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Autore: Julia of Elaja    05/09/2013    5 recensioni
"Ti è chiaro ora, Norma?".
Andrew la guardò, e la ragazza capì che forse era arrivato il momento di preoccuparsi, e sul serio; glielo gridavano quegli occhi così impauriti e disperati che in quel momento la fissavano, alienati.
"Ci siamo dentro anche noi?".
"Esatto. Forse avremmo fatto meglio a starne fuori".
E intanto un foglio burciava nel camino, imbrattato dall'inchiostro ormai sciolto che fino a poco prima recitava così:
"Sto arrivando, Miles. Preparati la tomba".
Genere: Mistero, Suspence, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti
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Prologo





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La luna splendeva alta nel cielo.
Mezzanotte: tutto taceva e Greentown dormiva sogni tranquilli, ignara del mostro che si muoveva nelle sue viscere.
Una città tranquilla, la classica cittadina americana che sembrava uscita da un film: le aiuole curate, le villette sempre ben tenute con giardini rigogliosi e tanto di bambini che giocavano per strada.
Tutto sembrava essere idilliaco in quella città: ma, forse, bisognerebbe diffidare da ciò che rasenta la perfezione.
"Allora, te la senti?".
Una macchina appostata sulla collina del cimitero e due ombre nell'abitacolo: a circa cinquecento metri dal cancello d'ingresso la Range Rover parcheggiata ondeggiava appena al muoversi delle persone al suo interno.
"Ma certo che sì!".
Matt e Ilva erano due ragazzi sempre pronti al rischio, adrenalina dipendenti quasi: per una scommessa banale su quanto sarebbe durata secondo loro l'idilliaca storia d'amore tra Jack, un loro amico, e Caroline, capo cheerleader del liceo Nickolson, avevano scommesso una notte al cimitero. Sei ore, dalle dodici alle sei del mattino. A dire il vero, la scommessa l'aveva vinta Ilva, quindi il ragazzo avrebbe dovuto passare la notte là dentro completamente solo. Ma lei, amante quanto lui delle cose proibite, aveva insistito per rimanere con lui.
"Allora scendiamo, no?".
"Immediatamente. Non vedo l'ora di iniziare questa nottata!".
Un rumore di portiere sbattute, il "bip-bip" dell'antifurto che si attiva nell'autovettura e poi i passi dei due ragazzi che si avvicinavano al cancello, la ghiaietta sotto i loro piedi.
"Tetro, eh?" Matt fece un cenno verso il cancello.
"Resurrecturis" recitò Ilva, indicando l'enorme scritta all'ingresso, posta sopra le sbarre di ferro "Coloro che stanno per risorgere".
"Brava, vedo che sai tradurre bene dal latino!" Matt la punzecchiò "La solita sgobbona".
"Non è vero!" Ilva si voltò a guardarlo e gli tirò un buffetto, poi  si fermò davanti all'ingresso, naturalmente serrato con le catene.
"Pronta a scavalcare, Stuart?" chiese Matt, iniziando ad aggrapparsi alle sbarre del cancello.
"Io sono nata pronta, McCarty!" rispose lei, ridacchiando, e iniziando a salire di quota tenendosi stretta alle sbarre.
"Sbrighiamoci, il custode passa dal cancello per mezzanotte e dieci" mormorò Matt "Sarà meglio muoversi".
Ilva annuì: adorava quelle scampagnate notturne, le aveva sempre fatte sin da bambina. E anche in quel momento, nonostante ormai avesse ventitrè anni, sentiva ancora quella voce di Matt da bambino, ad appena dieci anni, che la incitava a correre con lui verso il pericolo, che all'epoca poteva essere lo stuzzicare un cane randagio oppure lanciare sassi ad un alveare.
Quando toccarono terra, dall'altra parte del cancello, si voltarono a guardare l'impresa appena compiuta.
"Andiamo, Stuart!" lui le prese la mano, trascinandola nell'ignoto della nebbia che pian piano stava calando.
Fu l'ultima volta in cui Matt McCarty e Ilva Stuart furono più visti insieme.
La mattina dopo, i due ragazzi erano scomparsi.
Di loro nessuna traccia, la polizia pensò ad una fuga d'amore, la macchina era scomparsa e non avevano detto a nessuno dove sarebbero andati quella sera.
Cellulari spenti, messi chissà dove o forse gettati nel primo cestino, ormai quell'ipotesi era accreditata.
Il caso era chiuso, insomma: i due erano amanti segreti ed erano scappati via da lì.
In fondo, tutta Greentown lo sapeva, erano due ribelli, due ragazzi che avevano sempre espresso la volontà di allontanarsi da quella città troppo tranquilla per i loro gusti.
Quando Norma Hutch seppe della fuga dal padre, il pomeriggio seguente, fece spallucce alla notizia.
"Chi l'avrebbe mai detto che quei due stessero insieme?" fece, mentre sistemava i suoi capelli lunghi e crespi davanti ad uno specchio in bagno, raccogliendoli con una pinza.
"Be', in fondo io l'avevo sempre sospettato: insomma, erano sempre assieme, ventiquattro ore su ventiquattro, ogni giorno! E da quando avevano cinque anni!".
Gregor Hutch, il cinquantenne padre della ragazza era fermo sullo stipite della porta e teneva davanti agli occhi il giornale di quella mattina, che in prima pagina esponeva un articolo sul Presidente che quel giorno avrebbe incontrato il Santo Padre.
"Papà, io dico che la cosa è strana, strana davvero. Non so, ma conosco Matt e non è il tipo da fughe romantiche" ribattè Norma, spegnendo la luce in bagno e dirigendosi in camera sua.
