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Autore: AryYuna    13/09/2013    2 recensioni
« Perché hai nominato me agente di collegamento con la stampa? »” Tag 9x15 “Ritorno di fiamma” (titolo originale “Secrets”). Accenni di Tony/Wendy, ma nessun pairing vero e proprio. Rating arancione per le tematiche trattate - niente di esplicito, comunque.
Case-fic.
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anthony DiNozzo, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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   In tutta sincerità trovo la puntata 9x15 una delle più cretine - o forse la più cretina insieme alla 10x10 - di tutto NCIS, ma per motivi a me oscuri in mezzo all’idiozia generale della trama gli autori hanno pensato bene di introdurre Wendy… la quale, visto che ormai sembra che il canon sia rimasto caro solo a qualche fan, non è più l’insegnante di musica del liceo di Tony, ma una giornalista -.- Amante del canon, della continuity e di Tony, la sottoscritta ha deciso di fare un po’ d’ordine nelle cose, e magari di trovare un motivo dietro l’inspiegabile decisione di Gibbs di mettere proprio DiNozzo a lavorare con la giornalista. Che, detto tra noi, mi sta anche un po’ sulle scatole. Ah, e non mi importa che Wendy dica che si sono lasciati nove anni e mezzo prima perché, da quanto dicono, sono dieci anni e mezzo, non nove. La matematica, autori, la matematica.
   Bene, ciò detto, spero la storia vi piaccia :) Info canon prese dalle puntate e - dove la memoria faceva cilecca - da ncis.wikia (ecco perché il mio Tony è nato nel ’72 indipendentemente da quanto lo abbiano invecchiato nelle serie più recenti). Seconda storia su NCIS, la prima con un caso. Porca miseria se è difficile descrivere delle indagini, a quanto pare gli anni passati a sfondarmi di telefilm su rai2 non bastano! XD
   
   Un enorme - ma che dico gigantimmensenorme - grazie a
FrancyChan, la migliore beta del mondo, che ha avuto la pazienza di leggere e betare questa fanfiction in italiano e inglese in modo attento e… professionale, ecco. Grazie, Francy, sei la migliore beta del mondo! :D
   
   Potete trovare la versione inglese qui.
   
   Disclaimer: purtroppo NCIS non mi appartiene. Se così fosse, non sarei qui a scrivere fanfiction, vedreste le mie idee sullo schermo. E Tony sarebbe sposato a una ventitreenne italiana di nome Arianna. E McGee avrebbe ancora una famiglia normale (almeno lui!). E Senior non sarebbe mai comparso u_u Ma NCIS non è mio…
   

Speciale

   
   Capitolo 1
   
   Completati i rapporti della giornata, la squadra di Gibbs lasciò il proprio spazio nell’ufficio al terzo piano della Base Navale di Washington DC. Non tutti i membri della squadra tornarono a casa, però.
   L’Agente Speciale Anthony “Tony” DiNozzo salutò i suoi colleghi, salì in macchina e lasciò il parcheggio, indeciso su cosa fare. Non voleva tornare a casa e ritrovarsi solo a ripensare alla giornata, a ricordare un passato morto e sepolto, a rivivere un dolore mai davvero superato.
   Una parte di lui sarebbe voluta andare dove andava ogni volta che non voleva restare solo coi suoi pensieri, ma per qualche motivo l’idea di bere bourbon col suo Capo in mezzo alla polvere non gli sembrava la scelta giusta - probabilmente perché Gibbs era in parte responsabile per come si sentiva in quel momento: che diavolo pensava quando aveva scelto lui come agente di collegamento con la stampa, con Wendy?
   Questo però gli lasciava una sola scelta: tornare in ufficio. Sbrigare le pratiche in arretrato, avvantaggiarsi con i rapporti del mese… almeno si sarebbe tenuto occupato, e non avrebbe avuto tempo di pensare.
   Tornò alla Base Navale e parcheggiò nuovamente nel suo posto auto, sbuffando tra sé mentre cercava nello zaino un cambio - non aveva intenzione di tenere gli stessi vestiti due giorni di fila, senza contare che gli altri avrebbero notato che aveva passato la notte in ufficio, cosa che non voleva assolutamente.
   Chiuse la macchina e si voltò per dirigersi all’ascensore, quando notò la Mini Cooper di Ziva ancora ferma al suo posto. Accigliandosi, posò nuovamente lo zaino in macchina e si avvicinò curioso… e cauto, con Ziva non si poteva mai sapere.
   Quando fu abbastanza vicino, vide la donna seduta dietro al volante, l’espressione indecifrabile mentre fissava qualcosa che aveva tra le mani.
   « Ziva? » chiamò incerto, e per la prima volta da quando la conosceva vide la donna trasalire cercando di nascondere l’oggetto che aveva in mano - era la scatolina dell’anello di Ray?
   « Tony! » esclamò lei abbassando il finestrino, e la sua voce aveva una nota acuta non da lei. « Credevo fossi andato via, cosa fai ancora qui? »
   « Potrei farti la stessa domanda » rispose lui con un sorriso.
   « Uh… Avevo… dimenticato una cosa » rispose Ziva a disagio, e la scusa suonò talmente patetica alle sue stesse orecchie che si affrettò ad aggiungere « Tu, invece? »
   Tony si strinse nelle spalle, ma non rispose.
   « Come mai sei ferma qui nel parcheggio? » chiese invece.
   Qualcosa dovette scattare in Ziva a quelle parole, perché improvvisamente sbatté le palpebre come per risvegliarsi e si mise sulla difensiva.
   « Ciò che faccio o non faccio non credo siano affari tuoi » rispose brusca, e Tony vedeva nei suoi occhi che era nervosa all’idea di essere stata scoperta in un momento in cui era vulnerabile, in cui la sua maschera da assassina del Mossad era assente. E lui ne sapeva abbastanza di maschere da non prendersela per il suo tono duro, ne sapeva abbastanza del bisogno di nascondersi dietro una facciata che tenesse gli altri a distanza per proteggere se stessi da decidere di non indagare oltre. Alzò le mani in segno di resa.
   « Pardon » disse con un sorriso. « Blocca le porte, però, non si sa mai che tipi si aggirano da queste parti di notte, e non vorrei dover scoprire i loro cadaveri qui domattina e doverti arrestare: mi fai già paura quando nessuno ti sta accusando di omicidio ».
   Ziva sbuffò, ma gli era grata per aver scelto di non insistere, e anche per il messaggio nascosto dietro lo scherzo: stai attenta. Ricordò le parole del Detective Nick Burris (1) sull’importanza dell’amicizia e sorrise.
   « Buonanotte, Tony ».
   Lo guardò allontanarsi e sparire dietro uno dei piloni del garage, chiedendosi cosa ci facesse davvero ancora alla base. Sperò che fosse solo passato a prendere qualcosa… o magari qualcuno. Magari la biondina dell’archivio prove, con cui lo aveva sorpreso a flirtare in più di un’occasione. Per qualche motivo, sperò per lui che fosse davvero così, che non fosse sul punto di passare una notte da solo, magari in ufficio. Che avesse trovato qualcosa - o qualcuno - con cui… distrarsi: aveva visto com’era stato negli ultimi giorni, quando c’era la Miller, e sperava sinceramente che ritrovarsela di fronte dopo tanto tempo non gli avesse fatto troppo male.
   Mise in moto, dando un’ultima occhiata alla scatolina che le aveva regalato Ray, e lasciò il garage.
   Poco dopo, quando lei era ormai fuori portata visiva, Tony prese il proprio zaino dalla sua auto e si affrettò verso l’ascensore, il sorriso che si era dipinto sul volto quando aveva parlato con Ziva ora completamente svanito. Vedere la scatolina quadrata tra le sue mani gli aveva riportato alla mente proprio i ricordi che era tornato alla base per reprimere. Comprendeva fin troppo bene come doveva essersi sentita Ziva quando era finita la sua storia di Ray. Dietro la facciata della fredda ex agente del Mossad, tutti loro sapevano che c’era una donna molto più fragile e sensibile di quanto lei volesse far credere agli altri, ed essendo stato lui stesso ad un passo dal matrimonio, Tony sapeva cosa doveva aver provato la sua collega…
   Uscì dall’ascensore sul terzo piano, chiudendo con decisione quei pensieri in fondo alla sua mente, determinato a concentrarsi sul lavoro. Accese il computer e la lampada, posò lo zaino a terra e pistola e distintivo nel cassetto. Tirò fuori i resoconti del mese e le altre pratiche meno importanti che finivano per accumularsi perché non c’era mai abbastanza tempo e, con un sospiro, si mise al lavoro.
   Erano quasi le tre quando finalmente crollò sul rapporto che stava compilando - qualcosa sull’ultima sessione obbligatoria al poligono per la squadra di Gibbs.
   Si svegliò quasi quattro ore dopo, meno riposato di quanto avrebbe voluto, ma con tutti il tempo di lavarsi alle docce della palestra, cambiarsi e fingere di essere venuto da casa come ogni mattina.
   « Buongiorno, Capo! » salutò con più allegria di quanto strettamente necessaria rientrando nello spazio della sala squadre dedicato al team Gibbs.
   L’ex Marine era già al telefono, e si limitò a salutarlo con un cenno senza apparentemente distogliere la propria attenzione dalla telefonata, ma Tony sapeva che nulla sfuggiva allo sguardo del suo capo, e non si fece illusioni: sapeva di non avere l’aria riposata che stava fingendo.
   « D’accordo » disse l’uomo rivolto alla persona dall’altra parte del ricevitore, e DiNozzo stava già agganciando il distintivo alla cintura.
   « Chiamo McGee e Ziva? » chiese chinandosi a prendere lo zaino.
   Gibbs gli lanciò le chiavi del furgone.
   « Tu fai benzina, io chiamo gli altri ».
   « Ricevuto, Capo ».
   
