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Autore: Kafkaesque    07/09/2013    9 recensioni
Nel loro specchio, lui sorride per farla sorridere.
[Cersei/Jaime]
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cersei Lannister, Jaime Lannister
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Incest
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E nello specchio

 

 

 

You spoke my language and touched my limbs,
It wasn't difficult to pull me from myself again.
And in our travels we found our roads,
You held it like a mirror showing me the life I chose.

 

Dear fellow traveler, under the moon,
I think I'm growing weary and I'm hoping you'll come soon.
And if I see you in clean new clothes,
I hope you hold the mirror up to show me what I chose.

[Sea Wolf – Dear fellow traveler]

 

 

 

Se mai Cersei si mettesse alla ricerca del suo ricordo più antico – oltre a quei roveti di memorie a brandelli, il cielo sfocato sopra Casterly Rock, schegge di voce, suo padre, sua madre, le dita ruvide di una balia – , il viaggio la porterebbe a due bambini nel riflesso di uno specchio.

 

 

**

 

 

La seta della camicia da notte ondeggia sulle sue gambe come acqua, mentre la spazzola scivola nei suoi capelli lasciando solchi da aratro nel grano.

Hanno cavalcato tutto il pomeriggio, giù dal promontorio fino alla cittadella; i muscoli della sua schiena vibrano ancora con un costante dolore di fondo. La stanchezza è così pesante, così pesante sulle palpebre di una bambina di cinque anni.

È tardi, presto dormiranno; i rumori diventano sonnolenti, si trasformano in sussurri ovattati. La stoffa della tunica di Jaime, un fruscio di tessuto. Il tempo passa in modo strano, a scatti e sbadigli, quando la luna si alza. “Tornerò subito a spegnere la candela, cominciate ad andare sotto le coperte,” la porta si chiude e della balia è solo l'odore di sapone a rimanere nella stanza.

Cersei si volta verso lo specchio e la prima cosa che vede è Jaime nel riflesso fare altrettanto.

Occhi verdi e occhi verdi, quattro manine pallide e sottili aggrappate al lenzuolo di lino, ciocche dorate come corone ad incorniciare due volti ovali.

Cersei sorride a Jaime nello specchio, e lui sorride perché lei ha sorriso.

Uno strano senso di pace fa ronzare mollemente l'aria e rende smussati i contorni delle cose. Una piccola, assonnata verità colpisce la bambina in un battito di ciglia – occhi verdi si chiudono e si riaprono – e lei è Jaime, lui è Cersei, loro sono due, sempre. Nello specchio, sorridono perché sono completi.

Cersei non si ricorda più quale sia il suo riflesso. Non dovrebbe essere difficile, però, scoprirlo. Basterebbe che lei si muovesse. Così alza un braccio, tende le dita verso le specchio come per invitare il riflesso ad uscire e stringergliela. Il problema è che anche Jaime ha seguito lo stesso fiume di pensieri, e la corrente li ha portati alla stessa soluzione. Entrambi i riflessi hanno sollevato una mano, nello stesso momento; e i riflessi ridono, capiscono che è sciocco cercare di essere uno quando possono essere due, e poi crollano sul letto, strisciano sotto le coperte.

 

La balia spegne la candela, e solo quando la porta si è chiusa i due bambini possono abbracciarsi e incastrarsi l'uno tra le braccia dell'altro.
Il cuore di Jaime batte quando il suo tace, i respiri di Jaime sono il silenzio che vive tra i suoi.

 

 

**

 

 

I giorni si accavallano l'uno sull'altro come nuvole, ombre bianche che scompaiono senza neppure dire addio.

Lei è Cersei con un vestito di velluto rosso, un ago in mano e un fazzoletto di seta da ricamare, ma è Jaime con una tunica di panno e gambali di pelle, e le sue dita accarezzano le penne bianche di una freccia incoccata. Lui è Jaime con una spada da affilare sulle ginocchia, ma è Cersei con un libro di poesie sul grembo.

Nella loro stanza sono Jaime e Cersei, Cersei e Jaime; non sanno mai bene chi sia chi, ma sanno di essere insieme.

