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Autore: NicholasFox    05/09/2013    3 recensioni
Questo sarà la mia prima opera che scrivo. Spero vi piaccia. E' fantasy, con personaggi inventati da me e mossi in un mondo parallelo, con dei reami a sè. E recensite ;)
Una mia amica mi ha aiutato con i nomi. Buona lettura ;)
In una fredda notte scura, in un reame del mondo di Sarhanaeg, una setta oscura risveglia un pericolosissimo mostro di nome Yugoo'th. E' solo l'inizio degli incubi, per questo mondo, e toccherà a dei giovani amici combatterlo.
Genere: Avventura, Dark, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Buio. Era notte fonda, non si riusciva a vedere nulla. Saranno state circa le 3 di notte, o giù di lì. Un uomo alto, con dei capelli lunghi, neri ed untuosi stava percorrendo un vialetto, fatto di sassi. Era come un corridoio lungo. Non c'era luce, e ai lati si ergevano grandi piante tetre e morte. Erano dei salici, ma forse una volta. Ora avevano più l'aspetto di alberi senza vita, prive di ninfa vitale, cadenti. L'uomo indossava una lunga tunica grigia come la nebbia, e la sua testa era coperta da un grande cappuccio, anch'esso grigio come il cielo durante una tempesta. Del suo viso si riusciva a scorgere solamente un naso adunco, una piccola e stretta bocca e due occhi socchiusi, tenebrosi, con delle pupille nere. Le sue mani erano riposte all'interno di piccole tasche ai lati della sua tunica logora. Si avvicinò ad un enorme cancello di ferro nero, con scolpiti disegni di morte, pugnali e spade incrociate, insieme a dei soldati che cadono in battaglia. Pronunciò qualcosa con la bocca, qualcosa in una lingua antica e, forse, oramai morta. La sua voce era fredda e metallica, oltre che profonda. Somigliava ad un tono che poteva avere un uomo sulla sessantina d'anni. Ma no, lui non ne aveva di certo così pochi. Aveva vissuto troppo a lungo. Una vita troppo immensa, ed aveva visto troppe cose. Troppe cose inquietanti. Aveva vissuto la Grande Battaglia fra il regno di Shadon e il regno di Ephaesthood. Aveva combattuto a fianco della sua patria, Shadon, ed aveva visto tanti morti, troppi. Alla fine Shadon cedette e perse. Ma non avevano del tutto perso. Infatti Shadon era il regno della magia oscura, e dei rituali affini alla necromanzia. Con uno di essi riuscirono a riportare in vita tutti i soldati che erano stati decapitati dalla spade di Ephaesthood, ma non osarono riattaccare. Rimase solo la loro sete di vendetta. Un giorno riavrebbero attaccato, ed avrebbero vinto. Questo era certo. L'uomo giunse un cortiletto, anche questo privo di qualsivoglia forma di luce. Era uno spazio circolare, con delle panchine ed al centro una grande fontana, che un tempo doveva contenere dell'acqua. Ora era vuota, asciutta. Non c'era nient'altro. Alla sua sinistra si innalzava una grande villa, un tempo appartenuta a Pulzont, re di Shadon. Però una rivolta nata nel regno lo spodestò, e rimase ucciso dalla folla urlante ed arrabbiata. Da quel momento la sua villa era una fonte di ritrovo per tutte le sette oscure esistenti nel regno di Shadon, e delle loro pratiche di magia nera. Ma più di tutti, utilizzavano quel posto la setta Tartaros, la più potente del regno. Avevano ottenuto il potere durante la Grande Battaglia Shadon-Ephaesthood, e da allora erano quelli che incutevano più terrore. Una volta entrati a far parte dei Tartaros, non ne uscivi più. E se solo ti passasse per la mente il pensiero di abbandonarli, venivi ucciso. Esatto, sapevano controllare la mente. E questo era stato sempre un problema per tutti i regni di Sarhanaeg. In tutto i regni erano quattro: Shadon, regno della magia oscura, Ithaqua, regno degli ottimi pescatori e degli abili navigatori, Ephaesthood, regno dei fabbri, della metallurgia e della tecnologia e Mahkrat, regno di valorosi soldati, di grandi nobili e capitale del mondo. In particolare questi ultimi nutrivano più timore. Il