   La scena del crimine era il salotto di una villetta in un quartiere residenziale.
   La vittima, il sottufficiale Mary Beth Adler, era sul pavimento tra il divano e i resti di quello che era stato un tavolino di vetro. Dalla posizione del corpo, dal tavolino rotto, dalle lampade rovesciate e i soprammobili sparsi sul pavimento, era chiaro che fosse avvenuta una colluttazione.
   Tony raccolse le schegge di vetro sporche del sangue della vittima mentre Ducky e Palmer la esaminavano, e le mise in una busta per le prove. McGee stava scattando foto alla stanza, mentre Gibbs e Ziva erano fuori a interrogare i vicini.
   « Che puoi dirmi, Duck? » chiese Gibbs rientrando. Ziva non era con lui, quindi probabilmente stava ancora parlando coi vicini - cosa che certamente non le avrebbe fatto piacere, odiava raccogliere le testimonianze.
   « È morta ieri sera, tra le nove e le dieci, quasi certamente la causa della morte è stata questa ferita alla testa causata dalla caduta sul tavolino » rispose l’anziano coroner mostrando, tra i capelli sporchi di sangue raggrumato della vittima, il taglio profondo lasciato da un grosso pezzo di vetro.
   « Quindi il colpevole è il tavolino » ridacchiò Palmer guadagnandosi un’occhiataccia da Gibbs e uno sbuffò di rimprovero da Ducky. « Chiedo scusa » mormorò aprendo la sacca nera per il cadavere.
   Alzando gli occhi al cielo per il suo assistente, Ducky riprese a esaminare la donna.
   « Ha lottato a lungo prima di soccombere al suo assalitore » disse indicando i segni sulle braccia e sul viso.
   Gibbs annuì e i due coroner chiusero il corpo nella sacca nera mentre i suoi agenti finivano di fotografare, misurare e repertare. L’ex Marine osservò il suo primo agente lavorare in silenzio, cercando di comprendere cosa gli passasse per la testa. Aveva notato appena arrivato in ufficio la pila di rapporti ordinatamente completati di DiNozzo, e aveva compreso che per farlo doveva essere rimasto tutta la notte in ufficio; sospetto confermato dalle ombre scure che il suo secondo aveva sotto gli occhi. Non disse nulla - ma era sicuro che Tony si fosse accorto del suo sguardo - e insieme ai due giovani agenti attese pazientemente il ritorno di una Ziva piuttosto seccata. Tornati alla base, i tre agenti più giovani si misero subito al lavoro.
   Dopo aver consegnato le prove da esaminare ad Abby e aver brevemente informato Vance, Gibbs entrò nell’area dedicata al suo team e i tre agenti scattarono subito in piedi disponendosi intorno a lui di fronte al monitor.
   « Sottufficiale Mary Elizabeth Adler » iniziò McGee premendo un bottone sul telecomando per far apparire il file della donna sullo schermo. « Ventinove anni, nata a Seattle, dove i genitori vivono ancora, insieme al fratello quindicenne. Entrata in Marina appena finita la scuola, inviava ogni mese lo stipendio a casa finché due anni fa non si è sposata, ha litigato con la famiglia e ha cancellato i genitori dalla lista dei contatti di emergenza. È tornata a casa nove giorni fa dopo essere stata imbarcata per tre mesi ».
   Tony gli prese il telecomando e proseguì.
   « Il suo superiore parla bene di lei, mai avuto un richiamo, esegue gli ordini, non si lamenta. A livello personale, pare che dal matrimonio fosse molto cambiata: più chiusa, riservata. La sua migliore amica, il sottufficiale Carol Raven, dice di averla vista nascondere dei lividi con fondotinta, ma lei ha liquidato la cosa con scuse stupide ».
   « Violenza domestica » dedusse Gibbs.
   « Così pare. Stando alla Raven, il marito è un poco di buono, e la causa della rottura coi genitori. È stata la Raven a trovare il sottufficiale Adler stamattina, doveva andare a prenderla per uscire insieme, e l’ha trovata sul pavimento del salotto. Il marito non c’era ».
   Ziva fu la successiva.
   « Henry Adler, trentadue anni, marito della vittima » disse facendo apparire una foto degli Adler al loro matrimonio. Henry Adler sembrava una specie di gorilla biondo accanto alla figura minuta della moglie. « Lavora per una compagnia telefonica. I vicini e la migliore amica dicono che è un tipo schivo e riservato, estremamente geloso e possessivo nei confronti della moglie. Litigavano spesso, praticamente ogni sera che lei passasse a casa; lui urlava, la insultava e il giorno dopo sembrava che non fosse successo niente, fingevano entrambi bene in pubblico ».
   Finito il briefing, Gibbs ordinò a McGee e Tony di prelevare l’uomo al lavoro e scese da Abby, lasciando a Ziva il compito di chiedere a Ducky se ad autopsia completata era in grado di aggiungere qualche dettaglio all’esame preliminare fatto sulla scena del crimine.
   
