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Autore: gaccia    11/10/2013    14 recensioni
«Sono Emanuele Mancini e sono un coglione» forse dirlo ad alta voce mi avrebbe aiutato a venire a patti con la mia coscienza, sempre che ne avessi una e che in quel momento sembrava essere andata a farsi una vacanza al Polo.
Mattia, il mio migliore amico, mi aveva affidato la sua ragazza in quei maledetti quindici giorni ed io che facevo? Dopo anni, mi prendevo una cotta con i fiocchi per la bionda Lily.
«Sono un coglione» ripetei.
Forse, se mi costringevo a rivolgere le mie attenzioni alla sua amica...
quello che successe dopo non lo avrei mai immaginato, quello che posso dire è che la mia vita cambiò, definitivamente e in modo sorprendente…
Sequel di “AAA OFFRESI DICIOTTENNE VERGINELLO – NO TARDONE”
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
Capitoli:
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Ciao a tutti!
Sono leggermente in ritardo, chiedo scusa ma gli impegni lavorativi e non mi hanno assorbita totalmente.
Comincio subito con ringraziare chi ha letto, inserito in una delle tre liste e recensito questa storia.
Nomi in grassetto testimoniano il mio apprezzamento a nick vecchi e nuovi.
 
Posto un altro banner della vulcanica Elenri alias Teresa e vi invito a scegliere quale è il preferito (magari aspettate il terzo capitolo)
 
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E adesso… BUONA LETTURA!
 
---ooOoo---
 
Guardai la macchina del mio amico partire verso la nostra città.
«Stai tranquillo e fidati di me, te la tengo d’occhio io la tua Lily» furono le ultime parole che pronunciai mentre chiudeva la portiera della sua panda gialla.
Era stata una fortuna che la madre gli avesse concesso l’auto, insieme alla mia erano i soli mezzi di locomozione autonoma che avevamo a disposizione nella città dove ci eravamo trasferiti.
“Chissà se adesso devo telefonare a Lily e iniziare a farle subito da babysitter?” pensai guardando il display del mio i-phone “oppure…” ghignai mentre scorrevano i nomi della mia rubrica e mi fermai al nome Nina.
Il suo telefono suonava a vuoto e riprovai con un altro nome.
Sì, decisamente sarebbe stata l’ideale per inaugurare la nuova disponibilità della stanza più grande della casa, prima che anche i gemelli Fassi arrivassero alla stessa conclusione.
“Perdonami, Mattia. Giuro che provvederò alle pulizie prima che torni” promisi solennemente mentre facevo partire la chiamata.
Valentina rispose giuliva nel sentire la mia voce dopo oltre un mese e senza recriminare (infatti apparteneva alla prima classificazione) mi raggiunse subito dopo cena, in modo da avere più tempo per la notte.
 
«Maledizione!» borbottò Gian quando ci riunimmo a colazione in cucina il mattino dopo.
«Mhm». Non ero di molte parole prima della mia tanica di caffè.
Ero un caro ragazzo molto disponibile ma avevo le mie esigenze sacre alle quali nessuno avrebbe dovuto accennare una negazione.
«Cos’hai, Gian?». Invece Jake sentiva di più il legame fraterno… oppure era più curioso di una perpetua. In ogni caso pensavo che questa era proprio la domanda che il Fassi voleva farsi fare.
In quel momento, Valentina in camicia e slip passò davanti a noi tre per appropriarsi del caffè che era appena fatto nella moka.
«Hai del latte, puma?» mi chiese con un sorrisino ammiccante.
Sì, anche questa.
Le piaceva darmi nomignoli ed io non glielo impedivo tra le lenzuola. Avrei preferito che evitasse davanti ai miei amici che in quel momento la stavano spogliando con gli occhi.
 
«Puma?» Jake fece il verso, soffocando poi le risate nella tazza della colazione.
«Geloso?» nicchiai tirandogli un biscotto che prese al volo e inzuppò.
«Figurati, Consi mi chiama trivel…».
«Ti prego risparmiaci!» sbraitò Gian «Dimmi te se devo sorbirmi le prodezze sessuali di mio fratello anche a colazione!».
«Tu lo fai sempre con me!» ribatté l’altro Fassi.
Intanto Valentina osservava noi ragazzi che ormai avevamo preso altri argomenti di discussione, ignorandola platealmente.
In effetti tra me, Gian e Jake, trovarsi con Consuelo, Lily o qualche altra ragazza semi nuda per la casa era quasi la norma e ormai, che fossero le nostre amiche o meno, non ci faceva più tanto effetto.
 
