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Autore: Aniel_    22/10/2013    4 recensioni
Abaddon riesce a possedere Dean e fa visita a Castiel.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Fandom: Supernatural
Pairing/Personaggi: Dean/Castiel, Abaddon
Rating: SAFE
Genere: introspettivo, angst
Warning: pre-slash, what if post 9x02

Betavampiredrug 
Words: 2265 (fiumidiparole)
Note: questa fic nasce per una miriade di motivi. Quando uscì questa immagine beccai su tumblr un bastardissimo "e se Abaddon possedesse Dean?" Ecco, in quel preciso istante si è scatenato l'inferno. Desideravo leggere una cosa del genere, ma dato che nessuno voleva scriverla (sigh) mi sono dovuta arrangiare. E la mia beta sa che la mia cotta scandalosa per Abaddon non ha fatto che peggiorare la situazione. So, in attesa di un fic come si deve - ben lontana da quello che è venuto fuori qui- vi lascio con questa, che vuole essere un punto di raccordo tra la 9x02 e la 9x03 che andrà in onda stasera. E no, non sono pronta. Nope.
Disclaimer: nessun personaggio mi appartiene, nemmeno Abaddon e, beh... me la farei ovunque quella donna!

 
Demons lie
 
L’ultima cosa che Dean riuscì a percepire fu la fastidiosa sensazione della maglia a contatto con quella piccola porzione di carne squarciata e l’odore – e il sapore, Dio!, il sapore – di zolfo sulla punta della lingua e in fondo alla gola.
Poi il buio.
Quando la sua coscienza si risvegliava, di tanto in tanto, cercava in tutti i modi di focalizzare il resto: il proprio corpo che si muoveva senza che fosse lui a deciderlo, le parole che uscivano dalle sua labbra senza che potesse fare qualcosa per fermarle, ma tutte le volte che provava a risvegliarsi, a spingere fuori quella puttana che sembrava voler accarezzare ogni suo ricordo, ogni sua emozione, finiva sempre con il riaddormentarsi.
Si sentiva così… sbronzo.
“Non preoccuparti tesoro”. Le sue labbra si incurvarono in un sorriso. “So già come risvegliare il tuo interesse”.
Dean fece appena in tempo a chiedersi cosa intendesse Abaddon e poi, incapace di fare altro, le lasciò il comando.
 
Quando si risvegliò fece per guardarsi intorno ma nessun muscolo reagì ai suoi comandi. Dovette adattarsi, cogliere i dettagli di ciò che aveva davanti gli occhi.
Abaddon giocherellava con una palla di vetro, accarezzandola con le dita, indecisa se prenderla o lasciarla sullo scaffale.
Erano a casa di qualcuno, realizzò Dean. Non avrebbe saputo dire però di chi fosse.
«Ti sei sistemato bene.» commentò Abaddon ad alta voce. «Non sei esattamente il senzatetto che mi aspettavo di trovare.»
«Lei mi ha trovato e…» replicò una seconda voce, e nonostante arrivasse vaga e ovattata al vero Dean, non poté non riconoscerla.
«Sì, lo so. Sembra che vada di moda ormai raccattare estranei per la strada. Ti è già successo, no? Con quella Daphne.» continuò il demone, e Dean sentì le pareti dei suoi ricordi vibrare, come se Abaddon stesse grattando – dolorosamente – per saperne di più.
Se avesse potuto avrebbe urlato, ma tutto quello che uscì dalle sue labbra fu una risatina sommessa.
«Non ero in me.» puntualizzò Castiel, avanzando lentamente sino a trovarsi di fronte a lui.
E Dean finalmente lo vide: il viso più scarno di come lo ricordava, abiti che non aveva mai visto prima, lividi sul collo e delle ferite sugli zigomi che avrebbero di certo lasciato una cicatrice.
Così diverso, così umano, eppure felice. Dean non lo aveva mai visto sorridere, non così.
E sorrideva per lui, perché era lì e lo aveva trovato. Perché presto lo avrebbe riportato a casa.
Se Dean avesse potuto sentire qualcosa del proprio corpo in quel momento, qualsiasi cosa, sarebbe stata una fitta allo stomaco.
«Già, non lo eri. Non lo sei neanche adesso. Sei umano, fragile, indifeso…» riprese Abaddon, incrociando le braccia. «È per questo che lei ti ha portato qui, ed è per questo che non hai fatto nulla per raggiungere il bunker. Volevi un po’ di calore, non è così? Qualcosa che da noi non avresti trovato. Lo capisco.»
