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Autore: Sinead1370Kimaira    25/10/2013    0 recensioni
Dal testo:
Rimase fisso in quella posizione, prima di iniziare a prendere a leggere testate le lastre trasparenti mormorando una litania di: “Sei uno stupido! Riprenditi maledizione!”
Shenyur non ricordava nemmeno che Astaroth gli avesse affidato dei compiti, quindi ora ogni risposta sarebbe stata una condanna a morte certa. Perfetto Shenyur, congratulazioni. Continua a perdere quel po’ di senno che ti resta.
Storia partecipante al contest: 1:1 -Multifandom e Originali- indetto da Riot: sul forum di EFP.
I personaggi sono sempre loro: Luryel e Shenyur e fanno sempre parte della long: " Nel nome di colui che ci ha creato, chiunque egli sia."
Genere: Fantasy, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Autore: LuryelTheHalfAngel
Tipo di storia: One-shot.
Lunghezza: 6779 parole (13 pagine word)
Frase usata: 113 - Non vedi che quello di cui hai bisogno è proprio di fronte a te?
Pairing: Slash-yaoi.
Disclaimer: Sia i personaggi che l'ambientazione della storia mi appartiene.
Note dell'autore: Eccomi qui a riproporvi questi due tesori in un'altra salsa. Ormai non li sopportere più... vabbè pazienza! Voglio ringraziare Riot: per tutto ciò che questo concorso mi ha regalato... anche per l'intera giornata che ho speso a scegliere la frase XD. P.s nel testo sono presenti due parole in greco: 
αυγή = alba.
ηλιοβασίλεμα= tramonto.



 
 
 
Se l'Amore è cieco, gli amanti possono esserlo molto di più!



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Terra.
Città di Rothenburgh, diciottesimo giorno della Seconda Luna.
 
 
 
Luryel si lasciò cadere scompostamente sulla poltrona di fronte al camino, la quale si adattò perfettamente al suo corpo allentando un po’ la tensione. Reclinò il capo contro lo schienale mentre le dita tamburellavano impazienti sulla stoffa dei pantaloni.
Forse la decisione di trascorrere qualche giorno sulla terra con Malvoleo, Shenyur e Berith si era rivelata più distruttiva e masochista del previsto. Avrebbe dovuto essere un rilassante periodo di vacanza e non un macchinoso arrovellarsi il cervello.
Si alzò, girò ansiosamente intorno al tappeto persiano e tornò a sedersi.
Sbuffando, accavallò le gambe e prese un libro rilegato in pelle dal tavolino in mogano intarsiato. Posò gli occhi sulla pagina che aveva distrattamente aperto e si sforzò di leggere qualche parola. Un’impresa titanica giacché i suoi occhi erano completamente scorporati dalla sua mente, ormai persa nell’iperuranio.
Chiuse il libro e si rialzò. Si diresse verso il camino e attizzò il fuoco. Nascondendo le mani nelle tasche si diresse verso la finestra per osservare la pioggia che batteva furiosamente sui vetri. Le gocce d’acqua s’infrangevano contro la barriera trasparente per poi scivolare a ritmi costanti e incessanti. Poggiò la fronte sul vetro con un piccolo tonfo sordo. Rimase fisso in quella posizione, prima di iniziare a prendere a leggere testate le lastre trasparenti mormorando una litania di: “Sei uno stupido! Riprenditi maledizione!” Preso nel suo personale lavaggio del cervello, non si accorse della figura che era appena entrata.
Malvoleo, secondo figlio di Lucifero, si godeva la scena dall’uscio della porta ridacchiando sommessamente. Incrociò le braccia al petto e con un ghigno sulle labbra disse: “ Ehi Luryel, non per fare il guastafeste, ma con la testa dura che ti ritrovi rischi di rompere i vetri.”
L’Angelo si voltò e furente di rabbia disse: “ Stava funzionando!” Il Demone corrugò lo sguardo rispondendo: “ Ehm, guarda che se vuoi uscire fuori basta aprire la finestra… non c’è bisogno di mandare in frantumi un’intera vetrata!” Luryel sospirò e rispose: “ Non capisci niente!” L’altro alzò le mani e si sedette su un’altra poltrona dicendo: “ Scusa se non so ancora capire i sottili meccanismi che si muovono nella tua testa riccioluta.”
L’Angelo per tutta risposta afferrò il libro e lo scagliò contro il demone che si abbassò divertito.
Il pesante tomo andò a colpire il torace di Shenyur che attirato dal frastuono era andato a controllare cosa stesse succedendo. Il primo figlio di Lucifero conosceva perfettamente il carattere impossibile di Malvoleo ed era consapevole che se si fosse unito all’irascibilità che Luryel stava mostrando in quel periodo non avrebbe potuto che portare solo ed esclusivamente guai. Il demone guardò interrogativo l’angelo e si chinò a raccogliere il libro.
Avvicinandosi glielo porse e notò che Luryel era paonazzo.
Le gote erano arrossate così come le orecchie.
Ridacchiò fra sé e sé chiedendogli: “ Ehi Luryel, sicuro di stare bene? Sembri un po’ accaldato!”
L’Angelo scattò all’indietro e balbettò: “ Sto benissimo, in perfetta forma… ora se mi vuoi scusare, me ne vado. Ciao ciao!” e mentre lo salutava, sgattaiolò fuori. Sedendosi sulla poltrona, Shenyur disse in direzione del fratello: “ Non ti sembra un po’ strano Luryel in questo periodo?”
Malvoleo fece spallucce e rispose: “ L’amour fratello caro… l’amour!” e con ciò uscì.
Shenyur seguì con sguardo perplesso il demone che usciva per poi iniziare a leggere svogliatamente qualche pagina del libro che aveva raccolto.
 