«Tornando a prima, a cosa ti riferivi, Gian?» chiese ancora Jake, pulendo la sua tazza nel lavandino.
«Al fatto che avrei voluto pensarci io a impossessarmi della stanza di Mattia!». Scoppiai a ridere.
Dovevo ammettere che ero stato un pochino egoista, visto che anche io avevo una cameretta singola (un pochino più piccola rispetto a quella di Mattia) ma ero piazzato decisamente meglio rispetto a Gian e Jake che condividevano quella che era la sala e che ora conteneva due letti e tutto quello che serviva ai gemelli.
Ecco perché quando il gemello si doveva incontrare con Consuelo, migrava verso la Casa dello Studente.
 
«Ancora con questa storia? Nessuno ha barato. Abbiamo estratto a sorte l’assegnazione dei posti letto e voi vi siete ritrovati nella stessa stanza, non è colpa mia!» protestai dopo aver inghiottito il mio boccone.
«Non dormivo con mio fratello neanche a casa, ho dovuto condividere all’università! È assurdo!». Niente da fare, Gian non riusciva proprio a farsene una ragione nonostante fossero già  passati tre anni.
 
«Ehm, sentite ragazzi… Lele?» ormai Valentina si sentiva un pochino ignorata ed in imbarazzo.
«Vale, micetta, è stata una notte fantastica ma adesso è ora di andare. Vuoi un passaggio a casa?». Bastardo ma con classe. Mica potevo farle attraversare mezza città sui bus.
«No, ti ringrazio. Devo passare da un mio amico per un libro che mi deve prestare e farò un salto in centro» si avvicinò cauta e mi diede un bacio lento e passionale «Chiamami» bisbigliò infine, prima di rifugiarsi in bagno e cambiarsi.
«Me ne ricorderò, tranquilla» rispose Gian al mio posto… o forse si propose.
«Diceva a me» ridacchiai. Mettere le cose in chiaro con lui era sempre opportuno.
«Io mi offro, sta a lei scegliere, no?». Obiezione accolta!
 
«Visto che tu ti sei trasferito, ti spiace se mi impossesso della tua camera? Con Lily al dormitorio ho bisogno di un posto per stare con Consuelo» mi disse Jake, non appena la porta del bagno si chiuse alle spalle di Valentina.
Accidenti! Più che universitari sembravamo dei assetati di sesso!
«Basta che me la rendi pulita». Patti chiari amicizia lunga.
Guardai l’orologio. Ormai era tardi anche per me e dovevo ancora passare dalle ragazze perché Consuelo aveva bisogno di un passaggio con l’auto per andare in qualche posto non identificato. Senza Jake. Anche questo era strano ma chi ero io per chiedere spiegazioni o mettere il naso in una relazione? Meglio ubbidire alla pazza spagnola e farmi gli affari miei, ci guadagnavo in salute.
 
«Grazie, Lele. Non avrei saputo come fare altrimenti» pigolò felice Consuelo.
Lei doveva essere felice, visto che mi aveva fatto fare talmente tante volte avanti e indietro per tutte le strade possibili di questa città che se avessi messo assieme tutti i chilometri e il tempo impiegato avrei coperto la distanza tra la Terra e Marte, con buona pace della Nasa.
«Si può sapere cosa hai messo dentro quegli scatoloni che mi hai costretto a portare avanti e indietro?» chiesi piccato.
Poteva fare la sorridente quanto voleva ma chi era esaurito per doversi immettere in questo traffico mostruoso ero io!
Avevo appena subito un paio di corna da un altro automobilista e in risposta avevo mostrato il mio portachiavi (ognuno mostra quel che ha!).
Ma questo era stato il meno, avevo subito un mini tamponamento che mi aveva graffiato il parafanghi.
IL MIO PARAURTI, PER TRE ANNI INTONSO!... e non solo…
Mentre cercavo di raggiungere il semaforo che era verde, mi ero dovuto fermare per consentire il passaggio dei pedoni. Pedoni normali? Per carità: due vecchiette con il deambulatore che passavano cinque minuti a parlare e un passetto in avanti, sempre in questo ordine e con questa alternanza. In sostanza trentasette minuti e quaranta secondi per fare dieci metri sino al benedetto semaforo, che ovviamente era rosso.
 
