Giochi di Ruolo > Dolce Flirt
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Autore: Jay_Myler    22/09/2013    2 recensioni
In questo gioco mi ha sempre colpito molto Castiel, e forse è proprio per il suo disegno nella pubblicità che, incuriosita, sono andata a vedere di che cosa si trattasse Dolce Flirt. Ma quando nei primi due episodi ho incontrato Ken, non ho potuto fare a meno di trattarlo bene e – come avrete visto se avete mai giocato – quando il personaggio, la Dolcetta per intenderci, rispondeva male a Ken o pensava cose cattive su di lui, la riprendevo ad alta voce come una pazza che parla al suo computer. Poi si sa, stiamo parlando di un gioco di dating game, una visual novel, era scontato che quell'anonimo ragazzetto occhialuto sarebbe diventato uno strafigo e così trattandolo bene e tenendo il suo peluches sul comodino l'ho aspettato con ansia e il mio trattarlo bene ha ripagato i miei sforzi.
Spero vi piaccia e buona lettura.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castiel, Dolcetta, Kentin, Nathaniel, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Dolce Flirt mania'
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E così la ragazza si ritrovò davanti a quella scena, quasi costretta, come se la vita le stesse giocando un brutto scherzo; non sapeva cose avesse fatto di male per meritarselo, ma non poteva far a meno di portarsi una mano sulle sue labbra per evitare di urlare. Ivy rimase immobile, per tutto il tempo in cui la ragazza bionda ed il ragazzo castano si stavano baciando appassionatamente nei corridoi di quel liceo di pazzi; non era di certo uno spettacolo che si vedeva spesso in quel contesto , ma non si stupiva affatto del comportamento fuori luogo da parte di Ambra, quella ragazza che pensava di avere tutto e tutti sotto i suoi comandi ed i suoi capricci, che prendeva quello che voleva senza farsi troppi scrupoli, ma da lui... oh, da quel ragazzo tutto si aspettava tranne quello. All'inizio era rimasta un po' sconcertata ed incuriosita, a primo impatto non lo aveva riconosciuto, era cambiato molto, ma i suoi tratti, quei suoi tratti inconfondibili ed immutati anche da quel duro anno in accademia militare, non mentivano affatto. Sempre con le mani serrate davanti alle sue labbra cercava di non dire nulla per non fare la figura della guardona; alla fine non era del tutto sicura di quello che si stava svolgendo davanti a lei, magari era solo una grande somiglianza, poteva essere una sua svista... ma si, doveva essere per forza così, il suo Ken non sarebbe mai entrato così in intimità con Ambra, la fautrice di tutte le sue sofferenze l'anno precedente che aveva frequentato in quella scuola. In quel preciso istante nella mente di Ivy si stavano accavvallando un mucchio di idee, ma lentamente si stava convincendo che quel ragazzo non poteva essere affatto Ken, non poteva ma soprattutto non voleva che fosse lui; lei lo aveva aspettato così a lungo, allontanando le avances da quattro soldi di Castiel e non curando le attenzioni carine che aveva sempre per lei Nathaniel; imperterrita aveva aspettato e sperato, che il suo Ken tornasse, quell'impacciato ragazzo che tanto l'aveva voluta bene ed amata, che l'aveva seguita nel suo liceo pur di stare con lei.
Ovviamente non poteva essere lui.
I due ragazzi, che pochi istanti prima erano avvinghiati l'uno all'altro, suggellando il loro incontro con un bacio così smorto e senza amore che era visibile anche da fuori, si staccarono lentamente; nessuno dei due fino a quel momento si era accorto della sua presenza, ma proprio in quell'istante Ambra, che si trovava di fronte a lei la guardò con aria sprezzante e come sempre la trattò con aria di superiorità e cattiveria.
«Cosa ci fai tu qua?!» le chiese come se stesse assistendo ad un crimine in corso.
Il ragazzo di fianco alla strega, le dava le spalle, ma incuriosito da chi li stesse guardando, si girò di scatto, mostrando alla ragazza il suo viso ed i suoi splendidi occhi verde smeraldo.
Ad Ivy le mani crollarono letteralmente giù dal viso, senza poter credere a quello che aveva appena visto.
Gli occhi.
