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Autore: Evilcassy    02/09/2013    6 recensioni
A Guerra finita restano le macerie, e non sono solo quelle dei muri distrutti.
Hermione ha deciso di tornare ad Hogwarts per completare i suoi studi, ma è più dura di quanto potesse immaginare.
Finché incontra qualcuno che non si sarebbe mai aspettata di rivedere.
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Hermione Granger, Lavanda Brown
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Survivor

 

For I've given this its strength and it has become my only strength.

[NightWish - Dead Boy Poem]

 

Inspiegabilmente il bagno delle ragazze del quarto piano non è ancora stato ricostruito: la breccia sul muro è ancora aperta, il vento passa e fischia muovendo uno specchio sbeccato che penzola pericolosamente dalla parte di muro mancante ed il pavimento è un mosaico di cocci di piastrelle e ceramiche.

Hermione non se ne cura, raggiunge l'unico lavandino non completamente distrutto inciampando su una piastrella rotta, apre il getto con un tocco di bacchetta sul rubinetto e ci tuffa sotto la mano sinistra. Il rivolo di sangue che solca i polpastrelli si stempera nell'acqua fresca.

Si è tagliata di nuovo con il lembo di una pergamena: una cosa che può capitare quando la pelle è così secca da aprirsi in piccole crepe. Succede, quando l'aria è fredda, anche se è solo ottobre il vento fa turbinare piccoli fiocchi di neve, impigliandoli tra le guglie delle torri ed incastrandoli negli angoli delle vetrate.

La pelle è secca dal freddo e disidratata dall'incuria: Hermione dovrebbe bere e mangiare di più, ma si scorda di farlo perché troppo concentrata, né ha troppa voglia di frequentare assiduamente una Sala Grande troppo vuota e troppo cupa.

Spesso i ragazzi si scordano di chiacchierare, a tavola. Anche Ginny, che solitamente teneva banco con un argomento o l'altro, apre bocca di rado e spesso solo a causa di un boccone masticato controvoglia.

Brava Gin che mangia e si cura per non far incupire ulteriormente sua madre. Che si pettina al mattino e non si passa i bordi delle pergamene tra le dita screpolate per graffiarle.

 

Il sangue ha smesso di scorrere e la mano si sta intorpidendo: Hermione si porta un sorso d'acqua alla bocca, un altro ed un altro ancora: Deve riprendersi, deve calmarsi. Deve fare appello a quella lucidità mentale che ha sempre avuto e che proprio ora, nel momento del bisogno, sembra essersi smarrita sotto quel cespuglio di capelli che Ron non accarezza più da mesi.

Non si sente osservata.

Non sente la temperatura abbassarsi.

Non sente nient'altro che lo scroscio d'acqua ed il vuoto nella sua testa.

Finché non lo chiude ed alza gli occhi sullo specchio.

 

"Durante l'autunno, con la nebbia, i miei capelli diventavano sempre crespi, anche più dei tuoi. Usavo tanta di quella Soluzione DomaRicciolo per renderli presentabili! Sai, avevo il terrore che tu potessi usarla in mia assenza, non è ridicolo? Così ne nascondevo sempre una confezione nell'asse mobile sotto al mio letto. Forse c'è ancora. Puoi prenderla, a me non serve più e sarebbe uno spreco lasciarla lì..."

 

Il cuore le manca di un battito.

Le labbra umide le tremano, mentre sfrega le mani sull'orlo della divisa per asciugarle senza staccare gli occhi dallo specchio che riflette il nulla dietro si sé.

Eppure quella voce l'ha sentita, e viene dalle sue spalle.

E la conosce.

 

I fantasmi non sono da temere - l'ha sempre ripetuto a qualche Nato Babbano del primo anno che impallidiva a vederli - sono innocui per i vivi ed il più delle volte anche amichevoli, come il Frate Grasso o Nick-Quasi-Senza-Testa. Tutt'al più sono fastidiosi e petulanti, come Mirtilla Malcontenta.

