E niente, avevo da parte questa shot e ho
pensato che magari potevo pubblicarla per dare un segno concreto che non sono
morta. O per ri-rompere il ghiaccio con EFP, prima di buttarmi nella seconda
parte di "Gabrielle" qualche anno dopo. That's all, tutto qui. Se
ancora c'è qualcuno che si ricorda di me e si può interessare di quello che
scrivo, fatevi vive.
PS. Ve lo chiedo per favore, non venite a
farmi la morale per come ho caratterizzato le persone realmente esistenti che
circondano i Jonas. Sono mie personalissime opinioni e punti di vista. Thanks.
Se volete recensirmi e farmi del bene, sapete
dove andare. Enjoy.♥
They say you know when you
really find the one,
but it's hard to tell with the
damage that's been done.
L'aria era umida, satura di rumori. E di cloro. Le era sempre piaciuto l'odore
del cloro. I bicchieri di cristallo tintinnavano come campanelle, c'erano
persone che parlavano - ovunque - facevano un gran chiasso e ridevano ad alta
voce, per poi coprirsi le labbra con dita tremanti che sapevano di vodka e
frutta tropicale. Sembravano divertirsi tutti un mondo, erano un bel pezzo
lontano da lei che invece se ne stava in
un angolo con il suo bicchiere di sangria ancora intatto e la testa leggermente
piegata di lato, sulle spalle minute.
Prese un sorso e ricambiò il fugace sorriso di
Nicholas, che le fece un piccolo cenno con la mano prima di venir trascinato di
nuovo in chissà quale allegra conversazione. Poi, del tutto all'improvviso, ebbe
come una vampata di caldo. Una vertigine.
Afferrò il bicchiere e dopo essersi assicurata di aver le gambe ben ferme, si
lanciò quasi di corsa oltre la porta a vetri in fondo alla sala.
Senza guardarsi indietro, come qualcuno che
stesse scappando e - in effetti - era esattamente questo. Fuggiva, via dalle coppette da cocktail rovesciate un po' ovunque,
dalle battute stupide e maleducate di gente palesemente ubriaca. Dal colore
assolutamente orribile del vestitino
striminzito che lui aveva scelto per la sua nuova, bellissima fidanzata e da
come le tenesse una mano fissa sul fondoschiena.
Il giardino dell'albergo era bello, enorme,
curato fin nei più piccoli dettagli. Aveva morbidi prati all'inglese, aiole
spruzzate di fiori coloratissimi e pacchiani, palme.
Un sentiero di piastrelle bianche girava attorno
all'edificio principale, illuminato da lampioncini perfettamente sferici e
conduceva alla piscina del complesso. L'acqua usciva gorgogliando dalle
bocchette per il ricambio giornaliero, increspava la superficie e profumava la
notte tutto intorno. C'era silenzio.
Lasciò le scarpe basse da una parte e si sedette
sul bordo, immergendo i piedi fin sopra le caviglie. Sospirò, appagata dalla
sensazione di fresco sulla pelle e tornò al suo bicchiere. Pescò uno spicchio
di pesca dal vino, s'inzuppò i polpastrelli ma non le importava. Dopo esserselo
portato alle labbra, iniziò a spolparlo come sovrappensiero. La luna era alta, nel cielo di Rio e probabilmente
non poteva nemmeno stare lì - lei -,
non a quell'ora. Non mentre la piscina veniva pulita per il giorno successivo.
Sollevò le gambe di scatto ed osservò gli schizzi allargarsi sulla superficie.
Dopotutto non aveva peso. Né quello, né nient'altro al mondo.
~
I'd like to say that it's your fault but I know better,
cause I'm a fool to think you'll wait around forever.
Joseph iniziava a non starci più con la testa.
Aveva perso il conto di quanti daiquiri gli erano stati allungati nel corso
della serata, quali fossero le conversazioni a cui aveva preso parte e
probabilmente, anche del numero di ragazze con cui aveva flirtato più o meno
esplicitamente. Non che avesse per lui una qualche rilevanza.
Era impegnato, preso. Fidanzato. Andava da sé, la sua vita.
Di giorno vedeva il mondo, cantava e sorrideva
per un sacco di persone diverse, scopava con un metro e settanta di belle gambe
e disinibizione ogni santa notte che dio mandava in Terra. Aveva tutto, fuorché
ciò che - davvero - desiderava.