fatto di essere capitale di Sarhanaeg li rendeva un obiettivo più elevato, rispetto agli altri regni. E dunque, controllare questo reame significava avere il monopolio su tutto il mondo intero. L'imperatore di Sarhanaeg, Meshare, aveva stabilito leggi precise circa l'utilizzo della magia nera. Ma di certo agli abitanti di Shadon non era che gli importasse qualcosa. Loro erano gente squallida, inaffidabili. Non si poteva contare su di loro, mai. L'uomo si stava dirigendo verso questa fontana vuota, tirando fuori la mano ed estraendo dalla tasca delle pietre. Erano di un colore nero come la pece, ed emanavano calore. Non scottavano, ma comunque erano caldi. Li guardò un attimo con esitazione. La sua bocca cominciava ad incurvarsi in una smorfia leggermente irritata. Poi chiuse appena gli occhi, e gettò queste pietre a terra. Non appena toccarono la superficie di quella che una volta fu la fontana di Villa Pulzont, si ruppero, emanando del fumo grigiastro, con delle sfumature di un colore sconosciuto. Nell'aria si espanse un odore acre, simile a quello del zolfo e delle uova marce. All'improvviso delle sagome spuntarono ai lati del cortiletto. Avevano tutte la stessa tunica dell'uomo, e lo stesso cappuccio. Emanavano tutti lo stesso odore nauseabondo e tutti avevano dei capelli neri ed untuosi. Erano in tutto una decina, forse poco più. Si misero in cerchio, attorno alla fontana, tenendo l'uomo al centro di esso. Lo stavano tutti fissando. SI notava come l'uomo stava sudando freddo, dall'agitazione. O forse per l'emozione. "L'hai portato, Taldow?" chiese uno di questi all'uomo. Lui rimase un po' in silenzio, poi guardò a terra. La sua risposta non fu quella che tutti si aspettavano, e Taldow lo sapeva bene, infatti il suo tono di voce era basso ed imbarazzato. "No, mi dispiace, mio signore". Quell'uomo, che Taldow aveva chiamato 'signore', lo squadrò un attimo. Stava cominciando ad averne abbastanza di Taldow. Sospirò. "Ti ho dato abbastanza possibilità di portare a termine con successo almeno un'impresa. E tu mi ripaghi così?" stava urlando, infastidito da quell'uomo che un tempo chiamava amico e che un tempo era il suo braccio destro, prima che lo rinnegasse a semplice affiliato della setta. "Dovrei ucciderti io stesso per la tua indisciplina! Ma..." lo guardò dritto negli occhi. L'espressione di Taldow fu di sorpresa. Rvolse il suo sguardo al suo signore, come per chiedergli come mai quel 'ma'. Ma poi la risposta arrivò subito. "...mi servi per un altro scopo. Assai più importante.". Taldow non riusciva a comprendere. Voleva tanto chiedergli qual'era questo scopo, voleva chiedergli tante cose. Ma sapeva che non avrebbe mai risposto, il capo della setta di Tartaros. "Sapevo che avresti fallito, ormai è prevedibile". Il Signore continuò. Taldow ebbe un tuffo al cuore alla parola 'prevedibile. Non si fidava più di lui! Si ricordava bene com'era una volta. Affidava sempre a lui tutte le missioni perchè era sicuro che riusciva a portarle a termine. Ma ora basta, tutto il passato è svanito in un secondo. "Per questo ho incaricato Jawez" indicò con il suo dito unto un uomo dall'altra parte della fontana. "Di portarmi la scatola che ti avevo chiesto". Non poteva essere vero! Non poteva aver incaricato anche quel buono a nulla! Ma doveva affrontare la verità: ormai non valeva più niente. Se si era fatto battere pure da un pivello, appena entrato nella setta. Jawez si avvicinò tremante al Signore, porgendoli la scatola. E ritornò al suo posto, notando con scherno il viso infuriato di Taldow. La scatola era piccola, rossiccia e con dei ricami incisi sul legno. Non si capiva che c'era disegnato, ma di sicuro qualcosa sulla morte. C'era inoltre una lunga strisciolina rossa che incorniciava la parte superiore, di questa scatoletta. "Ti devo togliere l'immortalità. Non mi servi più a nulla." Detto ciò fece un rapido gesto della mano sopra la testa di Taldow, ora inginocchiato, umiliato. Sgranò