Serie TV > Supernatural
Segui la storia  |       
Autore: SherStiel    05/09/2013    0 recensioni
Sam e Dean si ritrovano un pazzo con il papillon nel bagno, nel bel mezzo della notte. Nonostante una grande diffidenza, i due lo seguono, ritrovandosi a Londra, da cui però non possono chiamare Castiel per farsi dare una mano. Scopriranno solo dopo aver dato fiducia all'uomo perchè si ritrovano in quest'avventura.
-SuperWhoLock
Genere: Azione, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dean Winchester, Sam Winchester
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
SuperWhoLock – Three worlds, one meeting
Part six,
Sherlock's plan
 
Sentì un fruscio alle sue spalle, una presenza che prima non aveva notato. Si girò brandendo il cacciavite sonico, con lo sguardo incerto.
– Chi c’è? Sono armato!
– Di un cacciavite sonico? – La voce, calda e profonda, gli era più che famigliare. Dalla scala sbucò l’uomo da cui proveniva, Sherlock Holmes. C’era qualcosa di diverso però. Indossava una camicia bianca, mentre il Dottore avrebbe giurato che indossasse qualcos’altro prima.
Scese le scale lentamente, aggiustandosi i polsini della camicia e, all’ultimo gradino, il colletto.
– Fa caldo qui, Dottore.
– Chi sei tu? – gli girò attorno, cercando di cogliere i particolari che solo Sherlock sembrava notare; azionò poi il cacciavite, osservando attentamente i dati che solo lui riusciva a decifrare nella luce verde brillante. – Oh. Un anno più vecchio.
– Già. Non sei facile da trovare, però io non mollo l’osso facilmente. Voglio sapere com’è finita.
– Deve ancora finire. Come hai fatto a salire?
– Mi sei venuto a prendere tu. 23 Novembre, comunque. Cinque e un quarto del mattino, Baker Street. Grazie del passaggio. Allora, andiamo? So già dove trovarla.
Il Dottore sorrise, dando le spalle a Sherlock e precipitandosi alla console, dove cominciò a schiacciare pulsanti e a tirare leve come suo solito, andando da una parte all’altra. Si chiese se Sherlock non la sapesse pilotare; non se ne sarebbe stupito più di tanto. Beh forse un pochino sì.
– Baker Street, 3 settembre, nove in punto. Non sbagliarti, non voglio creare un paradosso in casa mia.
Il Dottore digitò coordinate e ora poi, chiedendo a Sherlock di tenergli premuto un bottone, continuò a girare intorno alla console, mentre al centro di essa il cilindro luminoso continuava ad andare su e giù, come nei primi motori a scoppio inventati dall’uomo; solo milioni di volte più complesso e potente.
Atterrarono ancora una volta in casa di Sherlock, dove John li stava aspettando con l’aria impaziente.
– Cosa sta succedendo? Tu, Sherlock, te la fili mollandomela addormentata in camera mia senza darmi spiegazioni, poi torni con il Dottore che abbiamo lasciato solo una settimana fa. Tutto a posto, se mi spiegassi qualcosa. – Non doveva avergli detto proprio nulla, perché raramente John si alterava così tanto. Il viso di Sherlock si addolcì un po’.
– Ho rintracciato Bela Talbot e il Dottore per far sì che i Winchester non siano sulla nostra lista di persone a cui dobbiamo favori. Ah, John… scusa per Clarice.
– Chi?
– Poi capirai. – John non sospettava nulla. Nulla del piano intricato che Sherlock aveva progettato. Sherlock non aveva mai creduto alle parole del mutaforma. Se si prestava un po’ d’attenzione, si poteva notare che il linguaggio del corpo lo tradiva in modo irreversibile. Bella scoperta sapere che anche in un mondo parallelo ci si muoveva e ci si tradiva nello stesso modo.
Ci aveva messo un paio di giorni per trovare la vera Bela, rinchiusa e legata in una stanza d’albergo pagata anticipatamente per tre settimane. Alla sua irruzione nella camera, l’aveva trovata spaventata, disidratata e affamata. Gli raccontò che un uomo sulla trentina, non troppo alto e con i capelli chiari – che collegò subito all’ultima persona sbattuta in carcere ingiustamente – l’aveva sorpresa in casa e rapita. Il racconto diventò macabro e grottesco quando, tra le lacrime, gli disse che aveva assunto la sua forma. I capelli, gli occhi verdi, il viso, il corpo… tutto. Sotto i suoi occhi, l’uomo si era letteralmente trasformato, costringendola a guardare.
Sherlock si prese cura di lei di nascosto per qualche giorno, in modo che si calmasse e avesse il tempo spiegare il suo piano. Il mutaforma aveva rubato anche sotto le sue sembianze, ma peggio ancora aveva ucciso. Era venuto fuori sui giornali la mattina dopo la loro incursione con i Winchester. La “festa” a cui stava andando prima che la sorprendessero, avrebbe probabilmente avuto lo stesso esito. Bela Talbot era ricercata da Scotland Yard per omicidio e nemmeno Sherlock Holmes poteva trovare prove per scagionarla.
Per cinque giorni, Sherlock la andò a trovare, portandole da mangiare e qualcosa con cui vestirsi da casa sua. Si mostrò estremamente cordiale per i suoi standard. Forse per quegli occhi. Assomigliavano molto agli occhi di Irene…
John era all’oscuro di tutto, non gli serviva il suo aiuto per portare da mangiare a una ragazza. Quando si ristabilì completamente, Bela aveva ormai piena fiducia in Sherlock, tanto da accettare il suo piano. Le spiegò cos’era successo la notte di una settimana prima, da dove veniva il mutaforma e dei Winchester, che l’avevano portata via, da loro. Chi era lei per quei due fratelli americani e quanto, sebbene non lo dessero a vedere, tenevano a lei. Accettò quindi la proposta di Sherlock di seguire il Dottore e scappare dal mondo che ormai la definiva solamente un’assassina.
Di mattina presto l’aveva condotta nell’appartamento di Baker Street, svegliando John e ordinandogli di fare la guardia a Bela. Sarebbe tornato dopo poche ore.
Si mise invece a girovagare per Londra. Aveva tempo, non prese taxi; girò tra strade e parchi, arrivando fino al porto e cogliendo l’occasione per fare qualche veloce indagine su un paio di casi da risolvere. Andò anche da Mycroft, indaffaratissimo a riposarsi nel suo silenzioso club privato. Era divertente infastidirlo, di tanto in tanto. Tornò a casa verso mezzogiorno, intento a riferire tutto a John.
Solo un anno dopo, il 23 Novembre, trovò il Dottore che lo stava aspettando all’angolo tra Baker Street e Melcombe Street. Si nascose nel TARDIS e un abile trucchetto del Dottore riuscì a farlo tornare alla notte di quattordici mesi prima, dove si nascose in attesa che i Winchester sgombrassero il campo. Era molto appagante sfruttare così bene una macchina del tempo. Era un ciclo continuo nello spazio tempo, ma nulla rispetto alla vita del Dottore, che lo faceva di continuo.
 
