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Autore: margotj    21/09/2013    2 recensioni
(Storia completa in pubblicazione a puntate)
PREMESSA ALLA STORIA: si tratta di un ALTERNATIVE UNIVERSE: con gran raccapriccio dei puristi, in questa storia Dc incontra Marvel: il presupposto? Bruce Wayne e Tony Stark si conoscevano, ben prima di divenire rispettivamente Batman e IronMan. Tutto ciò che viene visto nei film è quindi modificato opportunamente (stravolto, oserei dire, valgono le immagini più delle trame) per raccontare la storia della loro amicizia e dell'inizio della loro leggenda.
Spoiler: credo nessuno. Utilizzo spudorato di IronMan, IronMan2, Batman Begins e TheDarkKnight, qualche accenno agli Avengers
Pairing: canonico Tony/Pepper Bruce/Rachel
Rating: AU Angst, Dark, Friendship...
Disclaimer: i personaggi non appartengono ai legittimi proprietari. L’autrice scrive senza alcuno scopo di lucro e non intende violare alcun copyright.
Genere: Angst, Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Batman aka Bruce Wayne
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Iron & Darkness

(acciaio e oscurità)

Di MargotJ

Questa Fanfiction è disponibile solo su EFP,
sul mio Blog http://readyforthedragon.wordpress.com/ 

Spoiler: credo nessuno. Utilizzo spudorato di IronMan, IronMan2, Batman Begins e TheDarkKnight, qualche accenno agli Avengers

Pairing: canonico Tony/Pepper Bruce/Rachel

Rating: AU Angst, Dark, Friendship...

Disclaimer: i personaggi non appartengono ai legittimi proprietari. L’autrice scrive senza alcuno scopo di lucro e non intende violare alcun copyright.

PREMESSA ALLA STORIA: si tratta di un ALTERNATIVE UNIVERSE: con gran raccapriccio dei puristi, in questa storia Dc incontra Marvel: il presupposto? Bruce Wayne e Tony Stark si conoscevano, ben prima di divenire rispettivamente Batman e IronMan. Tutto ciò che viene visto nei film è quindi modificato opportunamente (stravolto, oserei dire, valgono le immagini più delle trame) per raccontare la storia della loro amicizia e dell'inizio della loro leggenda.

NOTE & LICENZE 'POETICHE': in corsivo le parti dei dialoghi trascritte, i flashback o alcune frasi originali che ho voluto enfatizzare. Mi sono permessa di intendere 'iron' come acciaio al posto che ferro per supportare alcune allusioni nella storia narrata. Inoltre, non ho rispettato la collocazione classica di Gotham City restando sul vago per motivi narrativi.

Nota dell’autrice: un paio di anni fa, in preda alla classica nullafacenza da raffreddore, ho investito una domenica pomeriggio a smontare i quattro film sopracitati per ottenere tredici video musicali episodici (chiamati ai tempi Iron/Dark) che raccontassero una storia. Mi domando perché l'ho fatto e, comunque, pur senza trovare risposta, me ne rallegro: tanto mi son divertita a montarli, tanto me li godo ancora oggi. Adesso, ho deciso di scrivere i tredici episodi ( http://www.youtube.com/playlist?list=PLB1F21203D1E4126E ) .

Mi scuso per ogni possibile refuso non visto in fase di rilettura. Buona visione e, spero, buona lettura. MJ

EPISODIO 1/13 (spoiler alla lettura) - http://www.youtube.com/watch?v=zTNhGHtzHSI

_____________

Prologo

Sii sincera, mi hai visto fare cose peggiori.” (Iron Man I)

 

C'era voluto un po' ma, finalmente, quella mattina, Pepper si era presentata con l'informazione richiesta.

“Il veliero è attraccato al largo delle Antille. Ho parlato stam...”

“Quali Antille?” - la interruppe Tony, continuando a trafficare con un apparecchio di natura ignota che richiedeva molti bulloni - “Grandi? Piccole?”

“Io...” - Pepper sfogliò gli appunti e tirò fuori una cartolina con mappa degli arcipelaghi - “Piccole, è vicino ad Antigua. Stavo dicendo, stamatt...”

“Bella Antigua. Non come Nevis, ma bella. Ci sono stato, l'anno passato. ” - la interruppe di nuovo. Poi si voltò, sollecito - “Lei è venuta?”

“No, per questo mi ha mandato la cartolina.” - sottolineò Pepper, sventolando il cartoncino.

“Sono stato gentile.” - Tony sembrava sorpreso di potersi apprezzare tanto e poco colpito che la donna avesse l'immagine nell'agenda - “Dovrebbe proprio andarci. Si prenda un paio di giorni.”

“No, per il momento no, grazie.” - Pepper si tirò indietro una ciocca di capelli e consultò un altro appunto - “Stamattina, stavo dicendo, via radio, ho fatto avvertire il signor Wayne della sua intenzione di parlargli. Il maggiordomo, Alfred...”

“Alfred, ecco come si chiamava. Gran brava persona...”

“Sì, certo. Il signor Alfred, dicevo, mi ha garantito che non mancherà di riferire al signor Wayne il messaggio, di modo da fissare un appuntamento al suo rientro.”

Tony la ascoltò, pulendosi un dito per volta nello straccio. C'erano impronte d'olio dappertutto, persino sulle scarpe di Pepper.

“Antille.” - commentò soltanto, con lo sguardo vuoto. Poi tornò a fissare la propria segretaria - “Ha detto Piccole?”

“Piccole. Antigua.”

“Bene.” - lo straccio volò sul tavolo e planò tra i bulloni - “Allora andiamo.”

“Com...”

“Su, signorina Potts, non perda tempo. Avverta l'aeroporto, partiamo.”

“Partiamo? Lei non può partire, ha una conferenza. È appena tornato, non è bene che...”

“Sono già per strada.”

“Tony, ragioni!”

“Sto ragionando.” - ribattè lui, sentendo i tacchi di lei corrergli dietro su dalle scale - “Non vedo perché attendere di fissare un appuntamento, visto che sappiamo dove si trova. Sono certo che mi concederà un paio di minuti.”

“Su questo ho i miei dubbi, a dire il vero. Il signor Wayne non è famoso per la sua dedizione al lavoro...”

“E chi ha detto che vado per lavoro!” - fu l'allegra risposta, mentre le porte dei garages si aprivano magicamente - “Jarvis, torno in serata, non aspettarmi alzato. Allora, signorina Potts, si sbriga o devo portarla in braccio?”

 

***

 

Tony Stark era un animale sociale di ben strana natura. Chi lo conosceva, ed erano ben pochi che potevano affermarlo, lo trovava incredibile nell'eccedere, spudorato al limite dell'offensivo, geniale ed egocentrico oltre ogni misura.

Definire Tony Stark una persona piacevole o un amico fidato era quasi impossibile: Tony Stark aveva donne, alleati, pretendenti, un certo qual seguito di fan, ma non amici.

Né famiglia.

Viveva tra i suoi simili, ritenendoli raramente dei pari, per poi tornare sempre, in maniera enigmatica, a vivere tra i propri robot, in ville enormi e vuote.

La casa sulla scogliera, a Malibu, era la sua tana prediletta. Ma non era raro vederlo bazzicare nelle varie StarkTowers sparse per il paese: New York, L.A., Boston, Gotham... incapace di stare fermo, difficile da seguire nei suoi spostamenti, era facile vederlo apparire alle feste più in del paese, alle serate più costose e negli ambienti più raffinati in generale.