«Allora? Mi vuoi dire qualcosa?» incalzai mentre parcheggiavo davanti alla casa dello studente per la sesta volta.
«Ho preso alcuni componenti per il mio computer e ho fatto qualche commissione per Gloria» mi rispose Consuelo tutta allegra e per nulla impaurita dalla mia irritazione latente.
«Gloria chi?». Oddio! E chi era questa?
«Glee! Quella che occupa la stanza accanto alla nostra alla casa dello studente» rispose la spagnola come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
«Quella sociopatica stronza che si veste come una barbona della stazione centrale e che mi odia in modo plateale? Quella Glee?» ripetei per essere più sicuro.
«E’ simpatica vero? Io la trovo fantastica, sempre allegra e molto disponibile nell’aiutare gli altri. Credo che i tuoi preconcetti siano solo perché non ha ceduto subito al tuo fascino. Ti rode!».
«Sei pazza? Quella è capace di castrarmi se mi avvicino a meno di quattro metri da lei, oltre al fatto che dubito di riuscire a trovare qualcosa di vagamente femminile sotto quegli stracci. Quella si veste come una cipolla!» protestai.
«Infatti è così che bisogna vestirsi: più strati da togliere e mettere a seconda della temperatura» mi corresse saccente.
«Allora è per questo che le ragazze in mia compagnia tendono a togliersi i vestiti! Solo caliente come il sole!».
Cominciai a ridere della mia battuta e anche Consuelo ridacchiò divertita dopo avermi dato un amichevole buffetto alla spalla.
 
«Questa scatola dove la metto?».
Ero stato promosso, da autista a facchino per traslochi.
Va bene aiutare una amica ma non poteva chiedere al suo ragazzo? O a suo cognato?
«Oh, lasciala lì, in quell’angolo… non ci capisco più niente con tutti questi scatoloni!» si lamentò Consuelo.
«Ti trasferisci o qualcuno viene ad abitare qui?».
«No. Niente di questo. Una parte sono miei e di Jake e una parte sono di Glee, ma lei non c’è questa sera e mi ha chiesto di tenerglieli fino a domani» rispose distrattamente aprendo uno scatolone e togliendo delle schede verdi tipiche dei componenti.
Aiuto! Voleva costruire un super computer? Avevo davanti l’hacker del nuovo millennio?
«E in quelle scatole?» indicai i cubi bucherellati, accatastati vicino alla porta.
«Sono quelli di Glee… te l’ho già detto» rispose distratta mentre armeggiava con un piccolo cacciavite.
«Ultime due domande poi tolgo il disturbo» annunciai.
«Spara».
«Primo: perché non hai chiamato Jake? Potevo prestargli la macchina».
Mi sarei evitato lo stress da traffico e il mal di schiena da facchinaggio.
«Progetto mio, lavoro mio… e poi il mio amore non sta tanto bene e non volevo affaticarlo». Che cara ragazza.
«Guarda che Fassi stava benissimo questa mattina… me lo diceva anche Valentina che l’ha trovato in gran forma…» mi lasciai scappare.
 
In quello stesso istante desiderai avere la macchina del tempo e tornare indietro di almeno tre minuti, prima della mia uscita infelice e di vedere la spagnola trasformarsi in un moderno Hulk verde pisello in gonnella.
«VALENTINA? CON JAKE?» sbraitò lasciando cadere le due schede alle quali stava lavorando.
Iniziai ad agitarle le mani davanti per poi accorgermi che sembrava quasi le sventolassi un drappo davanti al naso come a un toro. E le sue origini spagnole non erano esattamente rassicuranti in quel momento… se si sentiva cornuta…
«Era con me questa Valentina… Jake l’ha incontrata a colazione… calmati…» balbettai.
Consuelo in gestione gelosia era terrificante, oltre ad essere la chiara dimostrazione del perché non volevo ragazze fisse.
«E perché questa Valentina ha detto che Jake era in forma? Che ne sa delle forme di Jake?» socchiuse gli occhi e predispose il suo cipiglio da inquisizione… spagnola ovviamente.
«Si sono conosciuti a casa qualche tempo fa e si salutano quando mi viene a trovare… soddisfatta?» e pregai di sì con tutto il cuore o il Fassi non me l’avrebbe perdonata.
(Oltre al fatto che un Fassi depresso per amore fa venire voglia di suicidarsi infilando due dita nella presa di corrente, talmente sono piaghe… ebbene sì, avevamo sperimentato Jake in un periodo di litigio furibondo con la tappetta qui davanti e non lo auguravo neanche al mio peggior nemico, un compagno di alloggio in quello stato).
 
