stesso avrebbe augurato a Meg, convinto com'era che lei, a Erebor, avrebbe finito per essere infelice, si sentì orribilmente e passò la notte pressoché insonne.
Fu una notte orribile, passata a torturarsi e a tormentarsi, ma il giorno dopo, guidato da chissà quale istinto, Thorin si recò nuovamente sulle colline. Con la luce del giorno tornò ad essere più razionale, e comprese che forse le sue ansie erano ingiustificate. Non appena riuscì a liberarsi dai suoi impegni, il Re sotto la Montagna si incamminò verso la periferia di Pontelagolungo, e fu con sollievo che intravide Meg, in piedi sul crinale, che passeggiava nervosamente.
“Non ho molto tempo.” Annunciò, con aria sconsolata. Thorin la guardò, sorpreso.
“Non sono più riuscita a nascondermi dai miei genitori. Hanno scoperto che sono stata ad Erebor e che ho disobbedito loro, quando mi avevano vietato espressamente di recarmi qui. Ora sono controllata a vista, mi sono allontanata solo per avvisarti.”
“Come?”
“Gli unici a controllarmi oggi pomeriggio sono i miei fratelli, non possono impedirmi nulla, sono troppo piccoli.” Meg rispose, sorridendo appena. “Non avevo altro modo per darti mie notizie.”
Il nano fu sollevato: le sue preoccupazioni e le sue ansie erano state decisamente inopportune ed esagerate, ma un problema continuava a sussistere. Aveva sempre saputo che la famiglia di Meg non aveva in simpatia i nani, e che aveva tentato in tutti i modi di dissuadere la ragazza dal frequentarlo, ma non aveva mai pensato che sarebbero arrivati a metterla sotto chiave.
“Che accadrà se dovessero scoprirti?”
“Mi terranno sotto chiave ancora di più” sospirò Meg “Ma non avevo scelta.”
“Non avresti dovuto venire qui, allora.”
“E lasciarti struggere per giorni?” Meg ridacchiò. “No, è giusto così.” Fece una pausa, tentennando. “Non so quando potrò rivederti, ma temo di dover andare ora.” Si tormentò le mani, guardando in direzione della città.
“Vuoi che ti accompagni?” era già capitato che il nano accompagnasse Meg a casa. C’erano i tuoni, quel giorno, e lui l’aveva tenuta per mano per tutto il tragitto fino alla sua via, perché lei aveva paura dei temporali.
“Non so se è una buona idea.”
“La tua visita ad Erebor non è stata esattamente una visita di piacere, sapevamo che avrei dovuto restituirti il favore, ad un certo punto.”
Meg continuò ad evitare lo sguardo del nano, fissando per terra. “… hai il tuo regno, i tuoi impegni…”
“E ho anche qualcuno di cui preoccuparmi. Meg, non ho intenzione di lasciarti finire nei guai per colpa mia.”
“È gentile, da parte tua.”
“È mio dovere farlo.” Insistette Thorin, prendendole la mano.
“Ma non oggi, Thorin. Ci sono solo i bambini a casa, e portarti da loro all’improvviso non li renderebbe più disponibili nei tuoi riguardi, visto che, credimi, non lo sono affatto. Dammi una settimana di tempo, e riuscirò a convincerli a riceverti.” Strinse le mani del nano, cercando di non sembrare triste. “Ti sto chiedendo molto, lo so, e mi dispiace che sia tutto così complicato ora che…” si interruppe. Guardò Thorin negli occhi, pensando a tutte le difficoltà in cui erano già inciampati: i dubbi di Thorin stesso sul fatto che lei avrebbe potuto rimpiangere la sua scelta, i dubbi di Norla, regina dei nani, sulla sincerità dei suoi sentimenti per il figlio. Era stato difficile, e ora lo sarebbe stato anche di più. Non aveva idea di come avrebbero potuto ammorbidire le posizioni dei suoi genitori.
“La colpa non è tua.” Thorin le sorrise, baciandole la mano. Meg indugiò un altro po’, tanto che fu il nano a insistere perché tornasse a casa, ma alla fine si separarono, ognuno diretto verso la propria dimora. Entrambi dovevano pensare a come superare il nuovo, e si sperava ultimo, ostacolo.