"Ah, mai dire mai, Norma! Per amore si fa di tutto, sai? Si è anche disposti a cambiare e fare cose che mai prima avresti fatto!" il padre camminò verso la cucina.
Norma si gettò sul letto, sospirando: suo padre ne raccontava di storie, eh già. Ma quella della fuga d'amore di Matt e Ilva era davvero fantasiosa. L'ipotesi più plausibile era quella che i due ragazzi fossero semplicemente scappati di casa per chissà quale luogo sperduto, tutto qui. Nessun amore, nessuna fuga di una coppia di amanti segreti.
"Norma, c'è Andrew alla porta!".
La voce della madre della ragazza, Judith Kellergan da nubile, raggiunse le orecchie di Norma, che le urlò di malavoglia "Fallo venire in camera".
Pochi istanti dopo un ragazzo alto, con capelli castani e occhi scuri, l'aria divertita e un sorrisetto strafottente sul volto, entrò in camera della ragazza.
"Ciao Baby".
"Ciao Drew" gli rispose lei, senza muoversi dal suo letto, mentre il ragazzo prendeva posto su una sedia.
"Sentita la notizia?" chiese lui, maneggiando un grosso libro che era sulla scrivania della ragazza.
"Matt e Ilva?" rispose pigramente lei "Papà parla di una fuga d'amore".
"Lo dicono tutti" continuò lui "A quanto pare è l'ipotesi avvalidata dalla polizia. Ma quei due non sono capaci di una cosa del genere. Secondo me sono solo scappati da questa città, giusto così, per amore dell'ignoto".
"Lo penso anche io" concordò Norma, mettendosi a sedere sul letto e guardando il suo amico, finalmente, negli occhi.
Andrew le sorrise: "In pigiama sei favolosa. Perché non dici al tuo Nick di venire a trovarti ora?".
Il ragazzo evitò al volo un cuscino che Norma gli aveva lanciato: "Dico sul serio! Sei una bomba senza trucco!".
"Dacci un taglio, Drew. Lo sai che quello lì cerca solo una scusa per lasciarmi. Figurati se mi vedesse così cosa accadrebbe".
Andrew fece spallucce e si stese sulla sedia, posando le mani dietro alla nuca: "Dovresti lasciarlo, quel pallone gonfiato. Insomma, da quando un ragazzo non è geloso del fatto che il migliore amico della propria ragazza sia ogni sera a casa di lei? Eh? E poi, io sono dannatamente sexy. Potrei averti mia anche adesso, se solo ci provassi".
Norma scoppiò a ridere: "Sempre così modesto".
Lui ridacchiò: "Ehi, e soprattutto amante della verità! Non è forse vero che sono sexy?".
"Dannatamente" sottolineò ironicamente lei, trattenendo una risata a stento.
"Stronza" lui le rilanciò appresso il cuscino e la ragazza lo prese al volo.
"Che fai stasera?" chiese, rimettendolo dietro alla sua testa e stendendosi nuovamente, sul fianco destro per poter continuare a guardare Andrew.
Lui sorrise: "Esco con Mary. La porto in pizzeria e poi in campagna. Ci sa fare, sai? Soprattutto quando..."
"Non voglio sapere delle tue avventure serali. Risparmiami questo scempio, grazie" Norma ridacchiò maliziosa e Andrew rise con lei.
"Si è fatta quasi ora, sarà meglio che vada o quella gallina starnazzerà tutto il tempo" il ragazzo si alzò dalla sedia e si tirò su il pantalone che gli era leggermente sceso.
"In bocca al lupo, stallone" Norma gli sorrise e gli fece un occhiolino "E sta' attento a non generare prole".
"Mai sia!" rispose lui con tanto di gesto scaramantico, poi uscì dalla camera della ragazza. Pochi istanti dopo Norma sentì dalla cucina le voci dei genitori che salutavano il ragazzo e la porta d'ingresso chiudersi dopo la risposta di lui.
Prese il cellulare in mano, l'aveva sempre vicino a lei qualora Nick si fosse fatto sentire, ma nulla: nessuna chiamata, nemmeno un messaggio.
"Che grandissimo stronzo" commentò lei a malincuore, posando il cellulare alla sua sinistra sul cuscino e chiudendo gli occhi.
Si stropicciò gli occhi e ripensò alla giornata appena passata: aveva studiato tantissimo, quei dannati esami la stavano assillando.
Ma perché, perché aveva scelto di studiare medicina?
Sospirò e, a tentoni, raggiunse il tasto di spegnimento della luce e lo premette.
Il buio calò nella camera e la ragazza prese a resprirare a pieni polmoni, cercando di rilassarsi.
Aveva sempre amato il buio: le permetteva di rilassarsi, di stare tranquilla.
E quando le immagini iniziavano a farsi più confusionarie, nel dormiveglia, si ritrovò a fantasticare su Andrew, su quel che avrebbe fatto quella sera con quella Mary, quella gallina, come lui la definiva, con cui usciva solo quando gli andava, giusto una schiavetta da sfruttare.
Perché i maschi erano così stronzi?
E poi ecco Andrew che dice che per lui anche Norma è una di quelle gallinelle, che Nick gli ha detto di farla sua e lui ora la vuole per sè. E, ancora, Ilva a terra, vicino ad una lapide, completamente sporca di fango sul volto, che piangeva ranicchiata su se stessa.
"Aiuto... aiuto..." mormorava, quasi senza voce, le braccia strette attorno al suo corpo e la testa appoggiata sulle ginocchia.
E poi il buio. Solo il buio.
Norma sospirò nuovamente: diamine, la facoltà di medicina la stava davvero facendo diventare matta.
   
 
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