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Autore: SylviaGreen    25/10/2013    3 recensioni
Peter non riuscì più a trattenersi. «Hai visto, James? Ce l’ho fatta!».
Lui gli sorrise, finalmente sincero. «Bravo, Peter. Sono fiero di te».
Era la prima volta nella sua vita che Peter sentiva quelle parole.
Capì che convincere il Cappello era stata la mossa giusta.
Sarebbe stato bene, tra i Grifondoro.

Questa storia partecipa al contest "Rowling, mi chiedevo solamente..." indetto da Moonspell.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: I Malandrini, Lily Evans, Peter Minus, Severus Piton
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
- Questa storia fa parte della serie 'Non solo Severus: dieci personaggi in cerca di riscatto.'
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Titolo della storia: Non vi deluderò.
Domanda sceltah) Perché Peter Minus fu smistato a Grifondoro? Da come lo conosciamo noi non era certamente un buon Grifondoro…
NdA: alcune parti della one-shot sono tratte dal libro Harry Potter e i doni della morte, capitolo 38 ("la storia del principe"); e sono riviste dal punto di vista di Minus.



 
Non vi deluderò.
 

 
«Sai, a volte credo che lo Smistamento avvenga troppo presto».
 
 
Peter non riusciva a crederci. Non proprio quel giorno lì, così felice per lui.
Sapeva che non avrebbe mai dimenticato quelle parole, mai.
Avrebbe cento volte preferito non aver sentito nulla e vivere nell’illusione; ma era andata così, e lui cosa poteva farci?
Poteva forse dare la colpa al suo stomaco, se quella sera aveva mangiato troppo poco e si era svegliato alle due di notte con la pancia che gli brontolava dalla fame?
Poteva forse accusarsi, se aveva voluto riempirla con qualcosa?
No, si ripeteva. È stata colpa loro.
Loro … eppure lui, per quanto si sforzasse, non riusciva a dar la colpa a Richard o Flora.
Il primo era un lontano cugino di uno di quei Black famosi – naturalmente morti e sepolti – che avevano dato la vita e tutto quanto era un suo potere e bla bla bla per portare qualcosa di nuovo al Ministero della Magia o a Hogwarts; e la seconda era la sorella della zia della nuora del fratello di qualcun altro di altrettanto importante che, naturalmente, Peter non ricordava. La genealogia era talmente intricata che centinaia e più lamentele di uno e dell’altra su quanto poco fossero considerati nella comunità magica e su quanto utili sarebbero potuti diventare erano state inutili per fargliela entrare veramente in testa. L’unica cosa che sapeva con certezza su di loro era la purezza di sangue; ma questa gli veniva ripetuta non ogni minuto: ogni secondo.
Ma era inutile che cercassero di riempirgli il cervello di fandonie: loro, nel mondo magico, non contavano niente e non avrebbero mai contato niente. Naturalmente all’inizio non ci credeva, o non voleva crederci: non vedeva l’ora di sentire di nuovo quella volta in cui sua madre avrebbe potuto proporre una legge che avrebbe cambiato il mondo e di come le era stata disperatamente sottratta questa possibilità. Ma ora era cresciuto, e ormai si era accorto della verità; e forse una parte di lui aveva immaginato anche l’altra verità, quella peggiore: loro lo avevano cresciuto von il solo scopo di usarlo come strumento per farsi sentire. In un modo o nell’altro, grazie a lui, i Minus sarebbero stati ricordati da qualcuno.
O forse era solo un caso se avevano continuato a ribadire che Serpeverde, la casa di ‘quei tipi astuti e affatto babbei che qui raggiungono fini e onori’, era quella giusta per lui?
Ma non aveva ancora voluto crederci fino a quando non aveva sentito le parole precise.
Anche se, a ben vedere, il sospetto gli era nato sin da quando aveva fatto pochi passi verso la cucina e si era reso conto che non era vuota e che c’erano due persone che discutevano.
«Onestamente, mi aspettavo di meglio da lui».
Peter non aveva mai sentito suo padre parlare così di qualcuno. Con un tono così … sprezzante.
«Anche io, ma cosa vuoi farci? Per quello che sa fare, a malapena diresti che è un mago. Figurarsi un vero Minus».
Un Minus … sicuramente era un suo parente.
«L’ultima volta che l’ho visto fare qualcosa di strano, faceva volare gli aeroplani di carta: sai che roba, alla sua età io comandavo alle matite di scrivermi un tema».
Sapeva di avere un cugino di secondo grado, o qualcosa del genere, che si divertiva con queste cose; il fatto che lui l’avesse fatto esattamente il giorno prima era assolutamente irrilevante, giusto?
«Ma lo so, caro, lo so che tu sei un grand’uomo … è solo che non ti capiscono, tutto qui».
«Non ci capiscono, tesoro».
«E Peter avrebbe potuto cambiare la situazione, ti rendi conto? Abbiamo praticamente dato alla luce un Magonò!».
«No, beh, proprio oggi ha ricevuto la lettera, quindi siamo certi che è un mago … ma …».
«So cosa vuoi dire. L’unica cosa che può permettersi di fare è stare vicino ai potenti. Sarebbe la nostra unica possibilità».
Un cigolio. Una lacrima. Passi pesanti e strascicati che tornavano verso la camera da letto.
I suoi genitori non se ne accorsero; ma lui avvertì di nuovo quel buco pesante nello stomaco.
Solo che non era fame.
 
