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Autore: CarmelaRos    09/09/2013    3 recensioni
Non sempre riusciamo a vedere tutto ciò che accade.
Genere: Fantasy, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciò che accadde:

 

L'ansia assalì Aline. Le mani sottili andarono a stringere il cappotto mentre, cercando di mantenersi calma, si guardò intorno nella speranza di scorgere qualcuno. Non era tardi, eppure, per strada, non c'era nessuno.

Un filo di vento si alzò scompigliandole i capelli rossi, con la mano spostò una ciocca che le era finita sul viso e tornò a guardare dritto davanti a se. Sbuffando affrettò i passi. Voleva tornare a casa. Subito, immediatamente.

L'unico rumore che riusciva a sentire era quello che producevano le sue scarpe. E, non era di certo una cosa confortevole.

Dire che non voleva neanche uscire, invece, come al solito, si era ritrova con amici in un bar e, alla fine, l'avevano lasciata sola. Il paesino dove abitava aveva circa duemila abitanti, ma, verso sera, tutti si rintanavano in casa, impauriti.

Molte voci circolavano su Rismyn, la città infestata. Aline non credeva a nulla. Molte delle voci erano dovute a degli strani avvenimenti che di solito capitavano di notte, ma lei non aveva mai visto nulla e, sinceramente, non ci teneva. Ora come ora l'unica cosa che le importava era ritornare a casa.

“Oh... la piazza!” disse con un sospiro. Era quasi vicino casa. Pochi isolati e sarebbe arrivata. Le bastava oltrepassare la piazza pubblica per poter già scorgere la sua abitazione. Con il cuore in gola, e una strana sensazione in crescente salita, si ritrovò quasi a correre.

Strani rumori la circondavano. Dei fischi le arrivarono alle orecchie Cosa... cos'è? Voltandosi tutto ciò che vide fu il nulla, l'unica cosa era un pallone, dimenticato li da chissà chi. Si chiese di chi fosse e perchè fosse li. Alzando le spalle si volse. Non era una cosa che le riguardasse.

“Devo andarmene... io...” fece un grosso sospiro e riprese a camminare. La leggenda più strana che si narrava in paese era su due bimbi. Uccisi dal proprio padre e lasciati a morire al centro del paese. Si dice che venne fatto apposta. Per ripicca contro la moglie. Che l'avesse tradito? Sta di fatto che nessuno provò a salvarli.

Un brivido le attraversò la schiena. Il vento s'intensificò. Cercando di muoversi più velocemente alzò la lunga gonna che aveva stringendo l'orlo in una mano e, avendo le gambe più libere, prese a correre.

Con il fiatone oltrepassò tutta la piazza. Si guardò svariate volte intorno e fece per attraversare la strada quando, la palla che aveva visto poco fa, le fu addosso. Portando un braccio al viso riuscì a deviarla.

“Chi... chi c'è?” disse portando una mano al cuore. Volse il viso in più direzioni sperando di vedere chi l'avesse lanciata. Il luogo era completamente vuoto. Presa dalla paura si lanciò per strada e, come incantata la palla prese a seguirla. Disperata Aline urlò fermandosi al centro della carreggiata.

Nessuno corse in suo aiuto ma, come effetto, sentì qualcosa pizzicarle le braccia e qualcosa sfiorarle il viso. Dei fischi le riempirono le orecchia. Portò le mani su di esse cercando di farli smettere, mentre con il panico crescente restò impalata li dov'era, a tremare e chiedere aiuto.

Una macchina svoltò l'angolo. Faccia a faccia con la creatura di ferro Aline si sentì persa. Le gambe non ne volevano sapere di muoversi. Le ruote stridettero sull'asfalto. Tutta la sua vita le corse davanti agli occhi ma, come per miracolo Aline venne spinta finendo così sul marciapiede adiacente alla piazza.

Sana e salva.