Quegl'occhi non mentivano affatto, quel verde così inteso e brillante, quello sguardo vivo ed intenso, non potevano trarla in inganno e tutto il suo convincersi del contrario non ebbe più senso.
Era proprio Ken.
Kentin appena incrociò il suo sguardo sgranò gli occhi: anche se si erano separati per un anno il vivido color celeste degli occhi di Ivy brillava imperterrito, con una certa nota di melanconia, ed adesso anche di rabbia mista a delusione; il ragazzo non si aspettava di certo di trovarsi davanti la sua amata Ivy in quel preciso istante. Il suo sguardo iniziò a perdersi in quel colore così simile al cielo, cercando di spiegarle le cose così come stavano, ma le cose non andarono come aveva desiderato. La ragazza di fronte a lui, con le braccia lungo i fianchi continuava a fissarlo, anche se ormai il suo sguardo era perso nel nulla più assoluto e mormorando uno «Scusate» corse via senza girarsi indietro. I suoi capelli biondo cenere galleggiavano nell'aria mentre lei correva a perdifiato verso il sottoscala del liceo; a Ken era mancato anche il semplice guardare Ivy ed in quel momento capì che la loro lontananza era servita a qualcosa.
Ivy stava uscendo di corsa dall'edificio scolastico, sentendosi costretta tra quei muri così spessi ed oppressivi; si sentì per un momento sopraffatta da tutte quelle emozioni: il fattaccio con Nathaniel Lynsandre che l'aveva ripresa, i soliti battibecchi senza senso con Castiel e il ritorno di Kentin. Già, il nome completo di Ken era Kentin, se lo ricordava visto che avevano fatto le scuole insieme fin dall'asilo, ma lui odiava farsi chiamare con il suo nome completo, diceva che era un nome da uomini duri e che lui invece aveva il cuore troppo tenero e si trovava meglio nel farsi chiamare Ken. Ivy, mentre continuava a vivere questo accavallarsi di emozioni, andò a sedersi per un momento sotto la grande quercia che sovrastava quel cortile sul retro, un cortile poco frequentato, perché era il luogo preferito di uno dei più rompiscatole ed attaccabrighe del liceo: Castiel.
Ma in quel momento non le importava molto, voleva solo sedersi e riprendere fiato, di Castiel poco le importava, anche se quel ragazzo con i capelli rossi come il fuoco le dava sempre i tormenti trattandola male e allo stesso tempo facendole delle avances spudorate, giusto per infastidirla. Sapeva che tra lei e quel ragazzaccio non sarebbe potuto mai esserci qualcosa, appartenevano a due mondi diversi e di certo non era il suo ragazzo ideale. Ken, quello era il suo tipo di ragazzo, dolce e sempre disponibile, che ti fa stare bene e ti sorprende sempre con qualcuna delle sue; più volte però aveva ripetuto a Ken di credere di più in sé stesso e di non scendere a certi livelli, in quanto spesso cadeva in un servilismo che lo sminuiva come persona. Queste critiche costruttive che spesso gli faceva, venivano considerate, dal vecchio ragazzino gracilino e con gli occhiali, un modo di respingerlo e per questo, molto a volte se ne andava via abbattuto.
Ken invece, non sapeva tutta la verità delle cose e se non si fosse comportato come un cretino poco prima, forse lo avrebbe anche saputo.
I pensieri di Ivy furono interrotti da una voce che conosceva troppo bene e che detestava.
«Cosa ci fai qui, lo sai che non sopporto il vederti più di due volte nella stessa ora»
«Lasciami in pace Castiel»
«Siamo nervose o cosa? Bhè, tu il tuo nervosismo o cosa potete anche andarvene di qui, non ho intenzione di sentirti lamentare dei tuoi problemucci da donnicciola.»
«Castiel, vai al diavolo»
Castiel era una persona menefreghista, ma anche se non lo dava a vedere, aveva un certo talento nel capire lo stato d'animo altrui.
«Mi sbaglio o sei triste? Noto anche un certo essere abbattuta e delusa. Si tratta d'amore, roba da donnicciole insomma.»
Ivy faceva finta di non ascoltarlo per la maggior parte del tempo, per evitare di alterarsi ancora di più, ma doveva dire che quel ragazzo ci aveva preso in pieno; lo vide sedersi accanto a lei, con le spalle appoggiate all'albero.
«Ti capisco sai, Ivy. L'amore è una brutta cosa: ti fa salire in cielo e poi ti scaraventa a terra. Ma sai, ho un rimedio per questo»
