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Autore: TaliaAckerman    27/08/2013    6 recensioni
[Revisione in corso]
Primo capitolo della serie del "II ciclo di Fheriea"
Dal diciottesimo capitolo:
"Pervasa da un senso di feroce soddisfazione, Dubhne alzò il braccio destro in segno di vittoria. La folla intorno a lei urlava e scandiva il suo nome, entusiasta. E la cosa le piaceva."
Salve, e' la prima fan fiction che pubblico in questa sezione. Più che una ff però è un romanzo, il mio romanzo, ideato e steso in più di due anni di fatiche e grandi soddisfazioni. Spero vi piaccia^^
Genere: Azione, Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'II ciclo di Fheriea'
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28




Dubhne si diresse verso la galleria della propria squadra camminando velocemente. Qualcosa si era appena frantumato nel suo cuore.
– Si può sapere che diavolo ti è preso?- la accolse Malcom irritato. – Perché hai risparmiato quell’incapace?
Ma Dubhne lo superò senza degnarlo di uno sguardo. Avrebbe potuto ucciderla… avrebbe potuto uccidere una bambina…
Qualcuno la afferrò per la collottola. – E guardami quando ti parlo!
Il tono di Shist era più alto ora. Dubhne si liberò con uno strattone dalla sua presa fremente dalla rabbia. – Perché non l’ho uccisa? Perché non l’ho uccisa? È una bambina, una bambina maledizione!
- Ti sei mostrata debole davanti a tutti!
- Oh, non mi sembra…- rispose a ragazza sarcastica. – Non senti? Là fuori sono tutti ancora entusiasti di quello che ho fatto… Sei il solo che godrebbe a vedere una bambina sventrata...
- Non ti azzardare a parlarmi in quel modo!- mugghiò l’uomo arrabbiato. – Non lo tollero, hai capito?
Dubhne fu sul punto di perdere il controllo; si sarebbe gettata con furia su di lui, se qualcuno non l’avesse trattenuta da dietro.
– Sta’ ferma Dubhne!
Era James. Piccata, la giovane si ricompose. Malcom Shist aveva assunto un brutto color purpureo in volto. Puntò un dito contro di lei. – Provaci ancora una volta, provaci ancora una volta e giuro che ti sbatto fuori dalla mia squadra!
Questa volta aveva fatto centro. Sempre respirando pesantemente, Dubhne si liberò dalla presa di James e abbassò lo sguardo. – Non accadrà più - ringhiò.
– E lo credo bene!- replicò Malcom furente, poi si voltò per rivolgersi a Phil, che sarebbe stato il successivo combattente della squadra a scendere in campo di lì a poche ore, nel primo incontro del pomeriggio.
– Si può sapere che ti è preso?- James sembrava sconcertato. – Non ti ho mai vista così…
Lei non rispose. In verità, stava ancora cercando di comprendere da dove le venisse tutta quella rabbia. Alla fine si costrinse a rispondere: - Lascia perdere. Io… adesso mi sento meglio.
Il giovane la guardò dubbioso, poi si allontanò.
Il gruppo si affrettò a lasciare la galleria per lasciare entrare i Combattenti di Peterson nell’Arena e dirigersi verso il palazzo Cerman.
Durante i primi turni, era accaduto spesso che per le sfide che coinvolgessero membri delle sole squadre avversarie, quella di Malcom vi assistesse dagli spalti dell'Arena. Ma più i turni si facevano rapidi, meno era il tempo che ci si poteva permettere di perdere, ovvero di non impiegare in allenamenti aggiuntivi o di cui approfittare per recuperare le forze.
Mentre uscivano, Dubhne scorse Clia fra gli altri, sempre con in volto stampata quell'espressione superba e provocante, e una nuova ondata di odio la investì. Si voltò, giusto per controllare che Claris non perdesse la testa: ma, stranamente, la ragazza camminava appena dietro di lei a capo chino, senza rivolgere la parola a nessuno.
Dubhne udì Peterson rivolgere una pungente osservazione a Malcom - probabilmente riguardo al combattimento appena conclusosi - ma non se ne curò.
Passandogli accanto, tentò di non fissarlo negli occhi.
Non aveva ucciso Illa. Già, perché l’aveva fatto?
Semplice, una voce arrabbiata proruppe nella sua mente. Io non sono come Jackson, non sono come Clia. Posso illudermi di riuscire ad affrontare tutto con freddezza, ma resto comunque una ragazza. Una ragazza, non un’assassina.
Lo sguardo spaventato di Illa l’aveva ferita, ma più di tutto l’aveva colpita quella terribile realtà che in precedenza, accecata com'era dall'ebbrezza della fama, aveva dimenticato: ai Giochi, anche i bambini erano costretti a combattere. A morire.