In quel momento la porta si aprì ed entrò Lily con un gran sorriso stampato in faccia.
«Ciao, ragazzi! Mattia è appena arrivato alla casa della prozia in Francia, se vi interessa». Mamma! Era partito da poche ore e probabilmente si erano già sentiti otto volte! Ansiogeni!
«E qui? Cosa sono questi scatoloni?» chiese senza aspettare risposte o commenti sulla sua entrata.
Si avvicinò velocemente alle scatole e ne aprì due delle sei accatastate, estraendo dalla seconda un foglio che iniziò a leggere ad alta voce.
«Cara Gloria,
come promesso ti spedisco i nuovi ibridi che ho creato nel laboratorio.
Spero che saranno utili nelle tue ricerche. Come ti avevo già spiegato si tratta di una variante meno aggressiva della psilocybe cubensis, adatta ai nostri climi.
Spero di sentirti presto, con affetto
Teresa Elenri
Oh, guarda! Viene dalla nostra città… chissà chi è questa?» borbottò Lily sbirciando dentro gli scatoloni.
«Bleah! Funghi!».
 
La mia attenzione si era fermata alla firma di questa qui… elenri… elenri… perché io questo cognome l’avevo già sentito?
Era qualcosa accaduto tanto tempo fa ma ero certo che non era la prima volta che mi capitava di averci a che fare.
«Sono mangerecci?» chiesi curioso sporgendomi a sbirciare.
«Io non mi fiderei conoscendo Glee… li prende domani?» chiese infine Lily a Consuelo che per un attimo non avevo più seguito.
In effetti, quando mi voltai verso la spagnola, la vidi rimettersi il giaccone e riprendere la borsa. «Vado da  Jake… voglio proprio vedere se stava così male!».
Io invece pensavo in quale paese poter svernare in attesa che le acque si fossero calmate.
«Dio, no! Ti prego! Non farli litigare o davvero lo affogo nella tazza del water» implorai con gli occhi al cielo.
Lily accanto a me rideva, avendo già intuito a cosa ci si riferiva.
In quel mentre, senza altre spiegazioni, Consuelo aprì e successivamente sbatté feroce la porta alle sue spalle, facendo sollevare un gran polverone alle due scatole aperte con i funghi dentro.
 
«Ugh! Mamma che nebbia!» si lamentò Lily starnutendo più volte, accompagnata dal sottoscritto.
«Meno male che non mi ha chiesto le chiavi della Mito. Non mi sarei fidato a farla guidare con il nervoso che si ritrova ora…» ma come volevasi dimostrare non tutto poteva andare come speravo e quella giornata nefasta non era ancora giunta alla fine.
Consuelo era tornata e mi stava tendendo la mano «Mi presti la macchina?».
Avevo due scelte: o negargliela facendo di me la prossima vittima dello squartamento oppure implorare che stesse attenta e votarmi a San Cristoforo protettore degli automobilisti.
Per amore della mia pellaccia optai per la seconda opzione e sbuffano consegnai le chiavi alla tappetta che, felice, si fiondò fuori la stanza, facendo nuovamente sollevare un bel po’ di polvere dalle scatole.
«Qui ci vorrebbe una bombola di ossigeno!» borbottai.
«Accomodati, ho preso qualcosa per cena alla rosticceria cinese all’angolo, mi fai compagnia visto che Consuelo non tornerà tanto presto». Lily era sempre molto gentile e anche se non impazzivo per il cibo orientale, le avrei fatto compagnia volentieri, assolvendo così l’impegno che Mattia mi aveva affibbiato.
 