Si stava sbagliando, o Castiel era stranamente gentile nei suoi confronti? Che avesse toccato un tasto dolente anche per lui? Forse per la prima volta stava vedendo il vero volto di Castiel? Ancora incredula ed un po' titubante, si girò verso quel ragazzo, notando che i loro visi non distavano più di una ventina di centimetri.
«E quale sarebbe questo rimedio?»
Castiel si girò per guardarla a sua volta negli occhi, mostrandole per la prima volta ad una breve distanza la freddezza infinita dei suoi occhi grigi.
«Il rimedio... Il rimedio è particolare, è un rimedio che posso darti solo io. Quando si tratta di pene d'amore sono il primo che va interpellato, sai... io posso sempre, e ricordatelo, sempre, consolarti, quando vuoi, dove vuoi ma in particolar modo come vuoi»
Ah ecco, questo è il Castiel che tutti conoscono, questa è la sua vera natura, subdola e cacciatrice.
Ivy gli mise una mano in faccia e lo spinse via delicatamente – non voleva rischiare la vita facendogli male – e si alzò in piedi.
«Sei un cretino Cass, vai a farti...» ma le sue ultime parole – se pur ovvie – si persero nell'aria correndo via, mentre Castiel si arrampicava di nuovo su quella quercia così alta che si affacciava su gran parte delle finestre del liceo ed arrivava fin sopra la terrazza.
La ragazza intanto si stava dirigendo nella serra, là dove di solito il suo club di giardinaggio si riuniva a tenere le lezioni in inverno o quando dovevano coltivare un tipo di pianta particolare. Ma in quel caso la serra era un rifugio, il suo asilo politico, un posto dove andare a nascondersi per un po', un posto dove non voleva essere trovata. Evitando di calpestare le sue tanto adorate piante, attraversò il loro grazioso orto botanico che si era formato in un anno di duro lavoro ed una volta aperta la porta della serra andò sul suo retro, dove c'era una grossa scala di legno che portava ad un piccolo soppalco, dove Jade, il giardiniere, teneva le scorte di terra e qualche seme. Quello era il suo posto preferito quando voleva sparire per un po', mai nessuno la aveva mai trovata e l'aveva disturbata; non che quello fosse un posto molto nascosto, ma quasi nessuno andava lì, solo in caso di necessità qualcuno si arrampicava su quella barcollante struttura in legno.
Barcollante o meno Ivy lo trovava un luogo ideale dove scomparire per un poco.
Non poteva credere di come era stata stupida.
Per tutto quel tempo si era figurata in mente in ritorno di Ken, ma di certo non si sarebbe mai aspettata un ritorno simile. Il pupazzo che le aveva regalato un anno prima, un tenerissimo orsacchiotto con una magliettina bianca sulla quale era stampato un grosso cuore rosso vivo, era ancora sul suo comodino di fronte al letto, ed ogni notte prima di andare a dormire, lo prendeva e lo stringeva a sé, sperando con tutto il suo cuore che il ritorno di Ken fosse più vicino. Proprio la sera prima, stringendo forte a sé quel peluche aveva chiesto di rivedere il suo dolce pasticcione, che da più di un anno scolastico non vedeva; chiunque l'avesse ascoltata l'aveva presa in parola, ma si era anche presa gioco di lei. Aveva sperato in un loro rivedersi, riabbracciarsi e lei... lei finalmente era pronta a dirgli quello che per anni quel povero ragazzetto sperava di sentire; ma di quel ragazzo, che nascondeva il suo viso dietro un paio di occhiali enormi, non ne era rimasto molto, al suo posto c'era un ragazzo alto e slanciato, con i suoi occhi verdi in bella mostra, occhi che una volta vedeva solo lei. Una volta quegli occhi verdi erano un suo spettacolo privato, riservato solo a lei, quando quelle poche volte il ragazzo se li toglieva dal viso per pulirli. Non aveva mai visto occhi più belli. Adesso quegli occhi non la guardavano più come una volta, forse non la guardavano proprio; probabilmente resosi conto del suo netto cambiamento le aspettative di Ken erano cambiate e si era concentrato su ragazze che una volta non erano neanche lontanamente alla sua portata.
Intanto Ivy, rimaneva tra i sacchi di terriccio, in preda ad uno sconforto e ad un sentirsi stupida, mentre non poteva evitare di far scendere alcune lacrime tiepide e salate sulle sue labbra fredde come il ghiaccio.