Castiel guardò altrove, imbarazzato. «Davvero?»
Abaddon sorrise. «Certo, Cas.»
Dean attese, cercando il momento giusto per reagire, per liberarsi. Doveva farlo prima che Abaddon decidesse di passare all’attacco, perché era lì per questo, no? Per gli angeli.
Doveva essere per questo.
Abaddon aprì e rischiuse una mano, avvertendo i muscoli del corpo irrigidirsi appena.
“Faresti meglio a darti una calmata, dolcezza, o sarò costretta a farti riaddormentare e non è questo quello vuoi, non è così?”
Che cosa vuoi?
“La vera domanda è cosa vuoi tu, Dean Winchester. È la risposta sembra essere un piccolo angelo caduto che muore dalla voglia di vederti.”
Dean sentì quelle parole rimbalzare da una parte all’altra della sua testa e ne ebbe paura.
Non sei un po’ troppo “demoniaca” per fare la cupido della situazione?
“Sei preoccupato. Lo sento, Dean. Persino le tue battute non sono più così taglienti… ci divertiremo tanto insieme, tu ed io.”
Se provi anche solo a sfiorarlo, lo giuro su Dio…
“Dio? Quando lo capirai, Dean? Dio è morto e presto, molto presto, lo saranno anche tutti gli altri. Quindi perché non iniziare dalla persona a cui tieni più di quanto tu stesso sia in grado di ammettere?”
«Dean, ti senti bene?» domandò Castiel, posando una mano sul braccio dell’altro.
Abaddon lanciò una lunga occhiata a quelle dita affusolate e sorrise. «Mai stato meglio.» rispose, accarezzando con lo sguardo ogni particolare, ogni ferita sul viso dell’ex angelo.
«Sembri turbato.»
Il demone si sporse in avanti, facendolo indietreggiare, e avanzando lentamente fino a quando Castiel non si ritrovò letteralmente con le spalle al muro.
«Turbato? No, non credo che sia la parola giusta. Riprova.» lo provocò, lasciva, separando centimetro dopo centimetro lo spazio che li separava.
Castiel era spaventato, Dean riusciva a leggerlo nei suoi occhi stanchi.
Vattene, Cas. Per favore.
Vattene, Cas? Pensavo che ti piacesse quello che hai davanti.”
La coscienza di Dean vibrò, abbastanza a lungo da confondere Abaddon e farla indietreggiare.
“Non è così che si tratta una signora, Dean.” Ringhiò, riprendendo nuovamente il controllo.
«Immagino che la recita sia finita» sospirò il demone, mostrando per un istante i propri occhi neri. «Lo ammetto, ero davvero curiosa di vedere fino a che punto ti saresti spinto, Castiel.»
Castiel deglutì, intercettando con lo sguardo il proprio pugnale angelico.
«Mi pugnaleresti, davvero? Faresti del male a Dean? Oh no, non ne sarà affatto contento.»
Nella più completa incoerenza, Castiel si scagliò contro Abaddon che lo evitò con facilità, afferrandolo per la gola.
«Tesoro, prima di arrivare a questa parte dovresti almeno invitarmi a cena.»
«Chi sei tu?»
«Abaddon. Non ci siamo ancora conosciuti ufficialmente ma so tanto di te, Cas» cinguettò, spingendolo nuovamente contro il muro e serrando la presa sul suo collo. «So che è a causa tua se gli angeli camminano sulla terra, so che non hai più la Grazia, so che sei ricercato, so che ti senti frustrato e inutile… anche io una volta ero come te. Smarrita, sola, recalcitrante agli ordini e guardami adesso: con Lucifero in gabbia sono la creatura più potente che chiunque abbia mai visto… nel contenitore perfetto.»
Castiel cercò di forzare la presa del demone, senza risultati. «Esci da lui!» le ordinò, sebbene il tono soffocato non suonasse poi così minaccioso.
Abaddon sorrise. «Perché? Vorresti prendere il mio posto?» domandò, compiaciuta. «So cosa desidera lui… molti parlano di leggere i pensieri, ma i pensieri non sono libri, non trovi? I pensieri sono immagini e dovresti vederle, Cas. Dovresti vedere cosa immagina Dean quando si parla di te.»
Dean notò un impercettibile cambiamento sul viso dell’altro: era confuso, ma dall’altra parte sembrava voler gridare è un demone e i demoni mentono.