Da quando era tornato, dopo i 'terribili eventi', questa realtà di fatto non sembrava essere mutata di una virgola: c'erano le serate, gli eccessi, le battute mordaci e gratuite e, a seguire, la solitudine nei propri possedimenti. Se qualcuno si stava sconvolgendo per l'accaduto e per il suo modo di gestirlo, non lo dava a vedere.

Sì, c'era l'assurda decisione di cessare la produzione bellica ma... ma che importava se lo champagne continuava a scorrere?

Eppure, Pepper sapeva che qualcosa stava cambiando. Obadiah, certo, Obadiah doveva esserne al corrente... ma Pepper aveva l'impressione di essere la sola ad aver capito.

Tony non era sereno come voleva far credere. Tony aveva fatto un passo così folle senza alcuna follia, senza essere vittima di un trauma. Tony, forse, cominciava a sapere cosa voleva.

Ed era per questo che Pepper, segretaria a tempo pieno dal cuore confuso, iniziava ad aver paura.

Perché, da tre settimane, Tony aveva smesso di produrre armi, prima a parole e poi a fatti.

E, champagne o no, questo faceva di lui, al di là di ogni ideologia, un indifeso.

 

***

 

Il veliero era un magnifico brigantino bianco e verde. Come predetto da Pepper, era ormeggiato non troppo lontano da una delle baie più belle del mondo e, con le vele ammainate, dava l'impressione di voler restare in quel posto ancora a lungo.

Quando il piccolo aereo da turismo gli atterrò a meno di qualche centinaia di metri, sollevando un discreto numero di spruzzi, Alfred, da sotto un vecchio cappello di paglia, si fermò, in attesa.

Il ghiaccio nella caraffa del the, per l'escursione termica, scricchiolò e si spezzò, senza tuttavia interrompere le riflessioni dell'anziano maggiordomo.

Stark, recitava la scritta sul lato dell'aereo.

Guai, leggeva Alfred.

Guai, a lettere cubitali.

Si riscosse, salendo i due gradini in legno fino al ponte.

“Signore...” - mormorò, cerimonioso. Il signor Wayne, da sopra il giornale, fissava il veicolo con espressione indecifrabile - “Credo che sia per lei...”

“Credevo avessi detto che avrebbe fissato un appuntamento.” - commentò l'uomo, bevendo l'ultimo sorso dal bicchiere e posandolo sul tavolino.

“E' quello che ho detto, signore. La signorina Potts ha concordato così, stamattina.”

“Immagino che lui non fosse d'accordo.” - dice Bruce, alzandosi e infilando le mani nelle tasche dei pantaloni di lino chiaro.

Il portello del velivolo era aperto, sul pelo dell'acqua.

Una figura scura, non troppo alta, si stagliava, immobile, incorniciata dalla carlinga.

“Non penso che potremo fingerci impegnati...” - mormorò Alfred, in piedi un passo dietro di lui, come sempre rispettosamente di guardia.

“Non è un tipo disposto ad accettare un no molto serenamente.” - sospirò Bruce, senza comunque muoversi - “Alfred, credo che avrò bisogno qualche effetto personale. Sto per fare un giro in aereo.”

 

***

 

A nuoto!

Pepper osservava Bruce Wayne nuotare verso l'aliscafo e non aveva parole.

Veniva verso di loro a nuoto, con una sacca in spalla, senza che ci fosse stata alcuna comunicazione via radio o cellulare!

Dopo settimane passate a cercarlo, mentre sembrava svanito dalla terra... a nuoto!

Decisamente non si capacitava. E non è che fosse una sprovveduta, nella vita: lavorava con Tony Stark, era stata in trincea molte volte e, in un paio di casi, nemmeno per metafora; aveva sopportato le settimane del sequestro fronteggiando qualunque minaccia e ora... ora un uomo, un uomo solo, solo perché si tuffava e nuotava verso di lei...

Su, Virginia, si disse, decisa. Riprenditi!

Prova a pensare che sia un miliardario tra tanti anche se sai che non è così!

Convinta di poter riuscire, Pepper si stampò un diplomatico sorriso in faccia e tese la mano all'uomo che, bagnato e con bagaglio, si stava issando sul predellino.

“Signor Wayne!” - salutò, smagliante, ricambiando la stretta e porgendo quasi contemporaneamente un asciugamano - “Benvenuto!”

La signorina Potts, immagino, replicò lui, guardandola dritta negli occhi.

Virginia, per l'amor di dio, disse la coscienza, non sbavare!

Bruce Wayne, l'eccentrico dio di Gotham City.

Aveva un tono di voce impostato, pacatissimo e occhi di un colore indefinibile. Dovevano essere castani ma, sotto quella luce, sembravano dorati, come quelli di un predatore notturno.

Era un bell'uomo, a conti fatti: alto, non troppo muscoloso, non troppo magro... era ossuto in viso, come se la pelle fosse troppo sottile e si tendesse eccessivamente sul teschio.

Bello. Non il suo tipo ma bello. Enigmatico e con la nomea di non essere molto equilibrato, eufemismo di sbandato... con il pedigree, certo, ma pur sempre uno sbandato in grado di sparire degli anni, essere dichiarato morto e riapparire per poi sparire ancora.

Restava da scoprire cosa avessero in comune questo miliardario, signore delle fughe e delle azioni irrisolte, ed il suo capo, il genio più che compreso del MIT e del mondo intero.

Troppa differenza di età per essersi conosciuti a scuola.

Troppa differenza di gestione patrimoniale per avere affari in comune.

Troppa vita disastrata a testa per potersi manifestare empatia.

Eppure...

Eppure, pensò Pepper, guardandoli stringersi la mano, questi due uomini si conoscono.

E si conoscono bene.

 

***

 

“Allora, a cosa devo il piacere?” - fu l'esordio di Tony, da amabile padrone di casa, invitandolo a sedersi e offrendogli un bicchiere per un brindisi.

“Veramente questa domanda dovrei farla io...” - ribattè Bruce, accomodandosi. Aveva una voce roca, inconfondibile. Al solo sentirla, i dubbi di Tony (quelli inascoltati delle ultime settimane) si dissolsero del tutto.

Tu! Decisamente tu, piccolo bast...

“Passavo di qui per caso.” - rispose, facendo sparire con un calcio le congetture sotto al letto del cervello - “Ho pensato di farti un'improvvisata. Contento?”

“Molto.”

“Bene. Quindi, se tu sei contento e io sono contento, saltiamo i preamboli. Cosa cazzo ti è saltato in mente di tornare in quel posto?”

“Tony...”

“Chiudi il becco, Junior.” - lo zittì l'altro, deciso. Aveva cambiato tono, era duro, univoco - “Non ti ho aiutato a scappare perché tu facessi quello che hai fatto, io...”

“Io ho fatto quello che andava fatto.” - rispose, piatto, Bruce Wayne. Poi bevve un sorso - “E quello che mi hai detto di fare.”

Tony aprì la bocca. Poi la richiuse. E poi la riaprì.

Ne uscì solo uno sbuffo contrariato.

Ci siamo, pensò Bruce, fissandolo. Ha finito di caricare i dati. Tale e quale suo padre.