Buttò la testa all'indietro, un ghigno amaro
impastato sulle labbra. I suoi amici avrebbero continuato a credere che stesse
ridendo delle loro battute, che quella fosse felicità reale. Soddisfacente. Abbastanza da fargli
cercare con lo sguardo una qualsiasi bella ragazza brilla e un po' svestita con
cui avrebbe potuto sradicare a fondo quel senso d'insoddisfazione dal suo
corpo. Ma mai ad alta voce.
Joe non parlava, gli altri fingevano di non
vedere o erano semplicemente troppo stupidi e superficiali per riuscirci. Era
un farsa sicura. Un paraocchi personale dietro cui lui poteva far finta di star
bene così, consumando un rapporto dietro l'altro - sul pavimento o contro i
muri freddi - nello sgabuzzino della biancheria.
Non sentiva nemmeno un briciolo di senso di
colpa, per il tradimento perpetrato. Blanda non era diversa dalle altre, gli
costava solo meno fatica perché non doveva preoccuparsi di far le cose di
nascosto. Andava bene così. Era perfettamente e consapevolmente distaccato da
qualsiasi tipo di donna incrociasse sul suo cammino ed il motivo era dei più
semplici, tanto sciocco quanto fondamentale: erano anonimamente identiche e
sbagliate, avevano quel difetto.
Se non poteva averla completamente, allora poteva prendersi un pezzo di tutte le
altre e farselo andar bene. Tanto nessuna, mai, avrebbe potuto essere "lei".
- Alzati.
- Si sentì afferrare bruscamente per un gomito e tirare in piedi. Nick gli
strappò di mano il bicchiere e lo prese da parte, ignorando qualsiasi tipo di
protesta da parte sua.
- Cristo,
Nicky, mi stai staccando un braccio! -
- Se lo facessi,
forse finalmente passeresti meno tempo a farti seghe e più a occuparti di
quanto ti succede intorno. - Lo fulminò.
- Divertente.
-
- No, non
lo è. Smettila di fare il cazzone e apri gli occhi. Non ti sembra manchi
qualcuno, qui dentro? Nemmeno te ne accorgi... ? -
Nicholas era esausto. Letteralmente. Si sentiva la stanchezza alla base della spina
dorsale, tra una vertebra e l'altra. Pulsava nel punto - preciso - in cui gli
si formava quella piccola ruga in mezzo agli occhi e sul palmo delle mani con
cui avrebbe voluto picchiare suo fratello. Forte,
sulla faccia.
Perché Joe poteva nascondersi finché gli fosse
parso il caso, questo non toglieva che a lui - il suo adorato fratellino -
bastasse un'occhiata per capire che non stava bene. Che dovesse rieducarsi a
tenere il cervello a posto e qualcos'altro nelle mutande. Lo sapeva, come
sapeva che Joseph in quel momento era più che mai imperfetto e privo di equilibrio. Gli serviva il pezzo mancante,
per regolarsi. Ma lui non voleva afferrarlo, o credeva d'averlo perso. O
qualche altra stronzata. Era abbastanza. Lo fece girare su sé stesso ed aspettò
di leggergli consapevolezza nello sguardo.
- Dove?
- Biascicò l'altro, gli occhi scuri dilatati dal panico improvviso.
Cercava una testa bionda, Joe. Mani sfuggenti.
Una figura esile che inequivocabilmente in quella stanza non c'era più. Dare qualcosa per scontato è - almeno nel
novantanove per cento dei casi - un errore.
Si fa sempre tempo ad impararlo, per lui il momento era giusto quello. Netto e
doloroso.
- Fuori.
Non lo so. - Gli rispose, mortalmente serio. - Non tanto lontano, credo. Trovala. -
~
I didn't know how good you were for me,
now it's clear. I'm seeing all that we could be.
Aveva un bicchiere vuoto tra le mani e tanti pensieri
ancora nella testa. Non si sentiva annebbiata, nemmeno un poco. Beveva
raramente, quasi mai e l'alcool sembrava non avere effetto su di lei,
probabilmente perché era tarata
dentro di natura. Liberò una risata un po' triste, scrollando piano le spalle.