Passò una settimana senza che giungessero notizie dalla città. Questo rese il Re sotto la Montagna cupo e nervoso e lasciò Meg nel più profondo sconforto. Avrebbe potuto piegare la sua famiglia e forzarla ad accettare un incontro, ma senza il permesso di lasciare la città le era molto difficile comunicare con Erebor. Eppure, quando cominciava a perdere le speranze e si ritrovava spesso a passeggiare per Pontelagolungo senza meta, la fortuna la fece inciampare davanti a qualcuno che aveva conosciuto non molto tempo prima, e che di certo poteva esserle d’aiuto.
“Fili!” esclamò sorpresa. “Cosa ci fai qui in città?”
Il nano sorrise, prima di inchinarsi per salutare la ragazza. “Ufficialmente affari.” Spiegò “Ufficiosamente ho uno zio molto preoccupato che ha chiesto a me e a mio fratello di alternarci nel controllare questa zona della città, nella speranza di avvistarti. A quanto pare sono stato il fortunato, a Kili dispiacerà non averti visto.”
Meg fu lusingata delle attenzioni che Thorin le rivolgeva, nonostante si sentisse un po’ in imbarazzo: “Un compito noioso, mi dispiace. ”
“Non dispiacerti. Noi lo facciamo volentieri, ed è divertente cambiare un po’ aria, ogni tanto. Dirò a Thorin che stai bene, gli farà piacere.”
“Se non ti dispiace, Fili, c’è un altro messaggio che dovresti riferirgli…”
Si salutarono e si separarono subito dopo: Meg rientrò in casa più tranquilla, certa che il messaggio sarebbe giunto a destinazione, mentre Fili rientrò nella Montagna certo di regalare a suo zio una piccola gioia.
L’incontro fu dunque fissato.
Thorin era nervoso e di malumore, mentre scendeva lungo il sentiero per Pontelagolungo. Difficilmente qualcuno sarebbe riuscito a trovare la cosa strana o curiosa, ma il nano non era tranquillo: non sapeva bene cosa aspettarsi dalla famiglia di Meg, a parte un sacco di cose spiacevoli. E francamente, di cose spiacevoli lui ne aveva affrontate abbastanza per una vita; una parte di lui avrebbe voluto semplicemente prendersi Meg in barba a chiunque, ma c’erano delle regole, e bisognava seguirle. Era ormai giunto il tramonto, quando Thorin giunse a destinazione, carico di tensione. Non era, questo, il genere di battaglia in cui poteva usare armi, ma solo dialettica, e questo lo preoccupava.
Fu Meg stessa ad aprirgli la porta, con uno sguardo mesto e gli occhi puntati verso l’orlo del suo vestito. Pigolò un saluto, quasi timorosa. Thorin fu costretto a sfiorarle il mento, per costringerla a tenere la testa dritta, ma al primo rumore di passi ritirò la mano, temendo di essere visto.
“Non lasciarlo sulla soglia, Meg. Dopotutto è nostro ospite.” Li richiamò una voce maschile alle loro spalle.
“Subito, padre.” Sospirando, la ragazza si scostò per lasciar entrare il nano, poi richiuse delicatamente la porta dietro di sé. Fece per prendere Thorin per mano, per guidarlo, ma la ritrasse quasi subito, consapevole che questo non avrebbe fatto buona impressione sui suoi genitori. Il nano la seguì in silenzio, guardandosi intorno: Meg viveva in una bella casa, confortevole e spaziosa. Del resto, la sua era una famiglia di commercianti, e quello era un tipo di attività che rendeva benestanti chi era portato per gli affari.
I genitori di Meg si trovavano in sala da pranzo, accanto all’ingresso. Non si alzarono in piedi, vedendo l’ospite come avrebbero dovuto, né si inchinarono come avrebbero normalmente fatto di fronte ad un re.
“Ebbene, la causa delle fughe di nostra figlia è qui.”
Era stato il padre, a parlare. Aveva gli stessi capelli castano rossicci della figlia, benché striati di grigio, e una barba corta e curata. Fissava Thorin con aria sospettosa, e lo stesso faceva la madre, seduta accanto a lui. Era una donna dai capelli biondi, alta e formosa. Come Meg aveva le guance tonde e il viso paffuto.
“Il suo nome è Thorin, Re sotto la Montagna.” Protestò debolmente la giovane, immobile accanto a Thorin.
“Questo lo so bene.” Replicò il padre. “Ero in piazza, quando venne a comunicarci che avrebbe risvegliato il drago.”