 

 

Ciò che accadde in realtà:

 

Paul e Nathan si tenevano la mano da sempre. Se n'erano andati così e così erano rimasti, troppi impauriti per lasciarsi. La paura di perdersi, di perdere l'unica cosa che restava loro era forte. Troppo spaventati per lasciarsi anche solo un minuto.

Quel giorno. Quel giorno in cui loro padre era venuto per prenderli mai si erano aspettati una simile cosa.

Li aveva portati in piazza. Li aveva lasciati al centro. I due si erano stretti la mano, convinti di partecipare ad un gioco e, invece, l'ultima cosa che videro fu un fucile.

“Forse... non dovevamo far male al gatto” disse Paul con lo sguardo assente. L'unico gioco, che poteva ancora usare, era una vecchia palla. Lasciata li da un bambino, giorni addietro. Lo aveva spaventato apposta. Concentrandosi riusciva ancora a spostare gli oggetti, senza però sentirne davvero la consistenza.

“Forse... non dovevamo rubare le caramelle” rispose Nathan osservando il fratello.

Bianchi come la neve, fianco a fianco, cercavano ogni giorno quella che poteva essere la causa di tutto ciò.

“Forse... era triste perchè la mamma era uscita” disse Paul per l'ennesima volta.

“Vorrei tornare da lei” disse Nathan guardandosi intorno.

La sera, le loro anime erano più forti e, solo così, potevano chiedere quel pizzico di aiuto che tanto speravano. Era intrappolati in quella piazza, castigandosi in eterno per tutte le marachelle che avevano commesso. Quello però, che più desideravano, era rivedere la propria madre. L'ultima volta che l'avevano vista era in lacrime, sui propri corpi. A nulla era servito urlarle e chiamarla.

“Credi che le manchiamo?” chiese Paul spingendo la palla.

“Forse... dobbiamo andare via di qui...” sussurrò Nathan “dobbiamo cercare qualcuno”.

Come se avessero letto loro nei pensieri, una ragazza, svoltò l'angolo entrando nella piazza. Gli sguardi assenti dei bambini si fissarono su di lei. I ragazzi si spostarono andandole incontro.

“Aiutaci... ti prego aiutaci...” ma, invece di ascoltarli, la donna si volse all'indietro per poi cominciare a correre, per andare via.

Paul guardò Nathan e i due, disperati, presero a seguirla “Nathan il pallone...” disse Paul trascinando indietro il fratello per recuperarlo recuperarlo.

“Sta andando via!” urlò Nathan “No, ti prego. Ti prego aspetta!” ormai non potevano neanche più piangere. Paul, triste per la donna che li ignorava lanciò la palla per cercare di catturare la sua attenzione. Anche se l'unico effetto che ebbe su di essa fu di farla scappare.

“Non oltrepassare la strada, aiutaci ti prego!” con la mano libera, cercando di attirare la sua attenzione Nathan le picchettò sulla spalla e, quando riprese ad urlare, cercando di farla smettere, la passò anche sulla bocca. “No, ti prego...” disse in un sussurrò.

Entrambi i bambini cominciarono a girare intorno a lei chiedendole di aiutarli e proprio quando la donna si fermò e credettero di riuscirci un'auto sbucò, rovinando tutto.

“Nathan la ragazza... l'auto” disse Paul “La mamma ci sgrida... noi... Nathan!” senza pensarci due volte entrambi si concentrarono su di lei, sul suo corpo, e, fortunatamente, riuscirono a farla cadere. Riuscirono così a salvarla la vita.

Nessuno dei due fu contento però, dopo un breve sorriso entrambi si guardarono e girarono le spalle. Paul riprese con il braccio sinistro la palla, l'unico suo gioco. Insieme tornarono nell'unico luogo dove era concesso loro di restare. In piazza.

“Forse la prossima volta...” disse Paul.

“Si, forse...” disse Nathan con tristezza.


***

Nota dell'autrice: Spero piaccia e che non ci siano troppi errori. Per il resto grazie a tutti :) Lasciatemi un commento :D :D. L'ho messa tra gli horror spero sia la sezione adatta :)

   
 
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