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Autore: I Biscotti Inflessibili    05/10/2013    4 recensioni
Per Meg è stato difficile mettere piede ad Erebor, per una lunghissima serie di ragioni. Prima le remore di Thorin, l'ostilità della nana Norla, per non parlare dell'ostilità di suo padre, di sua madre e dei dubbi dei suoi giovani fratelli. Ha dovuto convincere tutti, la giovane Meg, ma alla fine è là dove ha desiderato essere, pronta a dimostrare che le montagne non sono gabbie, anche se non si è nani.
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dìs, Fili, Kili, Nuovo personaggio, Thorin Scudodiquercia
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note: Questa storia fa parte di quella che supponiamo diventerà una serie piuttosto cicciotta. Citando dalla precedente storia: Siccome il finale de Lo Hobbit ci deprimissime tutte quante, abbiamo pensato di regalare al nostro zione preferito e ai suoi nipotini altre chance di vita e di gioia, perchè Thorin ha UN SACCO bisogno di gioia. E di amore, tantissimo amore. Meg nasce principalmente per questo, e Norla pure, perchè Thorin si merita almeno di avere una madre viva e in salute. Entrambe, assieme a Pirli, il defunto marito di Dìs, sono copiyright dei Biscotti Inflessibili, di lady hawke, Charme, Maiwe e di altre collaboratrici da noi approvate. Diffidate dalle imitazioni, perchè le imitazioni verranno squartate: Nessun rumore, solo tanto sangue (cit.). Meg è già apparsa in questa piccola storia di lady hawke che potete leggere qui, ma non è necessario farlo, ve lo possiamo garantire. Nel nostro account troverete facilmente altre storie che fanno riferimento a questo nostro personaggio :). Se recensirete Kili vi abbraccerà e Fili vi farà un inchino, mentre Thorin non farà niente, perché lui è majestic! A voi! :3

Primi Passi



Se le avessero chiesto cosa pensava della sua prima settimana ad Erebor, Meg di Pontelagolungo non avrebbe saputo come rispondere. I fatti si erano svolti in maniera così repentina e tumultuosa che lei aveva attraversato quei momenti come se fosse stata in sogno, quasi non fosse stata lei a viverli.
Ricordava con il sorriso, visto che l'aveva avuta vinta, l'espressione di suo padre Etelredo, quando aveva annunciato la sua intenzione di sposarsi. Il padre l'aveva lasciata fare, dopo lunghe proteste, per l'intrinseca convinzione che dando retta ai suoi capricci la figlia sarebbe rinsavita, ma si era scontrato contro la ferrea volontà di Meg, e si era arreso. Era stato difficile, per lei, ma non si era tirata indietro nemmeno di fronte alle minacce di mancare alle nozze, alle lacrime dei suoi fratellini, alle richieste di sua madre di pensarci.
Ad Erebor, invece, la notizia aveva creato sì scompiglio, ma solo per quello che concerneva l'organizzazione dell'evento. Meg si era ritrovata sotto l'amorevole sequestro di Norla e Dìs, e solo con molta diplomazia Agilulfa, sua madre, era riuscita a farsi accettare dalle due nane, divenendo parte integrante dei preparativi. I futuri piccoli cognati di Thorin, dunque, furono costretti a visitare la futura casa della sorella, e lo fecero con timore e sospetto, prima di finire tra le grinfie di Fili e Kili, retrocessi improvvisamente al ruolo di babysitter.
Del giorno delle nozze, Meg ricordava solo che era stato lungo. Preparativi di ore, e cerimonie di ore. C'era freddo, il vento era gelido, e i tuoni l'avevano svegliata fin dall'alba. Era stata nervosa e tesa mentre la vestivano di velluto blu, ornandola di oro e pelliccia, e intrecciandole i capelli, che non avrebbe più portato sciolti e liberi al vento.
"Sono davvero necessari, tutti questi gioielli?"
"Sono il dono di nozze di tuo marito." le aveva spiegato Norla, la madre di Thorin. "Mostrano la sua ricchezza, il potere nel suo regno, e l'affetto che prova per te. So che sono pesanti, per il suo esile corpo, ma sono in tuo onore."