“Erebor doveva essere riconquistata.”
“Già. E ai nani non importava affatto se questo avrebbe comportato la distruzione della nostra città!” tuonò l’uomo.
“Non siamo qui per discutere di questo, Etelredo.” Prima che Thorin potesse reagire, la donna aveva preso la parola. Aveva una voce molto simile a quella della figlia, morbida e gentile; impedì al nano di dire qualcosa di cui avrebbe potuto pentirsi, e gliene fu grato.
“Del resto è successo anni fa.” Insistette Meg.
“Dubito fortemente che cinque anni bastino a cambiare la natura di un nano, Meg, e non sarò mai abbastanza sorpreso e deluso del fatto che tu ti diletti a frequentare uno della loro specie. Uno che non ha esitato a mettere in pericolo tutti noi per un capriccio egoistico. Cinque anni fa avresti potuto morire tra le fiamme per un suo capriccio, ed ora ti vuole per sé, sempre per un capriccio. Cosa sarà, di te, quando si sarà stancato della tua compagnia?”
“Ci vuole molto tempo per cambiare la mente di un nano, ed è molto difficile che cambi idea su qualcosa.”
“E con questo?”
“Rifarei oggi ciò che feci cinque anni fa, perché era quello che dovevo fare, nonostante il rischio e nonostante le conseguenze. Niente di tutto questo è un capriccio, e nemmeno Meg.”
“Non un capriccio? E’ solo una parola, in effetti. La vostra natura non cambia, è vero. Siete avidi, collezionisti di tesori. Quale vanto migliore, per il Re di Erebor, avere un trofeo della nostra città. Un trofeo vivente, per giunta.” Etelredo si alzò in piedi, torreggiando sul nano. “Non permetterò mai che mia figlia si rovini la vita a causa di uno come voi.”
Thorin alzò i suoi occhi blu sull’uomo, furioso. Era un nano orgoglioso, e gli insulti ricevuti erano sufficienti a renderlo incontrollabile. Ma c’era Meg, accanto a lui, mortificata e dispiaciuta; aveva lo sguardo basso, e l’unica su cui alzava lo sguardo era la madre.
“E’ quello che gli ho detto anche io.” Rispose dunque Thorin, evitando di esplodere. “Per mesi le ho detto di starmi lontano, di pensare a come sarebbe stata la sua vita ad Erebor, vita che, penso, sia poco adatta ad una ragazza come lei. Niente, però, l’ha dissuasa.”
“E’ vero, questo?” chiese improvvisamente la donna, rivolta a Meg. La giovane sembrò sorpresa nell’essere direttamente interpellata, ma si affrettò a rispondere.
“Non ha mai voluto che io mi rinchiudessi nella Montagna, è vero. Io ho insistito.”
“Ed è stato sciocco!” insistette suo padre, mentre la donna accanto a lui gli metteva una mano sul braccio, convincendolo a sedersi di nuovo. “Avresti dovuto dargli ascolto.”
“Questo, però, significherebbe dare credito all’opinione di un nano.” Disse Thorin. Vide l’uomo irrigidirsi, colpito nel segno, ma questi non rispose.
“Un’opinione ragionevole è sempre tale, a prescindere da chi la pronuncia.” Era stata la donna a parlare, cercando di essere cortese. “E dopo tutto lui qui è un ospite.”
“Un ospite che non ho affatto desiderato, Agilulfa, e tu lo sai meglio di me. Ho passato una settimana a sentirmi dire perché avrei dovuto far entrare in casa mia un nano, se ho ceduto è stato per sfinimento.”
Thorin non osò guardare Meg in viso, ma provò infinita tenerezza per lei. Doveva averle tentate proprio tutte per convincere suo padre.
“E’ difficile dissuadere Meg, quando prende una decisione.” Disse, cauto. E tutto sommato, questo era uno degli aspetti che amava di più della ragazza.
“Sì.” Ammise Agilulfa, sorridendo appena. “Ha perorato davvero tanto la vostra causa.”
“Inspiegabilmente.”
