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Autore: Yvaine0    27/09/2013    4 recensioni
"Risero, risero così tanto da svuotare completamente i polmoni d'aria, poi Michael si accasciò contro la sua spalla, gli occhi lucidi e la fronte imperlata di sudore – era caldo, troppo caldo, nemmeno capiva da dove provenisse tutto quel calore. Aveva la mente annebbiata, non riusciva a pensare lucidamente. Sapeva solo che, finché c'era Harry con lui, era al sicuro."
(Scritta in risposta alla sfida #175 di Una Direzione: fanfiction
Pairing: Harry/Michael (Clifford)
Prompt: risate, alcool, gara di succhiotti)
Genere: Fluff, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri
Note: Cross-over, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Scritta in risposta alla sfida #175 di Una Direzione: fanfiction:
Pairing: 
Harry/Michael(Clifford) (+ eventuale Louis/Harry) Prompt: risate, alcool, gara di succhiotti

Se state leggendo questa storia, è solo colpa di Fla, che ha insistito (tempo fa) perché la postassi.
(Dopodomai sarebbe stata un ottimo giorno in cui postarla, per come la vedo io, ma okay. XD)
Ed è colpa anche di Michael e Harry, che oggi occupano il mio desktop
e mi riempiono di feelings. ♥


 
To like something
while someone likes you
 
 
A Harry Michael piaceva. Certo, non come a Michael piaceva Harry, ma gli piaceva.
A Harry piacevano un sacco di cose e tra queste c'era anche lui. Gli piacevano il frappè alla banana, la musica, i gatti, i bambini, i suoi stivaletti marroni – che si era anche premurato di nuovi, identici ai precedenti, una volta rotto il primo paio – e gli piaceva anche Michael Clifford.
Andavano d'accordo; se la intendevano perfettamente, come diceva qualcuno.
Quello che aveva attirato Harry nella sua direzione la prima volta era stata quell'aria smarrita e distaccata che denotava il terribile e costante disagio da cui era afflitto Michael. Era un ragazzo timido, al contrario suo, e, quando Harry incontrava una persona timida, non poteva fare a meno di cercare in tutti i modi di farla sentire a proprio agio.
In un primo momento Michael si era limitato a ridere alle sue battute, messo ancora più in difficoltà dall'invadenza di quel ragazzo, ma presto aveva iniziato a sciogliersi – nessuno era capace di sentirsi fuori luogo quando Harry Styles gli mostrava le fossette. Perché Harry aveva questa fenomenale capacità di farti sentire importante, amato, anche se ti stava rivolgendo la parola per la prima volta. Era una persona accogliente, in qualche modo, come può esserlo il salotto di casa tua con il caminetto acceso e una tazza di tè – o cioccolata calda, se preferisci – sul tavolino ad aspettarti, al rientro dopo una stancante giornata di scuola e una corsa sotto un acquazzone per arrivare dalla fermata del bus al portico di casa. O, ancora meglio, Harry era accogliente come qualcosa che a Sydney Michael non avrebbe mai visto: coperta, cioccolata e caminetto acceso, la notte di Natale, mentre fuori imperversa una bufera di neve.
Ecco che quindi, dopo un primo periodo di diffidenza da parte del minore, avevano rotto il ghiaccio. Michael aveva lasciato che Harry entrasse nel suo mondo fatto di videogiochi, musica e nullafacenza estrema e lui, be', vi si era tuffato appena ne aveva visto uno spiraglio. Avevano trascorso troppo brevi pomeriggi su un divano a giocare alla Play Station, avevano riso, scherzato, cantato; Michael aveva persino cercato di insegnargli a suonare la chitarra e doveva ammettere che Harry era un bravo alunno.
Quello che a Michael piaceva di Harry era che era semplicemente se stesso. Non si era montato la testa con la fama, non mentiva mai, lo rendeva partecipe dei suoi pensieri – anche i più insensati – ed era spontaneo. Lo coinvolgeva, non si era mai lasciato scoraggiare dalla sua riservatezza, non lo aveva mollato un attimo. E, chissà come, erano diventati presto inseparabili.
Michael pendeva dalle labbra di Harry, lo ammirava con tutto se stesso, come non aveva mai ammirato nessun altro: se avesse potuto scegliere di essere qualcun altro per il resto della sua vita, avrebbe sicuramente scelto di essere Harry. Non perché la sua vita fosse facile, ma per provare cosa significasse essere così... così... Harry – non trovava un modo migliore per descriverlo, nessuna parola sembrava mai abbastanza.
 