Meg aveva annuito, e si era docilmente sottomessa, ma non si era calmata, non fino a quando non aveva potuto stringere la mano di Thorin, ignorando la folla e gli invitati. Aveva però avuto il tempo di scorgere suo padre, presente nonostante tutto, alla fine. Sua madre le aveva rivelato che aveva ceduto per via della presenza di Bard, governatore della città, uccisore del drago e amico dei nani. Che fosse per affetto o per dovere a Meg bastava: gli sorrise, e lui le sorrise di rimando.
Era riuscita a dimenticare il temporale, nel frastuono dei festeggiamenti, delle congratulazioni e di tutto il resto. Eppure per lei non era finita perchè, una volta sposata, dovette ricevere una corona ed assumersi ufficialmente il ruolo di sovrana per un regno che conosceva davvero poco. Pesava, sul suo capo, quando Thorin la fece inchinare per incoronarla, ma era una magnifica corona d'oro e pietre, che pareva splendere di luce propria. Meg si era sentita piccola, piccolissima, pur essendo assai grande, per un mondo di nani.
Ricordava le parole gentili di quelli che erano divenuti i suoi nipoti acquisiti, dei riconquistatori di Erebor, di sua madre, e perfino di suo padre, che la trovò bellissima, ma quello che le rimase impresso di più fu Bard, che le si avvicinò con parole gentili, tenendosi sottobraccio il figlio, che non desiderava altro che tornare a giocare con i fratelli di Meg, Rowena e William. "Sono lieto di sapere che sarà una mia concittadina a reggere le sorti di Erebor. Mi avete sorpreso, ma sono certo che questo segnerà l'inizio di una nuova era di pace e di prosperità per chi è dentro e chi è fuori dalla montagna."
"Papà lasciami giocare!"
Meg aveva avuto appena il tempo di arrossire e di balbettare un ringraziamento, ma Bard si era inchinato con il figlio, ed era sparito per conversare con Balin.
Solo dopo ore era venuta la calma, aveva salutato gli amici vecchi e nuovi, i genitori, i fratellini in lacrime, partiti solo dopo il solenne giuramento di poterla andare a trovare tutte le volte che volevano, e si era ritrovata sola. Si era sentita stanca, sfiancata, con la sola voglia di stringersi a Thorin e dormire. Solo che lui, seppur stanco, si era ritrovato vittima di uno dei suoi scrupoli di coscienza, deciso a lasciarla tranquilla e da sola, per paura di spaventarla, di farle male, o gli dei sapevano solo che altro. Meg si era ritrovata a dover prendere l'iniziativa, richiamandolo a sè con una sfacciataggine che non pensava di avere, guidata solo dal desiderio di voler rimanere con lui. L'aveva zittito, l'aveva abbracciato e stretto a sè fino a che lui non aveva ceduto.
La mattina dopo si era svegliata felice, sotto una coltre di coperte calde, vicina ad un Thorin già sveglio da tempo, e molto preoccupato nel chiederle se aveva dormito bene, se era contenta e se c'era qualcosa che poteva fare per lei.
"Stai zitto." gli aveva ripetuto lei, come la notte precedente, avvicinandolo di nuovo a sé per baciarlo. Avevano avuto due giorni così, dedicati all'ozio, in cui non erano mai stati disturbati se non per il minimo indispensabile, poi era arrivata la routine e Thorin aveva ripreso i suoi doveri di re. Meg l'osservava a distanza, vedendo quanto a suo agio.
"Sono felice che sia finita così. Thorin è nato per questo ruolo." le aveva detto Norla, colma di orgoglio. Era vero, e anche Meg ne andava fiera, ma rendeva assai arduo, per lei, sentirsi alla sua altezza. Era regina e aveva una corona che si rigirava spesso tra le mani, ma si sentiva piccola e incapace.
Thorin l'aveva sorpresa così una sera, in quelle che erano diventate le loro stanze, mentre posava la corona sulla toletta davanti a lei, osservandola cupa.
"Qualcosa ti turba?"
Si era voltata sorridendo, con aria mite. "Pensavo a quanto fosse pesante portare una corona."
