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Autore: TheShippinator    14/10/2013    3 recensioni
Doctor!blaine; companion!kurt
La vita di Kurt è monotona. Al lavoro sono caffè, fotocopie, catalogazione di documenti e vestiti, a casa sono grandi tazze di the e lunghe serate passate a guardare film e musical scaricati illegalmente. Le giornate grigie superano di gran lunga quelle fortunate, almeno finché uno strano individuo con dei pantaloni a pinocchietto, un papillon ed una strana penna luminosa non gli finisce addosso...
Genere: Avventura, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel
Note: Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Travel With Me'
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Ciao a tutti! Quest'oggi me ne sono venuta fuori con una OS un po' campata per aria, ma quando l'ispirazione chiama... Non metterò avvertimenti di Spoiler o altro, perchè nonostante l'ispirazione mi sia arrivata leggendo uno Spoiler, questa OS può essere tranquillamente letta anche da chi non ne vuole ricevere. Chi non vuole conoscere nulla, non legga quello che scriverò ora, in corsivo!

Leggendo "Blaine diventerà Dottore", i tre quarti della gente avrà pensato "Wow, il nuovo Stranamore" o "Dalton's Anatomy!"... e io invece ho pensato al TARDIS xD Era da un po' che si scherzava sul fatto che Blaine fosse figlio del Dottore, perchè è un Junior nella seconda stagione ed è un Junior anche nella Terza, perchè non si sa nulla dei suoi genitori, perchè indossa bretelle e bowties, perchè il suo doppiatore italiano è lo stesso di Eleven, perchè c'è uno che assomiglia terribilmente a Ten sullo sfondo della performance di When I Get You Alone... e così è venuta fuori questa OS, dopo aver letto l'ultimo Spoiler ed essermi arresa all'evidenza che alla fine Blaine È il Dottore xD

Perfetto! E ora vi lascio alla OS, spero che vi faccia sorridere!

-

Ricordo come se fosse ieri il giorno in cui mi tese la mano per la prima volta...


Le scale della Metropolitana non gli erano mai sembrate così sporche. Certo, non che venissero lavate davvero ogni giorno, ma per lo meno le autorità competenti avrebbero potuto occuparsi di pulire il vomito di quel barbone ubriaco svenuto all'angolo della strada.
Kurt schivò la pozza maleodorante arricciando il naso ed il labbro superiore, cercando di trattenere il fiato il più a lungo possibile.
La sua giornata, al lavoro, era stata pessima.
La macchina del caffè aveva ben pensato di smettere di funzionare giusto venti minuti prima dell'inizio della settimanale riunione per la revisione del book di Vogue della settimana successiva, così Kurt era dovuto correre fino al più vicino Starbucks con otto ordinazioni diverse e la speranza di riportare indietro dei caffè ancora caldi.
Una volta arrivato, aveva rischiato di rovesciare tutto perchè qualcuno era occupato a trasportare una sfilza di gonne, tutte appese ad un lungo appendiabiti di metallo, convinto che il mondo non esistesse e che non fosse necessario assicurarsi della presenza -o meno- di qualcuno dietro la porta che si sta per varcare. Sarebbe andata peggio se, per colmo di sfiga, i caffè fossero caduti davvero. Sulle gonne, però. Fortunatamente, Kurt se la cavò solo con un alluce schiacciato, una mezza porta sbattuta contro la sua spalla ed un grande spavento.
Riordinando i capi d'abbigliamento per la prova generale di un servizio fotografico, poi, aveva confuso le istruzioni del suo Superiore, ordinandoli per taglia, colore e stagione e non per marca, materiale e tipo di capo. Aveva dovuto rifare tutto tre volte, perchè a quanto pare erano tutti abbastanza indecisi se classificare la "cintura" come semplice accessorio o se inserirla tra "capi inferiori" e "capi superiori".
Sulla via del ritorno, la metropolitana aveva anche pensato bene di bloccarsi a metà tragitto, a causa del tentativo di qualcuno di buttarcisi sotto. Per quanto potesse dispiacere a chiunque, sapere che qualcuno aveva una vita così disperata da prendere in seria considerazione l'idea di porvi fine, il suo animo da pendolare era stato terribilmente urtato dalla cosa e, purtroppo, non in senso positivo: con tutti i treni che passavano ogni ora, proprio davanti al suo, quell'uomo, doveva cercare di buttarsi? Lui voleva solo andare a casa a farsi una doccia, sdraiarsi sul divano e guardarsi Les Miserables, che era riuscito finalmente a scaricare in maniera illegale dopo due lunghi giorni di attesa.
Inutile dire che Kurt, nonostante amasse lavorare a Vogue.com, fosse stanco di quel trantran quotidiano. Era un Assistente ormai da più di un anno ed erano state ben poche le occasioni nelle quali aveva potuto mettere in pratica le sue conoscenze in materia di Moda. Per lo più, era incaricato di portare i caffè, fare le fotocopie e gestire gli impegni di Isabelle Wright, il suo Superiore. L'unica nota positiva, in tutto ciò, era che Isabelle era, tutto sommato, una donna gentile e materna... e che la sua posizione, all'interno di Vogue, in quanto suo Assistente, fosse addirittura abbastanza alta da permettergli di "dettar legge" con i tre quarti dei dipendenti.