Non tutti, però.
«Non vorresti saperlo, Castiel?»
Castiel guardò altrove. «Non mi interessa.» ringhiò.
«Stai mentendo.»
E poi Abaddon mollò la presa e Castiel cadde in ginocchio, ricominciando a respirare. Il demone gli girò intorno, guardandolo dall’alto. «Avrei preferito che fossi ancora un angelo, sarebbe stato più divertente.» commentò, annoiata, muovendo appena le dita di una mano e lanciando letteralmente l’altro contro la parete, ancora e ancora, fino a quando non decise di lasciarlo lì, sospeso, con il viso chinato in avanti.
Smettila! Che cosa vuoi? Che diavolo vuoi da lui?
Dean ringhiò, facendosi largo tra il fumo nero nei suoi pensieri. Si sentiva soffocare, come se Abaddon lo stesse schiacciando minuto dopo minuto, portandogli via l’aria.
“Tu che cosa vuoi? Riesco a vedere quello che vuoi… ammettilo e cercherò di lasciare intatto questo bel faccino.” Propose il demone.
Vai all’inferno.
“Ci sono già stata, non è il mio ambiente.” Tagliò corto, sbuffando. “E se invece scoprissimo insieme cosa vuole lui da te, uhm?”
Abaddon portò una mano ad accarezzare delicatamente il viso di Castiel, risalendo con cura, fino ad afferrare una manciata di capelli e strattonarli per fargli rialzare la testa e guardarlo negli occhi.
“Non ti piacerebbe, Dean? Sapere perché il tuo angioletto non si è fidato di te, perché ti ha spesso tradito. Forse il problema eri tu. O forse no.”
Questa volta Dean ignorò la dolorosa sensazione che Abaddon causava entrando nei suoi ricordi, rendendosi conto che per quanto folle, malato, disturbante, quella puttana aveva ragione.
Voleva sapere, voleva sapere più di qualsiasi altra cosa. Era così stanco di essere tenuto all’oscuro dai problemi, era stanco di doverli scoprire solo dopo.
“Allora guardami.” Sussurrò Abaddon e un secondo dopo Dean non si sentì più mancare il fiato, come se parte di quel peso che avvertiva su di sé fosse stato portato via. Scivolato fuori.
Dalle labbra di Dean uscì un soffio di fumo nero che si insinuò nella bocca di Castiel e il cacciatore li vide mentre gli occhi dell’altro si annebbiavano: ogni pensiero, ogni parola taciuta, ogni immagine, ogni fantasia.
Quando Castiel tornò in sé era nuovamente in ginocchio, accarezzato dallo sguardo di Abaddon.
“Adoro avere ragione.”
Non cambia niente. Dean si divincolò con poca convinzione.
“Ah no? Cambia tutto invece. Perché adesso sentirò tutte le emozioni, una per una, e il sangue di Castiel scorrerà sulle tue mani e quando me ne andrò rimarrai solo, chiedendoti che forse, se avessi fatto qualcosa in passato, come un passo avanti, questo avrebbe cambiato le cose.”
E Dean provò a replicare ma non ci riuscì, costretto ad afferrare il mento dell’amico e a guardarlo dall’alto.
Abaddon accarezzò con il pollice le labbra spaccate di Castiel, che tremava, spaventato. «Dean ha sempre desiderato queste labbra attorno al suo uccello, lo sai? Mi chiedo se non sia il caso di fargli un favore.»
Il panico risalì sul viso di Castiel, arrampicandosi fino ai suoi occhi.
Questo non poteva sopportarlo, Dean lo sapeva. Non lo avrebbe permesso per nulla al mondo, così spinse, spinse qualcosa di immaginario, e anche se non era altri che prendere a pugni una parete di gomma, Abaddon sospirò, infastidita.
«No, non gli farei alcun favore» continuò, fingendosi delusa. «Vorrà dire che mi divertirò in un altro modo. Mi piacciono i tuoi occhi, Castiel… sembrano deliziosi
Castiel non ribatté, troppo stanco per reagire, e Dean ebbe voglia di prenderlo a pugni perché non poteva arrendersi e lasciare che quella stronza facesse di lui tutto ciò che voleva.
Abaddon prese l’iniziativa al suo posto e sferrò il primo pugno, facendolo crollare a terra.
“Non preoccuparti dolcezza, lo distruggerò pezzo per pezzo, e non ti perderai nemmeno un secondo.”