   « Non capisco perché rimanesse con lui: era praticamente un animale! » commentò McGee salendo in macchina e allacciandosi la cintura di sicurezza mentre Tony metteva in moto.
   L’agente più anziano si strinse nelle spalle.
   « Non è il primo caso di violenza domestica che incontriamo, e non sarà l’ultimo » rispose solo.
   « Già, e continuo a non capire perché qualcuno debba restare con un mostro simile. Non poteva davvero credere che lui la amasse » ribatté McGee.
   « L’amore funziona in modo strano ».
   « Sbagliato, volevi dire ».
   Tony sorrise amaramente.
   « Già. Sbagliato ».
   Stettero in silenzio per un po’. McGee osservò l’agente seduto al suo fianco cercando di capire a cosa stesse pensando. Non era mai cosa facile con DiNozzo, dato che spesso il suo cervello sembrava essere da tutt’altra parte rispetto a ciò che il suo corpo faceva. Dopo aver lavorato fianco a fianco con lui per otto anni - più qualche caso isolato quando ancora era alla base di Norfolk - McGee ancora non poteva dire di conoscere il suo collega per davvero, ma in quel momento, bocca chiusa e occhi sulla strada, Tony non sembrava così impossibile da leggere per una volta.
   « A proposito di amore » iniziò lentamente. « Tu e Wendy Miller. Com’è che non ne hai mai parlato? » chiese pronto a sfruttare il raro momento in cui l’agente aveva la guardia abbassata.
   DiNozzo trasalì quasi impercettibilmente al nome della sua ex fidanzata, maledicendosi per essersi lasciato cogliere di sorpresa.
   « Non era importante » rispose stringendosi nelle spalle.
   Quella storia mi ha devastato. Non ho ancora ritrovato tutti i pezzi. Perché aveva parlato?
   « Uh-uh… E com’è che Gibbs la conosce? »
   Tony non rispose subito. Maledetto Adler che lavorava così lontano dalla Base Navale: avrebbe dato qualsiasi cosa per un viaggio in macchina più breve.
   Sentendosi lo sguardo del giovane addosso e comprendendo che il suo collega e amico non si sarebbe arreso senza una qualche risposta, Tony sospirò.
   « Stavamo insieme quando sono entrato all’NCIS. Noi… ci saremmo dovuti sposare » disse a voce bassa.
   « Cosa?! » esclamò McGee spalancando gli occhi. Tony DiNozzo… stava per sposarsi? (2) Si riprese più in fretta che poté dallo shock, sapendo che non era la linea di azione giusta se voleva davvero sapere cosa fosse successo e perché Tony fosse stato così strano per tutto il tempo in cui aveva lavorato fianco a fianco con la sua ex - era abbastanza sicuro che l’agente più anziano non volesse davvero lasciarsi sfuggire quel dettaglio, e che si stesse probabilmente già rimproverando per averlo fatto. « Uh… Quindi… Uh… Come vi siete conosciuti? » chiese allora.
   Tony sorrise divertito. Sapeva perfettamente che non era quella la vera domanda che avrebbe voluto fargli il giovane.
   « Ci siamo conosciuti a scuola »
   Gli occhi di McGee, se possibile, si spalancarono ancora di più. Tony non gli era mai sembrato tipo da arrivare a sposare il suo amore del liceo. Ma dopotutto, non gli era mai sembrato tipo da sposarsi in generale…
   « Eravate in classe insieme? » chiese, sentendosi improvvisamente una tredicenne pettegola.
   Tony ridacchiò.
   « Ho frequentato l’accademia militare, Pivello, un’accademia maschile » rispose, e quando notò con la coda dell’occhio la confusione sul volto dell’amico spiegò: « Era la mia insegnante di musica » godendosi la reazione ancora più sconvolta dell’agente.
   « Stai inventando tutto » disse infine McGee.
   DiNozzo rise sommessamente scuotendo la testa.
   « No, Tim. Non sto inventando niente ».
   