Guardò a destra e a sinistra, ignorando il segnale pedonale rosso pochi metri più in là e schizzando in avanti, per attraversare la strada, imitato da almeno un altro paio di persone ed inseguito dai clacson degli automobilisti. Li ignorò, come sempre, continuando per la sua strada e girando a sinistra. S'infilò in una via molto più silenziosa e quasi vuota, estraendo una chiave dalla tasca e puntando ad una porta alla sua destra, sentendo già il profumo del suo bagnoschiuma al cioccolato e dell'Earl Grey che si sarebbe concesso subito dopo, quando...
«Auch!»
«Ops! Chiedo scusa, colpa mia, stavo guardando... Abbassati!»
Ok, sì, qualcuno gli era venuto addosso. Non aveva capito veramente chi fosse e non era riuscito nemmeno a guardarlo bene in faccia, quello che sapeva con certezza era che, per non si sa bene quale motivo, era finito accucciato per terra con il suddetto qualcuno saldamente aggrappato alla sua spalla, posato alla sua schiena, con il braccio allungato in avanti. Teneva qualcosa, tra le dita, qualcosa di luminoso e verde che emetteva un rumore sottile e penetrante, quasi fastidioso.
«Ehi! Ma che cazzo fai, ti vuoi levare da...?»
«No, aspetta, non ti muovere. Se ti muovi siamo morti. Fai silenzio, più che riesci, e non respirare.» disse la voce di prima, che Kurt riuscì ad identificare ora come una voce maschile. Ok, era un uomo e gli stava chiedendo di non respirare... Eh?
«Non respirare? Tu pensi che io sia scemo? Senti, devi...» cominciò Kurt, prima ad alta voce, poi abbassandola un po', cercando di alzarsi. L'uomo lo tenne giù, stringendoli delicatamente, ma con fermezza, la spalla.
«No, no, aspetta! Sono serio, fai silenzio e respira meno che puoi. Sssht...» sussurrò l'altro, immobile.
L'oggetto che aveva in mano, ora, aveva smesso di fare quel fischio e non era nemmeno più luminoso. Sembrava una grossa penna o una sorta di torcia sottile. Seguendo la direzione indicata dall'aggeggio, Kurt si ritrovò a fissare l'altra parte della strada. All'inizio, non gli sembrò di vedere nulla, ma dopo un attento esame finalmente fu in grado di notarlo... e ci mancò poco che i buoni propositi di stare in silenzio, fermo ed immobile andassero a farsi benedire.
Davanti a Kurt c'era una cosa che assomigliava vagamente ad uno scarafaggio, ma non era uno scarafaggio qualsiasi. Era grosso quanto un San Bernardo e marrone scuro. Il suo esoscheletro era ricoperto, in diversi punti, di una peluria dall'aria ispida, come ad esempio sulle sei zampe, allargate come quelle di un ragno. Dalla bocca spuntavano delle tenaglie color avorio, che somigliavano a corna di cervi volanti, ma ricordavano molto di più le zanne di un cinghiale. Colavano una bava di colore giallo sporco, probabilmente veleno. La creatura non aveva occhi.
Kurt emise un lieve squittio di paura. Come aveva potuto non accorgersi di quella cosa, prima? Era impossibile non notarlo, era troppo grosso e troppo brutto!
L'uomo sopra di lui gli strinse di nuovo la spalla, probabilmente per infondergli un po' di coraggio. La creatura, infatti, si era voltata nella loro direzione ed aveva emesso un verso acuto e tremolante, come di frustrazione, per poi brulicare via verso il fondo del viale. Solo allora, Kurt si azzardò a riprendere fiato.
L'uomo si spostò dalla sua schiena, emettendo un rumoroso sospiro di sollievo.
«Meno male che abbiamo beccato un esemplare un po' stupido! Non ne saremmo usciti vivi, altrimenti, fidati! L'avevo stuzzicato, perchè non riuscivo a trovarlo, ed era in modalità "attacco". Comunque, lasciatelo dire: dovresti parlare di meno, quando ti dicono di farlo, c'è sempre una buona ragione per fare silenzio!» esclamò quello che, in effetti, era più un ragazzo. Avrà avuto si e no vent'anni, capelli neri e ricci, domati con un po' di gel, e carnagione olivastra. Indossava abiti abbastanza eleganti, forse addirittura troppo, per un quartiere come quello. I pantaloni erano rossi, rosso acceso, mentre sopra portava una camicia bianca, nascosta in parte da un gilet tutto d'un pezzo, a righe orizzontali rosse, nere e bianche. Al collo, portava anche, annodato, un papillon grigio.
«... Cosa??» esclamò Kurt, senza riuscire a trattenersi, e diventando quasi rosso dalla rabbia.
«Nel senso, se qualcuno chiede di fare silenzio, solitamente, è perchè si sta cercando di...»
