Bon ton

   Effie Trinket non riusciva a credere ai propri occhi: il mentore dei due Vincitori, colui che avrebbe dovuto rispondere a decine di domande riguardanti i suoi pupilli, era placidamente sdraiato su un divano, con in mano una bottiglia di liquore? E i suoi vestiti erano – Effie dovette trattenere una smorfia – sporchi? Tutto ciò era assolutamente inaccettabile, senza contare il modo in cui la stava ignorando.
   Effie avrebbe potuto descriverlo con una sola parola: maleducato. Oltre che insensibile.
   Solo quando uno sbuffo esasperato fuoriscì dalle sue labbra, lui si degnò di notare la sua presenza.
«Buonasera, zucchero» la salutò lui mentre tracannava un altro sorso di alcol, il tutto proprio sotto gli occhi indignati dell'accompagnatrice.
   «Haymitch, non hai per niente il senso del galateo e delle buone maniere» commentò, scuotendo la testa, orripilata.
   «Tutti questi complimenti finiranno per farmi arrossire, dolcezza. A cosa devo l'onore della tua visita?» le sorrise con sarcasmo.
   «Non so se hai ben chiara la situazione, Haymitch Abernathy» squittì nervosamente Effie «Mancano solo due ore, dico, due misere ore, alla grande, grande, grande intervista e tu non sei ancora pronto?» Il tono della donna andò progressivamente crescendo e toccò note così acute che Haymitch pensò avrebbe rotto lo specchio che ornava la parete.
   Sinceramente non capiva dove stesse il problema: in fondo, davanti alle telecamere avrebbero dovuto parlare solo Peeta e Miss dolcezza in persona. Qualcuno – a parte Effie, ovvio – si sarebbe scandalizzato vedendolo arrivare senza cravatta o con la giacca spiegazzata? No di certo, aveva toccato il fondo vomitando sulle scarpe di Effie in diretta nazionale su tutte le televisioni di Panem.
   A quanto pareva, però, lei non era per niente d'accordo: continuava a blaterare sciocchezze riguardanti la sua irresponsabilità, il suo brutto, brutto, brutto vizio, il suo nuovo gruppo di stilisti e via dicendo. Haymitch non aveva ascoltato una parola, improvvisamente troppo interessato alla scollatura di Effie, che metteva bene in mostra parte del suo seno niveo.
   «Haymitch, caro, muoviti!» articolò a denti stretti l'accompagnatrice, accorgendosi della sua aria imbambolata.
  «Tra cinque minuti andrò in sartoria, d'accordo, dolcezza?» biascicò, tentando invano di sembrare conciliante, invece che infastidito, e di incentrare lo sguardo su qualcos'altro che non fosse così attraente.
Ma l'occhiata inceneritrice di Effie, unita al fatto che teneva fra le mani una limetta per unghie - arma potenzialmente pericolosa – gli fece raggelare il sangue.
   «Siamo terribilmente in ritardo, non c'è tempo per i tuoi cinque minuti!»
   Haymitch sospirò e si alzò flemmaticamente, infilando nei pantaloni la camicia sgualcita e macchiata di vino.
   «Hai vinto tu, zucchero».
   Si avviò a passo lento verso la porta, ignorando la voce squillante che gli intimava di essere educato con i suoi preparatori, ma all'ultimo cambiò idea e si diresse verso Effie. Le prese il viso tra le mani e stampò un bacio umidiccio sulle labbra coperte di rossetto lilla. Quando vide la reazione della donna, un guizzo di malcelata soddisfazione illuminò i suoi occhi grigi.
   «Il bon ton non approverebbe il rossore sulle tue guance, dolcezza» la provocò, ghignando e regalandole un buffetto sulla fronte. «Allora, vado a prepararmi».
   Effie rimase sola nella stanza e si sfiorò distrattamente uno zigomo sapientemente incipriato.
   No, il bon ton non avrebbe per niente approvato.