 

1.1 Origins: Your life, Our life

 

Someone told me that love would all save us.

But how can that be?

Look what love gave us.

A world full of killing, and blood-spilling, that

world never came.

(Chad Kroeger - Hero)

 

Qualcuno mi ha detto che l'amore ci salverà ma come può essere, guarda cosa ci ha dato l'amore. Un mondo pieno di uccisioni,

di sangue che scorre, quel mondo non è mai arrivato

 

I ricordi d'infanzia che Bruce Wayne aveva deciso di conservare non erano molti. La maggior parte, ormai, era sepolta sotto una spessa coltre di insofferenza e ostinazione che lo difendevano dal dolore e dalla solitudine.

Eppure, per quanto avesse fatto per dimenticare, esistevano frammenti di immagini più acuminati di altri e, talvolta, Bruce assisteva, dentro agli occhi, nella propria mente, a scene di una vita che rinnegava come propria e vissuta.

Si trattava di piccoli particolari, volti, luoghi. Poteva succedere ovunque eppure sempre con la stessa dinamica: un lampo di luce, un suono, un movimento. Occorreva una chiave di ricerca per ritrovare il vissuto perduto, una chiave che Bruce sperava soltanto di perdere definitivamente e che, con ossessiva puntualità, continuava a riapparire.

Non importava quanto si fosse allontanato da se stesso, quanto avesse corso, quanto mondo avesse posto tra sé e Gotham... i ricordi tornavano, mutili e taglienti.

Eppure, Bruce non smetteva di sperare e, puntualmente, restare deluso.

Così era stato, sei mesi prima, nel campo di prigionia al confine tra la Cina e l'Afghanistan, quando, in piena luce e in malo modo, il miliziano aveva strappato il cappuccio di testa al nuovo prigioniero.

“Howie.” - aveva solo pensato Bruce, restando imbambolato, nel mezzo di una rissa e ricevendosi il pugno fino a quel punto evitato.

Howie, aveva ripetuto la voce di suo padre, nella sua testa, mentre finiva con la faccia nel fango.

Andiamo, Howie, non dirmi che non lo trovi un progetto affascinante!”

Un torre che rifornisca di energia una città? Non è affascinante, Tom, è dispendioso e impossibile.”

Dici impossibile solo per soddisfare il tuo ego, Howie! Ora che lo hai fatto, fammi aveva un progetto! Non dici sempre che i limiti esistono per essere superati?”

Howie beveva Brandy, rammentò a se stesso Bruce, alzando un braccio per ripararsi e rifilando un calcio all'aggressore più vicino.

Howie beveva brandy con papà. Papà offriva brandy solo agli amici...

A casa la bottiglia si impolvera, da quasi vent'anni...

Altro pugno. Altro calcio. La mente si era chiusa, con lo scatto del lucchetto.

Bruce aveva sentito il manganello delle guardie e, poco dopo, il pavimento di terra della cella di isolamento.

 

***

 

Il fango gli si era incrostato addosso, nel buio della grotta. Le voci degli altri prigionieri attraversavano l'umidità fredda rimbalzando sulle pareti di roccia, cullandolo, in lontananza.

Howie. Howie S...Stark?

Stark ha detto che potremo alimentare anche un sistema metropolitano dalla Tower, Lucius. E non c'è motivo di fermare lì la faccenda. Perché non l'acqua? Serve acqua per produrre energia, no? Perché non costruire un acquedotto, a quel punto? Pensa, Lucius...”

I grandi sogni sono per grandi uomini, Thomas. Ed io sono solo un piccolo scienziato...”

Un piccolo scienziato con grandi uomini a disposizione, allora...”

Lucius... si, il terzo uomo si chiamava Lucius. Un uomo sorridente, che amava restare in piedi persino nello studio di suo padre... o forse doveva farlo, perché Howie, da solo, occupava tutto il divano.

Howie... Howie si piegava sempre per vederlo, nascosto sotto la scrivania e strizzargli l'occhio.

Howie faceva le smorfie per farlo ridere e aveva le tasche piene di dolciumi.

Howie... Howard...

Howie, lo zucchero fa cariare i denti ai bambini...”

Tutte frottole di voi medici: guarda la bocca di Anthony, Thomas. Dieci anni di GummyBear e denti perfetti.”

Anthony.

Bruce ci sedette, nel buio. Il fango, divenendo polvere, si sgretolò dal viso, dalle palpebre, dai vestiti, come il buio della memoria. Non Howie. Non Howie.

 

***

 

Quando si era risvegliato, Tony Stark aveva prontamente maledetto la propria passione per gli alcolici consumati non in ordine alfabetico.

Doveva veramente aver bevuto di tutto, per essere in quello stato, in quel posto e in quel... no, decisamente no.

Indubbiamente, non era in un letto o sul pavimento di una limousine o in qualunque altro posto di solito si svegliasse. Il fondo del furgone era fatto di assi sconnesse, il cappuccio sulla testa non... bhe, si, in certe occasioni gli piaceva ma di solito era di seta!

La bocca impastata e amara e le mani legate gli avevano detto il resto. Rapimento. Rapimento tornando indietro dalla dimostrazione missilistica nel deserto.

Si mosse e il calcio nel fianco, accompagnato da un paio di commenti, gli disse altro della propria situazione. Miliziani. Almeno tre.

Dopo il calcio, aveva preferito restare immobile. Gli prudeva un gomito, ma non poteva farci niente. Contò i secondi, cercò di capire, voltando impercettibilmente la testa ed esplorando la trama del cappuccio, che ore fossero, dove stessero andando, da quanto potessero essere in viaggio. Il camion sobbalzava, ma in maniera diversa rispetto ai mezzi con cui si erano mossi nel deserto.

Montagne? Si era chiesto, mentre sobbalzavano e il mezzo sembrava inclinarsi, ondeggiare a destra e sinistra.

Andiamo in un rifugio? Hanno detto qualcosa sulle montagne, all'ultima riunione e io... io ho detto...

Se le montagne disturbano possiamo sempre raderle al suolo con gli UP4Stark. Una cima alla volta o tutta la catena?

Avesse potuto farlo senza prendersi un altro calcio, si sarebbe fatto una risata!

Poi, finalmente, si erano fermati.

Prima ancora di realizzare di essere in ginocchio, con le ginocchia su rocce e sabbia, qualcuno gli aveva strappato il cappuccio di testa. E il sole gli aveva fatto male come un colpo al viso.

 

***

 

Quando Carmine Falcone lo aveva messo di fronte all'impossibilità di avere vendetta senza seminare altra morte, Bruce aveva compreso che la crudeltà della vita si annidava nel credere di poter avere uno scopo senza pagarne il prezzo: suo padre aveva inseguito la speranza ed il mondo gli aveva strappato la vita, sua madre aveva scelto l'amore e quindi il destino del marito. Alfred aveva dedicato al sua vita ad un ragazzo e un castello vuoto, senza averne nulla in cambio e Rachel... Rachel aveva scelto la giustizia in un mondo che si preparava a ripagarla con la moneta dell'impotenza.

Ogni scopo un prezzo, ogni scelta una sconfitta.

Bruce sapeva di aver pagato la propria paura con la morte. E il dolore della perdita, con il rimorso.