   Aveva diciotto anni la prima volta che l’aveva vista. L’anziano professore di musica della scuola era andato in pensione, e la classe era momentaneamente scoperta. Tony e i suoi compagni si stavano chiedendo chi sarebbe stato nominato per coprire la cattedra vacante, quando Wendy Miller era entrata in classe, sorridente, giovane e bellissima.
   Qualcuno aveva fischiato, guadagnandosi una punizione dal comandante Campbell, che seguiva la signorina Miller e che
nessuno aveva notato. Dopo aver presentato la nuova insegnante alla classe, il comandante era uscito, lasciando la giovane alla sua prima lezione in un collegio maschile pieno di adolescenti in preda agli ormoni.
   Nessuno fece troppa attenzione all’argomento del giorno, ma in breve musica divenne la materia preferita di tutti.
   Dal canto suo, la signorina Miller era consapevole dell’effetto che aveva sugli studenti e, se da una parte cercava di evitare che i ragazzi esagerassero e la mettessero nei guai, dall’altra parte si sentiva lusingata dalla loro attenzione.
   Ma fu un sabato sera che per la prima volta le attenzioni degli studenti - di
uno studente in particolare, che aveva notato a lezione perché era uno dei pochi a suonare bene il piano - la colpirono sul serio.
   Gli studenti dell’accademia potevano lasciare il campus per il fine settimana, se volevano, e andare a trovare le famiglie, e quelli dell’ultimo anno che sceglievano di restare in collegio, avevano il permesso di passare il sabato sera dove volevano a patto che rientrassero in dormitorio entro il coprifuoco.
   Tony e un limitato gruppo di amici stavano tornando al campus dopo la loro serata, quando il ragazzo si accorse di una figura conosciuta che fissava sconsolata il motore della propria auto dall’altra parte della strada.
   « Signorina Miller, serve aiuto? » chiese il giovane DiNozzo avvicinandosi all’insegnante in difficoltà, osservato dai compagni che ridevano e si spintonavano a vicenda.
   « Non lo so, non ho idea di quale sia il problema » rispose la donna alzando lo sguardo su di lui.
   « Se vuole, nel locale c’è un telefono: posso chiamarle un carro attrezzi e poi darle un passaggio a casa ».
   Ignorando i fischi e i cori di incitamento dei suoi compagni, Tony sorrise alla sua insegnante, beandosi della sua risposta affermativa. Accompagnò la giovane donna nel locale, salutando gli amici con un cenno di trionfo, e rimase con lei fino all’arrivo del carro attrezzi.
   Fuori dall’aula, Wendy Miller era molto diversa. Se in classe a volte scherzava con gli studenti e flirtava per incastrarli nelle interrogazioni - unendosi poi alle risate del resto della classe - fuori dalle mura della scuola era una donna di venticinque anni fin troppo sognatrice per il suo bene, e nient’affatto la mangiauomini che il suo aspetto suggeriva.
   Parlarono a lungo, mentre aspettavano il carro attrezzi e mentre erano nell’auto di Tony, diretti a casa di lei. In meno di mezz’ora erano passati da “signorina Miller” a “Wendy” e Tony era passato dal non vedere l’ora di vantarsi con gli amici a desiderare di rivedere
Wendy, uscire con lei sul serio.
   Quando fermò la macchina sotto casa di lei, rivolgendole un sorriso che non nascondeva nessun secondo fine, lei gli sorrise di rimando e lo baciò sulla guancia.
   « Sei un bravo ragazzo, Tony » disse prima di scendere dalla macchina.

