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Autore: lady hawke    17/10/2013    1 recensioni
Poco si sa del giovane Marius Black. Sull'arazzo di famiglia nemmeno compare. E' uno dei nomi maledetti, uno di quelli bruciati via con odio. La sua colpa? E' nato Magono, un'onta, un'infamia e un notevole problema, per un figlio di purosangue nato agli albori degli anni Venti. Piccola raccolta di flashfic su un nome dimenticato che chiede un po' di attenzione sulla sua storia.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
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Note: La prima volta che ho usato questo personaggio così oscuro per molti è stato per una storia in cui faceva una comparsa come fantasma. Per farlo mi sono inventata una biografia, una storia e degli eventi. E’ finita che mi sono molto affezionata a questo piccolo sfortunato non mago, e dunque ho deciso di condividere con voi i miei pensieri.
Inauguriamo la raccolta con una flashfic decisamente priva di ottimismo, e di questo me ne scuso. Spero però riusciate ad apprezzarla!
Prompt: famiglia. Personaggio: Marius Black. Parole: 387


Niente

Marius la famiglia l’ha lasciata presto, a soli quindici anni. Si può dire che ha inaugurato una tradizione famigliare, perché non è stato il solo che si è chiuso la porta di casa alle spalle proprio a quell’età. Un suo discendente l’ha imitato con successo, e per questo è diventato famoso.
Ma Marius, a differenza del suo noto discendente, non ha scelto di uscire di casa. E’ stata la sua famiglia a metterlo alla porta, ultimo atto di una deprimente parentesi che ha coinvolto la sua infanzia e parte della sua adolescenza. Nato in una famiglia di maghi, Marius ha scoperto di essere ordinario e inutile come il centrino del comò sul pianerottolo tra il terzo e il quarto piano della sua casa: un’appendice inutile, sacrificabile. Essere il primo Magonò di tutta la sua famiglia è stato un onore che non ha meritato in alcun modo, e che certamente non ha chiesto. L’ha ostracizzato, l’ha reso solo e indifeso di fronte alla vita.
Marius ha sempre in mente i volti delle sue sorelle e dei suoi fratelli quando hanno iniziato Hogwarts, i volti dei genitori che lo spronavano a mostrare le sue doti magiche, i suoi occhi fissi su se stesso allo specchio, la notte tra il suo decimo e il suo undicesimo anno di età, la notte del suo fallimento. Ricorda le riunioni di famiglia per decidere che fare di lui, ricorda i bisbigli, le voci, i sussurri. Ricorda l’unica sorella che gli è stata vicino e che l’ha accompagnato alla porta tenendogli una mano sulla spalla, quando i suoi bagagli erano già stati portati fuori.
Marius ricorda che non si è voltato a salutare nessuno, il giorno in cui se n’è andato di casa, ma ha conservato delle loro foto, rubate in un disperato tentativo di sentirsi parte di qualcosa.
Ricorda anche la notte in cui ha preso una foto in cui sono tutti presenti, in riga come un plotone, cominciando a distruggere i volti con una sigaretta accesa, a partire dal suo, così come doveva essere accaduto a casa, sul bell’arazzo di famiglia. Ha bruciato tutte quelle facce inseguendole per la fotografia, perché Marius, quando è uscito di casa, ha imparato il vero significato della parola famiglia. Non sa se è così anche per gli altri, ma per lui significa una parola sola: niente.
  
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