*
 
Neanche un mese di distanza, e Peter era ancora lì, a trascinare i piedi sconsolato e a cercare qualcuno che lo accettasse.
Sembrava che ogni cosa gli volesse ricordare quella brutta serata. E pensare che avrebbe potuto essere così felice! Aveva ricevuto la sua lettera, era un mago! E invece … e invece
Non aveva naturalmente detto una sola parola con i suoi su quello che aveva sentito, e loro si erano comportati in modo perfettamente normale; anche se, ogni tanto, li aveva sorpresi scambiarsi un’occhiata intenerita, scettica o addirittura sdegnosa dopo un suo commento e un peso opprimente gli era immediatamente sprofondato nel petto, cercava di imitarli e di non confidarsi con loro e con nessuno.
E anche quel giorno aveva finto di non vedere l’ora di andare a Hogwarts, e aveva salutato i suoi genitori con quell’aria impaziente di chi non aspetta altro che toglierseli di torno per scoprire da solo il mondo.
In realtà lui non voleva veramente vederli; ma per un altro motivo.
Purtroppo, però, poteva ripararsi dai loro sguardi forzatamente dolci con lui, ma non dai suoi pensieri: quelli lo attanagliavano sempre in una morsa e lo costringevano, in ogni momento, a rivivere quei momenti terribili con la mente, con gli occhi, con il cuore. I suoi genitori che dicevano che non valesse niente … che non erano soddisfatti delle sue capacità … che volevano di più da lui … che sostenevano che la sua unica possibilità fosse quella di avvicinarsi ai potenti, sperando che uno di loro lo accogliesse nella sua cerchia, perché da solo non avrebbe mai fatto niente …
Fu mentre ci pensava che Peter rimuginò tra sé questa proposta.
Se io stessi vicino a chi è più forte di me e me lo facessi amico, probabilmente riuscirei a imparare quello che lui sa in più rispetto a me … e magari un giorno diventare come lui …
Il ragazzo salì sul treno trascinando a fatica il suo baule, tutto da solo. Poi si voltò a guardare i suoi genitori, che lo salutavano stancamente con la mano dalla piattaforma.
Non vi deluderò, si disse. Lo giuro.
Quando il treno partì e i suoi gli volsero le spalle, era un po’ più allegro: almeno sapeva cosa fare.
 