Joseph smise di correre tutto d'un colpo. Tanto
che finì per inciampare sui suoi stessi piedi e chiazzare i jeans d'erba sulle
ginocchia, come gli capitava da bambino.
Quando le arrivo vicino, però, i suoi passi erano perfettamente
calcolati ed il respiro regolare. Gli bruciavano soltanto i palmi delle mani. E
il cuore, allo stesso modo.
- Non
dovresti essere qui. - Attese pazientemente, immobile a pochi centimetri di distanza, che
percepisse la sua presenza.
Lei sussultò ed inghiottì una piccola
esclamazione di sorpresa. Chiuse e riaprì velocemente gli occhi un paio di
volte prima di voltarsi a guardarlo. Standosene così in piedi la sovrastava, le
proiettava la sua ombra addosso.
- Come se
fossero fatti tuoi! -
- Lo sono.
- Obbiettò con molta semplicità, mentre si sfilava le scarpe.
Luna smise di guardarlo, leggermente turbata. Di
tutte le persone nel mondo che poteva trovarsi ad aspettare, l'ultimo era lui.
Ed anche l'unico. Era strano.
Nel poco tempo che si prese per formulare questo
pensiero, Joe aveva lasciato da parte anche calzini e camicia. Avvertì che si
muoveva rapidamente - all'estremità del suo campo visivo -, poi uno spruzzo
d'acqua tiepida le piombò addosso.
- Sei
pazzo. -
Trattenne rumorosamente il fiato, mentre l'osservava
riemergere. I capelli scuri gli stavano incollati alle tempie umide ed il suo
sguardo le s'increspava addosso con delicata costanza, come l'onda concentrica
sul bordo della piscina.
- Lo so.
- Scivolò silenzioso, sino al punto in cui lei aveva immerso i piedi.
- E'
contro il- -
- So anche
questo. -
Interromperla era una di quelle cose che moriva dalla voglia di fare. Sempre.
Perché poi lei per stupore - e forse imbarazzo - arrossiva in quel modo
adorabile. E lo faceva sentire come se fosse sempre la prima volta. Stava bene, con Luna.
Il lieve sussulto che la percorse da capo a
piedi quando le sfiorò la pelle fredda delle caviglie - sott'acqua - gli
risuonò dentro come un segnale concordato.
Il ronzio del microfono appena acceso, lo scatto d'una porta sbattuta durante i
pomeriggi di vento tiepido in aprile, le fusa dei gatti quando li strofini un
po' dietro le orecchie. Qualcosa di meravigliosamente rassicurante, nella sua
totale prevedibilità.
- E non mi
interessa. -
- Dovrebbe.
- Si inumidì le labbra e sbirciò da sotto le ciglia nere di mascara: magari era
soltanto una sua allucinazione. Magari sarebbe sparito di lì a qualche secondo.
- Che
vengano a prendermi...! -
La risata di Joseph scoppiò vivida come una
scintilla nel silenzio che li circondava e disperatamente reale. Tanto da azzerare qualsiasi altro rumore e - per un'eterna
manciata di secondi - lasciar credere d'essere rimasti gli unici al mondo.
La velocità con cui le mani di lui le si
arrampicarono addosso, su per le gambe
fino alle ginocchia, fu qualcosa di sconvolgente. Tanto da non farle
neppure notare come il lieve tessuto a fiori del suo vestito stesse già inzuppandosi.
- Potrebbe
essere un problema. - Le sfuggì, in un sospiro.
- Dovrebbe,
potrebbe... Con i "se" e i
"ma" non si va da nessuna parte. - Lei vide come un lampo
premonitore la linea scura delle sopracciglia di Joe incurvarsi leggermente
verso l'alto, proprio in mezzo agli occhi. - Non te l'hanno mai detto? -
Nell'attimo immediatamente successivo, stava
cacciando un urlo a pieni polmoni. Un po' perché le dita abili di lui si erano
subito fatte strada sulla sua pelle d'oca, arricciandole il vestito ed
artigliandole i fianchi sottili. Un po' perché s'era ritrovata a mollo, senza
quasi rendersene conto.
- MA
COS'HAI NELLA TESTA? - Gridò, il sapore di cloro sulle labbra.
In piedi, l'acqua le arrivava quasi al viso. La
gonna dell'abito le si gonfiava intorno alle gambe pallide, ritorta quanto le
estremità fradice dei capelli che già tornavano ad arricciarsi sulla sua fronte.