I chilometri, fuggendo da Gotham, non avevano portato pace. I paesi visitati non erano stati rifugio, solo prigione. La prima volta che aveva rubato, per non morire di fame, aveva perso molta della supponenza legata al semplicistico concetto di giusto o sbagliato. E viaggiando, aveva imparato a conoscere la paura e brivido del successo che la accompagnava ma... ma nulla aveva calmato la propria tensione.

Correva, fuggiva... ma non inseguiva nulla.

Aveva provato ad afferrare qualcosa ma nulla era ciò che desiderava, nulla era tale da essere scopo.

Era sempre soltanto fuga, senza traguardo. Anni passati senza contare i giorni, fino a finire nel nulla, sul confine di due paesi, in un posto in cui il tempo si scandiva sul tramonto, sulle preghiere recitate battendosi il petto, sulla campana stridula che lo comprimeva in una fila sconnessa, tra tanti altri senza volto, con le mani tese verso il rancio.

Anni, anni senza voltarsi indietro, cacciando a calci i ricordi, affogando nel senso di inutilità e, ora... alzò la testa dalla tazza sbeccata piena di brodaglia che gli ustionava le dita. Dove era? Dove potevano averlo relegato? Sapevano chi era?

Bruce percorse con lo sguardo le teste degli uomini impegnati a sfamarsi: crani rasati, turbanti, capelli lunghi, unti... eccolo.

Cappello di maglia, barba incolta... si alzò, zoppicando. Calpestò alcune mani, ignorò le imprecazioni come se non capisse la lingua e percorse la fila, fino a fermarsi davanti all'uomo.

 

***

 

Quando l'uomo mise in ombra le sue mani e la sua testa, dandogli per un attimo l'illusione di provare sollievo, Tony alzò la testa, stringendo gli occhi.

Non riusciva a vederlo bene in viso. Aveva il sole alle spalle e la luce, eccessiva, rendeva taglienti le linee del volto.

L'uomo sembrò intuire la difficoltà dalla sua espressione. Si mosse, spinse un poco più in là il tizio che Tony aveva a fianco e si sedette, a gambe incrociate, riprendendo a mangiare.

Tony si voltò, studiandolo: aveva la barba e i capelli lunghi, l'aspetto incolto, addirittura del fango sul viso.

Ma non era arabo. Si confondeva tra di loro per la pelle bruciata dal sole ma non lo era.

Abbassò gli occhi, fissando il modo in cui teneva il cucchiaio: poteva avere le unghie nere e mangiate, mani screpolate e arse ma...

“Sei americano?” - domandò, alzando gli occhi verso il profilo dello sconosciuto.

Naso diritto, ciglia lunghe, zigomi magri...

“Perchè so tenere in mano coltello e forchetta?” - chiese l'uomo, senza il minimo accento, senza voltarsi verso di lui - “Presuntuoso come presupposto...”

“Bella risposta.” - commentò Stark, piegando la testa per vederlo in viso - “Sicuramente americano.”

Un accenno di sorriso balenò sotto la barba lunga. Poi scomparve, in un guizzo di linee che nemmeno la pelliccia riusciva a nascondere.

Lo sconosciuto si voltò, guardandolo dritto in faccia. Aveva occhi di un colore indefinibile.

“Mi chiamo Bruce.” - sussurrò, tendendogli la mano.

E Tony ebbe l'impressione che non lo dicesse a nessuno da molto tempo.

 

***

 

La prigionia non era uno scherzo. Ma essere un prigioniero da riscatto aveva i suoi vantaggi: Tony godeva di meno occasioni per socializzare ma di un mestolo di zuppa in più. Gli avevano dato alcuni vestiti per resistere meglio al freddo della notte e non veniva invitato all'adunata con il calcio del fucile.

Ma Bruce... il suo amico... ragazzi, quello sì che se l'andava a cercare! Risse, sommosse, ancora risse... ormai Tony aveva l'impressione che lo mettessero in isolamento per proteggere gli altri.

Poi, quando finalmente gli permettevano di riemergere dalle profondità della montagna, di tornare a scavare insieme agli altri schiavi... tutto ricominciava. E Tony, che usava il piccone quasi per finta, certo che gli avrebbero detto poco, si sedeva e guardava.

C'era qualcosa nel modo di combattere di Bruce... nel modo di alzare il braccio e tirare il primo pugno... si inarcava indietro, incurante del fatto di esporre il viso ai colpi ma, quando lo faceva... il suo avversario arretrava.

Gli occhi. Gli occhi di Bruce facevano paura più del pugno levato.

Tony lo osservò, piegando la testa. Non sapeva molto di lui, non parlavano molto. Sedevano vicino durante i pasti, in silenzio. Tony, ogni tanto, diceva una battuta, come se gettasse un sasso nello stagno. Bruce increspava un sorriso enigmatico e non rispondeva.

Ma quando combatteva... quando combatteva era come se gridasse.

Da cosa stai fuggendo? Si domandò Tony, ancora una volta, socchiudendo le palpebre, mentre Bruce ruzzolava a terra assieme ad altri due ceffi del suo calibro. Come puoi essere finito qui e, soprattutto... perché resti qui?

Altro bel quesito. Tony si domandò se ci fosse modo di smontare Bruce e cavarne fuori qualche chip con verità annessa. Se solo fosse stato un computer... avrebbe avuto le sue risposte in un attimo ma, con un essere umano... era tutto un altro elaborar di dati!

Del resto... perché interessarsi tanto a quel delinquente? Perché?

Fu in quel momento che Bruce finì il tappeto.

E Tony, quando vide quel bestione alzare la pietra per schiacciargli la testa, non capì più niente.

 

***

 

Pipistrelli. La luce, in cima al pozzo, era irraggiungibile.

Pipistrelli.

Ma c'era un uomo tra di loro. E quell'uomo portava la speranza.

Tese le dita, sperando di arrivare ad afferrare le sue.

“Papà.” - mormorò Bruce, senza aprire gli occhi.

Tony non commentò. In fondo, cosa puoi dire se un perfetto sconosciuto invoca il padre in una grotta afghana? Di certo, nessuna battuta che funzioni a Las Vegas.

Si trattenne dal sospirare, ma alzò gli occhi al cielo.

“E' perché sono ricco, bello e intelligente?” - domandò, al soffitto della grotta - “Per questo mi hai fatto sequestrare e adesso mi obblighi ad adottare un reietto? Mi stai dicendo che non sono un bravo ragazzo?”

Si interruppe, ragionando.

“Ma che diamine, io non sono un bravo ragazzo e ne vado fiero.” - puntualizzò, nel suo dialogo con l'ignoto. E strinse un poco di più quelle di due dita di Bruce che aveva afferrato senza pensare.

 

***

 

Sei settimane. I suo carcerieri avevano cambiato idea: visto che si trattava di attendere che il suo beneamato e paterno Obadiah staccasse un assegno tale da permettere a tutti loro di rifarsi l'arsenale presso le StarkIndustries, il signor Stark poteva ottimizzare il tempo libero costruendo armi artigianali.

Perché sprecare il potenziale di Tony lasciandolo libero di farsi amici, fare a botte e finire in isolamento?

“Insomma, sto frequentando brutte compagnie e tu mi metti in castigo.” - replicò, impassibile, al miliziano che gli sventolava il mitra sotto il naso spiegandosi in due o tre lingue differenti - “Vuoi chiedermi se mi lavo i denti la sera, visto che ci siamo?”

