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Autore: alpha_omega    05/09/2013    3 recensioni
In quel momento Ludwig si rese conto di tre cose:
la prima era che quel ragazzo non era umano
la seconda era il fatto che gli aveva appena salvato la vita
mentre la terza, ma non meno importante
non riusciva a smettere di guardarlo.
Possono due mondi diversi come i loro imparare ad amare?
entrambi avevano paura di scoprirlo.
Genere: Erotico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Germania/Ludwig, Nord Italia/Feliciano Vargas, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Ivan galleggiava in uno stato di semincoscenza: era morto? Era quella la morte?
Provò a muoversi, a fare qualunque cosa, ma non riusciva più a percepire il suo corpo: sapeva solo di avere gli occhi spalancati sul vuoto.
Il nulla era di un bianco latteo che non aveva nulla di confortevole: provò a riportare a galla i propri ricordi. C'era un uomo che lo guardava dall'alto in basso e che gli faceva delle domande, poi c'erano le sue sorelle che venivano travolte dall'esplosione. Se era morto allora perchè non venivano a salutarlo? Poi c'era il sibilo del sigaro che si spegneva sulla superficie di vetro, poi delle piccole macchie nere che gli erano danzate per qualche minuto davanti agli occhi e poi era caduto in quel limbo. Molto probabilmente si stava confondendo parecchio, ma sapeva che erano ricordi autentici.
Per un secondo rivide se stesso: era steso a pancia in su, il coperchio era stato rimosso, e aveva gli occhi spalancati nel vuoto. C'era una seconda figura nella stanza: era girata di schiena, e teneva un'aspecie di conchiglia di plastica in ogni mano: gli oggetti erano collegati ad una strana macchina con due fili. A cosa servivano?
Il ragazzo strofinò gli oggetti tra loro e poi li pose sul suo petto.
Una scarica di dolore gli attraversò la spina dorsale. Battè le palpebre, intontito; era di nuovo padrone del suo corpo. Il ragazzo era chino su di lui.
-Ma allora sei vivo, aru! Sapevo che ce l'avresti fatta, aru!-
La prima cosa che vide furono i suoi occhi; erano a mandorla, molto espressivi, sorridevano da soli, i capelli erano stretti in un codino e ricadevano sopra la maglietta bianca. Lo sguardo gli cadde sul tesserino che portava appuntato sopra una spalla. Quella vista risvegliò in lui una serie di ricordi terribilmente spiacevoli. La sua mano agì da sola: in un attimo la ritrovò stretta attorno al collo dell'orientale, che strabuzzò gli occhi e si portò le mani alla gola, cercando inutilmente di liberarsi dalla sua stretta. Lo tirò verso di se -Che cosa mi hai fatto?- ringhiò.
Quello indicò il proprio collo: il colorito stava diventando sempre più innaturale. Allentò leggermente la presa, in modo da fargli respirare aria sufficente per non farlo morire soffocato.
L'orientale annaspò aria -Ti....ho...salvato.....la...vita......aru!- continuava ad armeggiare sul collo, senza successo: l'ossigeno non gli bastava: infondo non avevano usato lo stesso metodo anche con lui? Quella era una semplice resa dei conti.
-Non ci credo, che cosa mi hai fatto? Voglio la verità, oppure...- strinse per un secondo la presa e poi l'allentò -Non mi ci vuole niente ad ucciderti.
-Non...ti...ho...fatto...nulla...ti...ho...trovato...così...e...ti..ho...salvato, aru!-.
D'un tratto si rese conto di averlo già visto; era quello che litigava con l'uomo che lo aveva rinchiuso nella bara d'acqua, forse diceva la verità. Allentò ancora un po' la presa: ora poteva parlare senza problemi.
-E come avresti fatto a salvarmi?- mantenne il tono minaccioso: era pur sempre un umano.
