Anime & Manga > Pokemon
Segui la storia  |       
Autore: A q u i l e g i a    06/09/2013    8 recensioni
«Lucciola» sussurrò. Già, lucciola! Un essere fragile, indifeso, impaurito, ma che cerca di brillare come una stella. Ecco cos'era.
Vera è una passeggiatrice dei grandi viali di Tokyo, la cui vita è segnata profondamente da questo stile vitalizio.
Con il suo Skitty, vive in uno squallido e deprimente appartamentino nel centro, dove arranca a fine mese per poter pagare l'affitto.
Genere: Angst, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Drew, Misty, Vera | Coppie: Drew/Vera
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Anime
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Anteprima:

Vorrei scusarmi con tutti voi per avervi sottoposti a questo vergognoso ritardo. Alla fine, con il caldo, l'università e lo stress accumulato, scrivere non era più un piacere, ma un vero obbligo e, di conseguenza, una nuova fonte di tensione.

Spero che questo capitolo possa essere di gradimento a quelle anime pie che riusciranno a perdonare il mio ritardo.

Inoltre, ci tengo a precisare che i personaggi apparsi in questo capitolo non sono OC, ma sono rispettivamente: Dent (Spighetto – sì, non giudicatemi); Melanie (nome tedesco per Karen) e Itsuki (Pino); i quali, in ogni caso, verranno sviluppati maggiormente nel prossimo capitolo e sono tutti OOC.

 

Grazie per l'attenzione.

 

Terzo Capitolo

第三章

 

 

 

Quanto avrebbe voluto cambiare vita, voltare pagina, o capitolo. Non vergognarsi del proprio impiego, potersi pagare l'affitto senza favori e con soldi puliti; eppure, malgrado gli sforzi, la cosa si prospettava ardua. Chi sarebbe stato disponibile a dare lavoro a una lucciola, doveva essere un sant'uomo. Poco, ma sicuro.

Uno spiraglio, però, s'era aperto grazie a quel misterioso salvatore. Fu molto breve.

«Se proprio vuoi, vai a fare visita nel locale dove lavoro. Sono sicuro che il vecchio Dent saprà essere buono»

 

Il locale di cui parlava non era grande, nemmeno appariscente. Privo di insegna e di grandi vetrate, l'unica cosa che saltava all'occhio era la porta verdognola. Su di essa, infatti, v'era infisso, nell'esatto centro, un piccolo quadretto. Una birra, piena, con la schiuma bianca; ecco cosa v'era rappresentato. Diceva già tutto, non serviva specificare che tipo di locale fosse: si vendeva birra, cos'altro importava?

Semplice e modesto, dalle poche pretese. Nato per far trascorrere alle persone una piacevole serata. Nulla di più, nulla di meno.

La particolarità che si annidava in quel luogo era un incredibile aroma, simile a quello dei sigari che non hanno ancora conosciuto il tocco ardente del fuoco. Pungente.

Vera stentava a riconoscerlo dall'ultima volta che c'era stata. Una sola e poco significativa volta, ma se la ricordava. Solo per accendersi una sigaretta. Ma, da quella notte, sembrava diverso. Non era quel luogo tetro e squallido che aveva impresso nella mente. Appariva, invece, più sobrio alla vista e non dava l'idea di essere un locale frequentato da ragazze squillo e uomini che non hanno nulla da perdere se non la propria dignità umana.

Si trovava esattamente di fronte, con la luce del sole che batteva, tiepida, sull'uscio. Con una leggera spinta, aprì la soglia, venendo sommersa da quell'onda aromatica che le mandò in confusione i pensieri.

«Sei tu Haruka?» una calda e roca voce le balzò subito alle orecchie.

Persino il proprietario le sembrava diverso. Anche lui con i capelli verdi, ma di una tonalità più chiara rispetto al suo vicino di casa. Non dava l'aria di essere un folle punk: più che altro uno che si divertiva a tingersi i capelli.

«Sì, sono io» rispose, avvicinandosi all'uomo.

«Drew mi ha parlato abbastanza bene di te» annunciò, sfoggiando un grande sorriso.

«Si chiama Drew?» giustamente, non poteva saperlo.

L'uomo scosse la testa in segno di disappunto, ma non mutò la sua espressione.

«Comincerai oggi, alle venti in punto; se non hai altre domande»

«I pagamenti?» era forse l'argomento che più premeva a Vera. Doveva pur vivere in qualche modo: senza soldi non sarebbe andata da nessuna parte.

