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Autore: LindaBaggins    10/09/2013    2 recensioni
«Cersei.»
Per un attimo, la voce che risuona fioca ed esausta attraverso le volte di pietra della stanza non ti sembra nemmeno la tua. Il nome aleggia per un breve istante nell’aria e si spegne lentamente, prima che lei inizi a voltarsi nella tua direzione. […]
«Tu … ?» esala senza fiato, ancora incapace di elaborare frasi e pensieri di senso compiuto.

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Il ritorno di Jaime ad Approdo del Re e il suo incontro con Cersei come me li sono immaginati dopo aver visto la 3x10.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cersei Lannister, Jaime Lannister
Note: nessuna | Avvertimenti: Incest
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Welcome back



Sei in piedi sulla soglia della stanza già da diversi minuti.
Il tuo corpo è infilato solo per metà nello spiraglio della porta socchiusa, e il moncherino fasciato appeso al collo sfiora la maniglia di ferro istoriato, dandoti una leggera sensazione di fastidio a cui, però, fai poco caso. A dire la verità, riesci a malapena a respirare come si deve, ma fai poco caso anche a questo.
Al momento, tutto ciò che percepisci con chiarezza è il sangue che ti pulsa sordamente nelle tempie, mentre il cuore pare volerti sfondare il petto e uscirsene a forza, incurante dei tuoi stoici sforzi per mantenere la calma.
La stai fissando in silenzio da quella che ti sembra un’eternità.
E’ seduta su un divanetto, con le spalle rivolte verso di te, il corpo maturo ma ancora snello fasciato in un leggero abito di lino rosso cupo e i lunghi boccoli dorati che le accarezzano la schiena fin quasi a sfiorare le natiche. Si rigira distrattamente tra le mani una conchiglia bianca presa da una scatola di legno: sembra persa in ricordi piacevoli, perché vedi un angolo della sua bocca piegarsi in un sorriso malinconico.
Sai che dovresti farti avanti e manifestare la tua presenza.
Sai che dovresti farti avanti e chiamare il suo nome.
Ma le tue gambe sembrano essersi tramutati in due rigidi tronchi di legno, indifferenti alla tua volontà, e per quanto tu schiuda le labbra per parlare, la lingua pare solo un muscolo inerte.
Hai immaginato mille volte questa scena nella tua mente. E’ stato quasi l’unico pensiero che ti ha dato la forza di restare vivo per tutti quei mesi, che ti ha sostenuto nel periodo di prigionia nel campo degli Stark, e che ti ha permesso di mantenere le tue facoltà mentali dopo che Locke si era portato via la mano della spada. Sai che lei è parte di te esattamente, e forse più, di quanto lo fosse quella mano: è un’estensione di te stesso, un prolungamento del tuo corpo. Lo è sempre stata. Riesci quasi a sentire il battito del suo cuore e il calore della sua pelle, sebbene sia a più di due metri di distanza da te.
Eppure non riesci a fare nulla.
Finché si è trattato di rivedere Approdo del Re, di ritornare a camminare nelle sue strade dopo tanto tempo in cui non sentivi il loro sgradevole ma familiare olezzo di merda, spezie, fango e sporcizia, è stato molto più semplice. E’ stata una strana sensazione riconoscere tutto e non essere riconosciuto da nessuno, ma sei riuscito a gestire il tutto con sufficiente rassegnazione. In fondo, l’indifferenza è sempre meglio del disprezzo …
Ma niente, niente poteva prepararti adeguatamente a questo momento. L’hai desiderato, immaginato, sognato per così tanto tempo che adesso ti sembra addirittura irreale. E ti rendi conto troppo tardi di non essere assolutamente pronto a guardarla negli occhi davvero. A vedere la tua figura irriconoscibile riflessa nel suo sguardo fiero da leonessa.
