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Autore: G3nny_Sama    23/10/2013    5 recensioni
One Shot su Ukoku incentrata nel preciso istante in cui lascia Sanzo e compagni alla fine di Saiyui Reload, con una drabble che fa da introduzione.
"Eppure, nel pieno di questa sua quiete avvelenata, comprese che guardare quella tonda figura eterea adesso non gli serviva più. La prova che anche negli incubi una luce può esistere non ha più senso quando tu stesso rappresenti l'oscurità."
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ukoku Sanzo
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Prima di tergiversare con le mie incompetenze mentali, ringrazio dal profondo Adiemus Spectralis che mi ha tolta da un momento di super crisi aiutandomi a decidere come sarebbe stato meglio presentare questo racconto.
Questa fanfiction doveva svolgersi in modo totalmente diverso, ma alla luce di fatti che non avevo capito, questo è ciò che ho partorito... Si perchè o sono particolarmente tonta io, o effettivamente non era facile da capire, fatto sta che ho scoperto solo da poco che Ukoku alla fine del Reload diventa cieco, perchè se non lo avessi letto chiaramente in un'intervista fatta alla sensei, avrei continuato a pensare che in realtà fosse solo ferito alla testa.
Spero vivamente di non aver stravolto il personaggio e fatto orrori particolari.
Ma ora basta ciarlare...


Più nero degli abissi

Inghiottito dalla sua stessa essenza,
cercava avvilito il ricordo della sua esistenza.

 

Nel punto dove finalmente decise di fermarsi, lontano dai relitti che ormai si era lasciato dietro, il silenzio della notte era già giunto, insieme al tentativo di calma e autocontrollo che irremovibilmente cercava di imporsi. Cominciò una lotta contro le urla inesistenti della natura quieta attorno a lui, che in tutti i modi tentava di coinvolgerlo in quella sua momentanea staticità caotica. Il cuore batteva furiosamente e possedeva ormai il respiro profondo di chi cova una rabbia interiore incommensurabile, stava ancora cercando di convincersi che ciò che era appena accaduto fosse reale.
Rideva, rideva generosamente del paradosso di qualcosa che aveva tutta l'aria di essere impossibile, quando dentro di sè, più che averlo previsto, l'aveva semplicemente sperato, e senza che se ne rese conto, crebbe in lui l'ebrezza di aver finalmente trovato quello stimolo masochista di cui andava alla ricerca da sempre e alzò lo sguardo verso qualcosa che davanti ai suoi occhi non esisteva più.
“Aah... Hei Komyo. Guarda che bel regalino mi ha fatto tuo figlio!”
Portò avanti un pugno per stringere ciò che non vedeva ma sapeva benissimo fosse lì, e immerso in questa nuova oscurità realizzò improvvisamente ciò che ormai aveva del tutto perduto.
Quando la lucidità si fece strada, una quiete isterica lo pervase, e appoggiandosi all'albero che aveva dietro di sè, lento scivolò sul suolo, abbandonandosi in quel buio che lo circondava. Voleva alzare gli occhi al cielo, ma ormai sentiva come se non li avesse più e la conferma che la luna che aveva assoluto bisogno di guardare fosse ancora lì, non poteva più averla.
Non riuscendo a darsi per vinto insistette finchè una leggera luminosità opaca si formò davanti a lui, non capiva se fosse solo frutto della sua immaginazione, ma al momento, questo gli bastava.
E seduto ai piedi di quell'albero stava lì a guardarla, mentre il respiro tornava quello pacato di un tempo e la ragione regnò di nuovo sovrana, celando però, un sentimento ancora non chiaro che man mano cresceva sempre più.
Si concesse solo qualche momento per realizzare cosa effettivamente cercasse e dove fosse arrivato, tutto ritornò cristallino come sempre era apparso e dove ogni realtà era al suo posto.
Eppure, nel pieno di questa sua quiete avvelenata, comprese che guardare quella tonda figura eterea adesso non gli serviva più. La prova che anche negli incubi una luce può esistere non ha più senso quando tu stesso rappresenti l'oscurità.
Colei che un tempo era la conferma della sua stessa cupa essenza, non aveva più motivo di esistere, adesso, quell'uomo era un tutt'uno con le tenebre che lo circondavano.
Piano piano sentì come se delle scariche elettriche si facessero strada lungo il suo organismo, è l'eccitazione che cresce, realizzò così che poteva raggiungere quel suo tanto agognato quanto non espresso obiettivo, ed un pensiero serpeggiò nella sua mente.

Probabilmente, la prossima volta, non si tratterà solo di divorare.

C'era quasi, lo sentiva dentro ogni minuscola parte del suo corpo, glielo lo suggeriva la sua anima vorace. Ciò che aveva sempre desiderato era lì che lo aspettava e voleva annientarlo, e intuì con folle gioia che aveva pure le sue possibilità. Sentì il male scorrergli dentro, la rabbia e la voglia gli facevano da armatura e con la più amara intenzione di far uscire il peggio più assoluto da sè, si preparava a mietere ciò che gli si sarebbe parato davanti.
Soddisfatto e affamato si alzò, infine considerò che nel bene e nel male aveva avuto la fortuna di incontrare colui che gli aveva dato una speranza e nel contempo indicato la via per placarsi.
Insieme a questi pensieri aprì elegantemente le braccia e dedicando alla luna un profondo inchino,
“Ma grazie”,
intorno a lui alcuni corvi si librarono in volo e con il ghigno stampato sul volto, sparì in ciò che più bramava.

Il nulla.

Poteva l'oscurità della notte essere
irrimediabilmente bruciata dal sole?
In cuor suo lo sperava davvero.

   
 
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