«Dipende dagli incassi. Purtroppo non posso fare altrimenti» tirò un leggero sospiro di malinconia «Se ti va bene, la cifra si aggirerà sui 50.000 yen al mese»

 

Tutto così in fretta, senza che si potesse accorgere di nulla, si ritrovò ad avere il primo lavoro onesto della sua vita. La stabilità era il problema più grande che doveva affrontare, e il fatto che la sua paga fosse di poco superiore all'affitto di certo non avrebbe giovato alla situazione. Però, poteva sorridere, per una volta.

Quella sensazione di sporco se ne stava andando, lentamente.

 

Si ammirò nello specchio un'ultima volta prima di uscire di casa. Quel vestito nero le sembrava stare d'incanto, ma forse era solo una sua impressione. Dopotutto, era abituata a vestirsi in modo ben diverso prima di uscire: solitamente degli stretti jeans che stentavano a superare l'inguine e una maglietta corta molto scollata. Eppure, oggi si sentiva diversa.

«Il primo passo per diventare una donna migliore» si disse, con una palese nota di allegria.

Fu lo stesso atteggiamento con cui superò le strade dell'immensa città. Pensava potesse essere difficile camminare con una gonna che le arrivava alle ginocchia: non lo aveva mai fatto prima, dopotutto.

Si ritrovò a sopravanzare anche i quartieri in cui bazzicava le sere precedenti, ma si sentiva orgogliosa di non dover più vivere quell'orrenda esistenza, dettata dal sesso a pagamento.

 

La notte avvolse, come un velo, le strade; brunendo le ombre e il cielo. Le conveniva prendere la metro, ma doveva cercare di spendere il meno possibile. Non poteva permettersi sprechi, visto che la sua vita lavorativa sarebbe stata anche meno redditizia di prima.

Un chilometro o forse due, ogni sera dopo le otto. Certo, non era facile e la tentazione di utilizzare mezzi più veloci era forte.

Ora il locale le sembrò già più familiare: di giorno, la presenza di scale che affondano sottoterra, non crea alcun fastidio; ma di notte, il tutto sembra più tetro e maligno.

Infilò la mano destra nella borsetta e prese in mano il cellulare.

«Le 7:56» pensò. Era anche in anticipo, sebbene di poco; ma era importante, almeno per lei, dare una buona impressione fin dal primo giorno.

Aprì la porta, cercando di farsi coraggio. L'intenso aroma di sigari, che l'aveva così inebriata quello stesso pomeriggio, era diventato un leggero e flebile odore, un aroma delicato, ma poco percettibile.

Le orecchie riuscirono a percepire dei sommessi e deboli ansimi dal fondo della sala, probabilmente dal ripostiglio. Non faticò ad immaginare che cosa stesse accadendo là dietro, né le premeva di scoprirlo.

«Vergognoso» Vera si avvicinò facendo attenzione a non rumoreggiare in modo troppo evidente. Giunta davanti alla porta, della sua stessa altezza, bussò sonoramente.

Non aprì nemmeno; ma si sedette sullo sgabello più vicino per godersi la scena: per una volta non era lei ad essere pizzicata nel compiere atti di tale scempio. Un cigolio le fece intuire che la porta si stesse aprendo.

Da essa, difatti, a capo chino per non sbattere la testa per via della soglia troppo bassa, uscirono, uno alla volta, due ragazzi, dai capelli color del male.

«Disturbo?» interrogò maliziosa.

«Non è come pensi!» si giustificò il ragazzo, mentre si asciugava con la mano le goccioline di sudore sulla fronte «Stavamo facendo...»

«L'inventario!» esplose la ragazza, cercando di ottenere il consenso del compagno.

«Dev'essere stato faticoso...» ironizzò Vera, con un sorriso quasi malizioso.

 

«Hai già conosciuto Melanie e Itsuki, dunque?» domandò il direttore del locale alla nuova arrivata, sorridendo.

Si limitò ad annuire, per evitare ulteriori imbarazzi alla giovane coppia.

«Ottimo! Così risparmiamo tempo!» l'esuberanza del signor Dent era quasi contagiosa, ai limiti dell'irritante; ma Vera cercò di passarci sopra. Dopotutto, era lì per ricostruirsi una vita, passo dopo passo.

Tra i dipendenti del locale, notò subito la figura di Drew. Slanciata e flessuosa, dallo sguardo di ghiaccio, assente, eppure penetrante.

«Te la affido.» fece il proprietario a Drew, indicando la giovane e inesperta Vera. Il giovane alzò le spalle, quasi non gliene importasse più di tanto, ma per la ragazza non era necessario. Era l'unica figura sulla quale riusciva a fare affidamento, in quel posto, e ciò era già positivo.