Quella sera Harry era riuscito a trascinarlo con sé in giro per locali, sfruttando la propria maggiore età per comprare da bere anche a Michael; si agitavano tra la folla, ridevano, si urlavano nelle orecchie per comunicare. L'alcool in circolo arrossava loro le guance, faceva le risate più rumorose, ogni movimento più disinibito.
Persino Michael ballava – con Harry–, rideva forte, gettava la testa all'indietro, mettendo in mostra il collo bianco; era piccolo, spaesato, vulnerabile e totalmente fiducioso. Si fidava di Harry, in tutto e per tutto, aveva chiuso di forza la timidezza nell'armadio della camera d'albergo, purché non gli fosse di intralcio quella sera, quando ci sarebbero stati solo loro due.
Michael guardava Harry e lo trovava fantastico: si muoveva con scioltezza, era accaldato e questo lo rendeva ancora più bello. Aveva i capelli in disordine, come sempre, ma Michael non aveva mai avuto tanta voglia di tuffarci le mani dentro e spettinarli ancora di più.
Harry fu il primo a stancarsi di ballare; lo prese per mano – Mickey sgranò gli occhi a quel tocco–, lo trascinò con sé ad uno dei divanetti del locale, miracolosamente libero, e si lasciò cadere di peso sopra la finta pelle bianca, subito imitato dall'altro.
Risero, risero così tanto da svuotare completamente i polmoni d'aria, poi Michael si accasciò contro la sua spalla, gli occhi lucidi e la fronte imperlata di sudore – era caldo, troppo caldo, nemmeno capiva da dove provenisse tutto quel calore. Aveva la mente annebbiata, non riusciva a pensare lucidamente. Sapeva solo che, finché c'era Harry con lui, era al sicuro. Forse era proprio lui la fonte di calore che gli opacizzava i pensieri e agitava le farfalle nel suo stomaco. Una parte di Michael sapeva che non era normale che la voce profonda di un caro amico gli facesse aumentare il battito cardiaco; il problema era che quella parte, anche chiamato buon senso, al momento stava affogando nell'alcool ingerito quella sera.
Harry rise di nuovo, quando i capelli tinti del ragazzo gli solleticarono il collo. Rise anche quando sentì le sue labbra sfiorargli la pelle in più punti, poi sceglierne uno su cui concentrarsi, mordere, leccare, baciare languidamente. Era scosso da leggeri brividi, ma rideva, Harry; rideva e basta. Era un gioco, no? Non poteva che essere un gioco. Un gioco fuori dal comune, ma pur sempre un gioco, un passatempo a cui li aveva spinti qualche bicchiere di troppo – e, sì, forse era tutta colpa sua, ma era, ehm, piacevole. E, sì, insomma, rimaneva solo un gioco tra amici, no? Nessuno ci avrebbe rimesso, nessuno avrebbe frainteso e... Harry sobbalzò, quando Michael morse la sua pelle più forte.
A quello scatto il minore si allontanò, abbandonando la testa all'indietro sullo schienale del divanetto. Ridacchiò, lanciando un'occhiata divertita all'amico. Era soddisfatto di ciò che aveva fatto: aveva appena marcato il territorio, Harry Styles era lì con lui, era... sì, in quel momento era solo suo.
Una parte di Harry comprese che a parità di alcolici ingeriti, se lui era solo brillo, forse Michael reggeva l'alcol molto meno, visto che sembrava essere completamente andato; l'altra metà del suo cervello, intanto, realizzava ciò che era successo: Mickey gli aveva appena fatto un succhiotto.
Si toccò la pelle, trovandola umida, e sgranò gli occhi emettendo un rantolo di sorpresa: Michael gli aveva fatto un succhiotto! Scoppiò a ridere per la sorpresa – come se non se ne fosse accorto prima – e l'altro lo imitò, senza sapere bene il perché.
Se a Mickey piaceva giocare, Harry voleva fare lo stesso. Non era mai stato un tipo competitivo, ma non si tirava mai indietro quando aveva la possibilità di scendere in campo. Magari risultava essere una schiappa – specie quando c'entravano un campo da calcio, un pallone e Louis Tomlinson–, ma ci provava, dava il meglio di sé. Anche questo a Michael piaceva di lui: non aveva paura di perdere o fare la figura dello stupido.
Quindi, una volta finito di ridere, si chinò sul collo scoperto di Michael e vi posò le labbra. Sfiorò la pelle diverse volte, lo sentì sospirare; Harry sorrise, poi ricambiò il favore, mentre nella mente dell'altro prendevano vita fantasie che non avrebbe mai avuto il coraggio di esprimere ad alta voce.
 
Quando la mattina seguente i ragazzi videro Harry scendere a colazione con i capelli più stravolti del solito, un'espressione da zombie, le occhiaie e un livido alla base del collo, sghignazzarono, bersagliandolo con una serie di battutine maliziose a cui lui rispose solo con sorrisetti imbarazzati o divertiti. Non fece parola dell'accaduto; i suoi amici volevano solo ridere, prenderlo un po' in giro, lui li avrebbe lasciati fare – non era un tipo permaloso. Senz'ombra di dubbio, inoltre, era stato solo un episodio che non si sarebbe ripetuto, una bravata tra amici ubriachi. Tra loro, sul tour-bus, avevano sicuramente fatto di peggio, storditi solo dalla noia.
Quando però anche Michael fece la sua comparsa nella sala dell'hotel grattandosi un braccio con aria imbarazzata, l'attenzione degli altri quattro si focalizzò subito sul segno rosso, grosso quanto il suo stesso pugno, che risaltava particolarmente contro il suo collo bianco. E se fino ad un attimo prima Niall si stava complimentando per il bel colpo – finalmente Harry si divertiva con qualche ragazza!-, la sua voce fu sostituita da quella di Louis, che puntò un dito contro il ricciolino e strillò: “Gara di succhiotti!” a voce un po' troppo alta.
Harry scoppiò a ridere, solo leggermente imbarazzato ma tanto divertito, mentre Michael, passando accanto al loro tavolo per raggiungere quello riservato alla sua band, avvampava e si grattava nervosamente il braccio, la testa bassa e il disagio stampato di nuovo in volto.
Era difficile convivere con qualcuno per cui si aveva una cotta, quando a quel qualcuno si piaceva esattamente quanto gatti, bambini e frullati alla banana. Era difficile avere una cotta per Harry Styles, perché lui faceva sentire maledettamente importante te, ma anche tutti gli altri. D'altra parte, era altrettanto difficile non prendersi una cotta per Harry Styles. Almeno per lui.
Michael si gettò su una sedia e affondò la testa tra le braccia, abbandonandosi ad un sospiro stanco.




Questa os mi lascia più insoddisfatta di Michael a fine racconto, ma son dettagli. Spero che a voi abbia fatto meno schifo. XD
  
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