gli occhi terrorizzato. "Ma così morirò!". Si portò una mano al cuore. Aveva cominciato a battere forte. Guardò supplichevole il Signore, con un espressione triste dipinta sul volto. Lui lo guardò con una finta compassione. "Fra due giorni. Oh, ma che peccato!". Si sentirono alcuni accennare una risatina frettolosa, per poi smettere subito. "Come detto prima, mi servi, proprio in questo momento": "A cosa, Signore?" chiese, ancora scioccato del fatto che gli erano rimasti pochi giorni di vita. "Adesso lo scoprirai." rispose il Signore. Il cerchiò si vece più ampio, perchè tutti fecero due tre passi indietro. Il Signore poggiò la scatoletta di legno sul bordo della fontana, delicatamente. Qualunque cosa contenesse, non era di certo nulla di buono. Poi poggiò una mano sulla spalla di Taldow. "Mi dispiace, ti avevo sempre voluto bene." fu il suo unico commento. Prese un pugnale d'acciaio, forgiato da una fucina di Ephaesthood. Strano, data la rivalità fra i due regni. Ma lì c'erano i migliori fabbri di tutto il mondo di Sarhanaeg, e pure quelli di Shadon si rivolgevano a loro. Nell'impugnatura era dipinto un grande teschio. Taldow sapeva fin troppo bene quanto il Signore ci tenesse a quell'arma. Grazie a quella aveva ucciso una gigantesca creatura che minacciava di distruggere Shadon, ma che ora nessuno si rammentava il nome. Erano passati talmente tanti anni! Puntò il pugnale sulla spalla di Taldow. Con un fulmineo scatto scoperchiò la scatola. Un fumo violenti ne fuoriuscì, un vento capace di radere al suolo qualsiasi albero gigantesco e millenario. Infatti, tutti quei confini di Villa Pulzont vennero invasi da questo turbine di aria. Un uomo volò via, ma gli altri rimasero ancorati al terreno. Il Signore sorrideva, incurante di ciò che stava accadendo. Impugnò saldamente il pugnale e decapitò la testa di Taldow. Questa rotolò all'interno della fontana, lasciando una scia lunghissima di sangue, e schizzandone ancora. Il corpo di Taldow cadde a terra, inerme, ancora un espressione di terrore dipinta sul volto. Non appena il sangue venne a contatto con la scatola, questa prese fuoco. Il Signore rideva e continuava ad urlare "Yugoo'th!" Poi, da questo fuoco rovente, prese forma un mostro. Era enorme, con una pelliccia nera. Aveva delle fauci enormi, per non parlare degli artigli. Delle lunghe unghione appuntite. Se solo ti avesse toccato con una di quelle saresti di sicuro morto. Aveva un viso anch'esso peloso, con un muso lungo. Quello somigliava molto al muso di un lupo mannaro. Aveva due occhi cavi e neri. Dal busto in giù c'era un corpo e delle gambe di un orso. Era un essere metà orso, dalla pancia in giù, e metà lupo mannaro dalla pancia in sù. Una bestia enorme, mai vista in passato. Agguantò due degli uomini della setta e se li mandò dritti in bocca masticandoli e triturandoli con la sua bocca con denti aguzzi, per poi inghiottirli. "Yugoo'th! Non vogliamo farti del male!". La voce del Signore era quasi triste. Si stava rendendo conto di ciò che aveva fatto. Quel mostro, che a quanto pareva si chiamava Yugoo'th si girò verso di lui fissandolo, pieno di odio. In men che non si dica lo agguantò per le sue estremità e tirò. Il Signore si spezzò in due. Non esisteva più. Il mostro inghiottì anche lui. Tutti quelli della setta stavano scappando, impauriti e strillando. Yugoo'th si voltò a guardare la luna, contento finalmente di essere vivo. Partì alla carica, correndo verso l'uscita della Villa Pulzont. Schiacciò il cancello di ferro, come se fosse un pezzo di pane e corse verso la città più vicina: la capitale di Shadon. Ora tutto quel regno era in pericolo, a causa di questo mostro. Ma se fosse uscito da quei confini? Se avesse raggiunto anche gli altri reami? Cosa ne sarebbe stato di Sarhanaeg? Non aveva mai avuto a che fare con mostri del genere, così grandi e così pericolosi. Era una novità.
  
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