No, non gli interessava. Non all'uomo. Ma al calcio del mitra non dispiacque verificare di persona.

A quel punto, finì la spiegazione del suo nuovo compito. E Bruce, comparso da chissà dove, si sentì in dovere di difenderlo.

 

***

 

“Resta immobile.”

“Perchè, credi che riesca a muovermi?” - bofonchiò Bruce, senza aprire gli occhi.

“Non credevo nemmeno sapessi fare una battuta...” - scherzò Tony, avvicinandosi alla branda dove lo avevano scaricato senza tanti complimenti - “Sono davvero colpito.”

Questa volta Bruce non sorrise. Aprì gli occhi e tirò su la testa.

“Immobile è una parola semplice.” - commentò Tony, posandogli un dito al centro della fronte e premendo - “La accosterò ad una altrettanto melodiosa: Sdraiato.”

“Hai ragione... suona bene.” - borbottò quell'altro, con la vaga sensazione che le ossa fossero irrimediabilmente mescolate - “Dove siamo?”

“Nella tua suite.”

“In isolamento non ci sono le brande.”

“No, di solito no. Adesso sì, però.”

“E perché abbiamo una branda?”

“Perchè hanno questa strana idea di dovermi restituire il più intero possibile.” - sospirò Tony, sedendosi per terra a gambe incrociate, i polsi sulle ginocchia. Era intero ma... che livido su quella faccia da schiaffi! - “Mi picchiano ma ho diritto ad una branda.”

A questo punto, Bruce voltò la testa e lo fissò.

“E perché io...”

“Perchè mi sono svegliato prima io.” - fu la risposta.

Si fissarono.

Poi, per una volta, fu Tony a sorridere.

La faccia di Bruce era meglio di qualsiasi battuta di Las Vegas.

 

***

 

Rottami, laboratorio e uno scienziato un poco strano ma decisamente preparato. Insomma, un luna park per la rockstar del campo.

Bruce non commentava e non perdeva un movimento. L'assenza di pagamento del riscatto cominciava a rendere tutti nervosi, si stava palesemente cercando un piano di riserva. Cosa fare del genio bellico americano se gli americani non se lo riprendevano?

Una traduzione quasi letteraria delle urla rabbiose dei soldati in consiglio di guerra.

Bruce abbassava la testa e picconava, concedendosi uno strano periodo di latitanza dalle risse. Attaccare briga non era utile quanto avere informazioni riguardo il destino di Tony.

Quanto spazio stava tra una pallottola e il suo cranio? E perché poi gli sarebbe dovuto importare così tanto? Per un dannato ricordo che aveva cercato di rimuovere?

E poi, per giunta, Tony se la stava spassando meglio di chiunque altro. Bruce si passò una mano sul viso, asciugando il sudore. Poi si piegò di nuovo a lavorare.

Si fermò di nuovo. La nausea era troppo forte, la testa girava... di nuovo, si pulì la faccia, trascinando qualche granello di sabbia dentro agli occhi.

Imprecò piano, strofinandoseli.

Vedi? Così puoi alimentare tutta la città: acqua, luce...”

Meno male che era impossibile, Howie.”

Che vuoi che ti dica, Thomas... Lucius sa il fatto suo. Sicuro che non vuoi licenziarlo? Lo assumo io. E non chiamarmi Howie. Non in pubblico.”

Non se ne parla! Lucius ed io faremo grandi cose, nei prossimi anni. Tu pensa al tuo reattore e non rubare le nostre idee... Howie.”

Le vostre? Amico mio, io riempirò il mondo di palazzi di questo genere. E li chiamerò StarkTower di modo che non ci siano dubbi su chi le ha volute!”

Bruce riaprì gli occhi, sbattendo le palpebre, innervosito. I 'prossimi anni' non c'erano stati, per nessuno di loro. Erano morti tutti, a diciotto mesi di distanza uno dall'altro. E Lucius... chissà dov'era finito quel Lucius...

C'era tramestio, sulla porta della grotta-laboratorio. Casse in entrata e in uscita. Bruce lasciò cadere il piccone, raddrizzandosi e fissando la confusione. Una guardia gli urlò qualcosa, ma non valeva la pena di ascoltarla.

Niente, non riusciva a capire.

La guardia ora gli premeva il fucile addosso, urlando.

Tanto valeva disarmarlo e sfogare la tensione.

 

***

 

“Sei un vero attaccabrighe.” - commentò Tony, quella sera, sedendosi dall'altro parte del fuoco. Indossava di nuovo il cappello di maglia, una giacca pesante che Bruce comprese all'istante di invidiargli.

“Uno fa ciò che può per scaldarsi.” - replicò, battendo i denti. Non era solo il freddo, era... paura?

Tony lo fissò, poi abbassò gli occhi. Le fiamme erano calde, rosse. Da quanto non vedeva un fuoco vero, nel suo mondo incantato di miliardario? Da quanto non sentiva profumo di legna?

Da quanto non gli importava nulla dell'odore di bruciato?

“Hanno le armi.” - comunicò, piatto - “Era per quello il trambusto che non riuscivi a capire, oggi, all'ingresso della grotta. Hanno le armi della StarkIndustries.”

Si interruppe. Il fuoco danzava. Rosso e oro... rosso e oro...

Dicono che la migliore arma sia quella che non si deve usare mai… Con rispetto io non concordo. Io preferisco l'arma che si deve usare solo una volta. È così che faceva mio padre, è così che fa l'America e finora ha funzionato piuttosto bene.” - mormorò, senza staccare gli occhi da quel movimento di scintille che si spegnevano nella notte - “Deve essere l'ultima frase che ho detto prima di finire qui.”

Finora ha funzionato bene. Finora...

“Ma niente riscatto.” - stava dicendo Bruce.

“No. Ma non importa. Io da qui me ne vado comunque.”

Bruce rimase zitto. Il freddo, ora, era incontrollabile. Si strofinò le braccia, sperando funzionasse.

“Sono le armi che...” - Tony si interruppe, lasciando che il silenzio cadesse nuovamente. Poi cambiò idea... sapeva cosa fare delle armi, non sapeva cosa fare con lui - “Bruce, credo sia ora che tu torni a casa. A Gotham.

 

***

 

Il freddo ora era fatto di buio. Gotham.

A casa.

Era come cadere nuovamente in fondo al pozzo.

“Credo che tu abbia un compito da portare avanti.” - aggiunse Tony, alzando lo sguardo e incontrando il suo - “E che sia ora che te ne occupi, visto che tuo padre non può più farlo.”

“Tu non sai niente di mio padre e di me.”

Ero sul fondo del pozzo. E lui mi ha salvato.

Ora, per quanto faccia, non riesco più a raggiungerne il fondo e perdermi del tutto.

Mio padre mi ha salvato... e questo mi riempie di collera.

“Hai ragione. Mi son servite parecchie settimane a capire. Sono anche un po' seccato di aver impiegato così tanto ma... pazienza. Non sono al mio meglio in questo periodo. Ora, però, sono sicuro. Forse non sei un filantropo da Nobel, ma ti serve uno scopo. Vai a casa e parti da ciò che hai.”

“Tony...”