Ma non possono nuocere.

Eppure la voce che ha sentito alle sue spalle la sta facendo tremare.

Lei, che ha sfidato le schiere del Signore Oscuro senza mai abbassare la testa, è terrorizzata a voltarsi ed incontrare un paio di occhi trasparenti.

 

"Voltati, per favore, so che mi hai sentito." È una richiesta timida, quasi una supplica quando il fantasma aggiunge "Ti prego", e a lei sale un groppo in gola a pensare a quanto non sia mai stata timida o supplichevole in vita. L'ha quasi detestata per la sua pedanteria e più di una volta, nella Sala Comune dei Grifondoro, si è trattenuta dall'ammutolirla con un incantesimo per non essere disturbata da quella vocetta seccante.

Invece era stata zittita dalla carneficina di maggio.

Al calderone dei sensi di colpa per essere sopravvissuta lei, anziché tanti altri, Hermione aggiunge anche quello.

 

Strizza gli occhi, cerca il sostegno del lavandino con le mani, poi deglutisce e si gira lentamente. Neppure si accorge di trattenere il respiro.

 

La trasparenza di Lavanda Brown non cancella i boccoli curati e la chincaglieria vezzosa con cui agghindava la divisa. Nessun segno di lacerazioni da morso o sangue, nello sguardo opaco rassegnazione, non smarrimento.

Levita a pochi passi da lei e quando la vede voltarsi si sforza di stendere le labbra in un minuscolo sorriso incoraggiante, piegando la testa di lato come era solita fare.

 

Hermione cerca di frenare invano il tremore nella voce: "Mi dispiace" riesce solo a mormorare.

Sul viso traslucido il piccolo sorriso triste persiste: "E di cosa? Non sei stata tu ad azzannarmi." Fluttua appena nella sua direzione ma mantiene una certa distanza, quasi volesse rassicurarla delle sue intenzioni pacifiche. "Ti prego, dimmi com'è."

La guarda smarrita: Com'è cosa?

"Oh!" Lavanda ha quasi un moto ilare. "Non ci credo: Ti ho fatto una domanda a cui non sai rispondere, Hermione! Credo che sarebbe stato motivo di grande soddisfazione, sino a qualche mese fa."

"È che non credo di aver capito la tua domanda."

Il fantasma torna serio, annuisce: "Hai ragione, me ne scuso. È che è da un po' che ci rimuginavo sopra, non capivo come chiederlo o meno. Non sono mai stata brava a fare domande intelligenti da viva, di sicuro non posso pretendere di impararlo ora."

"Non -"

"Com'è vivere sapendo che il mostro non tornerà più?"

Hermione schiude le labbra per la sorpresa. Si appoggia al lavandino e prende un bel respiro: "Dunque..." comincia, ma si rende subito di conto di non sapere come proseguire. Scuote la testa e cerca di distogliere lo sguardo, ma Lavanda incalza: "Com'è aver combattuto e aver vinto?" Cerca il suo sguardo scivolando lungo le piastrelle che Hermione fissa con insistenza come se fossero le pagine dei libri da cui ha assorbito tutta la conoscenza che non le può essere utile in quel momento.

Già, com'è?

Com'è frequentare una Hogwarts dagli alunni dimezzati, che porta ancora le ferite della battaglia sui muri crollati e sulle macerie agli angoli dei cortili?

Com'è entrare nella Sala Grande, silenziosa come la Notte in Cui Tutto è Finito, ed avere negli occhi la fila dei cadaveri stesi sui tavoli e per terra?

Essere la ragazza di un Ron silenzioso ed assente e l'amica di un Harry in preda agli incubi?

 

" È difficile" mormora infine Hermione. " È doloroso. Tutti noi abbiamo perso qualcuno, quella sera. Ogni giorno ti svegli, guardi fuori dalla finestra e ti rendi conto che sei fortunata a vedere se piove o c'è il sole, e ti domandi che cosa tu abbia avuto in più degli altri per meritarti un tale privilegio."