   
   « Eccoci qui » annunciò il Primo Agente Operativo (3) con voce forzatamente allegra spegnendo il motore.
   McGee annuì distrattamente, rimuginando sulle parole del suo collega. Era curioso di sapere come continuasse la storia - Dio, sembrava davvero una tredicenne pettegola! - ma non voleva pressare troppo: nonostante tutto il suo mettersi in mostra, Tony era una persona riservata e non amava parlare di nulla di realmente importante che lo riguardasse. Era il motivo per cui dopo tanti anni McGee ancora sapeva poco e niente della sua famiglia. E di Wendy.
   Scesero dall’auto, ed entrarono nell’alto edificio a vetri che ospitava la compagnia telefonica per cui lavorava Adler. A memoria sua, McGee non poteva dire di aver mai visto un caso più semplice: dopo aver ucciso la moglie, Henry Adler aveva passato la notte a bere - stando all’odore ancora percepibile di alcol - e il mattino seguente era andato a lavoro come ogni giorno; quando gli si erano presentati di fronte e gli avevano mostrato i distintivi era sembrato piuttosto sorpreso, ma non era fuggito via, cosa per cui il giovane agente gli era grato: detestava quando i sospettati tentavano di scappare.
   « Signor Adler, dobbiamo chiederle di seguirci » disse Tony.
   « Perché? Cos’è successo? »
   Non era scappato, ma faceva il finto tonto. Beh, non poteva pretendere troppo, pensò McGee.
   L’uomo fu stranamente sconvolto quando Tony parlò dell’omicidio della moglie, talmente tanto che non cercò nemmeno di opporsi ai due agenti e li seguì come in trance. Rimase in silenzio per tutto il tragitto alla Base Navale, e non si lamentò quando lo lasciarono nella Sala Interrogatori Uno e uscirono per andare ad avvertire Gibbs.
   « Beh, questo è strano » commentò Tony richiudendo la porta dietro di loro.
   « Finge » rispose l’altro agente facendo spallucce.
   « Beh, in tal caso DiCaprio dovrà dire addio anche al prossimo Oscar, perché non ho mai visto qualcuno fingere così bene ».
   McGee stava per ribattere che lui conosceva qualcuno che fingeva tanto bene da far paura e ci lavorava fianco a fianco, ma per fortuna si bloccò in tempo: Tony non avrebbe di certo apprezzato l’osservazione.
   I due agenti trovarono Ziva in ufficio; la donna indicò loro le scale che portavano all’ufficio del Direttore.
   « Trovato qualcosa? » chiese Tony fermandosi alla propria scrivania e appoggiandovisi contro a braccia conserte, cercando di ignorare gli sguardi indagatori non troppo nascosti dei suoi colleghi. Non credeva di essere così facile da leggere, ma a quanto pareva le sue solite maschere non stavano facendo il loro lavoro a dovere.
   « Ducky conferma che è morta cadendo sul tavolino di vetro » rispose Ziva fingendo indifferenza. Sapeva che Tony aveva intuito che qualcosa non andava quando si erano incontrati nel parcheggio la sera prima - cosa ci faceva comunque il Primo Agente Operativo all’NCIS a quell’ora? - e aveva fatto finta di niente per lei, e voleva restituirgli il favore. Avrebbe indagato più tardi. « Non c’è stata violenza sessuale, e prima di morire la donna ha lottato a lungo, stando ai lividi che aveva sul corpo. Il sangue sui pezzi di vetro è della Adler, le impronte nel salotto appartengono a lei, al marito e all’amica che ci ha chiamati stamattina ».
   « A questo punto basta solo che Gibbs lo faccia confessare e possiamo arrestare Adler » disse McGee.
   Come a farlo apposta, l’ex Marine uscì in quel momento sul mezzanino sopra la sala squadre e prese le scale.
   « Adler è nella Uno, capo » lo informò Tony, e Gibbs gli fece cenno di seguirlo, mentre i due agenti più giovani si affrettarono, in mancanza di altri incarichi, ad appostarsi nell’osservatorio della Sala Interrogatori, pronti a godersi lo spettacolo.
   Henry Adler aveva ancora lo sguardo perso nel vuoto. Sedeva immobile come DiNozzo e McGee lo avevano lasciato, e sembrava non essere del tutto consapevole di dove si trovasse.
   « Shock? » ipotizzò Ziva.
   McGee non rispose subito. Non riusciva a concepire che quel mostro potesse essere sconvolto per la morte della moglie, ma Tony aveva ragione, fingeva troppo bene.
   I due agenti più anziani entrarono nella stanza al di là del vetro e presero posto di fronte ad Adler. L’uomo non diede segno di essersene accorto.
   « Che voleva Vance da Gibbs? Non poteva già volere un rapporto sul caso, no? » chiese McGee.
   Ziva sbuffò.
   « Non credo. Credo fosse per il caso di ieri… e per la collaborazione tra l’NCIS e la stampa » rispose con una smorfia.
   L’altro agente la guardò curioso per un momento, ma non fisse nulla, voltandosi a guardare l’interrogatorio che stava iniziando.
   Tony era in piedi, appoggiato al muro a braccia conserte dietro Henry Adler. Gibbs stava mostrando le foto del corpo del sottufficiale ad un sempre più sconvolto Adler.
   « Tu l’avresti mai detto che Wendy Miller è più vecchia di Tony? » chiese ad un tratto McGee alla sua collega.
   Ziva emise un suono a metà tra uno sbuffo e una risata.
   « Di certo non sembra più giovane, con quelle zampe di pollo così evidenti » rispose senza distogliere lo sguardo dalla scena al di là del vetro.
   « Zampe di gallina, non di pollo. E Wendy non ha le zampe di gallina: sembrate coetanee! » ribatté l’altro agente.
   « Stai dicendo che sembro più vecchia di Tony, McGee? » chiese Ziva a bassa voce girandosi verso di lui con aria minacciosa.
   « Uhm… No, no, certo che no. Dico che Wendy non sembra… » balbettò il giovane, ma la sua collega gli si avvicinò di qualche passo sorridendo in modo pericoloso, convincendolo a cambiare strada. « Sembra, certo che sì. Sembra molto più vecchia di te. Moltissimo ».
   Ziva annuì soddisfatta e tornò a guardare l’interrogatorio.
   Gibbs stava raccontando ad Adler la ricostruzione dei fatti, mentre Tony gli passeggiava intorno facendo battute sarcastiche. L’uomo, dapprima confuso e addolorato, divenne via via più sconvolto quando comprese finalmente che i due agenti lo ritenevano responsabile della morte di sua moglie.
   « No! » gridò quando l’ex Marine gli raccontò di come Mary Beth doveva essere stata spinta sul tavolino dal marito. « Non è andata così! Abbiamo litigato, è vero, ma poi io me ne sono andato, e lei era ancora viva! »
   Gibbs e Tony si scambiarono uno sguardo.
   « Quindi qualcuno sarebbe entrato in casa vostra dopo che lei se n’era andato e l’avrebbe uccisa? » chiese l’agente più giovane.
   « Sì… non lo so… »
   « Mi risulta un po’ difficile crederlo, Henry. Un uomo in grado di picchiare a quel modo sua moglie è chiaramente capace di ucciderla » ribatté l’agente.
   « Ve lo giuro, non l’ho uccisa! Abbiamo litigato, non l’ho picchiata, era… un litigio. Lei… »
   « “Lei” cosa? » pressò Gibbs, il gelo nella voce.
   « Lei… Lei mi tradiva » rispose l’uomo con aria sconfitta. « Mi tradiva con… qualcuno ».
   Tony sollevò un sopracciglio.
   « “Qualcuno”? » ripeté, scettico.
   Adler sembrava a disagio.
   « E visto che, secondo lei, la tradiva con “qualcuno”, a lei sembrava giusto picchiarla. Perché non anche ucciderla? » insistette l’altro agente, il disprezzo che trasudava da ogni parola.
   « Non l’ho uccisa » fu tutto ciò che disse l’uomo, e con quelle parole sembrò come chiudersi in se stesso.
   Dall’altra parte del vetro, McGee e Ziva video Gibbs e Tony aprire la porta della Sala Interrogatori senza dire altro, e li raggiunsero nel corridoio.
   « Ziva, interroga di nuovo l’amica del sottufficiale e chiunque la conoscesse abbastanza bene tra i suoi compagni. Vedi se riesci a trovare informazioni su questo presunto tradimento » ordinò Gibbs.
   « Credi che possa entrarci qualcosa? »
   « Adler non parlerà oltre » rispose l’ex Marine. La donna annuì e lasciò i tre agenti per andare da Carol Raven. « McGee, cerca tra i tabulati telefonici e della carta di credito qualcosa che punti ad un amante ».
   « Se anche la Adler avesse tradito il marito, non significa che lui non l’abbia uccisa. Potrebbe anzi essere un movente vero e proprio » osservò il giovane.
   « Se Adler non parla, le sole prove indiziarie e il parere dei vicini non ci basteranno » gli fece notare Tony, e McGee annuì e si avviò lungo il corridoio.
   « Io telefono alla famiglia: anche se aveva interrotto i rapporto coi genitori, sentiva il fratello ogni tanto. Magari sa qualcosa » disse Tony e fece per seguirlo, ma Gibbs lo fermò.
   « Tutto ok? » gli chiese.
   Lui non rispose subito. Era in effetti sorpreso dalla domanda così diretta, ma riuscì a nascondere la propria reazione dietro il suo solito sorriso spensierato.
   « Tutto bene, capo » rispose con nonchalance allontanandosi.
   Non era sicuro che Gibbs gli avesse creduto, era in effetti abbastanza certo del contrario, ma non gli andava di parlare con lui. Non di Wendy. Non finché non avesse capito perché lo avesse assegnato come collegamento con la stampa - con la sua ex fidanzata - pur sapendo come si erano lasciati. Più ci pensava, meno riusciva a comprenderlo.
   Gibbs rimase qualche secondo ancora in piedi fuori la Sala Interrogatori, fissando l’angolo dietro cui era sparito DiNozzo. Non capitava spesso che il suo agente non rispondesse a una sua domanda diretta, che gli mentisse così. Sospirò ripensando alla sua decisione di farlo lavorare con la Miller. Aveva davvero creduto fosse la scelta giusta. Ora non ne era più così sicuro.
   