“Tu non sei il tipo da finire la sua vita sulla strada, senza meta. E' per questo che ami combattere e provi rabbia quando lo fai. Sai di essere inutile. Sei un guerriero senza guerra. E' ora di scegliere.”

Abbassò gli occhi sulle fiamme.

“Conoscevo tuo padre. E tu il mio. Forse, ne hai addirittura un ricordo migliore di quello che posso avere io. Ma anche questo non ha importanza. Ciò che conta è che almeno uno di noi sappia dove sta andando.”

Si alzò, avvicinandosi. Sovrastandolo.

Pensi davvero di non aver niente da perdere?” - domandò, senza pietà - “Hai fatto male i tuoi conti. E' ora che di uscire dal dannato buco nero in cui ti sei cacciato.”

Bruce non rispose. Non lo aveva mai fatto del tutto, in quelle settimane, per cui Tony non se ne ebbe a male.

Bruce lo ascoltava. Non aveva importanza se preferiva tacere.

“Vieni con me.” - disse, tendendogli la mano, nel buio - “Ora ti spiego come ce ne andiamo da qui.”

 

***

 

Un piano perfetto. Fino all'ultimo particolare. Bruce stava già salutando Alfred nel piccolo aeroporto oltre il confine, quando Tony incontrò il proprio personale intoppo.

Mina.

L'impatto con il terreno gli aveva compresso la cassa toracica, levandogli il fiato.

Aveva voltato la testa, annaspando, mettendo a fuoco con difficoltà un rottame metallico conficcato poco lontano dalla sua testa.

Stark, aveva letto, mentre ancora tentava disperatamente di trovare ossigeno nell'atmosfera.

StarkIndustries, come le casse di armi e munizioni sotto la montagna.

L'orrore lo aveva investito, ancora una volta. Un funzionamento perfetto, si era sorpreso a valutare.

Pronti, ammirate, fuoco!” - avrebbe detto Obadiah, fiero del proprio operato. Forse, anche suo padre... Poi fu il momento di rendersi conto della macchia di sangue che si andava allargando sul suo petto.

E fu nero.

Nero e freddo.

 

***

 

Bill Earle non era stato sereno e felice come Alfred, nel rivederlo. Quando Bruce, come il figliol prodigo, era apparso alla WayneEnterprises, quel mattino, mentre se ne decideva il destino societario, molti azionisti avrebbero dato per scontato che avesse un infarto.

Paonazzo in viso e con il respiro concitato, Earle aveva permesso a Bruce di entrare in sala riunioni, di esibire i sorrisi più affabili e distribuire le più calde strette di mano senza, tuttavia, riuscire a dire qualcosa di memorabile.

Poi, a porte chiuse, forse rasserenato dall'apparente espressione svagata del rampollo di casa Wayne, aveva sfoderato una diplomazia migliore e più fruttuosa.

Forse Bruce poteva vantare il nome e il pedigree opportuni, ma avrebbe davvero voluto seppellirsi sotto tonnellate di scartoffie?

No, non sembrava.

Non per il momento, almeno.

Anzi.

Quel piccolo redivivo stava giusto chiedendo di un pezzo da museo come Lucius Fox.

 

***

 

Era bastato un telegiornale per sapere come Tony non avesse mai raggiunto il rendez-vous e di come il suo amico ufficiale, Jim Rhodes, fosse ancora sulle sue tracce.

Bruce, fresco di doccia e rasato di fresco, era rimasto in piedi a lungo, gocciolando sul parquet e passando con meticolosità da un canale all'altro in cerca di un'edizione speciale che gridasse ai quattro venti il suo ritrovamento.

Nulla.

Alfred lo aveva trovato ancora così, un'ora dopo, salendo a portargli la cena: avvolto in un asciugamano e impegnato a percorrere a lunghi passi la camera padronale, con il telecomando stretto nella destra e la sinistra tra i capelli appena tagliati.

“Alfred.” - era stato l'esordio, vedendolo apparire sulla porta - “Ho due domande da farti.”

“Spero di avere entrambe le risposte.” - sospirò l'uomo, posando il vassoio e preparandosi, tristemente a riportarlo indietro, intonso, come il precedente.

“Ho bisogno un alleato fidato e in grado di mettere mano su un enorme quantitativo di dati sensibili. Una torre di controllo, qualcuno che possa fornirmi tempestivamente informazioni di ogni genere e che sappia farlo con enorme discrezione.”

“In tal caso, penso di poter consigliare solo una persona: si tratta del vecchio consigliere di vostro padre, il professor Lucius Fox.”

Bruce, per la prima volta, interruppe il nervoso camminare avanti e indietro. Si voltò, marciò fino al maggiordomo e afferrò una mela dalla coppa di frutta che troneggiava sul tavolo.

“Alfred.” - comunicò, masticando, scotendo il telecomando, mangiando e sorridendo, per la prima volta da molto tempo - “Sei riuscito con una sola risposta a liquidare entrambe le mie domande.”

“Fare il doppio delle cose in metà tempo, signor Wayne, è una delle mie principali doti.” - replicò il maggiordomo, solenne, porgendogli un bicchiere di latte in cui si sarebbe potuto affogare un procione - “Felice di averla aiutata. E, ora, vuole raccontarmi in quali guai si sta cacciando?”

 

***

 

Lucius Fox non sarebbe stato facile da trovare senza un poco di aiuto. Earle lo aveva seppellito nello scantinato, ritirato in magazzino assieme a tonnellate di scatoloni di varia natura. Sua l'azione, suo il percorso per ritrovare lo scienziato.

Così, Bruce, dopo l'improvvisata ai piani alti e gli inevitabili convenevoli, aveva strappato le coordinate al finanziere in cambio della promessa di non ripresentarsi molto presto e, dopo, si era incamminato per i lunghi corridoi illuminati a giorno, alcune decine di metri sotto il manto stradale.

Lucius Fox gli era venuto incontro sorridendo.

E Bruce, per una volta, aveva accolto il ricordo che aveva di lui con piacere.

Sai, Thomas, questo bambino potrebbe avere di meglio da fare che restare qui a sentire le nostre farneticazioni.”

Giusto, Lucius, priviamolo fin da piccolo del vero sapere... alla sua età ho regalato a Anthony un pupazzo di Capitan America. Ne era talmente succube da farmi ritenere che non avrebbe mai trovato il tempo per imparare a leggere.”

Io penso che Bruce sappia scegliere. Può restare o può andare, basta che faccia ciò che ritiene giusto.”

Ci sto provando, papà, pensò Bruce, stringendo la mano al Dottor Fox.

Credimi, ci sto davvero provando.

 

***

 

Lucius aveva capito la situazione molto chiaramente e con uno spreco minimo di parole. I monitor si erano illuminati tutti insieme e i dati avevano preso a scorrere. Bruce ne aveva approfittato per perlustrare alcuni dei settori del magazzino, come se fosse a caccia di idee.

Lucius ne aveva seguito i movimenti, osservando il riflesso della figura alta e snella sugli schermi.

Bruce Wayne aveva tutti i segni, nel fisico, dell'uomo che ha abusato di se stesso. Forse un osservatore meno attento si sarebbe fatto abbagliare dalla rasatura perfetta e dal completo su misura, ma Lucius vedeva in lui una tensione che gli rendeva le spalle troppo rigide, il portamento troppo marziale.