«No, "Cosa??" è inteso come "Come ti permetti di dirmi di stare zitto dopo avermi appena gettato a terra essendo anche uno sconosciuto"!» lo interruppe subito Kurt, incrociando le braccia con ancora le chiavi strette in mano.
Il ragazzo inclinò la terza ed assottigliò le palpebre, aggrottando le sopracciglia visibilmente confuso.
«Non capisco, i tuoi conoscenti hanno il permesso, invece, di gettarti a terra quando vi incontrate?» chiese, ignorando completamente il senso della domanda dell'altro.
Kurt chiuse gli occhi e scosse lievemente il capo, riaprendoli subito dopo.
«Uh? Che... che cosa vorrebbe dire? Certo che no!» esclamò Kurt, mentre l'altro si voltava in fretta nella stessa direzione presa dalla creatura di prima e sussultava allarmato.
«Uuuuh, non vogliamo rischiare che crei un altro blackout, vero? No, non lo vogliamo... Grazie della compagnia, sei stato adorabile, devo correre!» esclamò, partendo di gran carriera verso il fondo della via. Kurt rimase un istante imbambolato, le palpebre spalancate, sconvolto, quindi lanciò un'occhiata alla porta di casa. Poteva salire e far finta che nulla fosse successo, fingere di non aver mai incontrato quella strana persona, quella creatura e continuare a vivere la sua vita dimenticandosi dell'accaduto tra un paio di giorni... oppure poteva correre dietro a quel ragazzo, quanto meno per farsi fare delle scuse degne di quel nome. Di certo, un "sei stato adorabile" non sarebbe bastato.
Gli ci volle meno di un secondo per riinfilare le chiavi in tasca e cominciare a correre.
Gli ci era voluto ancor meno per compiere la sua scelta.
«Ehi, aspetta!»

Diversi metri dopo, Kurt aveva perso l'uomo. Era riuscito a vederlo e a seguirlo, finchè quello non aveva preso una viuzza a sinistra. Una volta girato l'angolo, però, Kurt dovette constatare che quel ragazzo non c'era più, o, per lo meno, non era in vista. Rallentò, riprendendo fiato ed avanzando comunque. Quello era un vicolo cieco, dove poteva essersi infilato?
Non osò dire nulla, memore delle parole dell'uomo, e forse furono proprio quelle ad aiutarlo: se avesse chiamato quel ragazzo, in quel momento, non avrebbe mai percepito il lieve fischio provocato dall'oggetto che quell'uomo aveva in mano prima. Si voltò verso sinistra ed avanzò ancora, inquadrando una piccola rientranza, come una sorta di uscita sul retro, nel palazzo grigio e malandato che gli faceva da muro. Proprio lì, si trovavano la creatura orribile e quell'uomo. Il secondo aveva la torcia verde puntata contro la creatura, che se ne stava immobile nella sua posizione. Kurt si fermò a guardare, sentendo di nuovo l'urgenza di gridare alla vista di quel mostro ibrido. Senza mostrare il minimo segnale di paura, però, il ragazzo si avvicinò alla creatura lentamente, sempre tenendo la torcia accesa. A piccoli passi, riuscì a farsi vicino e ad affiancarlo, quindi, con una mossa piuttosto agile, si issò sulla sua groppa. Kurt trattenne un conato di vomito, osservando la scena e notando quella bava giallastra che colava dalle zanne del mostro.
Finalmente, l'uomo spense la sua torcia, ma, a differenza di prima, la creatura non si innervosì. Si guardò attorno, confusa, o per lo meno voltò il muso a destra e a sinistra, per poi avanzare diretta verso Kurt. Trattenne il fiato, lui, occhi spalancati e cuore che batteva a mille. Rimase immobile, senza emettere un suono, e la creatura si fermò poco distante da lui. Inspirava ed espirava rumorosamente, come a cercare di capire che cosa ci fosse, lì davanti, a bloccargli il passaggio. Sollevò gli occhi, puntandoli sul cavaliere dello scarafaggio gigante. Quello sorrideva deliziato ed aveva sollevato anche una mano con la quale lo stava salutando. Con un piccolo colpetto del ginocchio sinistro, l'uomo riuscì a convincere la creatura a spostarsi e a farsi da parte.
«Dai, sali mentre si muove o potrebbe girarsi ancora!» disse piano il ragazzo, facendogli un cenno con il capo.
Senza farselo ripetere, e senza sapere nemmeno perchè, Kurt obbedì, faticando non poco ad issarsi sulla groppa di quello strano miscuglio di specie viventi, ma riuscendoci piuttosto bene.
«Si può parlare, adesso?» chiese sottovoce, sporgendosi in avanti, per farsi sentire dall'altro.
Il ragazzo si voltò, sorridendogli apertamente.
«Oh, sì, sempre piano, comunque. Potremmo distrarlo. Sai, non è cattivo, è solo goloso e non ha gli occhi, quindi... è un po' un pericolo...» borbottò lui, sollevando le sopracciglia e fissando il vuoto.
«Difficile da realizzare, visto il suo aspetto... Perchè non l'avevo mai visto? Io abito qui.» chiese Kurt, indicando la porta di casa sua, che con il passo veloce della loro cavalcatura, avevano già raggiunto.
