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Autore: Nocturnia    03/09/2013    8 recensioni
Bruce ti aveva detto che era peggio una spalla slogata.
Bruce ti aveva fissato negli occhi e aveva mentito, il bastardo, perché avresti preferito di gran lunga un pugno in testa che sparare fuori quello.
Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Batman aka Bruce Wayne, Catwoman aka Selina Kyle
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Di gatte testarde e topi volanti'
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Disclaimer: Bruce Wayne, Selina Kyle e tutti gli altri personaggi appartengono a Bob Kane, alla DC Comics e a chi detiene i diritti sull'opera. Arden Barr e Amleto sono invece una creazione dell'autrice (Nocturnia) e non ne è ammessa citazione altrove, se non autorizzata dalla stessa tramite permesso scritto. Questa storia è stata scritta per puro diletto personale, pertanto non ha alcun fine lucrativo. Nessun copyright si ritiene leso. L’intreccio qui descritto rappresenta invece copyright dell'autrice (Nocturnia) e non ne è ammessa la citazione altrove, a meno che non sia autorizzata dalla stessa tramite permesso scritto.


"Cosa ci riserverà il futuro? Un altro passato."

- Roberto Gervaso -

Un giorno alla volta

Bruce ti aveva detto che era peggio una spalla slogata.
Bruce ti aveva fissato negli occhi e aveva mentito, il bastardo, perché avresti preferito di gran lunga un pugno in testa che sparare fuori quello.

"È un bellissimo bambino, signora Barr."

Annuisci, stornando lo sguardo dal soffitto e posandolo su quello, tre chili e mezzo di...

Ha i suoi occhi.

Ed è il primo pensiero che riesci a formulare lucidamente.

****

Il cielo di Firenze è incredibilmente buio, una coperta che ha inghiottito persino le stelle.
Arden fissa quella cupola nerastra con un interesse tutto anomalo, la pupilla contratta del piccolo predatore e l'iride artica del padre.
"Ti piace, eh?"
Emette uno sbuffo divertito Arden e schiocca le labbra in una risata sdentata.
"Potrebbe essere altrimenti, baby bat?"
Arden cerca i tuoi occhi e ride più forte, quasi a volerti prendere in giro per l'ovvietà di quell'affermazione.
Nell'aere, il profumo ancora lontano dell'inverno.

****

Bruce osserva suo figlio issarsi sulle gambe tremanti e compiere alcuni passi, incerti e terribilmente barcollanti.
Cade in ginocchio e lo vede poi incupirsi in un cipiglio fin troppo familiare.
Resta seduto sul tappeto il vigilante di Gotham e Arden non molla la presa, omaggiandolo con un'espressione di sfida e sdegno.
Piccolo testardo si ritrova a pensare sei davvero figlio di tua madre.
Ma quando lo raggiunge, è il sorriso dei vittoriosi quello che gli sfiora le labbra.
Il sorriso di chi saprà sempre rialzarsi.

****

"Non riesce a dormire?"
"No." mormori assonnata "L'ho portato sul tetto e ha subito smesso di piangere."
"Gli piace l'altezza."
"Come a noi." replichi sardonica "Come a te."
Bruce si siede al tuo fianco, godendosi il tepore residuo che il tetto della villa ha intrappolato durante il giorno.
Alza un sopracciglio e conosci fin troppo bene quella smorfia, una lieve contrazione della mandibola e della palpebra sinistra, per non sorriderne.
"Stai calcolando..."
"Non sarebbe difficile saltare da qui... sono solo tre piani."
"Disse il ninja alla ladra."
Arden sospira contro la tua spalla e sbatte le ciglia un paio di volte, il fragile frullar d'ali d'un uccellino d'ombra e bruma.
"Posso?"
Schiudi le labbra in un sorriso divertito, allungandolo a Bruce.
"È anche tuo figlio, pipistrello." ribatti "Prendilo: la tragedia non è contagiosa."
Ed è quando le mani di Bruce si chiudono attorno al corpo di Arden che capisci cosa faceva davvero Batman: proteggeva gli innocenti.