L'altro aspirò più aria che poteva: evidentemente aveva paura che stringesse ancora la presa -Defibrillatore- sussurrò.
-Come?-
-Ti si era fermato il cuore per qualche secondo: ti ho fatto la respirazione artificiale e ti ho dato una scarica con quell'affare-. Indicò l'ammasso di metallo con attaccate le conchiglie di plastica. -Ti ha rimesso in moto il cuore: il livello di ossigeno era sceso troppo per mantenerti in vita; sono intervenuto appena ti ho visto. Non so che cosa ti stia passando per la testa, ma è la verità, credimi, aru!
C'era qualcosa negli occhi dell'umano che lo spinse a credere alle sue parole, tuttavia non lo lasciò andare. -Chi è quel tizio che mi ha fatto mettere qua dentro?-
-Non so di cosa stai parlando– Ma non fece in tempo a completare la frase che le parole gli morirono in gola, soffocati dalla stretta del tritone.
-Ti ho fatto una domanda; era un tizio grosso che fumava un sigaro, mi ha fatto delle domande e poi mi ha lasciato qui dentro a morire. Voi lavorate insieme, sapete tutto. Chi era-
-Se fumava un sigaro era sicuramente Esteban- tossicchiò -ma non possiamo uccidervi, sono gli ordini del governo, forse ti sei confuso-
Il suo sguardo si indurì; si chiese se non fosse il caso di ammazzarlo subito; tuttavia riuscì a dominarsi: aveva ancora qualche domanda.
-E chi è Esteban?-
-Qua dentro è il capo; dirige l'intera operazione Sirena; comanda praticamente tutto, aru- era molto spaventato; i suoi occhi si erano fatti enormi per la paura.
Fece un respiro profondo -c'è un modo per uscire da questo posto senza farsi notare?-
L'umano tremava -Non lo so, sono informazioni riservate, conosco solo l'ingresso pricipale-
Ivan sospirò -E allora non mi sei di nessun aiuto-
Avvicinò il viso del ragazzo al proprio, la mano smise di stringere il collo per cingere la vita, lo avvolse con l'altro braccio come le spire di un serpente -Anzi, forse qualcosa potresti ancora darmelo- erano mesi che non si nutriva, se doveva morire voleva farlo combattendo nel pieno delle forze.
Lo baciò quasi con rabbia, le sue labbra erano morbide e calde. L'umano non restituì il bacio, se ne rimaneva immobile stretto nella sua morsa.
Capì subito che qualcosa non andava; non sentiva la vita del ragazzo entrare a rinvigorire il suo corpo, anzi, sentiva quasi l'istinto di proteggere la sua preda, il pensiero gli fece venire la nausea -Ma cosa...-
Si staccò da lui: era intontito, ma sano come un pesce; come aveva fatto a non morire sebbene gli avesse appena dato il bacio della morte?
L'umano sfiorò le proprie labbra -Ma perchè l'hai fatto?-
Non poteva mica dirgli la verità: si inventò una scusa -E' un ringaziamento per avermi salvato, da noi si fa così; dovevo essere sicuro che dicessi la verità, scusa per i modi- sfoderò il suo sorriso migliore -avevo paura che anche tu volessi farmi del male-. Era incredibile la quantità di bugie che riusciva a inventare al momento, ma sembrò funzionare: l'espressione dell'orientale mutò pian piano da perplessa e spaventata a solare e accondiscendente -Ah ma allora non c'è niente di cui preoccuparsi, aru! Io non ti farò niente; ti capisco, eri spaventato, e impaurito; non è colpa tua- si rabbuiò -Ma perfavore non mi ringraziare più così. Aru!
Gli aveva appena perdonato tutto e ora lo guardava con simpatia, prima o poi avrebbe dovuto scoprire come mai era immune; era un individuo davvero fuori dal comune. Forse non era stata una così grande disgrazia il fatto che fosse sopravvissuto, e chissà se avere un'alleato sarebbe stata una fortuna per lui.