La lista dei Combattenti ancora in gara si assottigliava sempre di più.
Erano in molti i componenti della sua squadra ad essere stati eliminati, troppi. Peterson Cambrel non era affatto soddisfatto della piega che gli eventi avevano preso.
Fino all’edizione precedente più della metà dei Combattenti partecipanti agli ottavi di finali erano appartenuti alla sua squadra, ma quell’anno Malcom Shist ne aveva messa su una decisamente forte. James Sangster non era più l’unica minaccia ormai; eliminata Claris, restavano ancora Liens e Phil da battere e - che lo ammettesse o no - quella ragazzina, Dubhne, aveva dimostrato contro ogni aspettativa di valere parecchio. Come aveva previsto, la squadra di Ellison Pets non si era dimostrata troppo pericolosa, fatta eccezione per Nimal, che con la sua esperta sciabola aveva eliminato due suoi combattenti alquanto promettenti, e Wesh, il Thariano che aveva nell'agilità la propria arma più pericolosa.
Jackson, d’altra parte, non lo aveva ancora deluso. Aveva eliminato il suo compagno di squadra Mitch proprio quella mattina; Peterson si era in parte rammaricato di perdere un combattente valido come lui, ma dopotutto Mitch non era più giovanissimo - un anno o due e avrebbe perso gran parte del suo smalto - e la reputazione di Jackson era più i portante: quell'anno più degli altri, niente e nessuno avrebbe dovuto mettere in dubbio la sua superiorità.
Clia però non era stata da meno.
Accomodatosi a gambe incrociate come suo solito all’imbocco della galleria, osservò la ragazza prepararsi all’incontro, la lama del suo affusolato coltello che brillava sotto il sole. Come Dubhne, anche quella guerriera lo aveva stupito: quell’anno più che mai si era dimostrata un’assassina capace e totalmente priva di scrupoli. Il suo modo di combattere era fluido e letale, e più spesso di quanto desiderasse gli occhi di Peterson si posavano su di lei, durante gli allenamenti. Vederla duellare era uno spettacolo.
Lo scontro iniziò nel tumulto generale; Clia e Phil, l’avversario che avrebbe dovuto affrontare, esitarono un attimo prima di cominciare a combattere, come a valutarsi.
Peterson rimase immobile, rilassato, lo sguardo fisso sui due.
Clia schivò con facilità quasi esilarante i primi attacchi del giovane, ma dovette ricredersi in fretta quando la lama dell’avversario le passò pericolosamente vicina all’orecchio destro. Con rabbia contrattaccò e costrinse velocemente l’avversario ad arretrare. Le armi cozzarono l’una contro l’altra ancora per qualche minuto, poi i due contendenti si separarono. Phil ansimava, ma Clia – Peterson si trattenne dal lasciarsi sfuggire un sorrisetto – non dava segno di provare alcuna fatica. Era lì, in piedi, splendida e glaciale nella propria divisa nera. Phil si lanciò nuovamente su di lei, e per parecchio tempo la battaglia parve in un punto di stallo. E poi, proprio nel momento in cui Cambrel cominciò a chiedersi se fosse il caso di preoccuparsi, la lama del coltello della ragazza calò inesorabile sul braccio teso dell’avversario, spezzandoglielo. Phil cadde in ginocchio con un gemito di dolore, guardandosi stupefatto la sagoma irregolare del proprio arto.
Con in viso stampato un sorriso di glaciale trionfo, Clia gli assestò un calciò nello sterno che lo mandò steso a terra. Poi si chinò su di lui, premendo la lama su una tempia. Aumentò la pressione, e dal viso dell’uomo sgorgò qualche goccia di sangue. Phil strinse disperatamente i denti, ma non disse una parola.
– Arrenditi - sussurrò Clia malignamente. – O avrò tutto il tempo che vuoi per torturarti.
La lama scorrette sulla pelle del Combattente, strappandogli un grido di dolore. Il sangue sgorgava con più insistenza, ora. Eppure il giovane continuò a tacere.
Peterson guardò con un certo compiacimento la ragazza che con sadica calma continuava a incidere sfregi al volto di Phil, non così profondamente da ucciderlo, ma abbastanza da farlo contorcere dal dolore.
– Sei morto...- la udì poi bisbigliare Peterson quando si fu fermata. La ragazza alzò la testa per guardare nella sua direzione, aspettandosi forse un cenno affermativo. E invece, Peterson mosse un impercettibile movimento col capo. No.
Clia sgranò gli occhi, sorpresa, ma non esitò ad ubbidire. Diminuì un poco la pressione sulla gola del giovane. – Arrenditi, o lo sarai davvero - gli intimò.
Phil parve esitare, respirando affannosamente e fissandola con rancore, ma poi mormorò:- Mi arrendo.
Peterson Cambrel la guardò mentre si alzava, ma al posto di salutare soddisfatta la folla, la ragazza si diresse dritta verso di lui. Non sorrideva.
– Perché mi hai impedito di ucciderlo?- ringhiò, piazzandosi davanti a lui con le mani sui fianchi.
– Ma non capisci?- fece Cambrel impaziente. – Phil è beneamato dal pubblico, ucciderlo ti avrebbe procurato solo guai.
Clia nitrì, infastidita, ma non replicò.
Mentre gli altri Combattenti si apprestavano ad uscire, Peterson le sollevò il mento con un dito. – L’importanza del favore della folla non è mai da sottovalutare, mia cara. Ricordatelo sempre.
Allontanandosi, l’uomo sorrise.
Molto probabilmente Dubhne avrebbe trovato Clia sul proprio cammino. E allora, quell’insulsa ragazzina avrebbe realizzato di non essere l’unica ad avere un talento nato.
In realtà, le cose non stavano andando poi così male. Bastava saper aspettare.