Era un punto di vista molto diverso da quello di Thorin. Per lui, la corona e la sovranità erano sempre state due cose che gli spettavano di diritto e che gli erano state negate, e aveva lottato a lungo, per riottenerle. Erano parte di lui, ed era stato l'orgoglio personale, questo lo sapeva, a riportarlo a casa. Meg, invece, era nata lontano da tutto questo, non aveva il suo orgoglio, ed era una creatura gentile e dolce, che temeva responsabilità più grandi di lei. Cercò di mettersi nei suoi panni, prima di risponderle.
"E' per questo che non tutti possono vantare il lusso di portarla."
"E io dovrei esserne in grado?"
Thorin le sorrise appena: "Se non tu, chi altri?"
"Posso essere in grado di essere una moglie, per te, ma una regina è una faccenda ben diversa, non credi?"
Il re le si avvicinò, accarezzandole una guancia. "Non puoi essere l'una senza l'altra"
Meg socchiuse gli occhi, intenerita dalla delicatezza della mano callosa di Thorin. "Non ho scelta, quindi. E' per questo che mi hai sempre detto di pensare bene alle mie azioni?"
"No, affatto." Thorin prese una sedia, e si sedette accanto a lei. "Dovresti ricordare bene quali erano le mie remore, no? Mi hai zittito fino a pochi giorni fa, se ben ricordo." s'interruppe, un po' perchè era arrossito lui, un po' perchè lei aveva ridacchiato. "Non ho mai dubitato del fatto che saresti stata un'ottima regina, ho solo temuto che tu potessi sentirti in gabbia."
"A me piace qui." ammise.
"Sei una novità curiosa, per i nani, ma vedrai che ti ameranno, con il tempo."
Thorin ebbe ragione e, seppur lentamente, Meg iniziò ad adattarsi al suo ruolo. Iniziò a presenziare a tutti gli eventi ufficiali e cominciò a comprendere l'aspra lingua dei nani, che comprendeva molte più imprecazioni di qualunque altra lingua di uso comune della Terra di Mezzo. Così i giorni erano diventati settimane, e poi mesi, e man mano che il tempo passava Meg si sentiva sempre un pochino più sicura e a suo agio, tanto che con i primi soli tiepidi della primavera, quando suo padre e sua madre si spinsero fino ad Erebor con i figli per andare a trovarla, la trovarono molto cambiata.
"Sembri più grande." le confessò Rowena all'orecchio, abbracciandola stretta. E forse, Meg lo era per davvero. Era abbastanza giovane perchè Thorin la considerasse poco più di una bambina, ma cominciava lentamente a perdere gli ultimi tratti della sua fanciullezza, per diventare una donna. Che fosse un effetto della sua corona o meno, Meg non ci fece caso: era ancora lontana anni luce dall'autorevolezza che emanava Norla, e sapeva che assai difficilmente l'avrebbe raggiunta.
"Non vedo perchè tu debba puntare ad essere come lei." le aveva detto Dìs con pazienza, un giorno. "Non sarai mai lei. Sei alta il doppio, sei senza barba e non sei fatta di roccia. Non prenderla a male, cognata mia. Resta come sei, umana come sei. E' la cosa migliore per te e per tutti."
Restò dunque umana com'era, e con i raggi del sole che filtravano dentro alla montagna, sempre più intensi e caldi, le venne un po' di nostalgia per il cielo blu, per l'aria fresca sul viso e per l'erba sotto ai suoi piedi. Non fu l'unica, a provarne: era in una delle sue fughe all'aria aperta, che lei e Thorin si erano conosciuti, ed entrambi si trovarono dunque ad approfittare dei loro momenti liberi per camminare per le colline, indisturbati. Capitava ancora che Meg si stendesse a terra sui prati, a godersi il sole. Thorin rimaneva fermo ad osservarla, perso nei suoi pensieri. Fu durante uno di quei momenti quieti, lontano da tutti, in un gioro di fine estate, che Meg fece il suo annuncio: "Credo di aspettare un bambino, Thorin."
La ragazza sorrideva contenta e Thorin fece altrettanto, colmo di una gioia che non sapeva di essere in grado di provare. Le mise una mano sul ventre, là dove presto avrebbe sentito calciare.