«Appena arrivano i clienti» iniziò lui, non appena il capo lasciò la sala «Mostra la merce»

Vera titubò, assumendo un'espressione sbigottita.

«Intendi le birre? I boccali?»

«Certo che no!» era ironico «Per merce, intendo le tue curve, bella mia...»

«Mi prendi in giro?» non poteva credere a quella frase.

«Farai felici i clienti e un cliente felice è un cliente che paga»

Vera rimase muta. In fondo, era lo stesso identico principio che aveva adottato quando batteva per le strade.

«...E la mia dignità?» abbassò lo sguardo con fare indignato.

«Suvvia...» s'intromise Melanie «Forse Vera non è adatta al bancone, non c'è problema!»

Prese la compagna per mano e la trascinò via da lì. Drew sbuffò, in segno di disapprovazione.

«Allora tu ti occuperai delle pulizie, non è nulla di grave, sta' tranquilla!» la ragazza sfoggiò un enorme sorriso a trentadue denti. Era raro che qualcuno le dimostrasse cotanto affetto, ma forse faceva parte dell'indole di Melanie.

Vera prese in mano una scopa e, con grande impeto, spazzò i pavimenti. Vi ci sfogò tutte le sue frustrazioni, come se la pulizia fosse un antistress.

 

In breve tempo, arrivò la mezzanotte e il turno finì.

«Torniamo a casa insieme?» le domandò Melanie, mentre si copriva con il cappotto beige e foulard rosso.

«Dove abiti?» Vera era felice di quella proposta: lo si leggeva nei suoi occhi.

«Vicino a Shibuya, tu?»

Nella sua mente, Vera emise un gridolino di gioia. Sotto sotto, la giovane ragazza che le si mostrava di fronte era motivo di curiosità: voleva conoscerla meglio, in poche parole.

«Anche io!» cercò di moderare la nota stridula che assumeva quando l'esuberanza sforava dai limiti, senza riuscirci, ovviamente.

Ogni volta che sorpassavano un lampione, grazie all'incredibile luce sprigionata, Vera poteva ammirare l'incredibile bellezza della compagna. Una cosa, fra tutte, spiccava: i capelli. Li definirebbe “malvagi”, perché è così che sua madre chiamava chi aveva i capelli tinti con il blu. Eppure, erano talmente belli e lucenti che, quasi quasi, provava invidia.

«Beh? Vogliamo starcene così mute tutto il tempo?» Melanie non aveva di certo un carattere introverso, poco ma sicuro «Come t'è sembrata la giornata di oggi?»

«Drew mi ha deluso.» rispose secca, quasi amareggiata.

«Secondo me, l'ha fatto solo per vedere se volevi davvero dare un taglio alla tua precedente vita» quelle parole erano davvero sincere.

«Dici?» si limitò a domandare Vera, quasi per timidezza, che per altro.

«Beh, in genere è più gentile...»

«Comunque» la interruppe «Grazie per essere intervenuta! Conoscendomi, sarebbe finita in una scazzottata!» cominciò a ridere felicemente, contagiando la compagna che la seguì a ruota.

Era bello, ridere.

 

«Ora devo svoltare. Ci vediamo domani, okay?»

In pochi secondi, Melanie si allontanò, lasciando Vera raggiante come non mai.

Pochi passi la separavano dall'appartamento in cui viveva. Finalmente, dopo tanto tempo, non stringeva dei soldi in mano, non le doleva l'inguine e il suo onore come donna non era stato toccato. Era un piccolo gradino, su una scala lunga chilometri, ma uno in più era meglio di uno in meno. Avrebbe voluto vedere la signora Fujiko, la governante del palazzo, mentre varcava l'ingresso.

Invece, appena entrò nell'edificio, nessuno era lì ad attenderla. Alcune voci si facevano strada tra i corridoi, ma una, in particolare, le era familiare. Bassa, profonda e leggermente roca. Era l'unica, tra le due, che riusciva a distinguersi.

Salì le scale velocemente, spinta dal desiderio di incontrare colui che possedeva quella voce. Arrivò allo stesso piano sul quale abitava. Con passò svelto, si avvicinò al suo appartamento, notando con stupore la figura della signora Fujiko, affiancata da una a lei sconosciuta, eppure tremendamente familiare.

Non appena la luce riuscì ad illuminare quell'uomo, una feroce morsa al cuore le bloccò il respiro. Gli occhi, prima quieti, si riempirono d'odio e di rabbia, ma anche di paura.

La sua bocca riuscì a pronunciare una sola e semplice parola. «Saké.»

 

  
Leggi le 8 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Pokemon / Vai alla pagina dell'autore: A q u i l e g i a