Lavanda veste di nuovo il sorriso triste; scivola al suo fianco cercando di appoggiarsi al lavabo, come se ancora avesse una consistenza fisica che necessiti di comodità durante una conversazione; Hermione fa un respiro profondo, cerca di inghiottire il scacciare il groppo in gola, ma due lacrime rotolano dalle guance. "Quando fa buio è ancora peggio: ogni rumore, ogni luce, qualsiasi cosa ti fa trasalire. A volte sei insonne e passi le notti a leggere o a fare qualcosa che ti impegni la mente, perché sai che se ti addormenti avrai davanti agli occhi quelle facce. Oppure stai ferma al buio, perché vuoi costringerti a dormire e non vuoi che qualcuno si svegli e ti compatisca. E allora pensi, pensi e ripensi, e continui a domandarti come sarebbero andate le cose se. Altre volte dormi e ti ritrovi davanti Fred e George ancora insieme, e Tonks che allatta Teddy e Remus che parla e sorride, e la Sala Grande ancora piena di gente che ride e fa baccano, con Silente in mezzo agli altri professori e Piton che ti fissa male mentre entri. E allora non sai se è più crudele sognare qualcosa che non tornerà mai più o se è peggio restare ancorati alla realtà senza darsi una via di fuga.”

 

Il fantasma non ha smesso di fissarla un secondo attraverso gli occhi opalescenti: "Mi dispiace" sussurra infine. "Speravo mi raccontassi qualcosa di più allegro. Speravo fosse come nelle favole, sai, dove quando il cattivo muore tutti vivono felici e contenti."

Hermione scuote la testa: "Non c'è nessuna favola, Lavanda. Il mostro anche se se ne è andato si è portato con sé tante persone. Troppe, per essere davvero felici. Il mostro è morto ma nessuno di noi si sente davvero un vincitore. Nessuno, neppure Harry." Si passa una mano sulle guance per asciugarsele e poi ripropone la domanda.

"Essere morti? È strano e neppure esageratamente triste, non sempre comunque. Quando è successo è stato un sollievo, perché venire sbranati è... davvero doloroso. Un attimo prima avevo i suoi denti dentro alla gola, e un attimo dopo c'era silenzio. Ho aperto gli occhi - o , almeno, credo di aver fatto così, la sensazione è quella - e mi sono ritrovata sulle scale: ma non si muovevano, e c'era buio. Nessun rumore, nessun dipinto alle pareti. Poi, piano piano, sono comparsi anche tutti gli altri. C'era Colin Canon, e poi è passato addirittura Tiger! Sembrava un fantoccio inerme senza Goyle e Malfoy attorno. E poi c'era George Weasley..."

"Era Fred."

"Davvero? Mi aveva detto di essere George! Mi ha anche presa in giro perché dopo tanti anni passati nella stessa Casa continuavo a confonderli. Beh, avrei dovuto aspettarmelo da uno dei gemelli Weasley. Comunque c'erano tanti, tanti altri. E hanno cominciato a salire le scale e sono spariti. Io ho deciso di restare."

"Perché?"

"Perché mi trovavo bene qui, e volevo vedere come sarebbe finita la battaglia. George - scusa, volevo dire Fred - invece ha detto che se ne sarebbe andato perché alla Tana hanno già un fantasma e non voleva accendere competizioni imbarazzanti. Sai se è vero?"

"Hanno un ghoul, non so come si chiami."

"Beh, almeno non mi ha mentito." Il fantasma si rialza e si allontana appena: "Ti ringrazio per avermi parlato. In questi mesi non ho avvicinato nessuno, dovevo abituarmi al mio nuovo stato e mi sono sentita così... così trasparente." Sorride ed Hermione fa lo stesso; e si rende conto solo in quel momento che quella era la conversazione più lunga ed articolata che ha intavolato con lei in sette anni.