 

«Hey Ivy, come va?»
«Ken?! Cosa... cosa ci fai tu qui?» la ragazza iniziò a sorridere come non mai, un sorrisio di cuore, un sorriso che ti riempie tutto il viso, un sorriso che parte dagli occhi.
«Io.. io non potevo lasciarti, volevo stare con te ed ho cambiato scuola» le parole del ragazzo risuonavano meno stupide e disperate nella sua testa, ma alla ragazza non importava di quanto ridicolo potese sembrare da fuori: anche se Ken non lo capiva lei lo adorava ed amava stare in sua compagnia e di certo non si apettava un simile gesto da parte sua; sapeva che il ragzzo si dichiarava innamorato di lei, ma lei non voleva mettere fretta alle cose e prendeva il suo tempo, apprezzando ogni singolo minuto passato con lui. Ken non era il classico ragazzo che tutte amano ed apprezzano, lui è il classico bravo ragazzo, quello della porta accanto, quello che ti aiuta nei compiti e ti porta a fare una passeggiata mangiando biscotti al cioccolato - che erano i suoi preferiti tra l'altro.
«Hai già finito tutti i preparativi per il trasferimento? Sei a tutti gli effetti in questo liceo?»
«Si, l'unica cosa che mi preoccupa adesso è se i compagni di classe siano simatici o meno»
«Ma certo che lo saranno, perché non dovrebbero esserlo...» -soprattuto con te che sei un amore – completò la frase nella sua mente. E così senza troppo imbarazzo passarono il loro primo giorno di liceo insieme, festeggiando con un'uscita in piena regola, con tanto di quei buonissimi biscotti al cioccolato.