Ma non puoi continuare ad aspettare: sai che ogni minuto che passa rende tutto molto più difficile di quanto già non sia. All’improvviso avverti l’impulso irresistibile di voltarti e andartene via senza dire nulla, ed è allora che capisci che non puoi permetterti di attendere un secondo di più, che non puoi permetterti di scappare. Sei ancora un leone, dopotutto, e i leoni non scappano.
«Cersei.»
Per un attimo, la voce che risuona fioca ed esausta attraverso le volte di pietra della stanza non ti sembra nemmeno la tua. Il nome aleggia per un breve istante nell’aria e si spegne lentamente, prima che lei inizi a voltarsi nella tua direzione. Non si è ancora resa conto di chi è stato a chiamarla, lo capisci dall’espressione disorientata e un po’ infastidita dipinta sul suo viso. Non è la voce di vostro padre, né quella di Tyrion; e tuttavia chi altro, a parte loro, potrebbe introdursi senza permesso nelle sue stanze e chiamarla per nome concedendosi una tale confidenza?
Ancora per un paio di secondi, dopo aver posato gli occhi su di te, non ti riconosce. Comprendi la sua difficoltà: sei consapevole degli stracci maleodoranti che ti ricoprono, delle rughe profonde che segnano il tuo viso e che lo invecchiano di almeno dieci anni, dei capelli sporchi che ti scendono sugli occhi in ciocche di un biondo ormai smorto e della barba incolta che ti nasconde il volto. Sei consapevole di quello che hai appeso al collo.
Poi, d’un tratto, le sue iridi verdi si allargano, le labbra si schiudono e un rantolo sconvolto fuoriesce dalla sua bocca, mentre il braccio su cui si appoggia sembra voler cedere sotto il suo peso. Per un attimo fulmineo credi che stia per svenire, e sei convinto che fra un istante la vedrai accasciarsi sul pavimento priva di sensi.
Ma Cersei è una Lannister di Castel Granito, e i Lannister di Castel Granito, da sempre abili manipolatori di eventi, non possono permettere che siano gli eventi a sopraffarli. Non ricordi di avere mai visto tua sorella svenire in vita sua. Non è nel suo stile. Si ucciderebbe, piuttosto che dare di sé un tale immagine di debolezza: per questo, adesso, sta allargando le narici e si sta imponendo di respirare regolarmente, lottando con tutte le proprie forze per non perdere il controllo.  
Ne sei enormemente sollevato: non avresti proprio saputo come fare, a soccorrerla con un braccio solo, e chiamare aiuto per rianimare tua sorella perché ti sei trasformato in uno storpio dai movimenti goffi è uno smacco al tuo orgoglio che, in un momento del genere, vorresti volentieri evitare.
«Tu … ?» esala senza fiato, ancora incapace di elaborare frasi e pensieri di senso compiuto.
Tutto quello che riesci a fare è rimanere immobile e deglutire, impotente. Tutto quello che riesci a fare è pensare che la desideri, e che l’hai desiderata troppo tempo per riuscire ad attendere un minuto di più senza sentirla sulle tue labbra. Gli uomini del Nord avranno annientato gran parte della tua vitalità, ma il fremito che ti dà sapere di poterla ancora toccare, baciare, amare, quello è un fuoco che niente e nessuno potrà mai spegnere del tutto. E’ fame. E’ sete. E’ più di entrambe le cose unite insieme. E’ bisogno di ritrovare te stesso nei suoi occhi.
Non sei stupito di vedere che non si alza per venirti incontro, e di certo non ti meravigli quando i suoi occhi si posano sul tuo moncherino e realizzano ciò che quelle bende significano, costringendola a reprimere un brivido di orrore.
«Cos’hai fatto alla mano?»
E’ un bisbiglio appena udibile, ma lo percepisci fin troppo bene nel silenzio della stanza. Senza sapere come, trovi la forza di muovere qualche passo in avanti. E’ come se il tuo corpo la stesse pregando di fare lo stesso, come se stesse gridando il bisogno che hai di sentirla vicina.
