Attenzione!
Contiene menzione di scarti della digestione, meglio noti come cacca.
Sì,
è chiaramente un astuto modo per invitare alla lettura, mi so vendere
benissimo! ùù
Basta il pensiero
Tra
il bianco-nero-bianco della pagina scivola una macchia di
indistinto boh.
Il
primo a indisporsi è il naso, ma il resto di Ed ci mette poco a
seguirlo, perché indisporsi è uno dei suoi talenti, a parte
l'alchimia e menare le mani.
Alla
sua sinistra, però, Alphonse è l'armatura più conciliante del
mondo: non fa in tempo a voltarsi che la protesta gli muore in gola.
«Che
roba è?» formula, mentre si arrischia a tastare l'ammasso
spiaggiato sul piatto usando la cima della matita. Benché non
reagisca attivamente – e questo è un bene: l'ipotesi che
cominciasse a strisciare spargendo viscidume non era poi così remota
–, se si sprimaccia il centro, dai bordi fuoriesce una sinistra
sostanza giallastra.
L'incomprensibile
luce che anima l'elmo di Al lampeggia pericolosamente e la
bibliotecaria lancia ad entrambi un'occhiataccia che farebbe
sloggiare utenti più saggi, specialmente se in possesso di qualcosa
che vorrebbe essere un sandwich unticcio tenuto a portata di tomo
cartaceo di proprietà pubblica.
Perché
è un sandwich, o almeno lo sembra se lo si guarda di traverso
con un forte slancio di fantasia.
«È
un sandwich» conferma Al, anche in direzione della bibliotecaria. Il
tono è un pelo dubbioso, rimbomba nel metallo cavo e nelle orecchie
di Ed, che corruga la fronte a labbra strette, analitico.
Solleva
lo sguardo sulla bibliotecaria incazzosa, torna al sandwich, poi
guarda suo fratello, poi di nuovo il sandwich: non è migliorato,
continua a sembrare un organo interno particolarmente sofferente
impegnato a secernere gli ultimi rimasugli di liquido interstiziale e
Edward non riesce a capacitarsi di quali siano gli ingredienti, al di
fuori di quello che sembrerebbe essere pane – forse.
Somiglia più ad un'omelette calpestata da uno pneumatico in cui
qualcuno abbia avvoltolato scarti di un altro pasto.
«Era
aperto solo l'alimentari all'angolo... Ho comprato le cose e l'ho
fatto io» tenta Al, più cauto davanti all'espressione chiaramente
poco entusiasta del fratello. «Non ha proprio un aspetto bellissimo,
ma dovrebbe essere buono... Non ti piace?»
Ed
fa per dargli una botta sull'armatura, usando l'automail: nessuno dei
due sente niente, ma fa rumore, così sanno di essersi toccati;
l'idea di base è intimargli di lasciar perdere cavolate come la sua
dieta e piuttosto rimettersi a studiare, ma si blocca a metà. Deve.
Non
è possibile, in alcun modo, che i buchi su di un elmo si allarghino
spontaneamente, lo dicono le leggi della fisica e il buon senso,
inoltre Ed sa bene cosa è successo: un bel niente, infatti, almeno
non nella realtà.
Nella
sua testa invece si è attivato un meccanismo autolesionista cui non
riesce a opporsi. Ci cadrà anche a ottant'anni, ci cadrebbe anche se
suo fratello diventasse di colpo un sasso senza la più vaga
coordinata ad indicare la presenza di occhi o qualsiasi altro organo
di senso, figurarsi se avere un elmo al posto della testa possa in
alcun modo inficiare quel superpotere.
È
che Alphonse è un fratello devoto. Un fratello devoto privo di gusto
e olfatto che, armato di ottime intenzioni, non si è accorto di aver
prodotto una potenziale arma batteriologica al posto di un sandwich.
Sono
proprio enormi, quei due dannati buchi vuoti, e dietro sta un corpo
che sembra più piccolo anche se è gigantesco, accucciato in punta
alla sedia formato persona-di-stazza-media della biblioteca
come se avesse paura di romperla.
Edward
deglutisce con discrezione, poi lascia cadere la matita. Sbadiglia e
si stiracchia con calcolata lentezza, prima di sospirare.
«Da'
qua, avevo giusto fame».
La
bibliotecaria urla, quando una goccia dell'innominabile salsa quasi
sfiora la copertina di un volume rilegato, ma a quel punto Ed ha già
fatto sparire metà del presunto sandwich in un unico, solenne morso.
Fury
è uscito dal bagno con la faccia di qualcuno che sia stato immerso
in cumuli di liquami tossici e Breda sa che l'unico motivo per cui
non ha detto nulla è che, appunto, si tratta di Fury: anima candida,
si preoccupa persino della sensibilità dei gabinetti.
Lui
no, la colazione gli è rimasta sullo stomaco ed è tutta la mattina
che sogna di avere un rendez-vous con water e giornale, quindi
chiunque sia l'incivile che ha appestato il suo santuario si merita
come minimo una trafila di brontolii insultanti.
Supera
il sottufficiale, sorpassa l'armatura e spalanca la porta con
decisione.
Per
un momento, l'olezzo allucinante gli blocca il cervello e l'unica
parte del corpo che funziona sono le dita: le usa per tapparsi il
naso.