Quel ragazzo aveva qualcosa in mente. Ed il fatto che la ricerca girasse tutta attorno a due parole chiave, 'Tony' e 'Stark', non lasciava presagire niente di buono.

Per il poco che Lucius poteva ricordare, i ragazzi non si potevano conoscere. Stark doveva avere almeno sette anni più di Bruce o, a se la memoria non lo ingannava, forse addirittura nove.

Ma Lucius conosceva Tony solo di nome e, da qualche anno, di nomea: Howard non era mai stato tipo da 'porta con te il figliolo in viaggio'.

Howard si presentava da solo alla WayneEnterprises, l'anno dei lavori alla Tower: nominava poco il ragazzo e, il più delle volte, con aneddoti allegri ma stranamente distaccati, sarcastici, difficili da interpretare.

Era Bruce il bambino sempre tra i loro piedi, non Tony.

Eppure, ora, come in un grande ritorno della storia, i due percorrevano la strada dell'amicizia dei loro genitori.

Lucius avrebbe voluto saperne di più. Ma non era tipo da chiedere. Provava solo una punta di nostalgia, per quei tempi andati, per le battute, le conversazioni e per quel Brandy che Thomas Wayne riservava solo agli amici più cari.

 

***

 

“Credo di averlo trovato.”

“Ne è sicuro?” - chiese Bruce, appoggiandosi il telefono alla spalla e cercando, contemporaneamente, di infilarsi una camicia senza sgualcirla.

“Ho avuto il dubbio che potesse essere lui già ieri pomeriggio, ma ora ne sono certo. La aspetto, c'è una cosa che deve vedere.”

“Arrivo subito.” - Bruce staccò la chiamata e lanciò il telefono sul letto. Alfred lo prese e lo ripose sulla base.

“Notizie del signor Stark, immagino.” - commentò, mentre i vestiti volavano fuori dalla cabina armadio. Decisamente, anni senza un guardaroba, lo avevano inselvatichito.

Bruce, a caccia di un paio di calzini, non rispose.

Due settimane. Quasi due settimane prima di sapere se fosse vivo o morto.

Ma, se Lucius era certo...

“Sta cercando questi?” - domandò il maggiordomo, porgendogli il richiesto.

“Alfred, ci siamo.” - commentò, saltellando su un piede e poi sull'altro - “Vado a prenderlo. E dobbiamo inventarci una scusa a riguardo.”

“Non sarebbe meglio avere più dettagli prima di cominciare a mentire?” - domandò il maggiordomo, seguendolo come un'ombra. Bruce camminava su una quantità improponibile di fogli, disegni, appunti e planimetrie, abbandonati sul tappeto.

A quanto sembrava, si era perduto, in quegli anni, anche il concetto di 'tavolo e sedia': a gambe incrociate, sul tappeto, non faceva altro che scrivere, per ore ed ore.

“Un volo aereo non passa inosservato.” - replicò, riapparendo dal bagno, finalmente vestito e pettinato - “Prendo la Lamborghini.”

“Che, giustamente, passa inosservata, signore.”

 

***

 

La ripresa era sfocata, monocromatica. Le due figure erano quasi irriconoscibili e Lucius aveva faticato a metterle a fuoco, persino con la tecnologia evoluta a disposizione.

Tempo sprecato, si era detto Bruce, osservando lo schermo.

Se mi avesse fatto vedere il nastro, gli avrei detto io che era Tony, senza possibilità di sbaglio ma...

“E' questo che mi preoccupa.” - stava dicendo Lucius,indicando con una penna la luce sul petto di Tony - “Non so a cosa serva ma sono convinto che sia stato impiantato nel petto.”

“Allora ce ne occuperemo quando ne sapremo di più. Adesso occupiamoci di portarlo indietro.”

“Come richiesto, mi sono messo in contatto per il riscatto ma...”- Lucius sfogliò alcuni fogli, prelevandoli da un fax - “... ho scoperto una cosa interessante: sono il primo a farlo.”

Bruce smise di fissare il fermo-immagine e si voltò, aggrottando la fronte.

“E le StarkIndustries?”

“Nulla. Non hanno mai risposto. Le richieste e le trattative che hanno raccontato a mezzo stampa sembrano non esserci mai state.” - commentò Lucius. Poi chiuse la pratica - “Tuttavia, anche di questo possiamo occuparci a tempo debito. Ora riportiamolo a casa.”

“Sto partendo.”

Adesso era il turno di Lucius voltarsi, sorpreso.

“Lei?” - chiese, con quel sorriso gentile che era suo tipico - “Sicuro di volersi buttare in quell'inferno?”

“Ho un vantaggio che non tutti hanno...” - replicò l'uomo, allungando le dita e sfiorando lo schermo nel punto in cui si intravvedeva l'immagine di Tony - “Io conosco quell'inferno... e conosco la strada per tornarci.”

 

***

 

Tu sei un uomo che ha tutto... e niente.” - aveva detto Yinsen, prima che gli piantassero una pallottola nel petto... una pallottola firmata Stark.

Firmata Stark come ogni arma nel raggio di duecento miglia.

Yinsen, che gli aveva salvato la vita, lo aveva ringraziato per la propria morte.

Stark, il nome della morte. Una morte che, ora, cominciava ad avere un viso e una voce.

Ma Tony non era uomo da abbattersi. Non aveva disciplina personale, forse, ma aveva intelligenza e comprensione degli eventi complessi, troppa, per non cogliere la necessità di un disegno dietro l'accaduto.

Quando si era risvegliato, dopo l'esplosione, nuovamente al campo di prigionia e nuovamente con dei miliziani attorno, aveva compreso, con inequivocabile certezza, di avere una sola realtà a cui appigliarsi.

Sarebbe morto.

Sarebbe morto perché così accadeva con le armi della Stark, le armi che bastava usare una volta sola.

Le armi senza seconda occasione e senza scampo.

Le schegge che gli erano penetrate nel petto, come radiocomandate, lo stavano uccidendo, attaccando i tessuti molli e risalendo nel torace. Nessuno scampo, perché così aveva detto la mattina della consegna del progetto alla sezione 'rifornimenti e munizioni' delle StarkIndustries.

“Fateli bene, non voglio avere reclami.” - si era raccomandato, sventolando la memoria usb a forma di T, placcata oro, che conteneva il progetto - “Non vogliamo che i nostri soldati debbano perdere tempo prezioso per ricaricare, vero?”

Un colpo, un morto.

Un morto come un milione.

Ma pur sempre un morto, che non si lamenta e non querela nessuno.

Tutto. O niente.

Ora, quel morto era lui. Peccato che... che fosse ancora vivo. E che ci fosse quell'affare, quell'ammasso di ferraglia laddove Tony avrebbe tanto voluto avere un cuore.

 

***

 

Essere operati e rattoppati nel deserto significa sabbia ovunque. Tony, nelle prime ore del risveglio, incerto se scusarsi con il mondo per il proprio prematuro e superfluo commiato, aveva avuto l'impressione di essere ruvido, dentro e fuori.

Granelli di sabbia, o forse si senso di colpa e costernazione, liberi di rotolare in ogni cellula.

Yinsen gli aveva spiegato che, alla base di quell'orrore inserito nel petto, c'era la conoscenza delle regole dell'elettromagnetismo, unica soluzione per contrastare l'avanzata delle schegge verso il muscolo cardiaco.