«E’ una storia lunga» è tutto quello che riesci a rispondere con voce roca.
Ti sembra che passino ore, prima che Cersei si alzi con movimenti incerti dal divanetto e muova qualche passo per venirti incontro. Mentre la osservi avvicinarsi, nella tua mente esplode l’immagine di lei, poco più che adolescente, che viene verso di te il giorno dopo aver trascorso la sua prima notte di nozze con un Robert Baratheon ubriaco e a stento cosciente di dove e con chi si trovasse. Aveva lo stesso sguardo atterrito di adesso, riesci a ricordarlo come fosse ora. Strano che ti sia tornato in mente proprio quel momento, e proprio adesso … forse perché, quella volta, era stata lei a ritrovarsi privata di qualcosa …
Quando ti arriva accanto, vorresti che fosse lei a toccarti per primo. Vedi le sue mani oscillare inerti lungo i fianchi , mentre ti osserva da vicino con sguardo attonito, ma quelle mani non si decidono a muoversi. Così sei costretto farlo tu al suo posto.
Lentamente, la mano sinistra emerge da sotto il mantello logoro e sale verso il suo viso. Avverti un fremito, quando le tue dita sfiorano le sue guance, ma Cersei non si ritrae come hai temuto. Invece chiude gli occhi e si abbandona al tuo tocco, lasciando che il dorso della mano le percorra il viso dalla tempia alla mandibola e le disegni i contorni del mento, per poi tornare indietro e ripetere il percorso infinite volte.
E’ la prima volta, da quando sei entrato, che riesci finalmente a sentirla viva, reale.
Il suo petto si alza e si abbassa ad un ritmo molto più tranquillo, adesso. Sei sollevato nel vedere il suo volto di nuovo disteso, le profonde rughe che finora solcavano la sua fronte finalmente spianate. Avverti una piacevole stretta allo stomaco quando la sua mano candida sale ad afferrare la tua e la preme con maggior forza sulla sua guancia, aggrappandosi con la stessa disperazione di qualcuno che stia affogando e a cui sia stata appena gettata una fune per trarsi in salvo.
E’ invecchiata dall’ultima volta che l’hai vista. Lo capisci dalle piccole rughe che, come minuscoli fili della tela di un ragno, si irradiano dagli angoli dei suoi occhi serrati. Eppure, in questo momento, ti sembra solo l’adolescente piena di rabbia e tristezza che si precipitava da te dopo aver sopportato tutta la notte il peso di Robert sopra di sé e i suoi ansimi di vino sulla faccia, l’adolescente diventata donna prima del dovuto che soltanto con te riusciva a lasciarsi andare e far affiorare la sua fragilità sopra la dura scorza che si era costruita intorno.
Nessuno di voi due pronuncia una sola parola. Non ce n’è bisogno. Non ce n’è mai stato bisogno. Cersei non ti dirà mai quanto è felice di vederti, e tu non le dirai mai quanto lei ti è mancata in tutti questi mesi. Ma non importa. Ti basta sentire la sua mano affusolata aggrappata alla tua, il suo profumo che ti invade le narici e annebbia ogni tua residua facoltà di autocontrollo. Deve essersi fatta il bagno da poco … la sua pelle profuma di sapone …
Senza attendere un secondo di più, la mano con cui le stai accarezzando il viso scatta sulla sua vita. L’attiri a te con un gesto rapido e deciso – un po’ brutale, forse – ritrovandoti con la sua bocca a pochi centimetri dalle tue labbra riarse.
«Mi avevano detto che eri morta» bisbigli, mentre il suo respiro dal leggero sentore di rosso di Dorne si mescola al tuo. Non sai perché l’hai detto. E’ la prima cosa che ti è venuta in mente.