In effetti non mi pentii minimamente di essermi fermato. I ravioli non erano male e il pollo all’ananas era caramellato come piaceva a me, il riso alla cantonese non era una delizia ma in mancanza d’altro…
«Allora, Lele. Qualche conquista nuova ultimamente?» iniziò Lily sorseggiando la birra leggera che accompagnava sempre questi pasti.
«Niente di nuovo sotto il sole» risposi filosofico.
«E sotto le lenzuola? Dai, non farti pregare! Mi diverto sempre con le tue performances».
«Curiosona e voyerista! Non ti facevo così… spregiudicata» esclamai ghignando.
«Guarda… un chicco di riso!». Ridendo prese tra pollice e indice e mi mostrò quella che era parte integrante della nostra cena «La stessa dimensione del tuo amichetto lì sotto».
Uhu! Attentato alla mia virilità!
«Piccola… tu non hai idea di quello che dici!» la blandii sogghignando malizioso.
«Mattia mi ha detto qualcosa» agitò la mano facendo la vaga e spiaccicandomi il chicco di riso in un occhio.
«Ahi! Così mi accechi!» anche se non era proprio quello che mi creava tutte quelle ombre e quelle luci davanti alle pupille.
Mi sembrava di essere in una discoteca, vedevo flash accecanti di Lily intervallati da buio totale. Chissà come mai? Mi chiesi sfregando gli occhi.
 
«Ah! Sai che ho trovato i biglietti che aveva ricevuto Mattia quando era apparso l’annuncio?» disse ridendo Lily, poi si alzò traballando e andò ad aprire un cassetto da dove estrasse una cartellina tutta rosa e glitterata con sopra un disegno della Barbie che ammiccava.
«Sei proprio una bambina» risi sguaiatamente indicandola e mi sdraiai sul tappeto che era posizionato davanti al divano, lasciando il tavolo apparecchiato con i resti della nostra cena.
«Guarda qui… Mattia non lo sa ma io volevo scoprire chi erano queste… queste… str…» balbettava e rideva mentre mi mostrava una caterva di lettere e biglietti colorati.
«Non li aveva buttati?» la interruppi.
Ero sempre stato convinto che il mio amico si fosse disfatto di quelle carte tanto tempo fa.
«Le ho prese io… volevo scoprire chi erano queste tro…» ancora una volta si impappinò. Sembrava quasi che fosse troppo educata per dire cose volgari.
«Troie?» suggerii «Stronze?» riferendomi anche al tentativo precedente.
Lei rise e mi batté sulla spalla «Tu si che mi capisci!».
 
«Quindi? Dimmi cosa hai scoperto!» rilanciai con tono cospiratore.
Cominciavo a sentire un leggero dolore alla testa, dovuto ai flash che mi si presentavano davanti agli occhi. Le mie mani da due erano passate a quattro e la lingua mi sembrava più grossa del normale.
«Ho scoperto…» si avvicinò e mise la fronte attaccata alla mia «che questa HeartSoul97… no, Darkviolet92… o è l’altra? Beh, insomma, una delle due… in realtà era quella MandyCri della palestra» sussurrò.
Io aggrottai le sopracciglia cercando di collegare il nome a una persona.
Mandy… Mandy… Oh! Mandy! Certo! La lesbica della palestra, quella che Mattia aveva cercato di abbordare il primo giorno. Anzi, no. I primi minuti da quando era entrato.
Perché mai una lesbica ci voleva provare con un uomo?
Domande senza risposte… più o meno come chiedersi il perché nascono i buchi neri nell’universo ammesso che nascessero.
Le immagini davanti ai miei occhi iniziarono a vacillare.
Chissà se anche Lily era nelle mie stesse condizioni? Da come ridacchiava avrei giurato di sì.
 