****

Amleto schizza fuori dal salotto con una velocità insolita per la sua grassa pancia da gatto borghese.
Ha la coda dritta e miagola peggio d'una sirena che si è inceppata, sboccando poi un generoso fiotto di croccantini sul tappeto.
"Guh."
Bruce sospira, riportando lo sguardo su Arden e pensando che, in fondo, il vomito del gatto può aspettare.
"Guh guh."
"Non sai dire altro?" gli replica, sollevando e caricandoselo in spalla "Guh guh è l'unica cosa?"
Arden gli afferra una ciocca di capelli e gli sorride, facendogli dimenticare, per un attimo, che poco prima gli aveva pisciato addosso, rovinandogli una camicia nuova.
Amleto lo fissa interdetto, leccandosi una zampa e guardandosi bene dal pestare lo schifo che lui stesso aveva rigettato.
"Stupido gatto..." sibila Bruce "mi odi, non è vero?"
Amleto socchiude le palpebre, giudicando l'assenza d'una risposta già una replica sufficiente.
"Mi odi e fai tutto questo perché non c'è Selina, vero?"
Altro silenzio.
"Beh, sai che ti dico? Arrangiati. Vomita per tutta casa, se ti riesce: io non pulisco un bel niente."
Amleto gli soffia addosso, contrariato, dandogli poi il suo regale deretano e sculettando via.
"Guh."
"Ho capito, Arden: vuoi da mangiare, un attimo."
Bruce si allunga verso il bancone della cucina, appoggiando il bambino sul tavolo e incamminandosi verso il frigorifero.
È nel mezzo della complicatissima operazione prendi-il-biberon-e-scaldalo quando si accorge, con la coda dell'occhio, che Arden sta scivolando dal ripiano.
Di testa. E su di un pavimento di purissimo marmo.
È l'istinto del guerriero - del pipistrello mai sopito davvero - quello che lo porta ad afferrarlo per un piede e a rotolare su se stesso, evitandogli un probabile trauma cranico, per non dire la morte certa.
Amleto miagola allarmato, scoccandogli una pessima occhiata.
Se potesse parlare, sarei fottuto. pensa distrattamente, mentre esamina la massa di capelli confusi di Arden.
Niente. Niente di niente, neppure il più piccolo graffio.
Emette un respiro tremulo, mentre il bambino gli rivolge l'ennesimo sorriso felice.
Batte le mani e Bruce lo prende come un incoraggiamento a rifare l'acrobazia di poco prima.
"No, Arden, no: non lo facciamo più."
Ed è allora che Arden ride più forte, pronunciando due semplici sillabe.
"Paaapà." squittisce estasiato "Paaapà!"
E mentre sorride, ridicolmente incantato da quel bambino, Amleto vomita la sua seconda porzione di scatoletta.

****

"No. Non puoi."
Arden incrocia le piccole braccia al petto e una linea di rabbia gli solca la fronte.
"Ho detto di no. Mettilo giù."
Non parla molto Arden, ma i suoi silenzi sono eloquenti quanto quelli del padre.
"Perché?" ti domanda petulante, sistemandosi il mantello sulle spalle e lasciando il resto - troppo grande, troppo doloroso anche solo da guardare - aprirsi a terra.
"Perché non è un giocattolo e potresti farti male. Perché è un oggetto vecchio e..."
"Cosa mi sono perso?" vi interrompe Bruce "Cosa..."
"Guarda!" strepita il demonio, sfuggendo alla tua presa e volteggiando per la stanza "Guarda, papà: sono un pipistrello gigante."
E la maschera d'una leggenda rinasce dalla polvere.

****

Amleto fissa il bipede - quello strano umano zoppo e, a giudicare da come parla, pure un po' scemo - che gli versa i croccantini con la stessa abilità d'un cane.
E i cani, si sa, non sono lesti come i gatti.
Gli accarezza il muso, grattandolo proprio tra le orecchie e, per quanto gli rogni ammetterlo, quel bipede è davvero carino.
Occhi azzurri, un ammasso confuso di capelli neri, e la propensione a dormirgli addosso.
Non che la cosa gli dispiacesse, in fondo, ma era sempre meglio delineare con cura i confini che i bipedi potevano e non potevano oltrepassare.
"Arden, sei in cucina?"
Amleto lascia vibrare i lunghi baffi e si getta addosso ai pantaloni del bipede grande, quello che gli ruba tutte le attenzioni del bipede femmina.
Ottiene una scrollata e uno sguardo tutt'altro che amichevole, ricambiato da un morso alla caviglia e una fuga rocambolesca.
Il bipede piccolo ride e lo abbraccia, portandoselo al volto: in fondo, non è poi una brutta vita per un vecchio gatto randagio.

****

Ha avuto un incubo Arden e stringe la coda di Amleto in uno spasmo involontario.

Ninna ninna, ninna oh, questo bimbo a chi lo do?

C'era un clown troppo rosso e troppo bianco, un sorriso affilato e un palloncino di sangue e veleno.

Lo daremo al pagliaccio, che lo stringe nel suo abbraccio.

C'era paglia sporca e l'odore nauseante della paura, quella che provava ogni volta che vedeva lui.

Lo daremo allo spauracchio, che lo porta via in un bel sacco.

C'era una bocca distorta dalla sofferenza e dal fuoco, un sorriso asimmetrico e disperato.

Lo daremo a quello doppio, che ne fa proprio un bel marmocchio.

Tendevano le mani verso di lui e gli parlavano attraverso le immagini d'una città bellissima e tragica.
Lo toccavano, lasciandogli addosso il puzzo disturbante d'un passato da cui era nato e che, prima o poi, lo avrebbe reclamato.
Tra tutti loro, gli occhi spietati d'un colosso di pietra e carne.

Lo daremo al gigante, che gli racconta una verità agghiacciante.