Le sue labbra si piegano in una smorfia a metà tra il divertito e il confuso. «Cosa
«Quel bastardo di Roose Bolton. Ha pensato che prendersi gioco di me mentre ero legato, esausto e debole fosse molto divertente. Deve solo aspettare che abbia imparato a usare la mano sinistra …»
Con tua enorme sorpresa, un sopracciglio di Cersei guizza all’insù con aria scettica.
«Io non lo farei. Potresti doverlo considerare un nostro alleato, nel prossimo futuro.»
Questa volta sei tu ad essere confuso. «Ma di cosa stai parlando?»
Cersei non risponde. Distoglie lo sguardo da te per fissare un punto imprecisato del pavimento, apparentemente molto a disagio, e all’improvviso ti rendi conto di quanto tempo sia passato dall’ultima volta che ti sono giunte notizie riguardo alla guerra. Devi esserti perso qualcosa di molto importante, da quando te ne sei andato da Harrenhal.
«Anche questa è una storia lunga …» mormora tua sorella, muovendo appena le labbra.
Torna a guardarti negli occhi, e all’improvviso il motivo per cui adesso Roose Bolton dovrà essere considerato alleato della casa Lannister e della corona non ti sembra più così importante. A dire il vero, in questo momento niente ti sembra importante, a parte la pressione dei seni di Cersei contro il tuo petto e le sue labbra a una distanza ridicola dalle tue. Ma, per qualche assurda ragione, sembri esserti dimenticato da che parte cominciare per dare sfogo al tuo desiderio. Rimani immobile, respirando a fatica, mentre lei ricambia il tuo sguardo con aria indecifrabile.
C’è qualcosa che non va, lo avverti chiaramente. Forse è colpa dello strano sguardo con cui Cersei ti sta osservando, forse della passività con cui il suo corpo ha risposto quando l’hai attirata a te …
Quasi senza rendertene conto, in un disperato tentativo di rafforzare la tua presa su di lei, di riempire quella distanza che avverti tra di voi, muovi il braccio destro verso il suo fianco. Il moncherino le sfiora la vita e lei si irrigidisce all’istante, trattenendosi a stento dall’inspirare bruscamente. Ed è proprio mentre la senti sottrarsi alla tua stretta, mentre la osservi fare qualche passo indietro cercando di farlo sembrare uno spostamento casuale, che ti assale la terribile consapevolezza che qualcosa – anche se non riesci ancora a capire cosa - sia inequivocabilmente, irrimediabilmente cambiato.
«Nostro padre … sa già che sei qui?» ti chiede in tono eccessivamente formale, voltandoti le spalle e appoggiandosi con una mano al tavolo accanto a lei. «Sei già andato da lui?»
Sospiri impercettibilmente, spostando il peso da una gamba all’altra.
«No, non sono ancora andato da lui» rispondi, risentito. «Ho voluto vedere te prima di chiunque altro. Ma a quanto pare potevo risparmiarmi il disturbo di venire.»
«E questo cosa vorrebbe dire?» scatta Cersei voltandosi di nuovo verso di te con un fruscìo di gonne e di capelli biondi. «Pensi che non sia felice di rivederti?»
«Beh, in questo caso hai davvero uno strano modo di dimostrarlo». Lo scherno nella tua voce è palpabile, così palpabile da costringerla a distogliere lo sguardo da te con aria nauseata.
«Oh, ti prego … non cominciare con il tuo solito sarcasmo.»
«Ne sei sicura? Pensavo che preferissi il vecchio Jaime … a quanto pare, quello nuovo non ti sta soddisfacendo granchè.»
Quando torna a guardarti scorgi nei suoi occhi un velo di senso di colpa, ma la rabbia lo soffoca subito come una fiammella troppo debole. «Quindi dovrei fare finta che non sia successo nulla?» sibila Cersei con aria di sfida, e il suo sguardo non può fare a meno di cadere su quello che resta del tuo braccio destro. «E’ questo che mi stai chiedendo, Jaime?»