 
 
Averno.
Città di Adentinarx , trentesimo giorno della Seconda Luna.
 
 
 
“Luryel, ti avevo chiaramente chiesto di portarmi due denti di iguana, tre di coccodrillo e uno di castoro. Mi spieghi perché me ne hai portati solo cinque di pappagallo?” L’angelo corrugò lo sguardo e disse: “ Sicuro? Perché io ricordo distintamente che tu mi hai chiesto cinque denti di pappagallo…”
Feraji incrociò le mani davanti al volto e si adagiò meglio sulla poltrona sbuffando. Si massaggiò il viso rispondendo: “ Figliolo… vivrò pure all’inferno da quasi mille anni, ma non sono ancora stupido. Piuttosto… si può sapere dove hai la testa?”
Luryel si tastò leggermente il collo facendo risalire le mani sul capo per poi esclamare: “ A me sembra sempre allo stesso posto” Il demone gli lanciò contro uno strofinaccio ruvido che l’Angelo evitò abilmente ridendo. Feraji sospirando disse: “ Siediti un attimo.”
Luryel tirò a sé una sedia di legno con un cuscino violaceo e strappato in alcuni punti.
Si accomodò lasciando penzolare un braccio oltre la spalliera della sedia e fissando suo padre adottivo chiese: “ Cosa devi dirmi?” Feraji si alzò e prendendo una teiera dal mobile in mogano alle sue spalle versò del tè fumante in una tazza in ceramica e la porse all’Angelo che ringraziò con un leggero cenno del capo. Luryel iniziò a sorseggiare la bevanda calda soffiando ogni tanto per raffreddarla. Il demone si sedette compostamente e fissando il figlio adottivo iniziò: “ Tu conosci Shenyur da molto tempo, vero?” L’angelo corrugò le sopracciglia e rispose circospetto rispose: “Si… cinque anni, da quando mi mandarono a Rothenburg.”
Feraji si sporse verso il ragazzo spostando il peso sui gomiti e fissò il suo sguardo bordeaux in quello ametista dell’Angelo. Luryel prese un altro sorso di tè rosso alla papaya risucchiando lentamente. Lo tenne fermo per un po’ in bocca per lasciarlo raffreddare e vide Feraji inspirare profondamente.
Il Demone disse: “ Senti figliolo, non ci girerò intorno a lungo. Sei innamorato di Shenyur?” Luryel sentì l’intestino contorcersi e le guance andare a fuoco. Il tè si fermò nell’ esofago, indeciso se scendere verso lo stomaco o risalire verso la bocca.
Portandosi una mano alla bocca l’Angelo tossì convulsamente cercando di respirare di nuovo e delle piccolo stille di bevanda gli colarono ai lati della bocca.
Scattò in piedi facendo stridere la sedia sul pavimento in cotto e battendo le mani sul tavolo di legno tarlato e ricoperto da mille oggetti stravaganti disse con veemenza: “ Come diavolo ti salta in mente una cosa del genere!” Feraji lo fissò placido e lo invitò: “ Siediti figliolo e sei pregato di non urlare. Non è questa l’educazione che ti ho impartito.”Luryel tirò a sé la sedia con un piede e si sedette di peso.
Stava ansimando.
L’Angelo continuò: “ Come ti salta in mente una follia di questo genere?” Il Demone rispose: “ Vafarelmi ha detto che ha notato tra voi una certa… intesa. In effetti tutte le volte che Lucifero e Shenyur vengono a farci visita tu trascorri molto tempo con il Principe.” Luryel scosse il capo e disse: “ E’ stato il primo demone che ho conosciuto e mi ha sempre trattato bene. E’ mio amico e molto importate per me.” Feraji sospirò e rispose: “Se lo dici tu. Comunque nel caso le cose tra voi dovessero mutare, preferirei esserne informato per primo, in tal caso sarei a fare un discorsetto al principino.”
Luryel continuò: “ Puoi benissimo stare tranquillo. Tra noi non succederà mai niente.” Un velo di tristezza sugli occhi dell’Angelo offuscando per un momento quella scintilla bellicosa e incandescente che gli animava sempre lo sguardo.
Distogliendo lo sguardo da quello del Demone Luryel si alzò e inchinandosi s’incamminò verso la porta. Mentre stava poggiando la mano sulla lucida maniglia in metallo la voce di Feraji giunse alle sue orecchie: “ Mai dire mai, Luryel.”
L’altro aprì la porta e uscì, mentre una lacrima scivolava lungo la sua guancia.
 