Urla Arden e affonda le dita nella schiena del gatto, svegliandosi di colpo e buttando un'occhiata angustiata sotto il letto.

Mostri. Sono solo mostri, illusioni e fantasmi di un'altra epoca; di un'altra storia e di un altro sogno.

Respira piano Arden, e gli occhi di Amleto sono una sfera dorata nell'oscurità della stanza.
Timidamente, quasi vergognandosene, scende dal letto, e si incammina verso la stanza dei suoi genitori.
Socchiude la porta e fissa le loro sagome addormentate, i capelli scarmigliati di sua madre e le spalle larghe di suo padre.

Non posso.

Quando torna nella sua stanza, scivolando sotto le coperte e stringendosi Amleto al petto, gli sembra di scorgere un paio di pupille nerastre fuori dalla finestra.

Aprimi. Sono io. Mi conosci, sai chi sono.

Non le guarda - non vuole guardarle - e serra le palpebre, arrotolandosi sotto il lenzuolo.

Arden sembrano sussurrare Arden, guardaci.

Ma Arden continua a ignorarle, disegnando solo ombre di biacca e sangue, signori del terrore in giacca e cravatta e maestri silenziosi.
Le ignora ed è Selina a vederli tutti quegli spettri, riflessi sulla carta e nel cuore, schegge d'una città tentacolare e mefitica.

Gotham.

E capisce che nessuna madre rinuncia mai al proprio figlio.

****

Nevica su Firenze e ti rifletti nella sua stessa immagine, cicatrici vecchie e nuove a far da testamento a Selina Kyle e a Elva Barr.
Bruce si avvolge nelle lenzuola e ascolta - percepisce - il vento sibilare fuori dalle finestre, urla e gemiti d'un inverno giunto in ritardo.
"Quattro anni, eh?"
"Dieci, da quando ce ne siamo andati da Gotham."
Annuisci, distratta e malinconica.
"Ti manca mai?"
Bruce porta le braccia dietro la nuca ed espira con forza, restando in silenzio alcuni minuti.
"Alcune volte."
Sospiri e ti avvicini al letto, lasciando che ti sfiori le cosce e cerchi la tua bocca.
"Mi mancano le sue verticalità di vetro e acciaio. Le sue luci malate e intermittenti, come un cuore corrotto e decomposto. Mi manca l'odore di gomma bruciata e l'agonia che respiravo tra le sue strade, arterie colme d'un sangue che non bastava mai."
Sorridi, soffermandoti ad ascoltare il rumore del suo respiro.
"Mi manca sempre, Selina. Ma non tornerei indietro, no: questo no."
"Anche a me." mormori "Forse, un giorno, potremmo portarci Arden. In fondo, è anche lui un figlio di Gotham."
"Un giorno, quando sarà grande." ti replica asciutto, parco di parole per nascondere un sentimento rinnegato e poi usato con un vessillo di giustizia ed equità per troppo tempo.

Paura.

E sai, con certezza quasi assoluta, che sarà Gotham stessa a richiamare indietro quel bambino bellissimo e libero.

****

Arden fissa il cielo, come quando era molto piccolo e sua madre lo portava sul tetto, per farlo addormentare e per fargli vedere i pipistrelli, così diceva lei.
Segue le stelle e le loro sbavature luminose, un aereo sullo sfondo e una luna pallida e sfibrata.
Amleto, il vecchio e duro-a-schiattare gatto di casa, lo fissa con un occhio solo, cieco dall'altro.
Gli si arrotola al fianco e comincia a russare dopo pochi minuti, più simile a una macchinetta inceppata che al melodico ronfare dei felini.
Selina lo prende in braccio, accogliendolo in grembo e cominciando a elencargli le costellazioni maggiori.
Ha cinque anni Arden, e sorride senza remore e senza rimpianti, perché ha un futuro che può stringere tra le dita.
Bruce lo osserva con attenzione, un puntura dolorosa al centro del petto.

E se...

Se morissi? si ritrova a pensare.

E se...

Se morisse Selina? si ritrova a temere, ricordando un pozzo di luce e lacrime di perle a far da testamento - da nascita - a un eroe ed a un uomo spezzato.

E se...

Ma Arden batte all'improvviso le mani, indicando un puntolino poco distante, una massa scura e incredibilmente veloce.
"Mamma, guarda!"
E guarda anche Bruce, un simbolo che di morirne non ne vuole proprio sapere.
"Un pipistrello, un pipistrello."
Volteggia sulle loro teste, scendendo in picchiata ed afferrando una falena, scomparendo poi tra gli alberi.
Selina gli regala un'occhiata che è tutto: comprensione, accettazione, sollievo e persino divertimento.
Del pipistrello - del mito - un retaggio che nemmeno il sangue può cancellare.



Nota dell'autrice: Elva Barr è uno dei tanti nomi con il quale Selina Kyle nasconde la sua identità nel fumetto.
   
 
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