- A volte
bisogna fare delle sciocchezze. - Gli bastarono due bracciate per coprire
la distanza che li separava.
Era incredibile come così - da vicino - tutto apparisse incredibilmente più nitido, i faretti
sul perimetro della vasca illuminavano dal basso la superficie limpida. Gli
dipingevano il colore della pelle, distorto dall'acqua e dal riflesso del
cielo.
Un ricamo casuale di gocce impigliate nel suo
velo di barba scura, sotto le ciglia o all'angolo delle labbra... Scivolavano
lungo il profilo della mandibola e più giù, gli ricalcavano la linea tesa del
collo come matite su un foglio.
Si sentì avvampare e d'impulso provò a
nascondersi. Si accucciò, ficcando quasi il viso sott'acqua come se questo
potesse smorzare l'imbarazzo che le bruciava sulla bocca e negli occhi cerulei
ostinatamente chiusi contro la realtà dei fatti.
- Sciocchezze,
appunto...! - Sussurrò.
Le mancò il respiro. Piano e poi tutto d'un colpo quando Joseph - imprevedibilmente - scattò in avanti ed avvantaggiandosi di
quei pochi centimetri in più che gli permettevano di toccare con sicurezza il
fondo della piscina, la sollevò con dolcezza. Portandola al sicuro, almeno nella sua prospettiva. Dove per stare a galla era
quasi costretta a tenersi aggrappata a lui, dove sarebbe rimasta.
- So
nuotare da sola. - L'informò, soffocandosi quasi con le parole.
- Non
voglio correre rischi. - La mano destra di lui le s'arrampicò lungo la
schiena, due dita ancora impigliate nelle pieghe del vestito. - Se ti lascio, scappi...? -
- No.
- Stringerglisi addosso a quel modo fu una reazione del tutto incondizionata.
- D'accordo.
-
S'avvicinò al bordo, dove il fondo era leggermente più alto e lei gli
scivolò via dalle braccia, veloce. S'acquattò contro la parete di piastrelle,
lasciandogli addosso un senso di vuoto e acqua troppo fredda. Rimase a
guardarla, in silenzio.
Percepiva i brividi leggeri che la scuotevano
anche da lontano, si sentiva tremare come se fossero suoi, ma per quanto volesse stringerla di nuovo, rimase immobile.
- Perché
sei qui? - Si ritrovò i suoi occhi addosso, improvvisamente. Più azzurri di
qualsiasi cosa li circondasse, più del cielo stesso. Limpidi. - Voglio dire, alla festa- - Si
interruppe. - Ti staranno cercando. -
- Per te.
-
- Ti starà
cercando. Lei. - Cercò con tutte le forze d'ignorare il modo in cui il cuore aveva preso a batterle violentemente
nel petto.
Spinse con decisione le spalle contro il muro,
anche se faceva male. O forse proprio per
quello. Sentiva la schiena dolorante, il respiro soffocato come se le
stessero conficcando una lama dritto in mezzo alle scapole: ogni millimetro del
corpo le urlava come quella non fosse - affatto
- una posizione naturale per la sua struttura esile. Bruciava, fin nelle ossa.
Eppure niente di tutto questo poteva essere peggio del pensiero di quell'altra e del suo ruolo nella vita
di Joe - sarebbe stato sempre più di
qualsiasi cosa avesse potuto pretendere per sé stessa. Non le importava un
accidente di lei, né della sua esistenza perfetta. Però soffriva.
- Chissenefrega,
Luna. Chi se ne frega. - Scandì. Ogni parola, un battito perduto.
- Come?
-
- Te l'ho
già detto. Che vengano a prendermi! Che provino a trascinarmi via con la forza.
Li caccerò via. Tutti. - Si sentiva come un bambino cocciuto, capriccioso.
Uno di quelli che urlano e pestano i piedi finché hanno fiato in corpo.
- Non dire
così. -
- Anche
Blanda. Soprattutto Blanda. -
Imperterrito, la guardava come volesse sfidarla apertamente. O strapparle
l'anima.
- Smettila.
Sono tutte cazzate e lo sai bene. - Sussurrò. I pugni stretti fino a
graffiarsi e gli occhi ferocemente chiusi.