Nel loro specchio, lui sorride per farla sorridere.

Nel loro letto, raggomitolati sotto le coperte, non hanno più nomi. Quattro occhi verdi, due cuori, quattro mani, due bocche.

Hanno sei anni e il loro riflesso non li ha mai traditi. Non ancora.

[“Resteremo uguali per sempre?” aveva chiesto a loro padre Jaime, la domanda che lei non aveva mai osato fare.

Certo che no,” era stata la gelida risposta di Lord Tywin. “Tu diventerai un uomo.”]

Jaime sarà un guerriero, un cavaliere, Lord Lannister con tutto il prestigio e l'oro di Casterly Rock, mentre Cersei sarà venduta come merce di scambio a qualche importante Lord di Westeros. Eppure oggi sono uguali, lui indossa la sua gonna di seta e lei la sua casacca di cuoio.

Jaime diventerà un maestro della spada, comanderà eserciti, le sue urla daranno inizio a battaglie e su di lui scriveranno canzoni. Canzoni che Cersei dovrà cantare durante feste e banchetti per allietare i commensali del marito.

La rabbia è così forte e amara che le brucia la gola.

Maestro Claedon non le ha forse fatto i complimenti quando l'ha guardata tirare con l'arco? O quando ha duellato con lo scudiero, a colpi di spade di legno, finché non lo ha buttato a strisciare nella polvere? O quando ha tirato un giavellotto da cavallo colpendo una sagoma?

Ma non ero “Cersei”. Ero “Jaime”.

 

Di notte, quando si spogliano dei loro nomi come farebbero di vestiti, lei lo stringe con tutte le sue forze, appoggia un orecchio al suo petto.  Se non può essere Jaime, allora canterà il battito del suo cuore fino a far scomparire il proprio.

 

 

**

 

 

Hanno sette anni quando una serva le comunica che lei e Jaime dormiranno in camere separate. Protestare non serve a nulla, è un ordine di Lady Lannister: non è appropriato, aveva detto, che due fratelli dormano nello stesso letto, non siete più due bambini. Le camere sono l'una accanto all'altra, c'è solo un muro tra i due letti, ma lei non si è mai sentita così sola, così mutilata.

La prima notte il letto è freddo, lo specchio è vuoto, e il silenzio infetta come veleno lo spazio tra i battiti del suo cuore.
La mattina dopo, un'ancella la sveglia, le pettina i capelli e la copre con la veste di lino più morbida che abbia mia indossato e solo allora – il respiro le muore in gola – Cersei capisce che non potrà mai più essere Jaime. Li hanno divisi così, con una frase e un muro, con una semplice, brutale coltellata a quella membrana invisibile che li aveva sempre legati. L'aria dove Jaime dovrebbe essere sanguina, come il moncherino di una mano amputata. Ora Cersei è solo Cersei, ha una vita a metà – la metà marcia – . Quando apre la porta, Jaime è lì ad aspettarla, e la stringe come se non si vedessero da una vita intera.

La seconda notte, Cersei la passa sdraiata contro il muro, sapendo che oltre a quella parete Jaime sta facendo altrettanto. La sua mano batte sulle pietre con il ritmo ben conosciuto del cuore del fratello e, se ascolta attentamente e ignora il silenzio, le sembra di sentire dei colpi rispondere ai suoi dalla stanza accanto. La mattina, ancora, si abbracciano fino a lasciarsi lividi sulle spalle.

La terza notte la porta della sua camera si apre. Cersei sospira e sente lacrime di sollievo bagnarle le ciglia. Due mani, così simili alle sue, le stringono le caviglie – è così che sono nati – . Le dita di Jaime salgono, tracciano sentieri familiari sulla sua pelle, le sfiorano le anche, le spalle, il viso, i capelli.

“Dovevo venire.”

“Lo so.”

Un pace senza parole li avvolge e tutto, forse, può tornare come prima. Sono ancora due, questi nomi non servono.

“Devo andare,” Jaime mormora.

La pace si dissolve.

“Se mi addormento ora troveranno il mio letto vuoto. Ci sposteranno ancora più lontani.”

Le sue labbra sfiorano la fronte di Cersei.