“Questo è ingiusto, padre.” S’intromise Meg, stanca di assistere a quella lite senza senso. “Ti ho solo chiesto di provare ad essere oggettivo, e di non valutare Thorin in base alla sua razza… “ vide suo padre tentare di rispondere, probabilmente l’ennesima tirata su Smaug e sul pericolo a cui erano stati esposti. “Il drago avrebbe potuto comunque svegliarsi in qualunque momento, ma Bard l’ha ucciso, e ora saremo in pace. Erebor è tornata ad essere un regno, e non una tana. A me non interessa quello che sarebbe potuto accadere, ma quello che è successo.”
Etelredo si ammutolì, ma non per questo smise di fissare Thorin con sospetto. Il nano, da parte sua, tenne lo sguardo alto. In quel momento non importava essere basso, essere re, o essere nano. Era lì per Meg, e non ci avrebbe mai rinunciato, che a suo padre piacesse o meno.
“Che cosa vuoi, da lei?” gli chiese l’uomo.
“Domanda interessante. La mia gente si è chiesta lo stesso di Meg. Molti pensano che il suo scopo sia conquistarsi con l’inganno le ricchezze del mio regno a vantaggio del vostro.”
Etelredo arrossì, offeso. “Questa è una vile calunnia!”
“A dimostrazione del fatto che molti hanno opinioni sbagliate, e un sacco di pregiudizi.” Insistette Thorin. “A me interessa la felicità di vostra figlia, tanto quanto interessa a voi.”
“E siete in grado di renderla felice?” chiese Agilulfa.
“Sì, madre.” Rispose Meg, con voce sicura.
Nessuno potè dire altro, furono tutti distratti da un rumore di passi per le scale e da due piccole sagome urlanti che si attaccarono alle gonne della giovane. Erano due bambini, notò Thorin, un maschio e una femmina, e piangevano disperati.
“Non vi era stato detto di dormire?” tuonò Etelredo.
“Meg, non andare. Non andare!”
“Se fuggi con l’orco lui ti mangerà.”
“Non ti rivedremo mai più. Non ci lasciare. Io non voglio che ti portino via.”
Fu una litania rumorosa e drammatica, ma abbastanza disturbante da spezzare la tensione nella stanza. Meg posò su Thorin uno sguardo imbarazzato, dovuto alle grida dei bambini, che profetizzavano disperati sofferenze e morte, se solo Meg fosse uscita di casa. Dovevano essere i piccoli fratelli della giovane, di cui lei gli aveva parlato. Il nano considerò che erano stati indottrinati proprio a dovere; alzò lo sguardo sulla coppia di mercanti, e Agilulfa ebbe il buon gusto di arrossire.
Meg si chinò, tendendo ad entrambi un fazzoletto bianco di stoffa.
“Abbiamo un ospite, e non è carino accoglierlo urlando e piangendo, no?”
Fu in quel momento che i bambini videro Thorin per la prima volta; avevano sentito la sua voce cavernosa dalla loro stanzetta e dal ballatoio, ma si erano dimenticati di lui, una volta scesi per difendere la sorella maggiore: lo trovarono spaventoso, e si nascosero dietro la schiena di Meg, per proteggersi.
“Non è cortese nemmeno nascondersi dietro di me.” Insistette la sorella, ma i due avevano artigliato la sua gonna e le sue gambe, ed era chiaro che, di lì, non si sarebbero mossi.
Agilulfa si alzò in piedi, e si avvicinò a loro; Thorin si sentì come uno spettatore non invitato, e rimase immobile, a lanciarsi occhiatacce con Etelredo.
“Avevo detto loro di dormire, ma è evidente che questi due bambini amano disubbidire, non è vero Will?” Agilulfa aveva preso in braccio il maschietto, e lo stava aiutando a soffiarsi il naso. Il bimbo fece di tutto per sottrarsi alle attenzioni materne.
“Meg è in pericolo. Dovevo avvisarla, perché lei non lo sa. Lei è gentile e non lo sa. Devo dirle che se va nella montagna non esce più.”
“Sono già stata alla montagna, e ne sono anche uscita.” Disse la ragazza, prendendo in braccio la sorella. Questa si abbarbicò a lei, singhiozzando, mentre il fratellino si lasciava sfuggire un’espressione di autentico sgomento.
“Ti ha lasciata andare stavolta, perché così ti puoi fidare di lui, la prossima…”
“Nessuno crede che ci sarà una prossima volta.” Etelredo si era alzato in piedi, e aveva tolto dalle braccia di Meg la piccola bambina. Nel passaggio, la bimba ebbe il tempo di posare lo sguardo sul nano; Thorin la vide sgranare i suoi occhi scuri, pieni di paura.