- No. -
- SMETTILA,
JOE. - La sua voce squarciò l'aria silenziosa come un proiettile.
~
And I know that it's my fault but I'm gonna treat you
better
cause if had one wish, you'd be with me forever.
Passi sulla ghiaia. Joseph ammutolì e gli bastò
uno sguardo più lungo per capire che gli addetti alla piscina stavano tornando
a spegnere le bocchette di ricambio dell'acqua. Il suo primo ed unico pensiero
fu quello per lei - con quella sua aria sparuta, indifesa -, per come anche
solo uno scatto rubato e sbattuto
sulle pagine di qualche sito internet l'avrebbe allontanata definitivamente da
quel mondo già abbastanza complesso e ostile. Non dovevano essere visti, per nessuna ragione.
Scattò, quasi più veloce del suo stesso pensiero
e dopo averla presa per un braccio, si rifugiò nell'unico angolo cieco della
vasca che riusciva a creare un cono d'ombra.
- Cosa-
- La zittì, premendole il palmo della mano sulle labbra.
- Non
devono vederci... o sentirci. - Il suo tono di voce era così basso, da far
sembrare che non avesse praticamente emesso suono.
Annuì e poco dopo tornò a respirare quasi regolarmente,
la mano di Joe era corsa a sostenersi al bordo della piscina mentre con l'altro
braccio se la teneva stretta addosso. Tremava come una foglia, ma più per
qualcosa che le veniva da dentro.
L'acqua era fresca, l'aria leggera della notte le pungeva addosso, sì, ma la pelle di lui era incredibilmente calda sotto le dita nonostante tutto.
Bastava quel tepore ad avvolgerla come una carezza, mentre - immobile o solo incapace di
muoversi - gli teneva il viso nascosto
nell'incavo del collo e le mani contro il petto. Nemmeno le increspature della
superficie tradivano la loro presenza, perfettamente incastrati e fermi
com'erano da far sembrare che volessero fondersi in una persona sola.
Joseph deglutì per l'ennesima volta in pochi
secondi, respirò profondamente e si impose di tornare a guardare i due uomini
che trafficavano con tubi di gomma e grosse pastiglie di cloro dall'altro lato
della vasca. Senza soffermarsi un momento di più sul modo in cui il corpo
sottile di lei aderiva al suo o quanto e come la stoffa leggera del vestitino a
fiori, fradicio sulla pelle leggermente abbronzata, lasciasse ormai ben poco
all'immaginazione. Era poco più che stare nudi l'una fra le braccia dell'altro.
Luna, dal canto suo, ne era altrettanto consapevole e pregava silenziosamente
che lui non si rendesse conto di come il cuore aveva preso a batterle
furiosamente nel petto.
Le sembrò che fosse passata un'eternità, quando
finalmente il rumore della pompa idrica lasciò spazio a quello di passi che si
allontanavano sull'erba. Nel momento esatto in cui Joseph lasciava la presa sul
bordo della vasca e sprofondava leggermente nell'acqua più fredda, lei poggiò
le mani sulle sue spalle e fece per allontanarsi. Quello che non si aspettava
furono le dita di lui attorno ai polsi, la velocità fulminea con cui la
trattenne né - pochi febbrili istanti
dopo - le sue labbra bollenti contro il collo a troncare ogni residuo tentativo
di resistenza.
- Joe,
lasciami. - La voce le tremava tanto da faticare nell'articolazione delle
parole.
- No.
- Mormorò, senza allontanarsi di un millimetro da lei o smettere quel che aveva
iniziato.
- E'
imbarazzante. E inappropriato...!
- La sola idea che qualcun altro potesse vederli le mandava a fuoco il
cervello. Sarebbe diventata immediatamente "la poco di buono che tenta di sedurre Joe Jonas ubriaco, trascinandolo
in piscina di notte". O qualcosa di peggio. Umiliante, ecco cosa.
- Decido
io cosa è o non è appropriato per me, Luna. E tu lo sei. -
- Ma non
sono la tua ragazza. - Trattenne il fiato, mentre Joe le liberava i polsi
solo per poter cancellare le macchie di mascara sciolto all'angolo dei suoi
occhi.
- Già.
- Ammise, col tono di chi non sta dando la benché minima importanza alle
proprie affermazioni.