“Almeno qui posso sentirti. Al di là del muro.”

C'è un dolore lancinante che le buca il petto, e anche se Jaime ha ragione non può che sentirsi tradita. Cersei, la figlia, la sorella, nella sua stanza piena di fiori, la metà inutile. La sua mano trova Jaime prima che possa aprire la porta.

“Resta.”

“Sai che vorrei-”

In situazioni del genere, Cersei ha notato, la sua mente avvampa come un incendio.

– lui deve rimanere, non devono separarsi, mai più, devono continuare ad essere due, Cersei e Jaime, Jaime e Cersei –

Nella sua testa il tempo accelera, pensiero su pensiero su pensiero, uno dietro l'altro, più veloci dei raggi di una ruota; riesce a vedere un ventaglio illimitato di azioni e parole, a rimestare memorie di precedenti conversazioni, in un lampo di febbre tutto vortica per farle trovare una soluzione.

[ “E se vuoi farlo restare, sai cosa devi fare?”

Cosa, dai, cosa?” dice una sguattera ridacchiando a un'ancella dai capelli rossi.

Devi aprire le gambe, cara.”

“Cosa succede dopo un matrimonio?” Cersei chiede alla balia, ha cinque anni ed indossa il suo vestito da festa.

La sposa si concede allo sposo e unendosi, suggellano il matrimonio- oh, capirai quando sarai più grande.”]

Le labbra di Cersei cercano altre labbra in uno scatto di disperazione che le viene stranamente naturale, e le trovano già socchiuse, ad aspettarla, e si stanno muovendo, le mani di Jaime nei suoi capelli. I loro sospiri raggiungono il silenzio anche dove i respiri non erano riusciti a trovarlo. E ogni cosa, ogni dettaglio – le pietre, la luna, il mare che ruggisce sotto il castello – diventa 'noi', diventa 'ora'. Lo specchio riflette quattro occhi verdi accesi da un fuoco sconosciuto, incendi di altofuoco, come nelle leggende, e due corpi stringersi fino ad annullarsi – qual è Jaime, quale sono io? – per poi cadere sul letto.

Cersei si chiede se la sua bocca sia morbida quanto quella del fratello.

“Resta.”
I loro cuori sono impazziti, il ritmo familiare è perduto; ma sono impazziti insieme.
“Resto.”

 

Prima che la luce cominci a filtrare dalla finestre, Cersei sveglia Jaime con un bacio all'altezza del cuore.

“Se vuoi,” sussurra, “tu puoi rimanere qui. Vado io nella tua stanza.”

Occhi verdi raggiungono occhi verdi, e non sono mai stati così pieni d'amore e così simili ai suoi.

“Grazie.”

Cersei esce in punta di piedi ed entra di soppiatto nella camera del fratello. Il lenzuolo profuma di sapone e fiori di campo, il loro profumo, ma è gelido.

Quando la sveglieranno, la chiameranno 'Jaime'.

 

 

**

 

 

La mattina è un piccolo prezzo da pagare per avere tutta la notte, ma Cersei riesce a fatica a perdonare il sole. Esattamente come le sta riuscendo sempre più difficile perdonare Jaime, da quando ha preso l'abitudine di tornare nella sua stanza alle prime luci dell'alba.

“Non posso saltare tutte le lezioni di scherma, Cersei. Oggi rimarrò me stesso.”

Sorride senza che lei abbia sorriso.

Non 'oggi rimarrò Jaime', no: 'rimarrò me stesso'. La differenza è così chiara da farle serrare i pugni fino a che le unghie non le bucano i palmi. Non le riuscirebbe così difficile sopportare la solitudine, se non fosse che lei è Cersei, sola e abbandonata nel suo letto ancora caldo.

La sua unica consolazione è la certezza di vendetta, che puntuale arriva ogni sera. Perché è sempre Jaime a venire da lei, disperato, a elemosinarle anche solo un abbraccio. Ed è per questo, per la sua incapacità di stare lontano da lei, per i suoi occhi verdi che la guardano come da uno specchio, che Cersei ha bisogno di lui molto più di quanto Jaime non abbia bisogno di lei.