*
 
Dieci minuti dopo, la sua allegria si era di nuovo suicidata.
Gli pareva ancora di avere avuto una buona idea, ma fino a quel momento non aveva avuto fortuna: non gli era sembrato di riconoscere nessuno che, un giorno, avrebbe potuto aiutarlo o proteggerlo. Nessuno che ostentava tutta la sicurezza che lui non possedeva, nessuno che usava la bacchetta meglio di lui o che aveva più coraggio di lui; o almeno, nessuno in cui aveva potuto riconoscere queste caratteristiche a prima vista.
C’erano solo ragazzi che mangiavano, ridevano, parlavano, o si mostravano tra loro i poster delle squadre di Quidditch. In nessuno di loro Peter riusciva a notare spavalderia o grande abilità, e passava oltre, sconsolato.
Continuando a trascinare il suo baule avanti e indietro, stava analizzando gli scompartimenti con tanta cura che quasi non si accorse di star finendo dritto dritto contro qualcosa di grosso e in movimento.
Ma non poté ignorare il pezzo di vetro che gli era finito quasi nell’occhio destro. Fece un balzo all’indietro e tentò di toglierselo, rischiando con mosse avventate e scoordinate di ficcarselo definitivamente nella pupilla; ma alla fine se ne liberò e alzò lo sguardo per vedere quale fosse la fonte di tutto quel casino.
Si ritrovò davanti a due ragazzi più alti di lui, entrambi dai capelli neri e spettinati. Nessuno dei due gli sorrise; anzi, sembravano proprio pronti a fare a botte.
«Beh, ma ti sei reso conto di quello che hai fatto?», gli disse uno. «Mi hai rotto gli occhiali!».
«Ora glieli ripaghi!», aggiunse l’altro.
Peter voleva scappare, ma sapeva che non ce l’avrebbe fatta, con quel carrello. «Scu-scusate, davvero, io … io non volevo».
«Ah, tu non volevi?», gli rispose il primo che aveva parlato, la voce piena di disprezzo. «Ma senti, non credi che potresti anche guardare dove vai, eh?».
«S-s-sì, beh …». Avrebbe voluto sotterrarsi. Tutto pur di andare via da lì.
«Beh cosa?».
«Beh, ecco io …». Cosa si dice in un momento simile? Nessuno gliel’aveva mai detto, e lui non aveva la lucidità per pensare a qualcosa di intelligente. «Io …».
Quello che lo aveva minacciato fece un passo avanti. Il fiato gli si mozzò. «Beh cosa? Non sai cosa dire, eh?».
L’altro guardò prima lui, poi Peter; e scoppiò in una risata simile ad un latrato. «Dai, James, lo stai spaventando, questo povero piccolo topino in trappola!».
James sussultò, poi sorrise benevolo verso l’amico. «Se lo dici tu …».
«Lascialo andare dove vuole», rispose lui. «Chissenefrega. È già tanto se riesce a fare qualche passo da solo».
James squadrò Peter con scherno. «Sì, non hai tutti i torti. Per stavolta vai; ma solo perché lo dice Sirius, sappilo».
Peter non ebbe neanche il tempo di ribattere che i due lo superarono.
Mentre si allontanava a piccoli passi, ancora stordito per l’accaduto, sentì la voce di James dire: «Questi occhiali erano già brutti, in realtà; stavo proprio aspettando una scusa per sistemarli a dovere. Reparo. Oh, così va meglio».
Continuò a camminare, ripromettendosi di evitare come la peste quei due ragazzi dai capelli neri; ma purtroppo, anche se cercava a negarlo a se stesso, non aveva potuto fare a meno di notare che entrambi erano spavaldi e disinteressati, e quello a cui aveva rotto gli occhiali era anche dotato.
 