Mandy… HeartSoul97… DarkViolet92… chissà come le era venuta questa idea… elenri…
«Elenri! Certo!» mi sbattei il palmo aperto sulla fronte e crollai steso sul tappeto, scatenando le risate sguaiate di Lily. Ormai la birra aveva fatto le sue vittime, eravamo ubriachi persi.
«Quella Teresa?».
«Ti ricordi il primo biglietto che ha ricevuto Mattia? In classe, quando si diceva di andare in bagno e che poi ci abbiamo trovato…» e lei mi interruppe come a ricordare tutto.
«Il Guappa! C’era il Guappa là!» esultò come se avesse vinto le Olimpiadi.
«Dici che è sua parente?» chiesi immaginandomi una zia baffuta con la dentiera e le vene varicose. Praticamente l’immagine del Guappa al femminile.
«Ti immagini se è sua madre? Che sfiga un figlio così!» rincarò la dose.
«Io lo avrei dato in adozione. È una palla quel ragazzo!».
«Sai cosa fa adesso?».
«Visto che la sua occupazione era rubare i soldi ai primini e rompere i coglioni a tutti gli altri… galera?» proposi.
«Magari invece ha messo la testa a posto» sempre crocerossina la nostra Lily, anche da ubriaca.
«Allora carabiniere» la seconda alternativa. O guardie o ladri.
 
Ridemmo per un bel pezzo, continuando a parlare e a farci battute di cui non capivamo neanche il senso, sino a quando Lily si trascinò sul divano e si addormentò di botto.
Quando mi accorsi che non mi rispondeva più mi voltai e la vidi sdraiata supina. Cominciai a ridere e mi alzai per bere un altro bicchiere di birra, ma il tappeto era veramente agitato perché mi trovai crollato sulla sua faccia e le mie labbra sulle sue.
Stavo baciando Lily? Nah! Impossibile! Però dovevo ammettere che era qualcosa di inquietante e simile.
«Aurora! Bella addormentata nel bosco! Adesso che ti ho baciato devi svegliarti» dissi a voce alta scuotendole leggermente il braccio.
 
In quel momento entrò qualcuno che non riconobbi.
Vedevo solo un maglione lunghissimo giallo sole e qualcosa sulla testa che sembrava un cappello arancione e che gli arrivava sino alle orecchie.
«Chi sei?» biascicai sempre semi steso su Aurora/Lily supina sul divano.
«Glee! E tu, scopatore universale, togliti subito da Lily, altrimenti lo dico a Mattia e… COSA AVETE FATTO?» sbraitò indicando gli scatoloni accanto alla porta.
«Ci sono funghi lì dentro… ma non mangiarli, sono per Glee e lei non è tutta a posto» sussurrai complice, facendo il gesto dell’indice che gira accanto alla tempia.
L’essere arancione sbuffò come se fosse esasperata «Sono io Glee! Avete respirato le spore?» chiese come se illuminata da una improvvisa idea.
«Era polvere dentro gli scatoloni… fastidiosa, prude il naso ancora adesso» e crollai seduto.
 
Mi sentii leggermente tirare per il colletto della camicia «IDIOTA! Quelle sono spore allucinogene! Vieni con me!» ordinò trascinandomi verso il bagno.
Che aveva in mente quella cosa gialla? Pungermi con il suo pungiglione? Era una enorme ape maia?
In qualche modo arrivai al bagno e venni spinto nella vasca a viva forza e poi…
«E’ gelata! Sei pazza?» urlai.
In quel momento la mia mente si liberò totalmente dal velo che la avvolgeva, lasciandomi libero di pensare e vedere chiaramente.
«E’ il modo più veloce per toglierti il residuo di spore dalla testa» rispose comodamente appoggiata al lavandino e guardandomi sarcastica.
«Ma tu sei fuori di testa! Mi metti ammollo tutto vestito con il rischio di beccarmi una polmonite e tutto perché tu spacci allucinogeni sotto forma di funghi? Ti denuncio!» sbraitai sempre più incazzato.
Roba da pazzi! Mi prendeva in giro ed era tutto per colpa sua!
«Hai ragione, per il tuo cervello bacato non c’è più nulla da fare. Sorry» mi rispose lasciandomi a mollo nell’acqua che arrivava direttamente dal polo nord.
 