«È schermato. Invisibile agli occhi altrui, a meno che la sua schermatura non venga forzatamente interrotta, cosa che io ho dovuto fare per non perderlo. L'ho riattivata, comunque. Se te lo stai chiedendo, continui a vederlo perchè l'hai già visto una volta e la sua schermatura non funziona più. Ne troverai altri in giro, stanno un po' dappertutto, ma tu cerca di non farli notare. Se qualcuno si concentra un po' troppo sul punto in cui si trovano, finisce che superano lo schermo e senza qualcuno a spiegargli che non c'è niente di cui avere paura...» non concluse la frase, fece solo un verso con le labbra, inspirando aria tra i denti e facendola sibilare.
Kurt aggrottò le sopracciglia, cercando di assimilare tutte le informazioni appena ricevute.
«Quindi sono... tipo... robot del governo o qualcosa del genere? Perchè non sembrano proprio dei robot, sembrano... vivi.» sentenziò Kurt, abbassando lo sguardo per osservare la corazza lucida della schiena del mostro sotto di lui.
«Lo sono. Sono vivi, vivi come me e te. Non originari di questo pianeta, però, e qui diciamo solo... come me. Tu sei chiaramente un Terrestre. Adoro i Terrestri, mi piace la Terra. Loro sono sparsi un po' ovunque, nella galassia, un po' come le mosche. Li trovi più o meno dappertutto, trovano sempre da mangiare. Prima che tu lo chieda, no, non si nutrono di persone o alieni in generale.» lo precedette il ragazzo, ma Kurt smise quasi di ascoltarlo ben prima della fine del discorso.
«Stop, fermo... cosa? Non sei un essere umano? Ma... noi siamo identici!» esclamò Kurt, ritraendosi un po' e guardando di nuovo sotto di sé. «Vuoi dire che... sono seduto su un alieno con... un alieno? Niente antenne, pelle verde... Telefono casa...?»
«Non io, ma ci sono effettivamente altre forme di vita con la pelle verde, le antenne e... telefono casa?» domandò l'altro, ottenendo solo uno scuotimento del capo di Kurt e un piccolo cenno con la mano.
«Lascia perdere. Ok, devo metabolizzare un attimo... Ricapitolando... tu sei un alieno, lui è un alieno e io non ho idea del perchè sono qui a parlare con te.»
«Corretto, anche se il termine "alieno" è piuttosto offensivo, potresti dire, non so... Diversamente-Terrestre, ecco. E hai dimenticato che il nostro amico qui si nutre di elettricità, mio caro Brendon.» disse l'uomo, facendo aggrottare nuovamente le sopracciglia a Kurt.
«Primo: non l'avevi detto che si nutre di elettricità e secondo... chi è Brendon?» domandò, mentre l'altro sollevava le mano, in segno di resa.
«Presumo, non tu. Ho provato ad indovinare, visto che non hai detto come ti chiami. Aaron? John? Jeremiah? Mi piace Jeremiah!»
«No che non mi chiamo Brendon e... no, nemmeno. Mi chiamo Kurt! E poi Jeremiah è terribile...» rispose Kurt, facendo una vaga smorfia e stringendo la mano che, con una complicata torsione del busto, l'altro gli stava porgendo.
«Molto piacere di conoscerti, Kurt, io sono il Dottore.» disse con fierezza l'uomo.
Kurt inclinò lievemente il capo verso sinistra, mentre la creatura, sotto di loro, si agitava per salire dei gradini.
«Dottore... e basta?» domandò Kurt, sollevando un sopracciglio. L'uomo, il Dottore, si fece pensieroso per un secondo, senza perdere il sorriso.
«Sì, solo... Dottore.» confermò, annuendo e voltandosi, battendo le mani tra loro. «Allora. Cerchiamo di capire perchè il nostro amico ci sta portando qui... in questi ultimi mesi è stato mooolto ingordo. Avete avuto parecchi blackout nel quartiere, eh? È stata colpa sua... e un po' in tutta New York, mi è parso di capire, la corrente è andata via un po' troppo spesso. Uh, attendo, sta per saltare...»
Kurt fece appena in tempo a posare le mani sulle spalle del ragazzo di fronte a lui, che la creatura sotto di loro spiccò un lieve balzo, per superare la strada senza doversi preoccupare delle macchine.
«Ok, dicevamo... Questo comportamento non è poi così insolito, sospetto che si siano preparati per tutto questo tempo, in vista della deposizione delle uova. Sarà meglio tenerli d'occhio, non vogliamo che qualcun altro li noti, giusto?» domandò il Dottore, voltandosi e facendo l'occhiolino al ragazzo dietro di lui, che annuì perplesso.
Si guardò intorno, cercando di individuare altre di quelle creature. Ne vide qualcuna in lontananza, ma nessuna aveva dei cavalieri in groppa. Allo stesso modo, nessuno sembrava notare loro o gli altri scarafaggi giganti che trotterellavano tranquilli per le vie di New York.