 

Ludwig aveva sempre apprezzato i viaggi in macchina; quelli comodi che si facevano in compagnia della propria famiglia con i dischi delle canzoni a palla che suonavano musichette idiote: la vacanza perfetta.
Ma in quel momento avrebbe voluto essere d'appertutto tranne che nel fuoristrada del fratello.
Gilbert guidava come un matto sulla strada bagnata dalla pioggia scrosciante, dietro di loro Feliciano si aggrappava convulsamente a Elizaveta, spaventato a morte dalla macchina, non aveva mai visto niente di simile: la ragazza non faceva altro che coccolarlo e sussurrargli che andava tutto bene. Non sarebbe potuta andare più lontano dalla realtà.
Erano partiti non appena avevano ricevuto la notizia. Feliciano aveva riconosciuto un certo Kiku nelle foto, e così aveva insistito per andare anche lui; Eliza era voluta andare perchè non voleva lasciare solo Feliciano e Gilbert era voluto andare perchè sosteneva che lui non era minimamente in grado di guidare una macchina favolosa come quella.
-Come è possibile che nei due giorni in cui manco al lavoro Esteban faccia così tante stronzate?- Sbottò Gilbert; si rivolse con rabbia verso i due dietro di loro -E voi perchè diavolo siete voluti venire?!? Se vi prendono siete morti, credevo di essere stato chiaro quando ve l'ho detto!
-Gilbert, là dentro potrebbero esserci dei nostri amici; come pretendi che stiamo con le mani in mano in un momento simile?- Eliza riusciva sempre ad avere l'ultima parola. Suo fratello sospirò -E va bene; però restate in macchina finchè non ve lo diciamo noi-
-Anche su questo devo contraddirti; ti ricordo che io e te facciamo lo stesso lavoro-.
Da quel momento in poi Gilbert se ne stette zitto tenendo gli occhi fissi sulla strada: un tic nervoso gli attraversava un occhio che apriva e chiudeva ad intermittenza; gli dava un che di comico, nonostante la situazione fosse tutt'altro che allegra. Ludwig evitò di parlare: capiva perfettamente la preoccupazione del fratello per la sua ragazza.
-E una volta dentro che facciamo? Non li libereranno mai: non possiamo entrare e farli uscire dalla porta principale come se niente fosse; il magnifico me non ce la farà mai- era passato da un momento di frustrazione a uno di impotenza. Gli mise una mano su una spalla -Intanto entriamo e vediamo cosa si può fare; forse troveremo anche una soluzione per il problema di Eliza-.
-Da quando in qua sei così ottimista? Conoscendo Esteban basterà un solo passo falso per essere arrestati e mandare loro due sotto un vetrino.
Sospirò; suo fratello aveva ragione, conosceva il capo da molto più tempo di lui, che ci aveva a mala pena parlato -Capisco, e nell'ipotesi migliore?-
-Era quella la migliore-
Dietro di lui Feliciano sobbalzò.

 


-Hai vinto ancora, bastardo!-
Antonio si maledisse: dopo la simpatia iniziale Lovino si era un po' inacidito nei suoi confronti, l'idea di portare degli scacchi era stata troncata sul nascere, partita dopo partita l'umore del tritone peggiorava sempre di più. Un po' perchè essendo stato costretto a ritornare nella vasca doveva dire a voce dove voleva mettere le pedine senza poterle toccare, ed anche per il fatto che essendo in acqua i pomodori avevano un sapore meno buono che sulla terraferma, anche se continuava a mangiarne in quantità industriali.
In quei giorni aveva imparato a conoscerlo meglio: le volte in cui non era di cattivo umore (che erano veramente poche) avevano parlato parecchio: le prime volte erano informazioni innocenti sui loro usi e costumi, che lui annotava su un taccuino. Poi quando erano arrivati a parlare delle loro vite aveva messo via carta e penna e non se ne andava finchè non si era addormentato. Parlava sempre di suo fratello e di ciò che facevano insieme: gli aveva detto che erano praticamente gemelli. Ma si rattristava sempre quando parlava del giorno in cui lo aveva perso, piangeva spesso, e lui era felice di poterlo consolare avvicinandosi al vetro e appoggiandoci una mano sussurrando parole di conforto finchè lui non si calmava e si rannicchiava sul vetro, a pochi millimetri da lui: era orribile non poterlo toccare o sentirne il calore; non sapeva il perchè, ma voleva stare con lui ogni secondo di più. Si era inventato la storia degli scacchi dicendo ad Esteban che voleva vedere i tempi di ragionamento di una di quelle creature, il permesso era stato quasi immediato, e ora poteva stare più tempo con Lovino, anche solo per poterne studiare le reazioni e ascoltarne le imprecazioni, molte volte rivolte contro di lui. Ma ormai aveva capito da tempo che quella di Lovino era solo una facciata. Quello vero si affacciava di rado, ma era bellissimo vedere come era veramente. Il pensiero gli strappò un sorriso.
-Che cazzo hai da ridere, bastardo!-
-Niente, niente- disse trattenento a stento le risate; come era buffo quando si arrabbiava: le guance gli diventavano tutte rosse, sembrava un pomodorino!
-E allora smettila di ridere! Mi da fastidio, bastardo!-.
Smise subito di ridere, ma continuò a sorridere -Che ci posso fare se mi piace stare con il mio tomatino?-
-Mi stai paragonando ad un ortaggio?!?- quando non aggiungeva l'insulto alla fine della conversazione significava che era davvero in imbarazzo.
Quanto gli piaceva stuzzicarlo; si avvicinò al vetro e diede un bacio sulla superficie lucida -Oh,si,l'ortaggio più carino di tutti-.
Le guancegli avvamparono -Antonio?-
-Si-
-VAMMI A PRENDERE ALTRI POMODORI, BASTARDO!-