   Dai tabulati telefonici di Mary Beth non risultarono chiamate sospette: per lo più erano telefonate verso il fratello e la maggior parte verso la sua migliore amica. I movimenti della sua carta di credito non indicavano niente di sospetto. Poiché Adler sembrava determinato a non fornire loro alcun nome, potevano solo sperare che Ziva riuscisse a ricavarlo dalle persona più vicine alla vittima. DiNozzo si mise al telefono coi genitori per informarli dell’accaduto e per parlare con il fratello minore della vittima, ma non scoprì nulla sul fantomatico amante.
   Tony si offrì di comprare il pranzo per tutti, mentre aspettavano la donna con le informazioni di cui avevano bisogno, per evitare di trovarsi ancora sotto gli sguardi indagatori dei suoi colleghi. Andò al cinese all’angolo e ordinò per sé e per gli altri tre agenti, cercando di non lasciare la sua mente vagare troppo nell’attesa. Fino ad ora, era riuscito ad evitare di restare solo con Gibbs abbastanza a lungo da non dover affrontare le sue domande, e McGee era riuscito a chiedergli ben poco - sorrise tra sé ricordando l’imbarazzo del giovane mentre cercava di iniziare il discorso - ma sapeva che Ziva non avrebbe trattenuto a lungo la sua curiosità. E poi c’era Abby, e Tony sapeva che da lei non sarebbe riuscito a fuggire. Sperò di riuscire ad evitarla ancora per un po’, ma sapeva di non poterlo fare per sempre.
   Soprattutto, non voleva.
   Teneva ad Abby come a una sorella minore, e non avrebbe mai voluto rinunciare alla sua amicizia, ma l’esperta forense a volte sapeva essere… soffocante. Non riusciva a concepire l’esistenza di segreti tra amici, mentre lui semplicemente non riusciva ad aprirsi per davvero. Non poteva. Ma dopo undici anni, la giovane scienziata aveva ormai capito che, come Gibbs, nemmeno Tony era davvero capace di negarle qualcosa, e che avrebbe dovuto solo insistere un po’ di più per ottenere le risposte che voleva. E insistere non era mai un problema per Abby Sciuto.
   Tornò in ufficio con la busta del ristorante e distribuì i cartoni ai suoi colleghi.
   « La prossima intervista la faranno Tony e McGee! » furono le parole con cui poco dopo Ziva annunciò il suo ritorno. Gibbs alzò un sopracciglio e la fissò impassibile. La giovane agente arrossì e passò ad informare i suoi colleghi di quello che aveva scoperto. « Il sottufficiale Adler passava il tempo libero a casa o con la sua migliore amica. Nessun amante, stando al suo superiore e i pochi amici che aveva in Marina » raccontò sedendosi alla propria scrivania e iniziando a mangiare dal cartone di cinese che Tony le aveva preso.
   « Quindi Adler si è inventato tutto » interruppe McGee, ma la donna lo fermò sollevando le bacchette.
   « Ho detto stando al suo superiore e i pochi amici che aveva in Marina. La sua migliore amica, il sottufficiale Raven, non è apparsa affatto sorpresa quando le ho chiesto dell’amante della vittima » disse godendosi le espressioni incuriosite dei suoi colleghi.
   « E? » incalzò Tony.
   « E… non sa niente. O meglio, ha detto di non saperne niente, ma sono sicura che stesse mentendo ».
   I quattro agenti si scambiarono un’occhiata da sopra i loro take-away, mentre le loro menti cercavano di trarre la conclusione più logica.
   « Perché mentire? » disse McGee dando voce ai pensieri di tutti. « È un movente per Adler, e stando alla sua prima deposizione, la Raven era tra quelli che lo ritenevano un pessimo marito per il sottufficiale… ».
   « A meno che non stia cercando di proteggere questo amante » proseguì Ziva.
   « Quindi o è qualcuno a cui lei tiene » ipotizzò l’esperto informatico, « o magari un loro superiore, che può averle intimato di tacere ».
   Gibbs sorrise tra sé osservando i due agenti più giovani ragionare ad alta voce. Somigliava tanto a quei - come li aveva chiamati DiNozzo? - raduni intorno al fuoco (4) che il suo secondo aveva istituito nei mesi in cui era stato team leader.
   « O magari è lei ».
   Tutti e tre gli altri agenti si voltarono verso Tony, sui loro volti vari livelli di confusione, scetticismo e noia.
   « Lei? Lei sarebbe l’amante? » ripeté Ziva.
   Il Primo Agente Operativo si strinse nelle spalle.
   « Ha tanto senso quanto le altre ipotesi, ma in più spiegherebbe perché Adler non ha voluto fare nomi ».
   Gli altri tre ragionarono per un momento sull’ipotesi di DiNozzo, poi Gibbs annuì.
   « Vai con Ziva a prenderla » disse.
   « Credi che nasconda qualcos’altro? » gli chiese l’agente prendendo distintivo e pistola e facendo segno ad una scocciata Ziva di seguirlo.
   Il loro capo non rispose. « McGee » disse invece. « Riprendi i tabulati telefonici e controlla se la Adler ha telefonato alla sua amica ieri sera prima di morire ».
   Tony e Ziva fecero in tempo a sentire la risposta affermativa del loro collega prima che le porte dell’ascensore si chiudessero sulla sala squadre.
   
   Per qualche motivo, Tony si aspettava che il viaggio per andare a prelevare la Raven non sarebbe stato silenzioso. Non che riuscisse a dare torto ai suoi colleghi: al loro posto sarebbe stato anche lui divorato dalla curiosità di conoscere i dettagli della relazione più lunga che il loro donnaiolo collega avesse mai avuto. Solo che non era al loro posto, era al proprio posto, e non voleva parlare di Wendy.
   Per qualche motivo, sapeva che avrebbe dovuto farlo. Ancora.
   « Cosa ci trovavi in lei? È più vecchia di te. E di solito esci con donne al limite della maggiore età » fu la domanda spaventosamente brusca - oh, Ziva, se vuoi sapere i segreti di un amico non puoi usare la stessa strategia che usi con un sospettato di omicidio - della sua collega.
   « Per tua informazione, non sono mai uscito con nessuna donna sotto i venticinque anni e, beh, non so in Israele, ma qui la maggiore età è diciotto anni . Ventuno per gli alcolici, ma quello è un altro paio di maniche » rispose Tony con un largo sorriso.
   Ziva si accigliò per il modo di dire sconosciuto, non si lasciò sviare.
   « Se lei ne aveva venticinque, eri tu ad essere minorenne? » chiese con tono fintamente noncurante.
   L’agente più anziano sbuffò una risata: era assurdo come l’ex assassina del Mossad fosse perfettamente in grado di recitare in modo credibile quando sotto copertura, come riuscisse a far confessare anche i sospetti più recalcitranti con domande e sguardi ben mirati, ma fosse così smarrita quando si trattava di rapporti interpersonali. Erano più simili di quanto chiunque dei due avrebbe mai ammesso. E fu per questo che non se la prese per le domande così dirette, e decise di rispondere senza cercare di deviare il discorso.
   « Avevo da poco compiuto diciotto anni » disse. Prese un respiro prima di continuare. « Ero all’ultimo anno di liceo - di collegio ».
   