Lo guarda allontanarsi al mattino e poi alla sera tornare, sudato e soddisfatto, dal campo d'allenamento. Si sposta sempre dalla finestra appena in tempo perché lui non la veda. Ma dopo cena, quando le luci si spengono, è lui a non saper aspettare, è lui a scivolare nella sua stanza e reclamare un'intera giornata di baci e carezze davanti allo specchio – Cersei geme guardando i loro riflessi ansimare – . Diventa sempre più facile non essere notati, perché ormai le serve circolano solo intorno alla stanza di Lady Lannister, incinta per la seconda volta, e “i gemelli sono grandi abbastanza per badare a loro stessi”.

Proprio per questo non se lo aspettano, quando un'ancella li trova insieme esausti nel suo letto.

 

Lo sguardo di Lady Joanna è freddo e deluso quando comunica loro che vivranno nelle camere più lontane del castello, sotto stretta sorveglianza.

Cersei vorrebbe urlare e strapparsi i capelli, gridare che lo ama e che non possono separarli, ma aspetta che sia Jaime a farlo. Jaime tace, però. Qualcosa si spezza a metà. Non erano sempre stati due? In un attimo di follia, l'impulso di trascinare il fratello davanti a uno specchio le preme il cuore contro le costole – non siamo forse uguali, non siamo forse uguali?! – , ma ben presto muore e la lascia debole sul precario equilibrio di due gambe. Perché Jaime le ha appoggiato la mano sulla spalla; perché la sta consolando? Dovrebbe essere lui a disperarsi: è lui che viene sempre da lei, è lui che apre la porta, lui.

“Per favore, septa, porti Cersei nella sua stanza,” mormora Lady Lannister premendosi con espressione angosciata una mano sulla pancia.

Cinque dita si chiudono delicatamente sulla sua spalla e la guidano fuori dalla camera dei Lord di Casterly Rock.

Oltre il rumore di passi sul marmo, può sentire Jaime chiedere,

“Quindi, madre, avete già deciso il nome?”

Quando la porta si chiude e la septa la lascia sola, è in quel momento che Cersei comincia a piangere.

 

Il bambino nasce quando i gemelli hanno otto anni.

È orribile, una bambola deforme che piange e vomita. Il primo pensiero di Cersei quando lo vede è che Lady Joanna avrebbe dovuto abortire e lasciare che questo mostro rimanesse una bolla di sangue nero nel suo ventre. Il secondo è che sua madre – occhi sbarrati che guardano il soffitto – è morta.

Lo sguardo di Jaime è così verde e triste che lei vorrebbe solo che lui la stringesse, e lui lo fa, la stringe e mormora,

“Si chiama Tyrion.”

Cersei si strappa dalle sue braccia e corre. Corre a chiudersi nella sua nuova camera, quella in cui Jaime non è mai neanche entrato. Lo specchio riflette un'unica immagine: la sua, con il viso chiazzato di rosso.

È morta da donna, la Madre benedica il suo spirito, aveva commentato la septa con una voce lacrimosa.

Cersei soffoca un urlo in un cuscino di piume ricamato.

Lei morirà da uomo.

 

 

**

 

 

I mesi le scivolano addosso come pioggia e fango, lasciandola indolenzita e sporca, e prima che possa accorgersene è passato un anno.

La scintilla di calore che sua madre aveva acceso nel Lord di Casterly Rock si è spenta alla sua morte, e la voce di Lord Tywin non è più quella di un padre severo, ma una lama che non riconosce amici da nemici, senza alcuna traccia di affetto. Parla a Jaime di un futuro di sangue e armature, e a lei di matrimoni e eredi.

“Sposerai Rhaegar Targaryen. I tuoi figli saranno re.” Non le aveva mai detto “e tu sarai regina” perché a nessuno interessa delle regine.

Dicono che Rhaegar sia bellissimo, nobile e intelligente, un poeta con l'arpa e un assassino con la spada; dicono che i suoi capelli brillino d'argento sotto il sole e che i suoi occhi siano viola come gli ultimi colori del crepuscolo. Cersei prova ad immaginarselo, prova a capire come sarebbe amare un uomo così, ma ogni volta nella sua mente il viola muta in verde e l'argento in oro.