Perchè era lì? Quale senso pratico o logico gli aveva suggerito di inseguire quell'uomo e salire sulla groppa di uno scarafaggio mezzo ragno? Per quale motivo aveva trascorso l'ultima mezzora a dondolare sulla schiena lucida di un insetto troppo cresciuto, solo per ritrovarsi a Central Park?
Quella creatura era davvero veloce, proprio tanto. Non ce l'avrebbe mai fatta a raggiungere Central Park da casa sua, non a piedi e non con il suo passo, in meno di un'ora, e questo era un dato di fatto. Una volta raggiunto il parco, comunque, fu abbastanza ovvio che quello era il luogo designato per il rito della deposizione delle uova. Il Dottore non gli aveva detto come sarebbe avvenuto il tutto e Kurt non l'aveva chiesto. Quando il Dottore gli aveva detto di scendere dalla schiena della loro cavalcatura, lui l'aveva fatto e, invece di fare dietrofront, prendere di nuovo la metropolitana e tornarsene a casa, l'aveva seguito.
«Quindi sei... qui con una navicella spaziale o una specie?» chiese Kurt, osservando gli innumerevoli insetti/ragno giganti che li superavano, intenti a raggiungere un imprecisato punto del parco.
«Una specie, sì. È molto più che una navicella spaziale, ed è sexy. Si chiama TARDIS. È una nave spaziotemporale, ti porta in qualunque parte dell'universo e in qualunque epoca.» spiegò fieramente il Dottore, facendogli un cenno con il capo, per farlo svoltare a destra.
Kurt eseguì, senza mai spostare lo sguardo dall'altro se non per assicurarsi di non andare a sbattere contro qualcuno.
«Una... nave spaziotemporale? Tu viaggi nel tempo??» chiese di nuovo, sgranando le palpebre.
«Perchè voi Terrestri siete sempre così sorpresi, quando lo scoprite?» chiese il Dottore, ridendo apertamente, ma annuendo. «Sì, viaggio nel tempo e nello spazio. Qualunque tempo e qualunque spazio.»
«Wow... sembra forte...!» rispose Kurt, annuendo piano e guardando davanti a sé. Il numero di creature era notevolmente aumentato ed alcune avevano smesso di camminare. La zona del parco che avevano scelto era abbastanza deserta. C'erano più alberi, quindi meno gente, praticamente nessuno a parte loro due.
«Lo è... Guarda, cominciano!» esclamò sottovoce il Dottore, afferrando con la mano destra il braccio di Kurt ed indicando, con la sinistra, uno degli scarafaggi. Quello aveva sollevato la corazza lucida, liberando delle ali dall'aspetto sottile come carta velina. Cominciò a muoverle velocemente, tanto che molto presto furono quasi invisibili alla vista. Lentamente, si sollevò da terra ed allora anche gli altri iniziarono a sollevare le loro corazze e liberale le ali. Ben presto, Kurt dovette proteggersi gli occhi con una mano, perchè il vento provocato dalle creature stava sollevando parecchia polvere e gli faceva lacrimare gli occhi.
Si alzarono in aria, crepitando come le stelle di Capodanno, quelle che si accendono a tre alla volta per creare una grande, rumorosa e puzzolente palla di scintille bianche.
Ci vollero solo alcuni minuti, perchè fosse possibile tornare a respirare normalmente, a vedere senza coprirsi gli occhi ed a parlare senza sovrastare il frastuono di un piccolo aereo pronto al decollo.
«Che meraviglia! Possono farlo solo una volta ogni cinque anni! Quando sono lassù, le loro ali lentamente si consumano e quando tornano a terra le perdono. Ci mettono cinque anni per ricrescere completamente e per cinque anni non c'è riproduzione. Oh, preparati, sta per scoppiare un bel temporale!» esclamò il Dottore, sollevando lo sguardo al cielo e correndo in avanti, verso uno sprazzo libero da alberi con rami troppo invadenti, per avere una visuale migliore. Le nuvole, in effetti, si stavano facendo un po' più scure, ma Kurt era quasi certo che la causa fosse la presenza di quella massa enorme di mostriciattoli neri giganti.
«La schermatura...?»
«Non funziona lassù, esatto. Devono spendere molte energie per riprodursi, quindi non possono utilizzarle per schermarsi e questo è uno dei molti motivi per i quali tutto questo avviene lassù. Quelle non sono nuvole cariche di pioggia, ovviamente, sono loro.»
Il rumore delle loro ali ronzanti non era sparito del tutto, ma anzi, così lontano com'era, raggiungeva la terra molto più cupo. Sembrava genuinamente il rombo che anticipa un tuono, crepitante, ma basso e pieno di aspettativa.
«Oh, ci siamo, guarda!» esclamò il Dottore qualche minuti più tardi, quando una sola, piccola scintilla aveva fatto capolino dalle nuvole sopra a Central Park.
Kurt fece bene attenzione a non perdersi un solo momento di quello spettacolo. Senza averli a terra davanti agli occhi, infatti, riusciva a trovare la situazione abbastanza affascinante, tanto da dimenticarsi di star parlando con qualcuno che non proveniva nemmeno dal suo stesso pianeta.