 

 

Compiaciuto e soddisfatto del suo nuovo aspetto fisico, si rese conto che passare dalla sua figura di nerd sfigato a militare palestrato gli aveva dato sì, maggiore fiducia in sé stesso, ma lo aveva anche fatto comportare dalla persona più stupida del pianeta. Ma ormai era in ballo e tanto valeva ballare; senza perdere tempo ne cantò quattro a quell'oca bionda, smontandole tutti i suoi modi di fare dicendole chiaramente in faccia che lei non era quella grande bellezza che pensava di essere. Detto questo e gridandole in faccia che non voleva sentirla in nessun altro modo, le prese il cellulare da mano e glielo gettò a terra facendolo distruggere in mille pezzi, con grande stupore e rabbia da parte di Ambra. Livida di rabbia e ferita nell'orgoglio la bionda principessa del liceo decise di battersela in ritirata e dopo aver iniziato uno dei suoi soliti capricci decise di continuarlo da suo fratello Nathaniel, dove andava a lamentarsi spesso con la sua voce da bambina per ottenere sempre ciò che voleva. Andata via e rimasto solo Kentin per i corridoi del liceo, decise di andare da Ivy per chiarire una volta per tutte quella situazione; ma non si accorse, mentre correva nella direzione in cui l'aveva vista sparire, che dietro una delle aule c'era una strana ragazza dai capelli corti e castani, che con in mano un registratore ed una telecamera aveva ripreso tutto, entusiasta del nuovo scoop da prima pagina. Non sapeva da dove incominciar a cercare, nonostante avesse passato un po' di tempo in quel liceo non se lo ricordava affatto interamente ed era così grande che perdersi era la cosa più semplice da fare ed in più non sapeva dove una ragazza ferita potesse andare a nascondersi da un cretino come lui. Senza pensarci iniziò a controllare le aule vuote che si trovavano dopo il sottoscala, ma rassegnandosi all'idea che non l'avrebbe trovata di certo in qualche classe vuota andò a sedersi sulle scalinate, aspettando che gli sovvenisse qualche luogo dove cercare. Proprio mentre pensava a dove poter iniziare a cercare alzò la testa verso l'altro e vide che le rampe di scale continuavano fin sopra ad una mansarda o forse ad una terrazza; Ivy poteva essersi nascosta nel bagno delle ragazze, ed in quel caso non poteva farci molto, ma di sicuro poteva perdere cinque minuti del suo tempo per vedere dove portavano quelle scalinate. Salì le scale a due a due, con un ritmo sempre crescente fino a quando si trovò davanti ad una porta che dava sull'esterno; il vetro posto sulla porta faceva intravedere l'azzurro del cielo ed una persona in piedi fuori al terrazzo, mentre l'opaco rendeva tutto indistinguibile e senza contorni. Forse una volta tanto aveva la fortuna dalla sua ed aveva trovato Ivy al primo vero tentativo.