   Dopo quella prima sera, benché a scuola mantenessero i loro rispettivi ruoli di alunno e insegnante, Tony e Wendy presero a vedersi regolarmente.
   Liquidati gli amici curiosi di sapere come si fosse conclusa la serata con la bella professoressa con un’alzata di spalle e un « È un’insegnante e io uno studente, come credete che si sia conclusa? Mi ha ringraziato e detto che aver aspettato con lei il carro attrezzi non mi dispenserà dal compito in classe », Tony era passato a prenderla sotto casa sua due settimane dopo. Ai suoi amici aveva raccontato di avere un appuntamento con la rossa che aveva rimorchiato al locale qualche settimana prima, e per evitare di essere scoperti insieme aveva portato Wendy a cena dall’altra parte della città. Non era un posto lussuoso perché, nonostante le sue insistenze, non avrebbe mai lasciato che la ragazza con cui era uscito pagasse il conto - indipendentemente da quanti anni avesse la suddetta ragazza e dal fatto che lei avesse un lavoro - e non poteva permettersi nulla di troppo costoso: suo padre aveva acconsentito a pagargli la scuola solo perché legalmente obbligato a farlo - e aveva minacciato di lasciarlo a secco ora che era maggiorenne - ma non aveva alcuna intenzione di tornare sulla sua decisione di diseredarlo presa sei anni prima, per cui a Tony restavano ben pochi soldi.
   A Wendy però non importava. Le piaceva Tony, era un bravo ragazzo, molto meno infantile e più e carino di quanto lasciasse intendere a scuola, e in tutta sincerità le piaceva un po’ di romanticismo vecchio stile.
   Il ragazzo, dal canto suo, era abbagliato da lei. Era bella, era divertente, era intelligente. Ed era matura. Non si era fermata all’apparenza, non lo aveva avvicinato per il nome di suo padre, non se n’era andata quando aveva scoperto che non era in buoni rapporti con la sua famiglia ed era stato diseredato all’età di dodici anni. Aveva visto il vero Tony e le era piaciuto.
   Dopo il primo appuntamento ve ne fu un secondo, e un terzo, e un quarto. Dopo due mesi, Wendy lo aveva invitato a salire da lei, ed era stata la notte più bella che avesse mai passato con una ragazza. Tony DiNozzo non era affatto inesperto tra le lenzuola, ma era la prima volta che stava con una ragazza più grande - e più esperta. Era stato fantastico.
   Aveva passato il fine settimana da lei, e il lunedì mattina aveva raccontato di essere stato da alcuni cugini nel Maryland.
   Stettero linseme quasi sei mesi. Ma verso la fine di febbraio, mentre Tony riaccompagnava Wendy a casa dopo la loro serata insieme, furono visti da alcuni studenti della scuola.
   Entro una settimana, a Wendy fu intimato di lasciare la scuola, se non voleva subire provvedimenti seri, e Tony fu richiamato nell’ufficio del comandante per ricevere la sua punizione e l’odiata frase « ringrazia il nome di tuo padre se non ti sbattiamo fuori ».
   Wendy partì quel giorno stesso, lasciando a Tony una lettera di scuse e la promessa che non lo avrebbe dimenticato.