Sai bene che non ha tutti i torti, ma la sua freddezza, l’evidente disgusto con cui ha reagito quando hai cercato di stringerla, hanno aperto nel tuo petto una voragine troppo grande per essere ignorata. Hai percorso centinaia di miglia per questo, dunque? Per vedere compassione e malcelato ribrezzo dipinti sulla sua faccia?
«Sei sempre stata brava a fingere» rispondi prima di riuscire a fermarti. «Non dovrebbe essere così difficile.»
Il sarcasmo, senza volerlo, sconfina nel veleno. Te ne accorgi troppo tardi, quando Cersei ha già assimilato in pieno quello che le hai appena detto. Sostiene il tuo sguardo con una caparbietà ammirevole – non ti saresti aspettato niente di meno, da lei – ma dietro l’espressione di sfida ti sembra di veder balenare, per un attimo quasi impercettibile, un lampo di orgoglio ferito. Lo stesso lampo che hai visto passare negli occhi di Brienne di Tarth quando, immerso negli umidi vapori delle vasche di Harrenhal, l’hai ingiustamente accusata di non essere stata capace di difendere Renly Baratheon. A quanto pare, ferire le persone e desiderare, subito dopo, di non averlo mai fatto, sta diventando una situazione ricorrente, ultimamente. Prima, perlomeno, ti limitavi a ferirle e basta, ed era decisamente molto più facile …
Cersei sa fingere molto bene, su questo non c’è dubbio. Siete molto diversi, tu e lei, sotto questo punto di vista: la tua arroganza e la tua intelligenza di Lannister non sono mai riuscite a farti amare la doppiezza e l’intrigo come li ha sempre amati tua sorella. Ma ti sembra ipocrita rinfacciarglielo adesso, dato che, se c’è mai stato qualcuno con cui non abbia sentito il bisogno di recitare una parte, quello sei proprio tu.
«Mi dispiace … » D’improvviso, la tua gola ti sembra cosparsa di tanti pezzi di vetro. «Volevo solo … che tutto tornasse com’era prima.»
Ti rendi conto di aver detto qualcosa di molto stupido ancora prima di aver concluso la frase; ma ormai le parole sono state pronunciate, e la loro evidente, imbarazzante ingenuità, va ad aumentare l’atmosfera di pesantezza che già grava nella stanza.
Cersei non risponde subito. Chiude gli occhi e china stancamente il capo, mentre un sorriso amaro si fa strada sulle sue labbra. «Ho paura che niente potrà più tornare com’era prima.»
Non c’è nulla di sorprendente in ciò che dice. Lo sospettavi. Lo sentivi. L’hai capito dal momento in cui ha posato gli occhi su di te per la prima volta. Eppure, sentirselo dire fa tutto un altro effetto.
D’improvviso, il tuo corpo si fa ingombrante. Acquisti fastidiosamente coscienza di ogni più piccola parte di te – dai piedi gonfi per il troppo camminare, alla testa pesante per la fatica e la tensione, al moncherino che pulsa in modo sgradevole – e ti sembra di occupare il doppio dello spazio necessario.
Non si riferisce soltanto al tuo cambiamento fisico. C’è dell’altro. Non hai idea di che cosa sia, ma sai con certezza che è così.
«Che intendi dire?»
Sta evitando accuratamente di guardarti, e questo non fa che confermare i tuoi sospetti.
«Cersei!»
L’impazienza nella tua voce le fa capire che, qualunque cosa abbia da dirti, non può più essere rimandata. Inspira profondamente, e quando finalmente si decide a parlare quella che hai davanti non è più la forte, determinata Cersei Lannister: è una donna fragile e nervosa, una donna il cui carattere è stato più volte – troppe volte - messo a dura prova. Una donna come tutte le altre.