 

 

«Immagino che tu abbia scelto il club di giardinaggio come me!»
«Si, infatti come facevi a saperlo?» gli chiese la ragazza sorridendogli.
«Ti conosco troppo bene, sapevo che ami il verde come me ad hai a cuore la salute delle piante»
«Mi consoci proprio bene Ken! Non è che hai scelto anche tu quello sapendo che lo avrei scelto a mia volta?» gli chiese Ivy tra una risata e l'altra. Ken si limitò a ridere anche lui, mentre in cuor suo sapeva che una delle tante ragioni per cui l'aveva fatto – quella che aveva dato maggior peso alla decisione – era proprio quella.
«Forza andiamo o faremo tardi!» gli intimò la ragazza prendendolo per mano e trascinandoselo dietro fino ad un pezzo della strada per arrivare al club, fino a quando non si accorse di non sapere la strada e fu allora che Ken sorridendole la tirò dietro di sé, e da bravo cavaliere l'accompagnò fino al loro club.

 

 

Kentin spalancò la porta, come se si stesse togliendo un cerotto, una botta secca per vedere se dietro quella porta si nascondeva la sua Ivy o no.
Le sue speranze svanirono quando vide nettamente in contrasto con quel candido cielo, una chioma rosso brillante; non poteva essere che dopo tutto quel tempo, dovesse trovarsi ancora davanti quell'essere, tenendo ancora con sé un po' di paura che gli dava dai primi giorni in cui lo aveva conosciuto. Ormai non era più il ragazzo gracile di una volta, aveva decisamente potenziato la sua muscolatura, ma quel Castiel gli dava sempre un aria di cattivo ragazzo, anzi di un pessimo ragazzo, un soggetto da evitare a prescindere; ora si trovavano nello stesso posto anche se a quel teppista sembrava non importare molto della sua presenza, visto che continuava a dargli le spalle mentre faceva dei profondi tiri dalla sua sigaretta appena accesa; Kentin non sapeva se salutarlo prima di andarsene, ma convinto che a l'altro non importasse nulla del loro ''rapporto'' iniziò ad indietreggiare lentamente, accompagnando la porta con una mano.
«Non credi di aver esagerato?»
Kentin si bloccò all'improvviso; possibile che lo avesse riconosciuto? Era cambiato così tanto in questo ultimo anno che pensava che nessuno avesse potuto riconoscerlo, tranne ovviamente Ivy.
«Ti ricordi di me, Castiel?»
«Ovvio che mi ricordo di te, eri lo sfigatello occhialuto che moriva dietro Ivy»
«Come.. come hai fatto a riconoscermi?»
«Solo uno stupido non ti riconoscerebbe»
«Ma Ambra non mi ha riconosciuto»
«Cosa ti avevo detto? Solo uno stupido non ti riconoscerebbe. Cosa hai fatto ad Ivy?» disse senza tono dopo aver fatto un tiro più profondo dei precedenti.
«Non le ho fatto proprio nulla!» disse Kentin prendendo tutto il coraggio che aveva in corpo.
«Io non direi visto in che condizioni sta; già è una lagna ed è noiosa di suo, ma oggi non ci si poteva neanche scherzare»
Kentin iniziò a sentire la rabbia crescergli in corpo, ma ancora bloccato da un vecchio freno che si era imposto tempo addietro non riusciva ad esporsi troppo con quel ragazzo.
«Ivy non è noiosa e non è una lagna, anzi sai che ti dico, evita di girarle intorno.»
«È tutta tua amico, non serve che fai tanto lo spavaldo, ma sappi che qualunque cosa tu abbia fatto o detto, ora lei sta rintanata a piangere nel soppalco nella serra»
Kentin fece uno scatto per andare immediatamente nella serra, un posto che conosceva molto bene visto che una volta faceva parte del club di giardinaggio.
«Ah, e fossi in te non mi presenterei da lei senza delle scuse più che valide»
Ignorando l'ultimo commento di Castiel, il ragazzo iniziò a correre a perdifiato giù per le scale, cercando di non perdere altro tempo per raggiungere al più presto Ivy. Non poteva credere che dopo tutto quel tempo e tutti i suoi cambiamenti la ragazza lo aveva riconosciuto.
Non perse tempo nemmeno per i corridoi, andando più veloce che poteva, ricordandosi di come lo costringevano a corre nel campo di addestramento, facendolo correre in vecchi pneumatici, a farlo strisciare sotto del filo spinato e ad arrampicarsi su corde; quell'allenamento gli era servito a qualcosa, probabilmente anche per quel momento dove la velocità per lui era essenziale, prima che la ragazza se ne andasse via.
Ma quanto attendibili potevano essere le parole di Castiel? Perché doveva dargli una dritta se non si erano mai sopportati? Che gli avesse mentito?
Kentin si bloccò di colpo, reggendosi ad alcuni armadietti iniziando a pensare solo ora se dare credito alle parole del tipo incontrato sulla terrazza.
«Ken da quanto tempo!» lo salutò una voce amichevole alle sue spalle.
Kentin si girò e vide che gli stava venendo incontro un ragazzo biondo dall'aria simpatica, lo stesso ragazzo che si era occupato del suo trasferimento scolastico, in veste di delegato scolastico: era Nathaniel, che con uno dei suoi soliti sorrisi stava andando a salutarlo.
«Kentin, chiamami Kentin è il mio nome completo, lo preferisco» gli disse automaticamente, ricambiando poi il suo cordiale saluto.
«Come sei cambiato, mi fa piacere rivederti qui e riaverti tra noi; dove stavi correndo così di fretta?»
«Mi spiace approfittare di te, ma sa dove potrebbe essere Ivy?»
Nathaniel sorrise sentendo nominare la ragazza.
«Vi sentite ancora allora, mi fa davvero piacere, ricordo che eravate davvero una coppia inseparabile; quando sei partito Ivy non è stata più la stessa.»
A Kentin queste parole colpivano duramente; non pensava che anche Ivy avesse potuto risentire della loro lontananza.
«Io non sapevo... è importante Nathaniel, sai dove potrebbe essere?»
Il ragazzo scandagliò con il suo sguardo ambrato l'agitazione di Kentin e capì che la cosa lo preoccupava molto; qualunque cosa volesse dirle era davvero importante.
«So che non ha lezione a quest'ora perché spesso la aiuto nei compiti di matematica e so che ha un'ora buca; potresti vedere al club oppure... spesso si va a nascondere nel soppalco nella serra. Pensa che nessuno sappia dove si nasconda quando non vuole essere trovata, ma tutti lo sanno. Semplicemente non andiamo a disturbarla»
«Oh, grazie mille... Nathaniel, un'ultima cosa, non hai faticato a riconoscermi?»
«A dire la verità sei cambiato moltissimo, ma ti si riconosce subito, emani sempre la stessa aura di buon umore di sempre; diciamo che sei riconoscibile sempre; solo uno stupido non capirebbe che sei tu. Non sapevo che avessi gli occhi verdi però; gli occhiali ti coprivano il viso»
Salutando un'ultima volta il ragazzo Kentin corse via ed attraverso il cortile di corsa, prese la stradina sulla sinistra che conduceva al suo ex club di appartenenza.
«Ciao Jade!» urlò mentre saltava una siepe per non fare tutto il giro per entrare, mentre il giardiniere che si preoccupava ogni tanto di dare una mano al club, lo salutava sventolando una mano con in mano un bulbo di chissà quale pianta.
Kentin aprì lentamente la porta della serra senza fare rumore, cercando di carpire anche il minimo suono che potesse dargli la conferma della presenza della ragazza; andò sul retro misurando ogni passo per non farsi sentire, ad arrivato nei pressi del soppalco iniziò a sentire qualcosa tra il silenzio assoluto delle piante lì custodite.
Era un respiro, lento e regolare, ma a volte spezzato.
Riconosceva quel respiro, lo aveva sentito molte volte, e sapeva anche ogni sua variazione e capì che quel respiro era quello di una persona che aveva appena smesso di piangere; si appoggiò con la schiena alla parete, prese un grosso respiro ed espirò rumorosamente, poi con tranquillità si affaccio nella stanzetta dove si trovava il soppalco e la sua voce tremante risuonò in tutta la serra:
«Ivy...?»