Anche Jaime dovrà sposarsi un giorno. Un giorno non avrà più bisogno di lei.

Da quando le loro camere sono state spostate, non si sono più incontrati di notte. Si rubano baci di mattina, nascosti dietro una porta, una carezza quando Lord Tywin li congeda dalla sala da pranzo, un sussurro prima di lasciarsi per dormire. Passano intere giornate insieme, ma non sono mai soli, e non sono mai stati così distanti.

Le sembra quasi di poterlo già sentire, i suoi abbracci che diventano sempre più deboli, sempre più rigidi.

Cersei lo guarda correre in cortile, giocando con il nano deforme che Jaime si ostina a chiamare 'fratello'. Anni prima – due bambini davanti allo specchio – Jaime le aveva giurato che non sarebbe mai riuscito ad essere felice senza avere lei accanto, ma ora sta ridendo e il suo sorriso non le appartiene. Per la prima volta in vita sua, Cersei desidera ferirlo, tagliargli il cuore a metà per ricordargli che lui non sarebbe nulla se non ci fosse anche lei. Lui è nato aggrappandosi ai suoi talloni.

 

“Gli Dei sono crudeli.”

“Perché dici così?”

“Perché, con tutte le armi che hanno forgiato, non ne hanno mai concessa una ad una donna.”

Lei e Septa Tridia stanno passeggiando sotto i portici del cortile centrale. Le rose quest'anno sono fiorite male, i petali sono chiazzati di giallo.

“Oh, bambina mia. Lascia che ti sveli un segreto; tutti pensano che la bellezza di una donna sia un dono della Madre, o della Vergine. Si sbagliano. La bellezza è del Guerriero, ed è la lama più sottile che abbia mai concesso.”

 

Cersei trascorre la mattina in una vasca d'olio profumato, si strofina la pelle fino a farla diventare rossa. Si fa intrecciare da un'ancella i capelli, in complicate trecce bloccate da fermagli d'oro e smeraldi, e scivola in un vestito di seta, cremisi e leggero. Stira le labbra nel più luminoso dei sorrisi.

Jaime e il piccolo mostro che ora ha due anni sono soli, giocano in cortile, come aveva previsto. Il nano sta stringendo una spada di legno, con un ghigno che dovrebbe essere un sorriso innocente da bambino. Quando la vede il ghigno scompare.

“Pensavo che la festa dei Westerling fosse domani,” Jaime si volta.

“Infatti.”

“E allora perché sei così bella?”

Ecco, questo sorriso è per lei. 
Cersei attorciglia attorno a un dito una ciocca sfuggita dall'intricata ghirlanda di trecce. Jaime è impulsivo almeno quanto è prevedibile. Le sue mani – quando sono diventate così grandi? – le stringono le spalle e le loro bocche si incontrano a metà strada.

Cersei non chiude gli occhi mentre il fratello si spinge contro di lei e respira tra le sue labbra. Guarda trionfante il mostro che li osserva – la spada di legno è caduta per terra – : ha gli occhi di due colori diversi, uno verde Lannister, l'altro nero, e lei si concentra su quello nero, mentre il cuore di Jaime batte a tempo con il suo.

 

 

**

 

 

Cersei ha undici anni quando un incubo la fa svegliare tremando.

 

Ha sognato di essere Jaime e di baciarsi, così bella su un lenzuolo di seta, di passare mani già lievemente callose sulle prime curve del suo corpo; ha sognato di essere Jaime e di stringersi contro il suo petto liscio, di addormentarsi così, nella pace più profonda. E poi ha sognato di svegliarsi e di vedere l'orrida smorfia di Tyrion, un unico occhio verde brillare nell'oscurità insieme al riflesso della luna su una lama– ha urlato, con la voce di Jaime, per proteggere il proprio corpo dormiente, ma l'orrido nano era troppo veloce e, ridendo come un demone, ha piantato il coltello nel suo addome. Ha sognato il sangue, il sangue di Jaime, il dolore di Jaime, e il nano accarezzare le guance di un viso ancora addormentato.