 

Vash aprì pigramente gli occhi; intravide Feliks e il leader Roderich ancora profondamente addormentati; scosse con forza la testa. I capelli erano leggermente più lunghi di come se li ricordava. Improvvisamente gli balenò in testa un pensiero: ma quanto aveva dormito?.
Il fondale sul quale aveva dormito era duro e scomodo, aveva ancora i segni dei sassi impressi sulla pelle, alcuni aderivano così tanto alla pelle che dovette staccarseli con un certo dolore. Si guardò intorno; riconobbe diversi appartenenti al clan tra Natalia, Toris, Sadiq ed Heracles.
Si trovavano in una camera sorromarina creata dalle rocce cadute dopo l'esplosione; si erano miracolosamente accatastate attorno a loro permettendogli di sopravvivere.
Nella luce fioca che filtrava dalle acque intravide qualcosa spuntare tra le rocce: si avvicinò incuriosito e quello che vide gli fermò il cuore: era un braccio, un braccio umano che apparteneva a qualcuno palesemente senza vita.
Più si avvicinava più sentiva il dubbio premere contro la propria memoria. Cosa aveva dimenticato? Era sicuro che fosse qualcosa terribilmente importante: cosa? O per meglio dire chi?
Spostò le rocce per liberare il corpo e ne scoprì il volto.
I ricordi lo investirono completamente; un attimo prima stava sorreggendo il corpo della sorellina e un attimo dopo era a terra in preda ai conati: ricordava ogni singolo particolare dell'esplosione, ogni singolo frammento di roccia che era passato davanti ai suoi occhi.
Si avvicinò tremante al corpo e lo liberò completamente dalle rocce, togliendo con delicatezza tutti i detriti dal suo corpo, come se fosse ancora viva.
Scavò una fossa con le mani lavorandoci per chissà quanto tempo: i periodi di luce e buio che filtravano dalle rocce si alternarono senza che lui li contasse: qualcuno dei suoi compagni di sventura si era svegliato e si era offerto di aiutarlo, ma lui voleva fare tutto da solo. Tra tagli e lacrime riuscì a scavare per due metri buoni prima di raggiungere la nuda roccia.
Quando si decise a dire addio a Lili si erano ripresi tutti per poter assistere al funerale: furono dette poche parole, nessuno era in vena didiscorsi. Poco prima di seppellirla aveva sentito alcuni membri del clan parlare tra loro: dicevano che era stato fortunato, perchè aveva avuto la possibilità di poter dire addio per sempre a sua sorella, mentre per i loro parenti non ci sarebbe stata nessuna sepoltura. In quel momento gli dava ragione,  mentre prima non aveva fatto altro che crogiolarsi nella disperazione. Aveva la possibilità di dire addio alla sua Lili. Le chiuse gli occhi e le diede un breve, affettuoso bacio sulla fronte. -Addio sorellina- sussurrò; le sfilò il nastro dai capelli e se lo legò al polso. Non la avrebbe mai dimenticata.
La ricopri di terra e depose dei sassi colorati sopra la tomba.
Da qualche parte, sopra di lui nacque una stella.

Roderich gli mise una mano su una spalla -Vi giuro che vendicheremo la morte dei nostri compagni- disse rivolto a tutti -Libereremo quelli sotto il giogo degli umani e distruggeremo chiunque abbia architettato tutto questo.
Alzò gli occhi al cielo -Umani- sussurrò -preparatevi a morire-.

ANGOLO AUTRICE
scusate il ritardo: ecco qui il nuovo capitolo! Spero vi piaccia =)
ringrazio tutti quelli che hanno recensito e i lettori silenziosi.
A presto
alpha_omega.

 
  
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