 

 

«Dobbiamo lasciarci mia cara Ivy, mi si spezza il cuore, ma devo»
Ivy non lo guardava nemmeno in faccia.
«Mio padre vuole che passi il resto dell'anno nell'accademia militare, dice che così diventerò un uomo»
La ragazza continuava a tenere lo sguardo basso.
«Mi aspetterai?» chiese speranzoso il ragazzo prendendole le mani nelle sue.
«Devi proprio andare?»
Ogni parola detta dalla ragazza risuonava ancora più melanconica del dovuto visto che le si spezzava la voce ad ogni sillaba.
«Si, mio padre ha deciso così, ora sta nell'ufficio della preside a firmare tutti i documenti.»
«Tornerai?» gli chiese guardandolo per la prima volta negli occhi.
«Solo per te tornerò; tu mi aspetterai?»
Gli occhi di entrambi si fecero lucidi, ma quello che iniziò a piangere per primo fu Ken, mentre Ivy cercava di non lasciarsi andare del tutto. Continuavano a fissasi senza dirsi nulla, la ragazza non sapeva cosa dire, era ovvio che lo avrebbe aspettato, ma una cosa era pensarlo un'altra era dirlo. Iniziò ad aprire la bocca ed emise un lieve fiato iniziando per rispondere alla domanda del ragazzo.
Si vide portarsi via Ken dalle mani, mentre un padre burbero lo trascinava dietro si sé intimandogli di smettere di piangere e di fare queste cose da femminuccia.
«Ti aspetterò» sussurrò la ragazza mentre le iniziavano a scendere delle lacrime, quando ormai Ken era già troppo lontano per sentirla, anche se avesse gridato con quanto fiato avesse in corpo. 

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Commento dell'autrice

 

Prima di tutto grazie mille per averlo letto, spero che sia piaciuto questo primo capitolo; poi volevo fare due piccole e banali precisazioni: la prima è che nel testo ho voluto differenziare Ken e Kentin – in che senso voi direte – semplice.. Ivy vede Kentin ancora come il suo vecchio Ken, quindi quando nella “scena” è presente lei e sono sovrani i suoi pensieri il ragazzo sarà preso in considerazione e chiamato Ken, mentre per il resto della storia lui è a tutti gli effetti Kentin; seconda inutile precisazione, le parti in carattere e colore diverso sono dei piccoli flashback, un affaccio nel passato.
Questo è tutto, passo e chiudo.

Jay Myler
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