«Nostro padre … ha deciso che devo risposarmi al più presto» dice con voce roca. Prima di continuare, si prende un momento per deglutire e trarre un altro profondo respiro. «Vuole che diventi la moglie di Loras Tyrell.»
Per un attimo pensi di aver capito male, e tutto quello che riesci a fare è sbattere le palpebre con aria talmente perplessa da rasentare l’ottusità.
Loras Tyrell? L’orgoglio di Alto Giardino, bello come un giglio e quasi altrettanto profumato? Quello che, si diceva, prediligeva lance molto diverse da quelle che usava per disarcionare gli avversari nei tornei?  
Quel Loras Tyrell?
Una risatina nervosa ti sfugge dalle labbra prima che tu riesca a fermarla. «Non puoi parlare sul serio.»
Cersei ti incenerisce con uno sguardo gelido, e per un attimo ritorna ad essere quella che è sempre stata. «Ho la faccia di una che ha voglia di scherzare?»
No, sei costretto ad ammettere. Hai la faccia di una che ha voglia di buttarsi dalla finestra più alta della Fortezza Rossa.
All’improvviso, tutto comincia a non sembrarti più così insensato. Loras Tyrell è il primogenito di Mace Tyrell e il suo unico figlio maschio, il che può significare una cosa sola …
«Così anche il controllo sull’Altopiano sarà assicurato» mormori, più a te stesso che a Cersei. Lei annuisce brevemente mentre fissa un punto nel vuoto con aria disgustata, quasi che ser Loras le si fosse improvvisamente materializzato davanti.
«Sì» risponde in un soffio. «Ma c’è dell’altro.»
E’ impossibile fraintendere lo sguardo con cui ti trafigge quando finalmente torna ad alzare il viso verso di te. I suoi occhi verdi, i suoi duri, splendenti occhi verdi, non lasciano spazio a dubbi.
«Non starà … sospettando qualcosa?» chiedi esitante.
Cersei scuote la testa, sovrappensiero. «Non so fino a che punto creda a quello che raccontano in giro» risponde,cautamente. «Ma dalla determinazione con cui si sta adoperando per mettere a tacere le voci sul nostro conto, direi che sospetta quanto basta.»
Ha perfettamente ragione, e lo sai meglio di chiunque altro. Se il leone aveva iniziato a dare peso alle opinioni delle capre, in fondo, un motivo doveva pur esserci …
Apri la bocca per parlare, ma scopri di non avere niente da dire che possa migliorare la situazione. E’ strano, ma la pungente sagacità con cui fino a qualche mese prima riuscivi a cavartela in ogni situazione sembra improvvisamente essersi spenta. Tutto quello che ti resta a ricordarti che in te c’è ancora qualcosa del vecchio Jaime Lannister è quella fastidiosa, pungente sensazione di malessere che avverti alla bocca dello stomaco al pensiero che Cersei sta per diventare la moglie di Loras Tyrell.
Buffo. Non hai mai preso veramente in considerazione l’idea che Cersei, dopo la morte di Robert, avrebbe potuto risposarsi. Forse perché eri convinto che chiunque avesse provato ad imporle una cosa del genere sarebbe con tutta probabilità finito con la testa infilzata su una picca e il resto del corpo in pasto ai cani randagi del Fondo delle Pulci … Ma, evidentemente, non avevi fatto i conti con l’unica persona contro cui Cersei  - come il resto del mondo – si era sempre dimostrata del tutto impotente: vostro padre.
No. Decisamente, non era così che avevi immaginato il tuo ritorno a casa. Non ti sei mai illuso di poter vivere la vostra relazione apertamente e alla luce del sole: non siete Targaryen (per quanto tu sia solito evocarli ogniqualvolta ti serva un precedente per giustificarvi), e inoltre se si scoprisse che né Joffrey né Tommen né Myrcella sono figli di Robert le pretese sulla corona della vostra famiglia risulterebbero false. Ma il pensiero della nuova libertà di Cersei, la consapevolezza di poterla incontrare più spesso perché non ci sarebbe stato un marito a controllare ogni sua mossa, era troppo inebriante per non farsi irretire.