Avevano condiviso la stessa stanza, le stesse lezioni, la stessa vita: eppure non si era mai soffermata a scoprire come Lavanda potesse essere ironica e tendesse a sdrammatizzare una situazione difficile. Non sapeva che avesse i capelli crespi o che fosse intimidita da una situazione nuova, che fosse insicura di qualcosa o certa di non essere all’altezza di qualcuno.

"Vuoi che porti un tuo messaggio?" Domanda mentre il fantasma si trova ad un palmo dal muro.

Lei si ferma e si gira lentamente: "Ti ringrazio, ma no. Se mamma sapesse che sono qui, beh, te la ritroveresti praticamente come compagna di stanza."

"E Calì e Padma? Eri loro amica, se..."

Lavanda scuote la testa, il sorriso di nuovo triste: "Eravamo amiche, ma era quel genere di amicizia fatto di braccialetti uguali e confidenze sul ragazzo di turno; nulla di paragonabile a quello che lega te con i tuoi amici. Me ne rammarico, mi ripromettevo sempre di trovare amicizie più stimolanti, ma non sono molto brillante, ed ero conosciuta per la Grifondoro un po' vanesia e frivola. Pazienza.

Cercherò di comportarmi meglio, come fantasma."

"Mi dispiace."

"Te l'ho già detto, non è stata colpa tua."

"Mi dispiace per non averti conosciuto meglio, per essere stata superficiale nei tuoi confronti. Avremmo potuto essere amiche, davvero, non solo compagne."

Lavanda piega la testa di lato: "No, non avremmo potuto, non ci saremmo riuscite. Ma grazie, per avermi detto questa cosa. La apprezzo." La sua schiena ha già attraversato la parete, quando si ferma nuovamente e la invita ad uscire dal bagno: "Sarai in ritardo per la lezione, Granger. Non sprecare nulla, neppure una mezz'ora della tua vita. Buona fortuna, e grazie per la chiacchierata."

"Grazie a te" sussurra Hermione al vento che passa. Recupera la borsa dei libri, la pulisce dalla polvere battendola con le mani ed esce dal bagno.

 

Evita il corridoio delle aule, evita di incrociare alunni e professori. Prende una scorciatoia per la Torre di Grifondoro e si ritrova a strisciare sotto una colonna mezza crollata per passare.

Arriva nel dormitorio femminile, il letto ora è di Demelza Robins ma lei è a Trasfigurazione, quindi Hermione si china e alza la cortina di lenzuola. Saggia le assi con la punta delle dita sino a trovare quella che si muove. La alza con un colpo di bacchetta e ci infila dentro una mano.

C'è un romanzo rosa, ed una fiala vuota. Una pochette di perline verdi e un flaconcino di vetro chiaro: Soluzione DomaRicciolo.

 

Hermione passa il resto del pomeriggio a pettinarsi.

Il Mostro è morto ma non sepolto e chi ha lottato non ha vinto, ma chi l'ha detto che questo è un motivo per non combattere più?

 

 

Ciao a tutti!

Nonostante sia una Potterhead non passo molto di qui, né mi sono mai cimentata in una FF su questo fandom.

Ho preso spunto dalla morte di Lavanda nel film, che non viene esplicitamente riportata nel libro.

Questa OS languiva nel mio pc da un sacco di tempo; presa, masticata e risputata in più occasioni. Doveva essere qualcosa di completamente differente, ma un episodio mi ha spinta ad alcune riflessioni che avevo bisogno di scrivere nero su bianco; così mi è venuto naturale riprendere in mano questa. Per me la scrittura è terapeutica.

Non mi aspetto nulla, è solo una scheggia che pulsava sotto le unghie e aveva bisogno di essere tolta.

Ringrazio comunque chiunque passi di qui e spenda qualche minuto del suo tempo per leggere o addirittura a commentare.

Grazie in anticipo,

EC.

 

 

 

   
 
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