- Dovevi
proprio buttarmi in acqua l'unica sera in cui mi sono truccata, vero? -
- Ti sta
divinamente bene, anche così. - Sorrise e le scostò i capelli umidi dalla
tempia con le dita chiazzate di nero.
- Perché
ti comporti in questo modo? - Si ritrovò a sussurrare nel filo di voce che
le restava. - Perché- - Interruppe
bruscamente il loro contatto visivo, nel tentativo mantenere almeno un minimo
di controllo su sé stessa. - Non voglio
che mi usi, Joseph. Ne hai mille altre per questo. Per favore. -
- NO.
-
Scattò in avanti in preda alla frustrazione e fu
talmente rapido, che Luna finì bloccata tra il bordo della piscina ed il suo
corpo teso senza quasi accorgersene.
Il battito cardiaco le si annidò direttamente in
gola, mentre Joseph poggiava le mani sulla parete azzurra su ambo i lati del
suo viso e riduceva drasticamente la
distanza fra loro. Questa volta - però - era talmente vicino, che poteva
sentire il suo respiro leggermente affannoso sulle labbra. Distingueva
chiaramente ogni singola goccia d'acqua impigliata nelle lunghe ciglia scure,
sino alla più piccola sfumatura delle iridi ambrate. L'odore di cloro sulla sua
pelle era tanto intenso da stordirla.
- Pensi
che possa usarti? Usare te- Dio...!
- Sbuffò. - No. No, Luna. -
Era perfettamente consapevole di quanto stava
per succedere e che non avrebbe potuto fare nulla per evitarlo. Per quanto
potesse essere sbagliato, sleale e perfino da codarda lasciarglielo fare.
Una parte di lei era fermamente convinta che non
ne valesse la pena - non così, di nascosto ed alle spalle di tutto e tutti -,
che diversamente da tutte quelle che c'erano state prima, si era ripromessa di lottare o rinunciare alla luce del sole
e doveva rispettare questo proposito per amor di sé stessa. Poi c'era la parte
irrazionale, il puro istinto per cui desiderava semplicemente che Joseph la
baciasse, la ribaciasse e la stringesse sino a toglierle il respiro... E chissà
che altro, dentro quella maledetta piscina. Poco importava che fosse soltanto
per quella notte - o forse meno - e che dopo avrebbe dovuto svegliarsi e
tornare alla realtà di tutti i giorni. Chiuse gli occhi e restò remissivamente
in attesa, senza nemmeno avere il coraggio di spostare le mani fuori dall'acqua
o da qualche parte a contatto con lui.
"Baciami
e basta" l'unico, martellante pensiero. E non fu che questione di
secondi, per un bacio praticamente già cominciato - perché lei già sentiva il
calore della bocca di Joe premuta sulla propria, il suo sapore di cloro e
bollicine dello champagne che aveva bevuto -, di spezzarsi come una catena
troppo fragile.
- JOE.
-
- Amore...!
-
Le voci di John, Blanda - dei suoi amici -
arrivarono come uno scroscio di temporale d'estate. Improvvisamente l'aria era fredda
e l'acqua della piscina come un mare in tempesta. Luna spalancò gli occhi
chiari sul viso di lui e non gli rivolse che una breve occhiata velata di
imbarazzo, prima di scostarsi e nuotare verso la scaletta.
- Sono
venuti a cercarti. Dovresti... Dovresti rispondere. - Mormorò. Joseph
sembrava incapace di proferire anche una sola sillaba. La fissò, ancora
immobile. - Non preoccuparti per me.
-
- Luna.
- Fu la sola parola che gli uscì.
- Se esco
prima io, sarà imbarazzante. Vai tu. -
Si strinse le braccia attorno al petto, come se
avesse realizzato soltanto in quell'istante di avere i vestiti fradici e resi
trasparenti dall'acqua. Lui la raggiunse, come imbambolato e si arrampicò sui
gradini di metallo scivoloso, orribilmente freddi sotto ai piedi. I jeans gli
pesavano addosso come un sacco pieno di sassi mentre si trascinava fuori dalla
vasca e cercava la sua roba. Luna lo
seguì poco dopo, implorandolo di non girarsi finché non avesse recuperato le
proprie scarpe e si fosse allontanata abbastanza da non essere vista. Né da
lui, né da nessun altro.
~
Is there something I could say? Show me
how to break it down.