E invece, Cersei non è affatto libera come pensavi. Cersei sta per varcare la soglia del Tempio di Baelor accompagnata da Loras Tyrell, che di qui a qualche settimana la porterà via, ad Alto Giardino. Lontano dalla capitale. Lontano da te. E fino ad allora, ci saranno i glaciali occhi indagatori di vostro padre a sorvegliare ogni vostro movimento, per accertarsi che le voci che corrono sempre più insistentemente per i corridoi della Fortezza Rossa siano veramente soltanto delle voci.
«Di’ qualcosa, Jaime, ti prego» mormora tua sorella, scrutandoti con supplice impazienza. «Qualsiasi cosa.»
Annaspi, cercando inutilmente di emergere dalla delusione e dalla frustrazione che ti serrano la gola in una morsa. Ti senti come un ragazzino a cui qualcuno ha promesso un regalo, per poi toglierglielo bruscamente dalle mani mentre sta per aprirlo dicendo che era tutto uno scherzo, che non era per lui.
«Non riesco a crederci…»
Sei consapevole della banalità e della scarsa capacità di aiuto della tua affermazione. Sei consapevole che Cersei si aspetterebbe ben altro da te: probabilmente, a quest’ora, il vecchio Jaime avrebbe già fatto irruzione nella stanza di Loras Tyrell brandendo la spada, per fargli capire fin dove potevano spingersi le pretese di Alto Giardino su ciò che era di sua proprietà; o, più realisticamente, l’avrebbe stretta saldamente a sé sussurrandogli nell’orecchio che non le sarebbe successo nulla, che nessuno avrebbe potuto di nuovo portarla via da lui, che insieme avrebbero trovato un modo per cavarsela, come avevano sempre fatto.
Ma il vecchio Jaime non c’è più.
Il violento tuffo al cuore che arriva subito dopo aver preso coscienza di questo è colmo di rabbia e di dolorosa rassegnazione. Gestire la rabbia era molto più facile in passato: ti bastava estrarre la spada e conficcarla nelle budella di qualcuno – di chiunque tu ritenessi ne fosse il responsabile – e, come per magia, il mondo tornava a girare esattamente come avrebbe dovuto. Adesso non hai più una mano con cui brandire una spada, e senti che la rabbia si sta accumulando nel tuo petto senza riuscire a trovare via di sfogo potrebbe arrivare a farti esplodere.
Le tue gambe si muovono da sole, forse spinte dalla forza della disperazione. Con qualche passo raggiungi di nuovo Cersei e poggi la tua unica mano sulla sua guancia più pallida del solito, avvicinando più possibile il viso a quello di lei. I suoi occhi ti fissano insistentemente, in attesa, cercando quello che rimane del bellissimo, arrogante, determinato cavaliere dai capelli dorati che è partito molti mesi prima per combattere il Giovane Lupo.
Vuoi baciarla. Sai soltanto questo. Vuoi baciarla e toglierle uno a uno i vestiti che ha indosso, per dimostrarle che il vecchio Jaime non se n’è andato del tutto.
Ma mentre cerchi invano la forza di tornare ad essere quello che eri, la speranza e la fiducia negli occhi di Cersei cominciano ad affievolirsi, fino a lasciare il posto ad una profonda amarezza. E, specchiandoti in quelle due pozze di delusione, tutto ciò che vedi è il riflesso di uno storpio lacero, sporco, debole e impotente.
Chiudi gli occhi per sottrarti a quell’odiosa evidenza che sta ribaltando il tuo mondo, mentre una voce beffarda – terribilmente simile a quella di Roose Bolton – sussurra soavemente nella tua testa.
Bentornato a casa, Sterminatore di re. Bentornato a casa.



   
 
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