Dean non ebbe la forza per ribattere: gli mancava nuovamente l’aria, ma era abbastanza certo che non fosse per via di Abaddon.
Erano le sue le nocche insanguinate che continuavano a colpire l’altro, era sua la risata che risuonava nella stanza, era sua la voce. Ma non poteva fermarsi, non riusciva a fermarla.
E Castiel gemeva e quando si accasciava sul pavimento sembrava quasi grato di quei secondi di tregua. Però poi Abaddon lo afferrava di nuovo e ricominciava tutto e Castiel sembrava solo così stanco…
«Dean…» tossì, guardandolo da sotto in su. Dean non lo aveva mai visto ridotto così. «Ti- ti prego, Dean.»
«È strano, sai? Da quanto ne so, è sempre stato Dean quello capace di risvegliare le coscienze. Lo ha fatto con Sam, lo ha fatto con te. Perché è importante, non è così? Lui è importante per tutti voi. Ma il contrario?» domandò il demone, afferrandogli il mento con la mano. «Tu?»
«Dean, so che mi senti… ho bisogno di aiuto.» rantolò, ignorandola.
«Tu hai sempre bisogno di aiuto, Castiel. Non ti è mai interessato altro, solo la tua piccola e inutile crociata contro gli angeli, né più né meno. Tutto quello che è successo è colpa tua, e tu lo sai.» continuò Abaddon, impassibile. «Forse Dean non vuole più aiutarti. Forse, non ne vali più la pena. Forse… si è deciso a lasciarti andare.»
E Castiel alzò il capo, lo sguardo freddo e deciso che ricordò a Dean l’angelo che gli aveva salvato il culo dalla perdizione. «Io non l’ho mai usato per i miei scopi. Non lo farei, non lo tradirei.»
«Ma l’hai fatto.»
«Sto ancora facendo ammenda per quello che ho fatto. Ma lui può fidarsi di me. E io mi fido di lui.»
Dean ascoltò chiaramente quelle parole, notando le dita di Castiel stringersi attorno al pugnale angelico che doveva aver recuperato quando Abaddon era distratta.
E lo era ancora.
«Non credo che basterà questa volta» obiettò il demone, inginocchiandosi davanti a lui. «Non basterà perché Dean sentirà le sue dita stringere il tuo cuore una volta che te lo avrò strappato via dal petto.»
Castiel sospirò e la guardò negli occhi, un po’ più a fondo, fino all’anima, e Dean capì.
Fallo.
E lui lo fece, spingendo con quanta più forza possibile il pugnale appena sotto le costole dell’amico – non voleva ferirlo, non a fondo almeno, sapeva dove colpire – e Dean non sentì niente, alcun dolore, solo la sua voce esplodere e Abaddon farsi più piccola e meno invadente nei suoi pensieri.
E allora spinse, con tutte le sue forze, pensando a Sam, a Bobby, ai suoi genitori, ai suoi amici, a Castiel che credeva e si fidava di lui. Non lo avrebbe più messo in dubbio.
La spinse fuori e la pressione sparì come era arrivata; l’odore di zolfo lo fece quasi soffocare mentre Abaddon usciva da lui e un fitto fumo nero si disperdeva per la stanza prima di uscire fuori dalla finestra aperta.
Dean inspirò un ansito secco e rimase sul pavimento, con Castiel a pochi metri da lui che respirava affannosamente.
«Ho l’alito che puzza come una fogna.» sputò fuori Dean, esausto.
Castiel ridacchiò. «Non avevo comunque intenzione di baciarti.»
«Guarda un po’ chi si è svegliato stamattina con il senso dell’umorismo. Da quanto sei umano, da cinque minuti?»
«Abbastanza da capire che la tua amica Abaddon voleva farci ammettere i nostri sentimenti.» replicò Castiel, tra un lamento e l’altro.
«Oddio, ora inizi a parlare come Sam. Mi hai già accoltellato a sangue, risparmiami il resto, ti prego.»
«Dean?» lo chiamò, titubante. «Grazie… per esserti fermato in tempo.»
«Grazie a te per avermi perforato la milza, moccioso.»
Castiel si tirò su in piedi a fatica, aiutando Dean e premendo una mano sulla sua ferita. «Ti porto in ospedale, va bene?»
Dean annuì. «E poi ce ne torniamo al bunker, intesi?»
Non era una vera e propria domanda, Castiel lo sapeva bene.
«Intesi.»

 
FINE
   
 
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