So, before you walk away, take the time to turn around. Listen to me now.
Si concesse di guardarla soltanto per un momento,
sbirciando la curva dei fianchi sottili, le gambe snelle piegate nell'atto di
infilare le ballerine blu abbandonate poco prima. Il seno appena visibile dalla
scollatura, tra una ciocca bagnata e l'altra.
Vedeva la pelle d'oca sulle sue braccia e lei
sussultare ad ogni folata di vento che l'aggrediva. Faceva molto più freddo di quando si erano buttati. Senza
pensarci una seconda volta, si sfilò la camicia e gliela poggiò sulle spalle.
Almeno in quel modo poteva permettersi di riscaldarla senza essere allontanato
o frainteso. Luna lo scrutò, leggermente sorpresa, poi si strinse addosso
l'indumento ed infilò meglio le maniche. Era ancora zuppa come un pulcino, ma
almeno aveva smesso di tremare.
- Grazie.
- Gli rivolse un timido sorriso grato. - Te
la farò riavere domani. -
- Non
serve. -
Furono le ultime parole che le rivolse, prima di
girarsi e dirigersi verso l'entrata del giardino. Per qualche istante il suo
cervello si soffermò sul dettaglio del suo essere mezzo nudo e bagnato fradicio
- su come avrebbe potuto giustificarlo -, ma si rese conto quasi immediatamente
che in fondo non gliene importava assolutamente nulla. Andava bene qualsiasi
cosa: che i suoi amici pensassero che era talmente ubriaco - o magari fatto - da finire la nottata con un bagno
fuori programma. O una sveltina sotto la doccia. A quel punto tanto valeva.
Poi, d'un tratto, si ritrovò a pensare a Luna. A
come l'aveva lasciata praticamente senza alcuna spiegazione: sola, fradicia, in
piena notte. Non gli aveva chiesto spiegazioni, aveva chinato la testa bionda
in attesa di avviarsi nella direzione opposta, con la sua camicia addosso e
l'orlo del vestito che ancora gocciolava. Pronta a sparire da qualche parte,
mentre lui tornava da Blanda come se nulla fosse stato. Fermo sui due piedi in
mezzo al sentiero si ritrovò a ridere silenziosamente di sé stesso e di quanto
poteva essere diventato vigliacco.
"E coglione".
- Fanculo.
-
Quando arrivò alla piscina, correndo come non
aveva mai fatto in vita sua, pensò che qualche santo doveva volergli molto bene
ed aver guardato giù per suo conto: stava ancora lì. Lo sguardo perso sulla
superficie dell'acqua e le mani strette al tessuto bagnato. Chiamò il suo nome
- fregandosene completamente che potessero sentirlo - e le corse incontro, mentre
lei lo guardava con quei suoi occhi azzurri, lucidi e leggermente dilatati per
lo stupore. Si avventò sulle sue labbra, affondando le dita nel groviglio umido
dei suoi capelli e stringendola a sé come se ne andasse della sua stessa vita.
Luna barcollò leggermente e dovette muovere qualche passo incerto all'indietro
prima di ritrovare l'equilibrio, aggrappandosi alle sue spalle con tutta la
forza che aveva. Avrebbe voluto parlargli, chiedergli spiegazioni.
O forse
no.
Forse andava bene che lui continuasse a baciarle ogni centimetro della bocca
arrossata con una foga ed un desiderio tale da impedirle perfino di staccarsi
per riprendere fiato. Si mischiarono baci, sospiri e perfino qualche piccola
ristata.
Sorrideva, Joe.
Sorrideva come un bambino davanti al suo regalo più bello, quando cercò le sue
mani con le proprie e senza smettere di tenere le loro dita intrecciate le une
alle altre, la invitò a seguirlo. Ci sarebbe stato tutto il tempo del mondo, dopo, per le spiegazioni e per parlare
fino a farsi venire mal di testa. In quel momento e dentro di lei, Luna avvertì
semplicemente la consapevolezza che lui non l'avrebbe mai più lasciata andare.
Dei baci che si scambiarono mentre scivolavano nella suite di Joseph avrebbe
sempre ricordato perfettamente come le
sue labbra sapessero di cloro. E le
era sempre piaciuto, il sapore del
cloro.
~
Don't
say it's too late to try to make it right.