«Le scariche elettriche che riescono ad emettere, servono ad accompagnare le uova fuori dall'atmosfera terrestre. Vedi? Non vengono verso il basso, ma vanno verso l'alto. Le uova, poi, viaggiano nel vuoto finchè non trovano un pianeta sul quale potersi stabilire e schiudersi. Possono rimanere attive anche per anni!» spiegò il Dottore, mentre Kurt fissava con la bocca semi aperta quello spettacolo di luci in mezzo alla massa nera tra le nuvole, che lui sapeva essere lo stormo di scarafaggi giganti.
«È... affascinante...» riuscì solo a mormorare il ragazzo.
«Il miracolo della vita... ogni volta, mi lascia senza fiato!» esclamò di nuovo il Dottore, abbassando lo sguardo e voltandosi. Si guardò intorno, notando, con piacere, che non c'era nessuno lì, a parte loro. Kurt questo l'aveva già notato, in effetti, prendendolo come un buon segno e, a giudicare dal verso soddisfatto dell'uomo al suo fianco, aveva fatto centro.
«Siamo stati fortunati, nessun curioso Terrestre da queste parti. Conoscendoli, si saranno tutti rintanati sotto a qualche pensilina attendendo un acquazzone. Saranno contenti, quando capiranno che non pioverà!» sentenziò il Dottore con allegria, battendo le mani tra loro ed infilandosi una mano nella tasca dei jeans. Ne estrasse la torcia sottile che Kurt aveva notato in precedenza. Vedendolo fissarla, il Dottore la fece roteare in aria, riprendendola al volo.
«Cacciavite Sonico, mai senza!» spiegò, rispondendo alla muta domanda espressa dallo sguardo dell'altro. Lo puntò al cielo, chiudendo un occhio come per prendere la mira, quindi premette un pulsante e la punta dell'aggeggio si illuminò di verde, cominciando anche ad emettere quel suono acuto.
«E... cosa fa?» chiese Kurt, fissando incuriosito l'oggetto, mentre il Dottore, lo spegneva e lo ritirava, dondolando il capo pensieroso.
«Eh? Oh, un po' di tutto, sai... è un Cacciavite, è Sonico... stanno per scendere, comunque! Meglio levarci di torno, saranno piuttosto precipitosi...» disse l'uomo con enfasi, colpendolo piano alla spalla, per invogliarlo a muoversi.
La scelta di parole del Dottore si rivelò bizzarramente azzeccata. In effetti, Kurt non avrebbe saputo trovare un termine più calzante per descrivere la discesa di quelle creature strane. Essendo le ali malandate ed affaticate, a malapena venivano sbattute. Utilizzate solo per frenare, di quando in quando, la discesa degli scarafaggi si rivelò più che altro una pioggia di coleotteri molto simili a meteoriti con le zampe. Nessuno di quelli, comunque, sembrò accusare granché il colpo e, probabilmente, il più turbato fu proprio Kurt, nascosto con il Dottore dietro ad una sorta di castello di legno per i bambini.
«Adesso se ne brulicheranno via e torneranno ognuno nel loro territorio. Per altri cinque anni, non dovreste subire blackout frequenti a causa loro. Non avranno bisogno di energia in più.» spiegò il Dottore, uscendo allo scoperto ed osservando Kurt, divertito.
Il ragazzo sembrava sconvolto, ma un piacevole rossore gli imporporava le guance. Era agitato, quasi emozionato, per il fatto di aver potuto assistere ad un evento del genere.
Quanti, sulla Terra, potevano dire di aver visto non uno, ma ben DUE alieni (Diversamente-Terrestri!) a distanza di pochi minuti l'uno dall'altro? Quanti potevano dire di aver, nello stesso giorno, assistito alla riproduzione di un'intera specie aliena?
Quella giornata, improvvisamente, era migliorata. Si era ribaltata del tutto ed ora Kurt era solo felice di non essere salito nel suo appartamento, per concedersi alla doccia calda e a Les Miserables.
«Va tutto bene? So che sono un bel po' di informazioni da immagazzinare, in un solo giorno, ma...»
«È stata l'esperienza più eccitante di tutta la mia vita!» esclamò Kurt, voltandosi con enfasi verso il Dottore. «Stamattina mi sono svegliato con il mal di testa, al lavoro si è rotta la macchinetta del caffè e mi sono beccato una porta in faccia quando sono tornato da Starbucks. Il mio Capo oggi ha sofferto di crisi esistenziale e non riusciva nemmeno a decidere se una cintura è o non è un accessorio e mi ha fatto innervosire e qualcuno ha fermato la metropolitana che avevo preso perchè ha provato a buttarcisi sotto. E sono quasi finito con i piedi in una pozza di vomito di barbone ubriaco, ma poi... poi dal nulla spunti tu che mi fai salire in groppa ad uno scarafaggio gigante radioattivo e mi porti a vedere... questo. E scopro che non esiste solo la Terra, ma che esistono un sacco di altri pianeti e razze e cose da vedere e che tu... tu viaggi nel tempo, Dottore!»