“Meg…” pigolò.
“Tranquilla, Rowena. Mi assento solo per un attimo. Tornerò a rimboccarti le coperte, va bene?”
Subito dopo l’uomo e la bambina scomparvero alla vista del nano, diretti al piano superiore della casa. Agilulfa temporeggiò un po’, pensando ad un modo cortese per accomiatarsi. “Mi dispiace di queste interruzione e mi dispiace beh… di questo.” Disse la donna, cullando il bambino, ancora agitato. “Accompagnalo fuori, Meg, ma ti chiedo di non indugiare troppo, tuo padre non la prenderebbe bene.” Fece un cenno del capo a Thorin e svanì anche lei su per le scale.
Meg non disse nulla e guidò il Re sotto la Montagna sulla soglia. Parlò solo quando si trovarono in strada.
“Sono mortificata, Thorin.” Disse, sedendosi sui gradini di casa. Il nano la imitò, sedendosi accanto a lei. “Sapevo che non sarebbe stato facile, ma non mi aspettavo che i bambini reagissero così. Sono piccoli e credono a tutto quello che si dice loro.”
“Ti somigliano.” Disse il nano. “E ti vogliono bene.”
“E sono terrorizzati dalle sciocchezze che racconta loro mio padre, però.”
Rimasero in silenzio un attimo, poi fu il re a parlare. “Non ti chiederò mai di rinunciare a loro per me, nel caso te lo stessi domandando. Sarebbe crudele da parte mia, e dimostrerei di essere il genere di persona che tuo padre crede che io sia.”
“Mio padre credeva che il Re dei Nani fosse troppo orgoglioso per presentarsi alla sua porta, non sembra, ma questo l’ha impressionato. Essere in torto non gli piace, e questo l’ha incattivito. Ora dovrà rimuginare un po’, e farsi una nuova opinione su di te.”
“Mi detesta, Meg.”
“Anche tua madre mi detestava.” Rispose lei, di rimando. “A volte è solo difficile capire di essersi sbagliati. Gli ci vorrà del tempo, ma spero capirà, anche con l’aiuto di mia madre.”
Thorin non condivideva affatto l’ottimismo di Meg, ma la trovò tenera in maniera quasi insopportabile, e per un momento desiderò abbracciarla con tutte le sue forze. Si trattenne perché aveva il fondato sospetto che entrambi fossero spiati, da una qualche finestra.
“Dovresti salire per assicurarti che nessuno pensi che un orco ti possa rapire.” Rispose solamente. La tentazione di prenderla e portarla con sé si era fatta sempre più forte, nel corso di quella tragica serata, ma avrebbe atteso, sperando in tempi migliori. “Inoltre fa freddo, e tu tremi.” Thorin aveva il suo mantello, con sé, ma Meg aveva solo un lungo abito di lana. Le prese le mani, ormai fredde, e gliele baciò entrambe.
“Ti terranno sotto chiave ancora?” questo lo preoccupava. Detestava l’idea che Meg potesse soffrire a causa sua.
“Dipende. Se mio padre dovesse convincersi che tu arriveresti a liberarmi si eviterebbe la fatica per non farsi sfondare la porta di casa.” Scherzò la giovane.
Si augurarono la buonanotte lì sulla soglia. Meg si avvicinò al viso di Thorin per baciargli una guancia. Anche la punta del suo naso era ormai gelida, e per questo insistette affinché rientrasse. Tornò a Erebor di umore cupo come la notte che si ritrovò ad attraversare, ma ciononostante dormì tranquillo, sognando le mani di Meg tra le sue.
Il sonno, invece, tardò a giungere, per la giovane di Pontelagolungo. Entrambi i suoi fratelli rifiutarono di dormire, finchè non la videro lì con loro, sana e salva nella loro stanza.
“Papà lo odia.”
“Questo lo so, Will.” Rispose lei con aria triste, mentre sistemava la coperta.
“Dovresti averne paura.”
“Ma a me non fa paura, Rowena. Non c’è motivo di averne. È un re gentile, coraggioso e di valore.”
“Papà dice che i nani sono cattivi e che non gli importa niente di nessuno.”