*
 
Peter proseguì per tutto il corridoio senza riuscire a trovare un posto libero che soddisfacesse le sue condizioni; e ogni volta che vedeva una persona che non gli andava bene, si ritrovava a rivolgere un fugace pensiero a James e a Sirius, e a come loro fossero diversi. A quanto fossero, in qualche modo, importanti.
Alla fine, quando veramente credeva che avrebbe dovuto farsi tutto il viaggio in piedi, intravide uno scompartimento quasi vuoto: gli unici posti occupati erano i due accanto al finestrino, su cui sedevano una ragazza dai lunghi capelli rossi e un ragazzino allampanato e pallido, con unti capelli neri. Come aveva fatto negli ultimi quindici, si nascose poco oltre la visuale degli occupanti per origliare la loro conversazione; ma quella volta si premurò anche di mettere il baule davanti a lui e il motivo era semplice: aveva intravisto James e Sirius venire proprio verso di lui, diretti – o almeno così sembrava – verso quei sedili liberi che – lo notava solo ora – avevano intorno, oltre ai due bauli dei due vicino al finestrino, anche altri due, apparentemente senza padrone.
«Ma ci stiamo andando!», esclamò il ragazzino, incapace di trattenere la gioia. «Ci siamo! Stiamo andando a Hogwarts!».
La ragazzina annuì, stropicciandosi gli occhi, e fece un sorrisetto stiracchiato.
Peter si accovacciò ancora di più dietro il suo bagaglio: quei due erano ormai alle porte dello scompartimento. E purtroppo, ci entrarono; ma nessuno dei due sembrò accorgersene.
«Speriamo che tu sia una Serpeverde», continuò il ragazzo.
«Serpeverde?».
Peter quasi fece cadere il baule dalla sorpresa: era James che stava parlando. E ancora una volta si ritrovò a notare quanto fosse diverso dagli altri: aveva un’aria indefinibile ma inconfondibile di chi è stato molto curato, perfino adorato, di cui tutti, o così sembrava, erano così vistosamente privi.
«Chi vuole diventare un Serpeverde? Io credo che lascerei la scuola, e tu?», chiese James al ragazzo mollemente abbandonato sul sedile di fronte al suo, che Peter sapeva già essere Sirius. Lui non sorrise.
«Tutta la mia famiglia è stata in Serpeverde», rispose con tono piatto.
«Oh, cavolo», commentò James, sorridendo. «E dire che mi sembravi a posto!».
Sirius ghignò. «Forse io andrò contro la tradizione. Dove vorresti finire, se potessi scegliere?».
James alzò una spada invisibile.«‘Grifondoro … culla dei coraggiosi di cuore!’ Come mio padre».
Peter gemette in silenzio, quasi senza accorgersene. Il ragazzo dai capelli unti, invece, fece un verso sprezzante, e James si girò verso di lui. «Qualcosa che non va?».
«No», rispose Piton, ma il suo lieve sorrisetto diceva il contrario. «Se preferisci i muscoli al cervello …».
«E tu dove speri di finire, visto che non hai nessuno dei due?», intervenne Sirius.
Guardali, Minus … guarda come parlano, ammira la loro sicurezza … chi meglio di loro?
James scoppiò in una risata fragorosa. In quel momento, la ragazzina si alzò dal sedile e fece un cenno verso l’amico. «Andiamo, Severus, cerchiamo un altro scompartimento».
«Ooooooooh …».
James e Sirius imitarono la sua voce altezzosa; James cercò di fare lo sgambetto al ragazzo mentre usciva.
«Ci si vede, Mocciosus!», gridò poi quando la porta dello scompartimento si chiuse …
… e venne riaperta da Peter.
«C-ciao», disse, con voce appena udibile. «P-posso sedermi qui? Non trovo posto da nessuna parte».
 
*
 
«Sì, tutto sommato sembri un tipo a posto».
Il viaggio era ormai giunto al termine, e le luci provenienti dalla scuola di Hogwarts rischiaravano il cielo davanti a Peter, ma lui non se n’era accorto: era troppo occupato a guardare estasiato James.
«D-davvero?», esalò alla fine.
«Sì», rispose lui concentrato, come se ci stesse ripensando. «Ma comunque fai attenzione agli occhiali: non posso sempre ripararmeli da solo».
«E comunque al tavolo della Sala Grande vicino a James ci sto io», intervenne Sirius, e l’amico gli sorrise.
«M-ma a parte questo …».
«A parte questo …», sembrò ancora ragionarci su, «… a parte questo, spera di venir scelto per Grifondoro».
Peter fece un gran sorriso. Il primo da settimane. «Non vi deluderò».
 