Kurt riprese fiato, ansimando. Non si era nemmeno accorto di aver parlato così in fretta, così tanto.
«Beh, insomma... la cintura è chiaramente un accessorio e tecnicamente "radioattivo" non è proprio il termine adatto, vedi, quelli sono...» cominciò il Dottore, ma Kurt lo fermò immediatamente, scuotendo la testa e portando le mani in avanti.
«No, vedi, il punto è... che hai migliorato la mia giornata. Proprio tanto. È stato... è stato strabiliante. E ti ringrazio. Non è una cosa che dimenticherò facilmente, anche perchè adesso posso vederli...» disse Kurt, facendo spallucce.
Il Dottore rimase a fissarlo impassibile per qualche secondo, quindi si portò le mani vicino alla bocca, tenendo le dita incrociate tra loro. Fece un piccolo cenno con il capo, senza mai smettere di fissarlo. Kurt era certo, adesso, che quell'uomo non poteva essere un Terrestre: non esistevano, sulla Terra, occhi di quel colore.
«Vieni, ti faccio vedere una cosa.» disse semplicemente il Dottore, cominciando a camminare.
Kurt rimase a fissarlo qualche istante, quindi lo seguì.

Il Dottore condusse Kurt non troppo lontano da lì, in effetti. Non uscirono nemmeno da Central Park, ma si avvicinarono ad uno dei cancelli.
Vicino ad un albero piuttosto grosso, era piantata una Cabina Telefonica blu che difficilmente qualcuno avrebbe potuto non notare. Il fatto che ci stessero andando proprio incontro, poi, non aiutava Kurt a distogliere lo sguardo.
Quando il Dottore vi si fermò davanti, voltandosi a guardarlo sorridente, Kurt si ritrovò lievemente smarrito.
«Una Cabina blu?» domandò, inclinando lievemente il capo verso sinistra.
«Una Cabina Telefonica blu della Polizia Britannica degli Anni '50, per la precisione.» specificò il Dottore, estraendo una piccola chiave dalla tasca dei pantaloni, opposta a quella in cui teneva il Cacciavite Sonico.
Kurt l'osservò voltarsi ed inserire la piccola chiave nella serratura, farla scattare e poi aprire la porta. Si fece di lato e gli fece cenno di entrare.
«Prego, accomodati pure. Ti accompagno a casa.» disse il Dottore.
Kurt lo fissò stranito, avanzando verso la porta della Cabina, attraversandola senza spostare lo sguardo dal volto dell'uomo. Inutile dire che rischiò l'infarto, quando si voltò e non trovò davanti a sé il telefono che si era aspettato di vedere.
«Oh, bontà celeste...! È... è...» Kurt si guardò intorno, senza parole, quindi si voltò e si sporse, in modo da avere la testa fuori dalla Cabina. Estrasse anche il busto, tenendo i piedi all'interno e reggendosi saldamente allo stipite della porta.
«È... è più grande, all'interno...!» esclamò infine, dopo essere rientrato.
Il Dottore annuì, ridacchiando e seguendo Kurt all'interno della Cabina Telefonica.
«Tecnologia dei Signori del Tempo. Io sono un Signore del Tempo.» spiegò lui, scendendo gli scalini e dirigendosi al centro dell'enorme stanza, dove facevano bella mostra di loro una serie di comandi dall'aspetto complicato. Kurt lo seguì, guardandosi intorno affascinato.
La stanza era molto grande e sui toni del legno e del rosso. Il pavimento non era semplicemente piatto, ma, di quando in quando, presentava dei rialzi rettangolari o quadrati, la quale ubicazione il Dottore sembrava conoscere a memoria, vista la semplicità con la quale, invece di fermarsi e girarci intorno, vi saltava sopra e li superava.
«È la tua razza?» domandò Kurt, sfiorando con la punta delle dita uno schermo davanti a lui, sul quale ruotavano alcune sfere collegate da linee curve e dritte.
«Sì. O almeno, quello che ne è rimasto...» disse piano l'uomo, rabbuiandosi un poco.
Preso com'era da quella nuova scoperta, Kurt nemmeno se ne accorse.
«Ti presento il TARDIS, la mia magnifica creatura! Ti accompagneremo a casa! Ti prego di non toccare nessun pulsante e nessuna leva, non ci sono uscite di emergenza e non camminare troppo su quel gradino perchè scricchiola e m'infastidisce molto.» disse in fretta il Dottore, girando con enfasi quello che sembrava un timone con un solo manico. Iniziò a piroettare e correre intorno a quella colonna di pulsanti e schermi e leve, pigiando qua e tirando di là, mentre Kurt cercava di capire che cosa effettivamente stesse facendo.
Quando un suono forte, come di una sirena, cominciò a spandersi nell'aria, il Dottore si voltò di nuovo ad osservarlo, raggiante.
«Tieniti forte, Kurt!!» esclamò, afferrando in fretta un tubo sporgente dalla colonna dei comandi.
Kurt fece appena in tempo ad afferrare una delle transenne ai bordi della sala comandi, che la stanza cominciò a tremare, come scossa da un terremoto.