Nel cuore della notte, qualcuno bussò all’improvviso alla porta di Dubhne, riscuotendola dal proprio leggero sonno. Si era trattato di un colpetto lieve, delicato, ma lei aveva spalancato gli occhi all’istante. Chi poteva essere a quell’ora della notte? La ragazza scivolò sul pavimento silenziosamente, ma poggiando una mano sulla porta si fermò. – Chi c’è?- bisbigliò, abbastanza forte da farsi sentire anche oltre la parete. Le giunse come risposta una vocina flebile, infantile. – Sono… sono Illa.
Illa? E che cosa ci fa lei qui?
La Combattente socchiuse la porta. Davanti a lei stava in piedi proprio la ragazzina che aveva risparmiato il giorno precedente. – Che sei venuta a fare?- le chiese, cercando di ostentare un tono di voce distaccato. Illa, le cui gote si erano tinte di rosso, non rispose subito. Pareva avere paura di lei.
– Io… sono venuta per… insomma… per ringraziarti - farfugliò timidamente.
Avrebbe dovuto aspettarselo. Quasi senza volerlo, Dubhne sorrise. Era da tempo che non le capitava di essere gentile con qualcuno. – Su, vieni…- la invitò addolcendo il tono della voce e spalancando la porta. La bambina parve esitare, poi entrò nella stanzetta. Dubhne tirò fuori da sotto la brandina una piccola brocca e un involucro di stoffa. Li porse alla propria piccola ospite. – È succo di pesca - spiegò. – Mentre questo - e dischiuse l'involucro rivelandone il contenuto - è maiale salato con focaccia croccante. Me lo hanno dato gli organizzatori come ricompensa al mio passaggio ai quarti.
Illa spostò per qualche attimo lo sguardo dalle vivande al viso della giovane, poi allungò le mani e prese in mano la caraffa. Dubhne sorrise: – Bevine quanto ne vuoi. Io ho già avuto la mia parte.
Lei si portò il succo alla bocca, e appena il liquido colorato le scese in gola si aprì in un sorriso di gratitudine. – È squisito - sussurrò, poi volse lo sguardo alle strisce di carne essiccata con evidente desiderio. Dubhne si sentiva lievemente imbarazzata. - Serviti pure - la esortò.
Per qualche minuto l'unico rumore nella stanza fu quello della mandibola della ragazzina che masticava con gusto quello spuntino insperato. Dubhne valutò che effettivamente aveva avuto fegato nel lasciare il piano riservato alla propria squadra infrangendo le regole per venire a ringraziarla.
– Ehm… tu come…- si schiarì la voce. – Come hai fatto ad arrivare agli ottavi?- chiese per rompere il silenzio. L’altra alzò le spalle.
– Pura fortuna - ammise con sincerità. – Mi sono trovata davanti avversari… più scarsi di me - abbassò il capo, mentre il rossore si faceva di nuovo strada sulle sue guance. - Uno era un bambino ancora più piccolo di me. Era della tua squadra.
Drembow pensò la giovane immediatamente.
- Mentre l'altro era troppo vecchio per continuare a combattere probabilmente. Me la sono cavata perchè sono agile a schivare. Si è stancato in breve tempo e non ha retto. Aveva una ferita al costato. È svenuto dopo pochi minuti.
Dubhne allungò una mano e, senza sapere bene cosa fare, le diede una piccola pacca sulla schiena. – Veramente non mi sei sembrata poi così male.
Illa alzò gli occhi, sorridendo amaramente. – Lo dici solo per farmi piacere, eh?
Questa volta fu Dubhne ad arrossire. Meccanicamente annuì; non aveva tempo per rimproverare la propria totale mancanza di tatto. Per un attimo calò il silenzio, poi Illa riprese:- Sarai contro Pete a quanto pare.
– Già - la Combattente non sapeva che altro rispondere. La verità era che la paura, lenta, inesorabile, si stava facendo sentire più di quanto fosse disposta ad ammettere. La bambina la fissò negli occhi. – Ce la farai - disse a sorpresa, decisa. Le labbra di Dubhne si incurvarono appena. – Sì Illa. Vincerò, lo giuro.



Note: salve a tutti! Per prima cosa vorrei ringraziare sentitamente Federverdeen99, che ha recensito gli ultimi due capitoli, e anche Shakira Love, che mi ha appena aggiunta alla sua lista di autori preferiti. Grazie! :D
Come sempre spero che il capitolo vi sia piaciuto, sono fiera di dirvi che l'ispirazione sta ritornando xD A presto ^^
  
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