*
 
Era al fianco di James, davanti ai tavoli delle Case illuminati dalle candele, attorniato da volti rapiti. In altre circostanze, si sarebbe ritrovato il cervello bloccato; ma in quel momento era vicino a James e si sentiva come se fosse stato in grado di fare tutto. Perfino raggiungere «Black, Sirius» al tavolo dei Grifondoro, in cui era stato felicemente scelto.
Quando la professoressa McGranitt chiamò «Evans, Lily!», lui riconobbe la ragazzina dai capelli rossi mentre lei camminava con le gambe incerte e si sedeva sullo sgabello traballante; la guardò mentre il Cappello gridava «Grifondoro!» e applaudì con tutti gli altri alla scelta.
«Ehi, non applaudire», gli bisbigliò James all’orecchio, e lui smise immediatamente. Si rese conto solo un secondo più tardi che in realtà quel tutti che lui aveva seguito in realtà era solo il ragazzo al suo fianco: nessun altro tra quelli ancora in fila aveva mosso un muscolo, perché erano tutti interessati a loro stessi.
Ma allora perché James gli aveva detto di non battere le mani, quando lui stesso – e solo lui – lo aveva fatto?
Mentre ci pensava, vide Sirius far posto a Lily sulla panca; ma lei lo guardò e non appena lo riconobbe gli voltò le spalle con decisione; così lui si rassegnò a stringersi di più dalla parte opposta, per lasciare spazio a James.
L’appello riprese e Peter vide un altro ragazzo, «Lupin, Remus», essere assegnato a Grifondoro dopo Lily. Si sedette di fronte a Sirius e i due iniziarono a parlare, stringendosi la mano con un sorriso.
Li stava ancora osservando quando James gli tirò una gomitata. «Ti stanno chiamando, idiota», gli bisbigliò.
Peter arrossì e si affrettò a sgambettare verso il sedile. L’ultima cosa che vide fu James che, incerto se sorridergli incoraggiante o sprezzante, lo guardava. E si rese conto che lo avrebbe reso soddisfatto.
«Mmm …», gli sussurrò il Cappello all’orecchio, e Peter, che non se l’aspettava, si trattenne dal fare un salto sulla sedia. «Beh, qui direi che non c’è molto da pensarci, tu che dici? Sei astuto, niente da dire, e hai qualche possibilità di diventare famoso, se è quello che vuoi … io direi proprio per Ser– … come mai c’è indecisione dentro di te?».
«No, non Serpeverde», bisbigliò lui. «Grifondoro … mandami in Grifondoro …».
«Oh, ma Serpeverde ti aiuterebbe veramente tanto; potresti veramente diventare qualcuno … è proprio la casa giusta per te, te lo assicuro … ma perché non vuoi, ragazzo?».
«Grifondoro … ti prego, Grifondoro …».
«Oh, diamine, questo è un bel dilemma … sei praticamente fatto su misura per Serpeverde, e adesso vuoi andare in Grifondoro, che è praticamente l’opposto … ma accidenti, come mai?».
«Grifondoro … ti prego, mandami in Grifondoro …».
«Mmm … beh, se vuoi saperlo, non sei coraggioso, e Godric mi truciderebbe se ti mandassi in Grifondoro; è anche vero che le persone possono cambiare, ma tu proprio non sembri il tipo giusto …».
«Cambierò … cambierò, lo giuro … ma Grifondoro …».
«D’altronde non brilli di ingegno e quindi non ti posso mandare a Corvonero; e a Tassorosso non se ne parla neanche … se proprio non vuoi Serpeverde – e io ti dico che effettivamente è la tua casa – allora Grifondoro resterebbe l’unica papabile … ma dannazione, è così sbagliato!».
«Ti prego … ti prego, mandami in Grifondoro … cambierò, diventerò coraggioso … non ti deluderò …».
«Oh, vabbé, se ne sei sicuro …».
«Sì, sì, davvero …».
«E sia! Grifondoro!».
Peter applaudì se stesso mentre la McGranitt gli toglieva il cappello dalla testa, e andò a sedersi tra i Grifondoro quasi saltellando. Stava per mettersi di fianco a Sirius, quando lui gli ricordò della promessa in treno con un’occhiataccia e così si accomodò accanto a Lupin. Non ne era deluso; quasi niente avrebbe potuto intaccare la sua felicità, in quel momento.
Tranne una cosa …
Quando venne il turno di James, il Cappello impiegò pochissimo a decidere per Grifondoro; e lui raggiunse il tavolo della sua casa quasi noncurante, sedendosi poi di fianco a Sirius.
Peter non riuscì più a trattenersi. «Hai visto, James? Ce l’ho fatta!».
Lui gli sorrise, finalmente sincero. «Bravo, Peter. Sono fiero di te».
Era la prima volta nella sua vita che Peter sentiva quelle parole.
Capì che convincere il Cappello era stata la mossa giusta.
Sarebbe stato bene, tra i Grifondoro. 


*Angolino autrice*
Salve! E' mezzanotte, quindi forse posso dire di essere riuscita comunque a partecipare a questo contest senza essere eliminata.
Il testo, compreso di titolo e citazione all'inizio, ha 2933 parole, quindi sono riuscita a restare nelle 3000 ... e dire che pensavo di non avere niente da dire!
Vabbé, il contest è questo ed è stato indetto da Moonspell (sul forum e su EFP). E niente, spero di essermela cavata bene!
Buonanotte a tutti!

 
   
 
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