«Tutto questo è normale??» chiese, preoccupato, mentre gli scossoni aumentavano d'intensità.
«Assolutamente sì!!» esclamò nuovamente il Dottore, che sembrava eccitato quanto può esserlo un bambino che ottiene il permesso di riempire la propria piscina di cioccolata fusa.
Il Dottore cominciò a ridere e ben presto anche Kurt si rilassò, abituandosi ai movimenti del TARDIS ed intuendo che non erano scosse irregolari, ma ben calibrate.
Il viaggio non durò a lungo; ben presto le scosse cominciarono a diminuire e il suono di quella sirena si spanse di nuovo, affievolendosi.
Una volta che il TARDIS fu completamente fermo e silenzioso, il Dottore si diresse di nuovo alla porta, l'aprì e permise a Kurt di scendere, rimanendo, però, sulla soglia.
«Beh, eccoci qua. Casa dolce casa, giusto?» chiese retoricamente l'uomo, mentre Kurt si voltava a fissarlo, silenzioso, con una sorta di sorriso triste sulle labbra.
«Già... casa dolce casa. Silenziosa casa. Casa vuota per la maggior parte del giorno perchè non faccio altro che lavorare...» commentò Kurt, abbassando lo sguardo al suolo, ma risollevandolo subito dopo. «Grazie di nuovo per avermi fatto conoscere... tutto questo.»
Kurt sollevò le iridi, fissando la parte superiore del TARDIS e compiendo una sorta di arco con lo sguardo, arrivando a concluderlo proprio sul Dottore.
«Sei davvero adorabile.» gli rispose il Dottore, sorridente.
Kurt distolse lo sguardo, le guance che assumevano una vaga tonalità di rosa un po' più acceso.
«Beh, adesso... credo che dovrei andare, devo... farmi una doccia e ho Les Miserables che mi aspetta...» disse Kurt, sospirando piano e sollevando di nuovo lo sguardo sull'altro. «Arrivederci, Dottore.»
Non ci fu risposta, solo un cenno del capo, mentre Kurt si girava e si dirigeva verso la porta di casa sua. Estrasse di nuovo la chiave, avvicinandola alla serratura.
«Non ti andrebbe di conoscerlo?»
Kurt si girò, osservando il Dottore, che era ancora lì, fermo, sulla soglia del TARDIS.
«Come?» chiese Kurt, senza spostarsi, immobile.
«Victor Hugo, lo scrittore di Les Miserables. Vorresti conoscerlo?» continuò il Dottore, posando la mancina sullo stipite della porta della Cabina, sporgendosi verso l'esterno ed allungando elegantemente il braccio destro, la mano con il palmo verso l'alto e tesa verso Kurt.
«... dici sul serio?» domandò Kurt, stringendo la chiave di casa tra le dita.
«Vieni con me.» gli rispose semplicemente il Dottore, sollevando le sopracciglia e sorridendo, carico di aspettativa.
Kurt abbassò lo sguardo, fissando la chiave nel palmo della sua mano. L'aveva stretta così tanto che la sua impronta si era impressa sulla pelle.
Con il TARDIS sarebbero potuti tornare esattamente pochi minuti dopo la sua partenza e nessuno avrebbe sospettato niente. Che cosa c'era di male ad approfittarne? Stare via per un giorno, forse due... magari qualche settimana, un mese, un anno... e poi tornare indietro, come se nulla fosse stato, esattamente pochi istanti dopo quel momento. Più felice, più riposato... più vivo.
Ma era davvero quella la cosa giusta da fare? Era un uomo, aveva delle responsabilità, aveva un lavoro... poteva permettersi di agire di testa, senza pensare alle conseguenze?
Kurt sollevò lo sguardo verso il Dottore, stringendo la chiave nuovamente contro il palmo della mano destra.


Ricordo come se fosse ieri il giorno in cui mi tese la mano per la prima volta... è il giorno in cui scoprii che non siamo soli, nell'Universo, che esistono forme di vita aliene, che sono tra noi e che non sempre questo è un male. È il giorno in cui mi sono fidato di uno sconosciuto e ho vissuto un'esperienza incredibile, che mi ha donato la capacità di vedere là dove agli altri non è concesso. È il giorno in cui ho incontrato una persona che con un paio di semplici gesti è riuscita a farmi sorridere, ma soprattutto... è il giorno in cui ho conosciuto Victor Hugo.


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E qui si conclude questo piccolo delirio! Fatemi sapere che ne pensate!
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Un bacio, Andy <3

Aggiornamento: invece di abbandonare questa OS a sé stessa, ho iniziato a pubblicare una serie di OS (a volte divise in due capitoli solo perchè sono lunghe, ma niente di più!) a tema Doctor!Blaine/Companion!Kurt. Per chi fosse interessato, le può trovare sul mio profilo! In descrizione è specificato che appartengono a questa "serie", Travel With Me!

I link diretti alle fanfiction (elenco che verrà aggiornato ogni volta che ne pubblicherò una) sono i seguenti:
Dr Veela or Miss Harpy? (Guess Stars: Rachel, Shelby e, di contorno, Jesse e Brody)
  
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