Poi apre gli occhi di scatto, e la carezza è scomparsa. Ma non il sangue, non la lama piantata nella sua pancia.

Il panico impiega qualche istante per raggiungerla nel buio più totale, ma quando arriva il suo cuore salta un battito e l'angoscia la strangola senza pietà. Singhiozzando, Cersei tasta frenetica il materasso, la vestaglia, il lenzuolo- quando si ferma, le sue mani sono bagnate e un odore acre le invade le narici. Non sembra che ci sia alcuna ferita, o pugnale, ma quando si alza il dolore è lancinante e sente qualcosa colare caldo e denso sulle sue gambe.

La paura la spinge nel corridoio deserto. Il marmo è freddo sotto i suoi piedi, ma c'è un unico, irrazionale, pulsante pensiero nella mente di Cersei, che le impedisce di svenire.

Jaime.

Sembra essere passata un'eternità, quando finalmente raggiunge la sua porta. Il liquido sulle sue gambe sta comiciando a incostrarsi e i brividi le graffiano la schiena, ma non chiama aiuto. Bussa. Silenzio, silenzio. Magari il sogno era vero, magari il nano ha veramente- Cersei bussa, ancora e ancora, finché la porta non si apre.

“Cosa- Cersei?”

Jaime, illeso, bellissimo, occhi verdi; Jaime.

“Dei, cosa è successo? Stai sanguinando.”

Jaime l'abbraccia, la porta sul suo letto, accende una candela. Non sono mai stati insieme sul letto del fratello: lui la cerca, lei lo aspetta; non si erano forse divisi così i ruoli?

Il dolore è così acuto che l'unica cosa che può fare è liberare la sua isteria.

“A te non è successo? Ascoltami, Jaime; a te non è successo?”

Il suo sguardo interrogativo è tutte le risposte di cui Cersei ha bisogno.

 

Presto arrivano le serve, e poi Maestro Claedon accompagnato dalla septa.

“Nulla di preoccupante. Siete una donna, ora, mia lady. L'unica cosa che posso fare è consigliare una tisana-”

Le parole del Maestro diventano un ronzio di sottofondo. Guarda un'ancella pulirle le gambe con panni bagnati: bianchi, così bianchi e poi così rossi. Ormai è una donna, ormai è 'Cersei'. È troppo tardi. Morirà da donna.

Jaime ha rifiutato di andarsene dalla stanza, protestando con tono arrogante – “È il mio letto, dopotutto, è mia sorella” – , e le sta stringendo la mano. Lo amerebbe, se solo riuscisse a smettere di detestarlo.

Sulla parete della camera, c'è uno specchio. Attraverso strati e strati di dolore, Cersei impiega qualche secondo a riconoscere i volti riflessi. Occhi verdi e occhi verdi, questo è il punto di partenza, capelli dorati; ma il viso di Jaime ha più angoli del suo, è più duro, le sue labbra sono meno piene e il suo collo più robusto. È uno straniero che la ama, uno straniero il cui cuore completa i battiti del suo.

 

È come morire – né da donna, né da uomo – , morire solo un po', scoprire che lo specchio ora riflette anche i loro nomi.

 

 

 

 

 

 

Note:

 

'sta cosa è nata come raccolta di drabble sull'infanzia dei gemelli, è cresciuta come studio di tutta la vita di Cersei, ed è morta per mia pigrizia come una via di mezzo tra le due alternative precedenti. Io amo questi due, e tutte le psicosi di Cersei, nessuna esclusa. La canzone non c'entra una cippa, però ce l'ho fatta entrare.
Diciamo anche che era solo una scusa per rientrare nel fandom, yay. Un giorno finirò “Foglie di Menta”, logggiuro (ringrazio ancora Amber Cat– che probabilmente non leggerà mai queste note – per aver riscaldato il mio cuoricino raggrinzito da scribacchina con il suo messaggio).
Il nome della septa e del maestro sono di pura invenzione. Ho sgarrato un pochino con il colore degli occhi dei tre figli Lannister, però sono stata bravissimissima perché non ho neanche citato la profezia, quindi non picchiatemi.


 

 

  
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