Faticosamente riuscii a togliermi gli abiti e mi riparai in un morbido, piccolo accappatoio color rosa confetto. Presi anche un ulteriori asciugamano, sempre rosa, che misi davanti al torace che rimaneva scoperto.
«Qualche altro colore? Non credevo che Consuelo fosse così… pacchiana» borbottai uscendo dal bagno.
«Credo che sia Lily» rispose Glee trascinando fuori dalla porta il quarto scatolone.
Meno male che stava togliendo di torno quelle cose potenzialmente distruttive dei neuroni umani.
«Hai intenzione di aprire uno spaccio alternativo all’LSD?» chiesi.
«Non ti preoccupare, scopatore universale, il tuo neurone si era già bruciato parecchio tempo fa… a proposito, porco, cosa stavi facendo a Lily quando sono entrata?». Ops… avevo la sensazione di dover ricordare qualcosa di importante ma i miei ricordi si interrompevano alla cena e ritornavano sotto la doccia.
A cosa si riferiva quel carciofo?
«Non stavo facendo niente».
«Come no? Eri praticamente sdraiato su di lei!». Mattia mi ammazza!
«Assolutamente no! Ero inciampato».
«Sul neurone che era appena defunto… comunque non sono affari miei» e così dicendo si caricò in mano l’ultimo pacco e uscì dalla stanza chiudendosi la porta alle spalle.
 
Cosa caspita era successo quella sera?
Picchiai la fronte un paio di volte contro il muro, prima di rendermi conto di essere ancora un confettino rappezzato ambulante.
Sperando che le ragazze avessero dei vestiti di ricambio per i loro boys, mi misi a cercare nei cassetti e nell’armadio.
«Mutande con le winx? E la fragolina? Ma dai!». Consuelo o Liliana?
Dovevo scoprirlo e prenderla in giro a vita!
Trovai anche un paio di slip e una maglietta bianca a mezze maniche ma era troppo poco per poter sopravvivere al gelo invernale.
«E adesso?» forse avrei potuto chiedere a qualche vicino di stanza… magari proprio a Glee. Da come si vestiva un paio di pantaloni extra large e un maglione sformato potevo pure rimediarlo.
 
Uscii di soppiatto e solo quando mi trovai nel corridoio e incontrai due ragazze che, guardandomi, scoppiarono a ridere, mi accorsi di essere ancora in accappatoio… rosa!
«Ehi! Pantera rosa! Che ci fai ramingo alla mia porta? Io non amo gli animali, preferisco le piante». L’accoglienza di Glee fu in linea con le mie aspettative.
«Hai ragione, tra animali ci si capisce poco ma prestami qualcosa per vestirmi visto che mi hai ridotto in questo stato con la doccia e i tuoi funghi malefici».
Si mise a ridere e tornò all’interno della stanza, lasciando uno spiraglio aperto, dove io potevo vedere alcune piante posizionate sotto alcune lampade colorate.
«Ecco, questa dovrebbe andare» disse mettendo nelle mie mani una enorme tuta da ginnastica color vinaccia.
«Tua?» chiesi sollevando un lembo con due dita.
«No, del mio coreografo… sai, noi ballerine di lap dance dobbiamo essere pronte a ogni evenienza» rispose chiudendomi la porta sul naso.
Rimasi qualche minuto attonito davanti all’uscio chiuso.
Quella ragazza era una incognita impazzita.
Tornai in camera di Lily e Consuelo e mi sbrigai a indossare quello che avevo recuperato. Non era il massimo, i pantaloni erano un pochino corti e così anche le maniche della giacca, ma nel complesso la notte sotto le coperte la si poteva passare, nella speranza che i miei vestiti asciugassero.
Drappeggiai una coperta su Lily e mi coricai nel letto continuando a fissarla.
 
Avevo una sensazione strana. Un fastidio che mi stringeva la bocca dello stomaco.
Cosa era successo quella sera?
 
---ooOoo---
Angolino mio:
capitolo spinoso che mi porta alla rivoluzione copernicana del prossimo capitolo, quindi abbiate pazienza ancora un pochino prima di scagliarvi come delle fionde sulla carotide del nostro faccia d’angelo.
 
Mi spiace per chi aveva votato bacio no, ma il pezzo era partito alle prime recensioni e ho abbracciato l’idea del bacio non voluto. I funghi citati sono davvero allucinogeni e sono originari del Messico. Per tutto il resto prendetelo come licenza poetica.
 
Nel prossimo capitolo troveremo gli strascichi mentali del povero Lele e…
Provate a suggerire qualche cosa…
 
Riguardo ai nick spiacente per i vari 1982, P e R182 ma non mi venivano molto bene quindi accontentatevi dei nomi propri!
 
Ci rileggiamo tra una quindicina di giorni!
Grazie per l’attenzione
Alla prossima
Baciotti
 

 
 
  
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