Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni
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Autore: kaos3003    20/10/2013    3 recensioni
La vendetta si consuma nell'ora più tarda della notte.
Genere: Angst, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Titolo:  Noctis poenae 
Autore: weeping_ice/kaos3003
Genere: drammatico, sovrannaturale
Raiting: giallo
Avvertimenti: violenza, death, tortura
Riassunto: la vendetta si consuma nell'ora più tarda della notte.
NA: il titolo è una storpiatura del famoso carmine "Dies irae" e significa "Le notti della vendetta". Originariamente è stato scritto per il contest "Spoon River" di ZKaoru69, ma non sono riuscita a consegnarlo per personali motivi.


E qual fosse li mio destino, come lo Santo Padre dixit, certamente fui primo fra i mei pari in justicia et rettitudine in esta santa bello. Et nostro Signore Jesus Christus testimone mihi sim e adiuvi l'umile suo servo nel guidare esto Sancto Tribunale in verità e con fermezza.


Parole, parole che troppo presto avevano lasciato le sue labbra. Vanità e ira, avrebbe dovuto ricordarlo, altro non erano che due vizi capitali capaci di allontanare perfino l'uomo più retto dalla Luce Divina.

“Sancta et pulchra Mater...”

Il sibilo alla sua sinistra e l'artiglio che gli si conficcò nel fianco, squarciando la tunica e il cilicio, lo fecero sussultare. Un rivolo di sangue scendeva lento ormai da ore e quella bestia immonda scavava e scavava, leccando oscenamente la carne, la bile e il putridume dal proprio artiglio.

Non avrebbe mai dovuto addormentarsi, ma, si sa, perfino la carne del servo più fedele di Dio può essere debole, specie se provata da ore di digiuno e preghiera.

I suoi fratelli più anziani lo avevano avvertito giorni addietro: se la strega vi maledice vegliate, affinché l'Iddio vi protegga dal demonio che costei vi scatenerà contro, ecco cosa avevano detto poco dopo le orazioni del mattino, mentre si dirigevano verso la prigione dove l'accusata era stata rinchiusa una settimana prima.

Che Iddio lo perdonasse, però, non aveva ascoltato: troppo trionfo nell'essere stato nominato responsabile di quel tribunale, troppa superbia dovuta ai suoi studi gli avevano fatto sottovalutare le perverse trame che il Maligno poteva avere in serbo per lui.

Eppure era stato così certo, tutto era sembrato così semplice alla prima enunciazione.

Quando lo avevano chiamato per tenere il caso, si era aspettato di trovare una vecchia megera, una di quelle che ormai vivevano ai margini dei villaggi, raccogliendo erbe, funghi e minerali per alterare gli umori corporei, inaridire i campi e rendere sterili intere mandrie, invece... Iddio lo proteggesse, quella che aveva trovato nella cella era una fanciulla di appena dodici anni, stremata e spaventata.

Fosse stato un novizio probabilmente avrebbe avuto dei dubbi e la sua fede avrebbe vacillato, ma ormai gli erano noto che il Demonio si nascondeva negli aspetti più insospettabili e capi d'accusa erano ben chiari: un fratello domenicano, tornando da un pellegrinaggio in Terra Santa, aveva visto la ragazza in un campo, circondata da villici e contadine che bestemmiavano, mescolando versi di preghiere con antichi riti pagani. Le gonne della giovane erano sollevate oltre i fianchi e lei correva leggera come una cerva sulle zolle, cantilenando una vecchia litania contro i vermi che infestavano le colture1.

Erano stati duri giorni d'interrogatorio, ore in cui la carrucola stridette, mentre la ragazza veniva sollevata da terra, ore e minuti in cui il crepitio delle fiamme nel piccolo camino avevano accompagnato l'arroventarsi delle tenaglie e dei ferri.

Quando l'empia aveva finalmente confessato, tutto era stato semplice, veloce: il tribunale l'aveva condannata per il reato di stregoneria e per l'uccisione di tre infanti ancor prima della nascita e in un attimo il boia le aveva stretto le mani intorno al collo, soffocandola. Solo quando il corpo era stato dato alle fiamme, lasciando l'anima libera di giungere a Dio, la madre si era fatta avanti, urlando come una posseduta, maledicendolo e condannandolo a quel tormento.

Aveva provato a vegliare sino all'alba, sgranando i grani del rosario, i Santi solo sapevano se ci aveva provato, ma tutto era alla fine aveva ceduto alla stanchezza e, con riluttanza, aveva abbandonato la testa sul guanciale. Per qualche ora aveva perfino sognato: un addestramento di falconeria con suo padre e uno dei suoi fratelli, le lunghe sere d'inverno passate nel castello a leggere i classici... poi si era risvegliato in quell'incubo.

Quando aveva aperto gli occhi era stato per il dolore lancinante della sua carne strappat, nell'istante in cui quella immonda presenza lo aveva trascinato sul letto...

Una piaga virulenta, ecco tutto ciò che era rimasto del suo fianco sinistro e della sua virilità. Nemmeno in età di fanciullo aveva avuto occasione di goderne, ma era bastato un morso di quel demone per perdere ciò che spesso lasciava ai sovrani il diritto di sedere vivi sul trono.