   
   Il sottufficiale Raven sembrava terrorizzata più che confusa, quando i due agenti le chiesero di seguirli all’NCIS. Era impallidita, e aveva balbettato che non ne comprendeva il motivo, che aveva detto tutto ciò che sapeva. Alla fine aveva riguadagnato il sangue freddo e aveva cercato di fuggire, solo per scoprire che un’ex assassina e un ex atleta non sono facili da seminare.
   Due ore dopo, era nella Sala Interrogatori Due, di fronte agli Agente Speciali Leroy Jethro Gibbs e Ziva David - la quale era piuttosto incazzata per essere stata ingannata non una ma tutte e due le volte in cui aveva parlato con lei.
   « Sottufficiale Raven, aveva una relazione col sottufficiale Adler? » le chiese Gibbs fissandola dritto negli occhi. Ziva accanto a lui si dondolava sulle gambe posteriori della sedia giocherellando con un coltello.
   La Raven trasalì, ma non rispose.
   Al di là del vetro, DiNozzo e McGee si godevano la scena.
   « Nessuno lo sapeva, siete state brave a coprire la cosa » proseguì l’ex Marine. Ziva continuò a fissarla con sguardo freddo, gingillandosi col coltello.
   « Se Vance vedesse Ziva con quel coltello in mano saremmo tutti nei guai » considerò McGee.
   Tony ridacchiò.
   « Prova tu a dirle che è contro le regole quando ha quello sguardo ». McGee sembrò inorridire al pensiero. « Mai far incazzare Ziva: la povera Carol sta per scoprirlo a sue spese ».
   E infatti, poco dopo, l’ex agente del Mossad decise di aver atteso troppo che il sottufficiale si decidesse a rispondere e si alzò si scatto in piedi. Non disse nulla, iniziò solo a passeggiare avanti e indietro lanciando occhiate di fuoco alla donna seduta di fronte a Gibbs, passandosi il coltello da una mano all’altra e stringendo i pugni intorno all’impugnatura.
   Carol Raven impallidì ulteriormente, e aprì la bocca per parlare. Non ne uscì alcun suono, e la richiuse prima di prendere un respiro e ritentare.
   « Siamo amiche da anni. Ma poi, quando ha conosciuto Adler e si sono sposati… Lui era un animale. La picchiava ogni volta che era a casa, ma lei era innamorata e non voleva lasciarlo. Lo copriva addirittura, quando qualcuno le chiedeva dei lividi. Solo a me diceva la verità, quando veniva da me piangendo ».
   Ziva si era fermata dietro Gibbs, il coltello ancora stretto in mano, lo sguardo fisso sulla donna.
   « Un anno fa… Era venuta da me, ricoperta di lividi. A stento si vedeva il colore della sua pelle sotto tutto il viola. Le stavo prendendo del ghiaccio, quando… è successo. Non so come, ma… » si interruppe. Prese fiato. Continuò. « È andata avanti per un anno, e nessuno ha mai sospettato nulla ».
   « Ma poi suo marito vi ha scoperte » disse Gibbs e la donna annuì.
   « Era furioso. La minacciò di rendere pubblica la nostra storia, e… anche se il DADT (5) non esiste più, Mary Beth sapeva che le cose sarebbero finite male per noi due. Ci siamo lasciate ».
   Ci fu qualche minuto di silenzio. La Raven aveva finito il suo racconto. O almeno così credeva.
   L’ex Marine prese dalla cartellina che aveva davanti un foglio e lo mostrò al sottufficiale.
   « Questi sono i tabulati telefonici di Mary Beth » disse solo, ma bastò a farla trasalire. « Prima di morire, il sottufficiale Adler ha fatto una telefonata. A lei. Secondo il nostro medico legale, è morta meno di mezz’ora dopo aver fatto quella telefonata ».
   La donna si agitò sulla sedia, cercando di evitare lo sguardo dei due agenti.
   « Dieci dollari che Gibbs la fa piangere » propose McGee.
   « Venti che la fa piangere Ziva » rilanciò Tony con un sorriso.
   L’agente più giovane scoppiò a ridere.
   Al di là del vetro, la donna in questione si rimise a passeggiare, lanciando in aria il coltello e riprendendolo al volo. Il sottufficiale Raven chiuse gli occhi, ma non rispose subito. I due agenti attesero pazientemente.
   « Sono andata da lei » disse la donna con un filo di voce. « Aveva litigato con Henry perché lui era convinto ci vedessimo ancora ». Fece una pausa e aprì gli occhi. Lacrime le caddero lungo le guance.
   « Maledizione, ha pianto da sola » si lamentò Tony.
   « Cos’è successo quando l’ha vista? » incalzò Gibbs.
   « Abbiamo… discusso. Le ho detto di lasciare Henry, di tornare con me: ero pronta ad affrontare qualsiasi conseguenza con lei, non volevo più vederla ridotta così… ». Fece ancora una pausa, e in un battito di ciglia cambiò espressione. « Ma lei non voleva lasciarlo. Lei lo amava. A me non ha mai detto “ti amo”, mentre a Henry, che la picchiava… ». Non c’erano più lacrime nei suoi occhi. « Abbiamo litigato. Non volevo… ucciderla. Ma se amava tanto Henry nonostante la riempisse di lividi… Volevo un po’ di quell’amore anche io. Non volevo ucciderla. È caduta sul tavolino di vetro, e non si è mossa più ».
   McGee sembrava interdetto.
   « Sembrava un caso linearissimo » commentò.
   « Mai farsi ingannare dalle apparenze » rispose Tony, e l’altro pensò che non c’era frase più adatta all’amico.
   Il sottufficiale Raven stava intanto confessando di essersi resa conto di quello che aveva fatto e di aver avuto paura. Aveva atteso il giorno dopo per fingere di aver trovato il cadavere, sapendo che Henry era solito passare la notte ad ubriacarsi dopo i litigi con la moglie.
   Fu con estremo piacere che Ziva le mise le manette e le lesse i suoi diritti, mentre Gibbs rimetteva il foglio coi tabulati telefonici nella cartellina.
   Due ore dopo, i rapporti sul caso erano completi e Gibbs congedò i tre agenti più giovani.
   Tony salutò i colleghi e prese la macchina diretto a casa, ma a metà strada accostò, indeciso. L’idea di tornare a casa e trovarsi solo nel suo appartamento per qualche motivo lo spaventava.
   Chiuse gli occhi, le mai strette intorno al volante, respirando a fondo. Non voleva tornare a casa. Non voleva ritrovarsi a pensare ancora a lei. Voleva tornare a tre giorni prima, quando lei era chiusa nel suo passato e lui poteva fingere di essere andato avanti, di essere cresciuto per davvero. Ma con gli sguardi silenziosi di Gibbs e le domande di McGee e Ziva gli era impossibile tornare nel suo bozzolo e ignorare il ritorno di Wendy - le sue parole.
   “Non ero pronta ad incontrare l’uomo della mia vita. E tu lo eri”.
   Che cazzo dovrebbe significare?
   Deciso a non tornare a casa, e ancora di più a non restare lì in macchina a pensare, Tony rimise in moto e guidò fino in centro. Lì parcheggio nel garage di un locale ed entrò deciso a passare la notte in un letto che non fosse il suo.
   
   
   
   Spazio dell’autrice
   Non era mia intenzione scrivere una storia così lunga, ma dopo aver superato le venti pagine ho pensato fosse meglio dividerla, così ecco che da one-shot è diventata una “two-shot” XD
   Spero rimaniate con me anche per il secondo capitolo, che - vi avverto fin da ora - sarà un po’ più lungo (cosa strana per me, io non scrivo mai capitoli così lunghi!), ma è già scritto e sarà online tra una settimana circa.
   Aspetto di sapere cosa ne pensate :)

   
   Note e spiegazioni varie:
   (1) Episodio 9x13 “Un uomo disperato”, titolo originale “A desperate man”
   (2) Non ho ben chiaro come, se Tony non ha mai parlato di Wendy, tutti sappiano che lei era la sua fidanzata. Ergo per me
non lo sanno. Semplice, no? Il trucco per risolvere i buchi di trama. O i pezzi che mi sono persa io…
   (3) In inglese “Senior Field Agent”. Nella versione italiana, il rango di Tony è stato nominato credo
una volta (episodio 2x20 “Fratellanze”, titolo originale “Red cell”); in quella inglese molte di più. Personalmente non comprendo molte delle scelte di traduzione… ma questa è la mia fanfiction e “fanfiction mia, regole mie” u_u
   (4) La parola usata in inglese è “campfire”. Nella quarta serie viene tradotto “raduno”, da qualche altra parte che non ricordo “consiglio di guerra”. Ho scelto di ritradurre in modo più vicino all’originale possibile, e ho scelto “raduno intorno al fuoco”.
   (5) “Don’t Ask, Don’t Tell”. Era la politica vigente in America fino al 2010 riguardo l’omosessualità nei servizi militari. Per info, wiki è come sempre la salvezza dell’umanità.
   

   
 
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