«Ma
che caz-» inizia e non finisce, perché è intelligente e
soprattutto perché al quartier generale dell'Est ci sono teiere che
producono tè limaccioso, archivi dalle serrature perennemente
inceppate e telefoni più simili a sculture di rottami, ma armature
ornamentali no e l'unico motivo per cui un'armatura –
quell'armatura – dovrebbe stare davanti ad un bagno, è
perché dentro al bagno ci deve essere l'Alchimista d'acciaio. Poi
che lo ricordasse meno puzzolente, il mocciosetto, quella è un'altra
faccenda.
Si
sventola davanti al viso con l'East City News e avanza cauto,
le suole che cigolano sulle mattonelle.
«Ehi,
capo, tutto bene là dentro?»
Edward
Elric uggiola di frustrazione.
«Non
è un festival, è un dannato cesso... State facendo la processione?»
geme, in quello che sembra un irritato connubio di sofferenza fisica
e morale.
Breda
sospirerebbe, se non fosse che teme di finire intossicato.
«Si
chiama pausa pranzo, hai scelto un momento pessimo per occupare il
bagno».
Qualcosa
gli suggerisce che il verbo “scegliere” non sia piaciuto, ma le
rimostranze finiscono seppellite dal rumore dello scarico.
«Dovresti
fare più attenzione a quello che mangi» conclude, quando finalmente
il più piccolo alchimista di Stato della storia emerge dal cubicolo.
E sembra davvero piccolo, verdolino e particolarmente incazzato. Il
sottotenente distingue chiaramente l'occhiataccia, ma invece di
esplodere Ed si limita a sbuffare via la stizza, diretto al
lavandino.
«Hai
fratelli, tu?» domanda, mentre cerca del sapone nel posto in cui
dovrebbe essere ma tutti sanno che non c'è – non a caso la mammina
di Havoc, santa donna, gli fa portare le saponette da casa.
Sorpreso,
Breda si blocca con la mano a spingere il legno scolorito di una
porta.
«Nah,
figlio unico» risponde, senza afferrare il collegamento.
Edward
si asciuga la mano sul capotto e lo liquida con un cenno.
«Allora,
anche se te lo spiegassi, non potresti capire. Buona cacca,
sottotenente» conclude, allontanandosi fiacco.
Breda
resta un momento immobile, il collo torto a seguire l'ultimo lembo
rosso che sparisce oltre la porta.
In
corridoio, la voce di Alphonse Elric pigola qualcosa in tono
rammaricato, poi passi metallici e pesanti si allontanano insieme a
quelli più lievi e scompagnati finché entrambi non si fanno troppo
distanti perché possano giungere alle orecchie di Breda.
Tutt'altro
che stupido, il sottotenente si ritiene una persona semplice dai
valori semplici che cerca di vivere la vita nel modo più semplice
possibile, quindi lui Edward Elric non lo capisce e neanche si sforza
di capirlo – anche perché nutre il non troppo vago sentore che in
caso contrario rischierebbe di sbattere la testa contro qualcosa di
grosso e che, nello specifico, quel qualcosa sia l'armatura di
Alphonse.
Poi
gli alchimisti: parliamone. Persino una persona dagli obiettivi
limpidi come il colonnello Mustang – minigonne: lineare! –
possiede comunque delle inquietanti zone d'ombra, certe cose che
butta lì e chi lo capisce è bravo. Sono alchimisti, parlano per
allegorie e si fanno una quantità infinita di pare mentali; per
citare il tenente colonnello Hughes: fenomeni da baraccone,
mica come la gente normale.
È
principalmente per questo che, lungi dall'applicarsi a ricercare il
nesso tra fratelli e disturbi intestinali, Breda slaccia la cintura,
si accomoda sul gabinetto e si fa indagatore di questioni molto più
pratiche.
«Com'è
possibile che da un bamboccio così piccolo esca una puzza tanto
grande...?»
La
macchia di muffa sul soffitto non risponde.
Gli
occhi di Alphonse sono enormi.
Ci
deve essere qualcosa di sbagliato nelle proporzioni della sua testa,
perché Ed, alla veneranda età di tre anni,
è quasi sicuro che un
essere umano non possa avere gli occhi così grandi e la testa così
a palla...
O comunque che gli occhi non possano crescere da un
secondo all'altro – o no?
In
ogni caso, l'aspettativa dipinta su quella faccia è troppa perché
possa sottrarsi – e poi non vuole che pianga, proprio no.
Trae un
bel respiro e allunga la mano, bene aperta verso l'alto.
«Va
bene, da' qua» sentenzia, senza scollare le pupille dalla cosa
che Alphonse, Al, due anni e
“è più piccolo, devi averne cura” gli piazza sul palmo con gioia
incontenibile.
Si prende solo un momento di raccoglimento, per rabbrividire a
contatto con la consistenza viscida della cosa,
poi aggrotta deciso le sopracciglia e caccia l'aria dalle narici.
Quando
il viso di Trisha spunta dalla porta, dietro un canestro appesantito
da una collinetta di frutta, è troppo tardi:
sotto
lo sguardo compiaciuto di Al, Ed ha già ingoiato tutto in un unico,
solenne morso.
Come prevedibile, il
fango ha un sapore veramente pessimo, ma i pastelli non sono
poi così terribili.
Nda
Sono
partita dall'innocuo, casuale prompt “un
personaggio prepara un pasto per qualcuno”, quindi non si
spiega come sia finita a parlare di cacca. Suppongo sia perché la
mia età cerebrale oscilla tra i sei e gli otto anni ùù'.
Oh,
però (?) sono millecinquecento parole tonde... E c'è Breda! Tutti
amano Breda, no? … No? *cade la linea*
I
personaggi e i luoghi sono di quella santa mucc... Ahn, donna
di Hiromu Arakawa. Di mio solo
la cacca <3