Lentamente voltò il capo. Lei era lì, corpo di femmina e zampe di bestia, un sorriso ferino sul volto. Prima della mezzanotte, ne era cosciente, quelle zanne insanguinate, da cui penzolavano i miseri resti delle sue gonadi, gli avrebbero squarciato il petto, prelevandogli il cuore e l'anima.

Era finita, pensò. Il suo respiro si spezzava e colpi violenti di tosse lo facevano sussultare e sputare sangue sul guanciale, eppure sapeva che quella bestia infernale lo avrebbe trattenuto sulla lama di quel rasoio fino a quando non avesse smesso di divertirsi.

Lei sorrideva, come faceva da ore, carezzandosi il fianco. Avevano punto la ragazza per ore proprio in quella zona, cercando quel piccolo lembo insensibile che avrebbe permesso d'emettere la giusta sentenza, ma invano. Il cielo solo sapeva se non era la madre quella da condannare.

“Siete febbricitante, padre,” mormorò al suo orecchio l'essere, leccandogli la tenera carne e mordendola leggermente. La mano artigliata scese sulla sua coscia, scostando il saio e risalendo verso il suo inguine, giocando infine lentamente col povero moncone che ormai pendeva osceno fra le sue gambe. “Che succede? Non mi dite che preferireste essere il pellegrino sul camino di san Iago.2

Probabilmente sì, almeno avrebbe smesso di sanguinare.

“Lo sa, padre,” continuò in tono dolce e portandosi la sua testa sul petto, quasi volesse fargli da madre. La sua pelle odorava di lillà e gigli, tutto quello che non si sarebbe aspettato dall'inferno. “La mia bambina soleva addormentarsi rivolta verso oriente. Aveva spostato perfino il pagliericcio sotto la finestra, sfidando il vento invernale.”

Il demone si fermò un attimo e, per un istante nei suoi occhi poté rivedere quella donna disperata che aveva tentato di gettarsi sulla pira per preservare i miseri resti della sua discendenza. Non aveva capitò cosa la spingesse all'empio atto di togliere ad un'anima l'ultima possibilità di ricongiungersi al Signore fino a quando non l'aveva vista sul suo giaciglio con gli occhi di brace e le zanne esposte.

“Voleva vedere il sole nascere. Odiava i tramonti e la notte con tutta se stessa. Paura del buio e di qualcos'altro, immagino,” continuò, lentamente, e affondando gli artigli nel suo petto, proprio all'altezza del cuore. “Non sarebbe mai diventata una strega, non ha mai capito quanto male potesse esserci nel lato sinistro del corpo.” terminò un basso soffiò, spingendo di più gli artigli nella sua carne e sputandogli in faccia l'olezzo di marciume e zolfo.

E serrando gli occhi per il dolore l'unico pensiero che attraversò la sua mente ottenebrata fu che, infine, era giunta l'ora e non aveva nemmeno tempo di raccomandare l'anima a Dio, poiché non v'era dubbio che quell'essere non gli avrebbe fatto tal cortesia, ansioso com'era di trascinarlo fra le fiamme eterne: vederlo marcire come lei all'inferno, mentre la sua dolce creatura cantava le lodi del signore fra le schiere angeliche, ecco tutto ciò che quell'empia strega bramava.

Le campane della chiesa suonarono i dodici rintocchi, fuori un gufo bubolava, cacciando i topi nel fienile, e i gatti miagolavano per accoppiarsi. Fratello Riccardo, che ancor russava nella cella accanto, si sarebbe dovuto seriamente impegnare quella primavera per annegare i gatti ed evitare che rubassero i sanguinacci dalle cucine.

Il demone gli sorrise ferino, scoprendo le zanne affilate. “Credo sia ora di andare, padre,” mormorò dolce e lenta, affondando per l'ultima volta gli artigli nel suo petto “Avreste dovuto dare ascolto ai vostri confratelli: dormire sul lato sinistro è pericolo dopo un processo.” Si bloccò un attimo, osservandolo contorcersi negli ultimi spasmi. “Be', dormire semplicemente è pericoloso.” sentenziò, dando uno strattone al braccio.



Il mattino dopo, quando i fratelli entrarono nella cella, preoccupati per la sua assenza alle orazioni del mattino, trovarono padre Bernardo steso sul suo giaciglio. Intorno a lui si era allargata una pozza di sangue e il suo cuore era stato gettato ai piedi del letto. Un novizio più tardi, pulendo la stanza, notò che un lembo dell'organo era stato strappato con un morso.


1 Vi furono veramente processi su questa commistione tra paganesimo e cristianesimo nell'Italia nord-orientale. Per il rito si sceglieva una giovane alle soglie del menarca, quindi al massimo della fertitlità, per aiutare con il raccolto.

2  Uno dei più famosi miracoli ad opera di San Giacomo Maggiore ed è contenuto nel Codex Calixtinus, ma anche nella Legenda Aurea di Iacopo da Varazze. Potete trovare varie versioni del racconto qui

   
 
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