Le schegge, come la sabbia, si agitavano nei tessuti ad ogni minimo movimento.

“Smetteranno.” - aveva detto Yinsen, con sguardo premuroso dietro le lenti rotonde, finendo di sistemare i morsetti della batteria da camion a cui lo aveva attaccato.

Peccato che non smettessero.

E peccato che la sabbia ci fosse davvero, tra un circuito e l'altro.

 

***

 

Non lo avevano riconosciuto. Lo avevano accolto e avevano preso i soldi.

Non avevano pensato di fermarlo, visto che avanzava con un esercito mercenario armato di Uzi e lanciagranate di ultima generazione e parlava la lingua come se avesse vissuto tra loro.

Il capo dei miliziani era stato persino ossequioso, nel riceverlo. Bruce aveva pensato a come il calcio del suo fucile fosse stato per lui la miglior soluzione alla disperazione, in un anno di prigionia, e si era trattenuto dal sorridergli, per provocarlo.

Chissà se lo avrebbe preso a calci, ora, mentre tendeva la mano per afferrare le mazzette che Bruce impilava sul tavolino sconnesso sotto la tenda.

“Il prezzo è sceso.” - aveva detto, ad un tratto, interrompendo quella cascata d'oro - “Lui è ferito.”

“Riparato.” - aveva farneticato l'uomo, in inglese gutturale, mostrando denti gialli, neri e sconnessi - “Riparato.”

Riparato... a quanto sembrava, il miliziano non conosceva altro termine per definire cosa gli avessero fatto per salvarlo. Riparato. Forse non esisteva altro termine per spiegarsi... Ma Bruce lo comprese solo quando vide Tony, gettato sulla branda come un sacco.

 

***

 

Tony aveva tentato di nuovo di fuggire. Lo scienziato, che gli aveva impiantato quel 'coso' nel petto, era morto durante il tentativo. Tony, troppo debole, non era andato oltre il perimetro del campo.

Ora delirava, sdraiato in un punto riparato dell'accampamento, con il torace fasciato e una coperta a coprirlo malamente.

Di certo, i suoi ripetuti tentativi di fuga avevano peggiorato il trattamento riservatogli dapprincipio: aveva la barba lunga, colpi sul viso e sulle braccia, segni di malnutrizione e febbre alta.

Si era rifiutato di produrre armi.

Si era rifiutato di rivelare segreti.

Aveva smontato i loro missili, rendendoli inefficienti e facendo sparire il palladio che contenevano. E, al momento, a quanto sembrava, si stava rifiutando di sopravvivere, portando al centro del petto il più grande segreto tecnologico del loro tempo.

Bruce si piegò, posando a terra un ginocchio, nella polvere e afferrandogli una mano.

“Tony.” - lo chiamò, sottovoce - “Riesci a sentirmi? Ti porto a casa.”

Ti porto via con me.

La mano, nella sua, si strinse. Delirava, probabilmente non lo ascoltava realmente ma... ma non cedeva. Tenace, come l'acciaio con cui forgiava le sue visionarie idee.

Sei fatto di acciaio, pensò Bruce, quanto io di oscurità.

Si piegò su di lui, sussurrandogli ad un orecchio.

“Ho trovato il mio scopo e la mia guerra, Tony.” - mormorò, a fior di labbra - “Ora, vattene a casa e fai altrettanto.”

“Andiamo.” - sussurrò ancora, alzando la testa verso il medico travestito da mercenario e parlandogli in mandarino - “Visitatelo e stabilizzatelo. Voglio partire il prima possibile.”

 

***

 

“Io ho fatto quello che andava fatto.” - rispose, piatto, Bruce Wayne. Poi bevve un sorso - “E quello che mi hai detto di fare.”

Tony aprì la bocca. Poi la richiuse. E poi la riaprì.

Ne uscì solo uno sbuffo contrariato.

Pepper, seduta discretamente ad un estremo dell'aereo, sbirciò l'alternarsi di espressioni sulla faccia del capo. Ma di cosa stavano parlando?

“Senza contare che tu hai fatto fuggire me ed io te. Siamo pari. Non ami l'idea di non dovermi niente?” - aggiunse, posando il bicchiere semipieno sul tavolino tra loro e intrecciando le dita sullo stomaco - “Tony, andiamo, non sei tipo da perderti nei particolari... il riscatto è stato pagato e ti hanno lasciato andare. Fine della storia.”

“Ed io mi sono svegliato in ospedale dopo essere stato ritrovato, in pieno deserto, da un convoglio americano capitanato, guarda caso, da Rhodes.”

“Uomo simpatico.” - commentò Bruce, per niente colpito, guardando fuori dal finestrino - “Quindi tutto è bene ciò che finisce bene.”

“Se vuoi definire così il fatto che fossi pieno di antibiotici comprati al mercato nero e rattoppato come un tacchino...”

“Tony, vai al punto. Cosa vuoi?”

“Voglio che tu mi dica perché lo hai fatto. Non mi dovevi nulla, non siamo mai stati nemmeno ad una festa assieme, figuriamoci se siamo amici.”

“Però abbiamo fatto a botte assieme.” - sorrise Bruce.

E Tony, preso in contropiede, dovette fare altrettanto.

Bruce era... diverso. Non erano la mancanza di barba o la rabbia, stranamente sotto controllo. Non era sereno, forse non lo sarebbe mai stato ma...

Ma esisteva un 'ma'.

“Insieme...” - lo contraddisse - “Tu ne hai prese per entrambi. Io guardavo.”

“E' lo stesso. Vorrà dire che la prossima volta combatteremo insieme.

“La prossima volta?”

“La prossima volta.” - confermò Bruce, piegando appena l'angolo della bocca, come uno che ha un segreto che ancora non può svelare.

Rimasero in silenzio, fissando il tramonto dai finestrini dell'aereo. Ma Tony non era un contemplativo ed ora, adrenalina in corpo, aveva la percezione di un futuro vasto, costruito su traguardi irraggiungibili, per entrambi.

“Sembri uno con dei progetti...” - commentò, asciutto, versandogli di nuovo da bere per dare poco peso all'eccitazione che iniziava a provare - “E ci sarà anche una ragazza, immagino.”

“C'è sempre una ragazza...” - la ragazza di sempre...

“Hai scelto per cosa combattere, quindi.” - lo tentò, sperando di raccogliere altre informazioni.

“Alcuni dettagli sono ancora confusi ma...” - Bruce seguitava a guardare lontano, un punto indefinibile - “Credo di sì... Del resto, mio padre aveva un amico che diceva che i limiti esistono per essere superati...”

Ecco. Questa era una di quelle cose che coglievano Tony di sorpresa.

Era necessario correre ai ripari.

“Ho scelto la mia guerra, Tony. Non chiedere altro.” - mormorò Bruce, piegando la testa per guardarlo dritto negli occhi, finalmente - “Adesso, attendo di sapere quale sarà la tua.”

 

And they say that a hero can save us.

I'm not gonna stand here and wait.

I'll hold on to the wings of the eagles.

Watch as we all fly away.

(Chad Kroeger - Hero)

 

e loro dicono che un eroe può salvarci. Io non starò qui ad aspettare,
mi aggrapperò alle ali delle aquile e guarderò mentre voleranno tutte via

 

(29 giugno 2013)

  
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