E così si iniziò ad attendere la nascita di quell'erede che, con tutta probabilità, avrebbe allontanato Fili dal trono. Il giovane nano non l'aveva presa male, era anzi felice per lo zio, e non vedeva l'ora di conoscere il proprio cugino. Thorin era stato come un padre per lui, ed era certo che avrebbe fatto un buon lavoro con suo figlio. Di comune accordo con il fratello Kili, regalò a Meg una coperta di lana, spiegando, non senza imbarazzo, che lui da bambino si era convinto che il fratello in arrivo dovesse essere costantemente tenuto al caldo, come un pulcino nell'uovo.
Meg trovò il pensiero dolcissimo, e si sentì grata per il regalo.
Thorin, invece, finì con il preoccuparsi. La preoccupazione era una costante così radicata, dentro di lui, che non riusciva a farne a meno. Abituato a pagare con una buona dose di sofferenza tutte le piccole gioie della sua vita, viveva con la convinzione che ogni momento sereno avrebbe avuto un caro prezzo, e si ritrovò ad incupirsi più spesso di quanto non desiderasse. Ogni segno di stanchezza sul volto della moglie lo metteva di cattivo umore, qualunque cosa andasse storta nella gestione del suo regno lo infuriava.
"Cos'ha Thorin?" chiese un giorno Meg a Norla, la donna che, più di chiunque altro, avrebbe risposto sinceramente.
"Non è capace di essere felice." rispose la nana, senza nemmeno pensarci. Era china sul suo lavoro di cucito, e non si era nemmeno sforzata ad alzare lo sguardo sulla nuora. "Non è abituato ad esserlo, ed ha troppi anni sulle spalle per cambiare."
La giovane regina era rimasta in silenzio, rammaricata. Lei era felice, entusiasta all'idea di diventare madre, e avrebbe desiderato che per suo marito fosse lo stesso. Fu silenzio durò abbastanza a lungo perchè Norla alzasse gli occhi sulla giovane donna. La osservò bene: i lineamenti più dolci, il viso più tondo e il ventre prominente. Era in salute, e non c'erano ragioni perchè Thorin dovesse preoccuparsi a tal punto. "Posso parlare con lui, se lo desideri." le disse.
Meg abbassò lo sguardo, titubante.
"Tu hai troppa paura di offenderlo, per farlo. E Dìs è capace di mandarlo fuori dai gangheri. Lascia che se la prenda con me, se serve."
Meg non seppe mai di preciso cosa Norla disse a Thorin; Dìs le riferì che l'anziana madre era riuscita a strigliare il figlio come non capitava da circa centocinquantanni, intimandogli di non strapazzare la sua consorte con inutili preoccupazioni. La giovane ragazza si era sentita un po' in colpa, ma dovette ammettere che quella sfuriata sembrò avere un effetto calmante, sul re. Presto, iniziò a sentire i movimenti del piccolo dentro di sè; una sensazione strana, che le dava piacevoli vertigini. I suoi fratelli furono i primi a sentire i calci del bambino, posando timidamente le mani sulla sua pancia, durante le loro visite. Fili e Kili, nonostante fossero ben più grandi, provarono la stessa infantile curiosità: una nascita, tra i nani, era di per sè un evento raro e speciale.
Anche per Thorin fu speciale, anche se in maniera completamente diversa. Aveva visto nascere i suoi nipoti, li aveva cullati, cresciuti, sgridati e consolati, ma non erano mai stati suoi. Quello che cresceva dentro Meg, invece, era quello che non aveva mai sperato di avere. Lo sentiva spesso calciare, la sera, quando il piccolo era sveglio e pimpante, assai disposto a disturbare sua madre.
"Ti fa male?" le chiese, tenendo una mano sul suo ventre.
"Non tanto, ma spero si calmi, per quando uscirà."