“Nostro padre a volte si sbaglia.” Rispose gentilmente Meg, sistemando le coperte alla sorella. Adorava quei due bambini, ma le era penoso ascoltare simili commenti. Ripensò alla visita di Thorin, alle parole di suo padre e il suo ottimismo vacillò per un momento.
“Perché vuoi bene a quel nano?” la domanda della sorella la scosse, e si affrettò a rispondere.
“Perché lui ne vuole a me.”
“Come fai a dirlo?”
Meg sorrise. Avrebbe potuto dire che erano moltissimi i modi in cui Thorin le dimostrava non solo di volerle bene, ma di amarla. Erano cose, però, che amava tenere per sé il più possibile. Bambini di quell’età non erano ancora pronti per tenere segreti. “Non ride di me quando ho paura dei temporali e dei tuoni, e una volta mi ha accompagnato fino a casa, per evitare che mi spaventassi.”
Diede la buonanotte ai piccoli, evitando le loro insidiose domande e i loro commenti. Soffiò sulla candela e chiuse la porta della loro stanza. Si voltò per raggiungere la sua camera, ma incontrò sua madre sul pianerottolo e si bloccò.
“E’ stato uno spettacolo abbastanza penoso.” Esordì la donna. Meg abbassò la testa, consapevole.
“Non mi aspettavo niente di diverso, so come la pensa nostro padre.”
“Come sei stata trattata, ad Erebor?”
Meg fu sorpresa; le pareva strano che sua madre se ne interessasse. “Sulle prime non bene.”
“E’ vero quello che ha detto lui? Su quello che loro pensano di noi?”
“Sì.”
Agilulfa sospirò. “Due razze che sono praticamente vicine di casa e non riescono nemmeno a capirsi.” Sbottò. “Stai percorrendo una strada rischiosa, Meg, rischi di pentirtene.”
“Thorin non fa che dirmelo ogni giorno.” Sospirò la ragazza, un po’ scocciata. Tutti si stavano preoccupando decisamente troppo. “Perché è così difficile credere che io possa prendere una decisione e mantenerla?”
Agilulfa sorrise e le accarezzò una guancia. “Perché sei giovane e gentile, e tutti pensano che i tuoi sì e il tuo affetto siano elargiti solo perché hai un’indole dolce. Viene naturale temere che tu possa soffrire, e sono felice che il Re di Erebor si preoccupi di questo. Ho sentito che ti ha accompagnato qui, una volta.”
Meg si pentì immediatamente di essersi lasciata sfuggire quella frase, ma non negò. “Temevo di disturbarlo, all’epoca. È di natura silenziosa e solitaria, e temevo che la mia presenza avrebbe finito per stancarlo, invece si è dimostrato cortese.”
“Quello che ha fatto stasera va ben oltre la cortesia nei tuoi riguardi, Meg. Ti ama, come tu ami lui, e tuo padre non ne vuole sentire parlare. Per quanto mi riguarda, se è questo che desideri, posso cercare di convincerlo che ti tratterà bene e che con lui sarai felice.”
“Pensi di riuscire a farlo?”
“Non lo so, ma posso tentare. Ora dormi hai bisogno di riposare.”

Nessuno sfiorò più l’argomento, non apertamente, almeno. Etelredo rimase di malumore ed estremamente sospettoso, riguardo a Thorin e la sua stirpe, ma due settimane dopo quell’incontro disastroso si convinse a lasciare Meg libera di andare sulle colline, prima che lei fuggisse da sola, senza voltarsi indietro.
Meg sorrise, quando vide Thorin comparirle davanti, e lasciò che lui la stringesse.
“Mio padre ti odia, e i miei fratelli sono ancora convinti che tu sia un orco crudele, ma non sono dovuta fuggire, per essere qui.” Era uno spiraglio, e ad entrambi bastava. Nessuno dei due arrossì, quando si baciarono, perché avevano avuto abbastanza tempo per addomesticare la timidezza, e perché la distanza forzata sa rendere più audaci. Meg baciò ancora le guance di Thorin, coperte di barba, e il nano sentì ancora la punta del naso di lei gelida come era stata notti prima. Si sedettero a terra, stretti nei rispettivi mantelli, e vicini.
“Almeno non gli sfonderò la porta per venirti a prendere.” Rispose poi il nano, e Meg rise, accoccolandosi vicino a lui.
  
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Il Signore degli Anelli e altri / Vai alla pagina dell'autore: I Biscotti Inflessibili