Andò in camera di John, dalla quale uscì tenendo in braccio Bela Talbot.
– L’ho anestetizzata. Non volevo vedesse il TARDIS; sa già abbastanza da non spaventarsi una volta arrivata. – passò il tavolino ed entrò nel TARDIS, atterrato tra le due poltrone in mezzo al salotto. La signora Hudson non sarebbe stata contenta di sapere che una navicella spaziale era atterrata sul suo tappeto.
Sherlock appoggiò Bela sul sedile in pelle beige e la legò con la cintura, poi salì a bordo anche il dottore, lasciando il povero John senza risposte. Dopo più di un anno di attesa, il suo piano poteva finalmente giungere a una conclusione.
– Perché – chiese il Dottore interrompendo i suoi pensieri – mi hai fatto venire quattordici mesi dopo? Non bastava un mese?
– Me la sono presa comoda. Non sapevo se sarei riuscito a trovarla a Londra o se avrebbe accettato il mio aiuto. Del resto, solo per me è passato un anno.
 
L’atterraggio, brusco a causa dell’ennesimo attraversamento da una dimensione all’altra, fu incredibilmente preciso: atterrarono di fianco all’Impala di Dean ferma nel parcheggio di un anonimo motel americano. Sherlock fece scricchiolare leggermente la rampa che portava alla porta del TARDIS, mentre aveva ancora in braccio Bela.
Il Dottore produsse un sordo “toc toc” sulla porta contraddistinta da una targhetta argentata che presentava il numero 221. Gli aprì Sam con il coltello di Ruby in mano, che poi cacciò subito in tasca quando riconobbe il Dottore. Erano passati tre giorni da quando li aveva lasciati e intanto si erano presi qualche giorno libero per riposarsi; non si aspettavano però una loro visita. Con loro c’era anche Castiel, a cui Dean stava raccontando animatamente la vicenda accaduta. Tutti si fermarono quando videro entrare i due e Dean sbarrò gli occhi quando il suo sguardo cadde su Bela.
Sherlock la adagiò sul letto libero, sopra le coperte verde petrolio. A passo svelto, uscì dalla stanza tornando nel TARDIS e lasciando al Dottore i saluti.
– Ehm… È Bela, era viva ma accusata di omicidio, l’abbiamo portata qui perché non potevamo protegggerla. Sa tutto di voi ed è una brava ragazza, trattatela bene. – Imbarazzato, uscì dalla stanza, lasciandoli attorno alla ragazza. Aveva notato Castiel, ma non sapeva che era lui l’angelo. Scese velocemente i gradini che lo separavano dall’asfalto del parcheggio, mentre Sam, uscito precipitosamente dalla porta, gli urlò un “grazie”. Non voleva sapere cos’avevano fatto del mutaforma, ma in fondo erano bravi ragazzi, pronti a proteggersi l’un l’altro come raramente aveva visto fare.
Entrò nel TARDIS, pronto a riportare Sherlock a casa. Poi avrebbe fatto una scappatina da Amy e Rory; era un po’ che non li andava a trovare.
Mentre il TARDIS ripartiva, scomparendo poco per volta, Sam, Dean e Cas erano in cerchio attorno al letto mentre Bela riacquistava conoscenza, sorpresa ma non spaventata dalla nuova vita che gli si apriva davanti.
 


Ed eccoci alla fine. Spero che la storia sia piaciuta e che non sia stata scontata :)
Ringrazio tutti coloro che sono arrivati fin qui e spero che leggiate altri racconti, quando avrò il tempo di scriverli...
Alla prossima!
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Supernatural / Vai alla pagina dell'autore: SherStiel