Ci volle tempo, e il futuro erede al trono si fece attendere, ma quando ci si avvicinò allo scadere dei nove mesi, Meg si ritirò nei suoi appartamenti, assistita da suocera e cognata, e un paio di altre nane. Com'era prevedibile, Thorin cercò di essere presente, teso come non era mai stato per i parti della sorella, ma fu prontamente ricacciato indietro da Dìs con forza: c'erano cose che un uomo e un re, soprattutto se con il carattere di Thorin, non dovevano mai vedere. L'unica cosa che gli fu concessa, per investire del tempo che altrimenti avrebbe passato a torturarsi, camminando avanti e indietro per il palazzo, covando cupi pensieri, fu di salire a Pontelagolungo per avvisare la madre di lei Agilulfa, non appena fosse iniziato il travaglio.
Fu un bene, per il Re sotto la Montagna, le cui orecchie furono lontane da Erebor, mentre Meg faticava a mettere al mondo il suo primo figlio. Non ci furono complicazioni di sorta, e quando rientrò con la neononna nel suo regno, potè essere accompagnato a vedere Meg, stanca e sudata, che teneva tra le braccia non un bambino, come tutti si sarebbero aspettati, ma una bambina.
"Credevo che le femmine fossero rare." disse lei, sorridendo al marito. Non si era mai fatta illusioni a riguardo, ed era piuttosto convinta che avrebbe messo al mondo solo figli maschi, come succede a gran parte delle nane. La sorpresa le era enormemente gradita.
"Non tra gli umani." le rispose il re, avvicinandosi. La bambina era stata lavata e vestita, e ora sonnecchiava. Era piccola e rossa, con un'espressione arrabbiata dipinta sul viso.
"Non ti dispiace che sia femmina?"
"Nemmeno un po'." rispose, avvicinandosi per baciarla.
"E così sono ancora l'erede al trono." commentò Fili, quando fu fatto entrare con suo fratello a conoscere la cuginetta. "Non ti dispiace, vero, Thorin?"
Il re scosse la testa. Non c'era ragione per esserne dispiaciuti. La nascita di una principessa, tra i nani, era un evento che aveva dell'eccezionale. Meg e la bambina stavano entrambe bene, ed era questa la cosa a cui era più interessato. Norla e Dìs parevano enormemente soddisfatte.
"La tua dolce consorte è stata brava, per essere il suo primo bambino." commentò la suocera, seria.
Poco riposo fu concesso alla giovane mamma. In molti andarono a renderle omaggio. Dopo sua madre, suo padre e i suoi fratellini, estremamente timorosi, ancora, del regno nascosto in cui regnava la sorella e dove non batteva mail il sole, vennero i fedeli compagni di Thorin, la corte intera, e Bard di Pontelagolungo.
La giovane regina accolse tutti con pazienza, ancora a riposo a letto, nei suoi appartamenti. Spesso era Kili a farle compagnia, premurandosi di fare da cane da guardia della dolce sovrana, su ordine di un re spesso altrimenti impegnato. Era un compito che svolgeva volentieri, affascinato com'era dalla piccola bambina. Era la prima volta che vedeva un cucciolo della sua specie, e ne era completamente affascinato. Più di una volta, Thorin lo sorprese con la bambina tra le braccia, seduto sul grande letto di Meg, mentre la cullava. Il re ricordava di aver tenuto un minuscolo Kili tra le braccia, e vederlo così cresciuto gli dava improvvisamente una strana sensazione, oltre a scatenare in lui un'irrazionale e selvaggia gelosia. Tutta la famiglia dei Durin era stata, del resto, caratterizzata da un'avidità e da una brama che sconfinava spesso nell'ossessione. Thorin stata iniziando a dimostrare i sintomi della malattia che aveva dato tanti grattacapi alla sua famiglia. Solo che invece che rivolgere le sue attenzioni alle ricchezze, lui le aveva rivolte alla sua famiglia, il suo personale e intoccabile tesoro.
"Zio, è ora che le sia dato un nome." le parole del nipote lo distrassero, riportandolo alla realtà.
"Io so come vorrei chiamarla." la voce di Meg li fece voltare verso di lei. Kili le restituì delicatamente la piccola, che presto avrebbe voluto mangiare. "Mi sono informata sui nomi di alcuni stirpi di nani, e vorrei chiamarla Thoria, prima nel suo nome."
Nessuno ebbe da obiettare. E Thoria fu.

 
  
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