 
Averno.
Città di Fosforos, decimo giorno della Terza Luna.
 
 
 
 
 
 
Shenyur era rimasto tutta la notte a fissare un punto indefinito sul soffitto della sua stanza. Le pareti erano ricoperte da carta da parati broccata di un rosso scuro che sembrava diventare schiarirsi mano a mano che saliva verso il soffitto. Il lampadario pendeva immobile al centro della stanza e le fiammelle blu danzavano con quelle rosse creando giochi di luce e di ombre. Con uno schiocco delle dita Shenyur cambiò il colore del fuoco, facendo apparire alcune fiammelle violacee. Anche gli occhi di Luryel erano viola. Scosse il capo e si tirò a sedere, spostando poi le gambe giù dal letto.
I piedi nudi sfiorarono il tappeto cucito nelle sperdute lande dell’est che ritraeva immagini astratte e contorte. Si passò le mani sul pantaloni di tessuto nero asciugandole e si alzò uscendo sul terrazzo. La grande vetrata era altra quasi due metri e mezzo e portava su un balcone rettangolare largo circa cinque metri e lungo sette. La sua stanza si affacciava sul lato ovest di Fosforos in direzione di Adentinarx .
E Luryel adesso era ad Adentinarx . Posò con forza le mani sul parapetto stringendo il marmo nero e ruvido fino a sentire i granelli delle increspature graffiargli le mani. Perché ogni volta che pensava a quell’Angelo la sua già dubbia capacità di giudizio andava a darsi maledire?
Una folata di vento caldo gli sferzò il volto trasportando le ceneri dei vulcani vicini. Nuvole di fuligine si andavano formando verso l’alto preannunciando un imminente precipitazione. Sentendo dei leggeri colpi alla porta decise di rientrare e ad alta voce disse: “ Avanti!” La porta si aprì mostrando la figura di un servo. La creatura teneva le piccole ali rosse ripiegate dietro la schiena e indossava una semplice tunica corta fino alle ginocchia con dei pantaloni grezzi.
Fissando lo sguardo sul pavimento disse con tono sottomesso: “ Vostra Altezza, il nobile Astaroth vi aspetta per discutere nella sala regale al terzo piano.” Senza alzare gli occhi attese la lapidaria risposta di Shenyur: “ Va bene, puoi andare.” Quando la porta si richiuse il Demone afferrò una maglia bordeaux con ricami neri e appuntò con estremo fastidioso il mantello in pelle sottile. In realtà quel capo era una vera opera d’arte con tutti i suoi ricami arabescati e le rifiniture in grigio chiaro, per finire con i ganci in argento lavorati a mano che lo assicuravano sul davanti, ma Shenyur l’aveva sempre ritenuto un inutile impiccio che altro non faceva se non contribuire al suo malumore quotidiano. Uscì velocemente richiudendo con violenza l’uscio intarsiato e rinfoderato in metallo.
Quando si ritrovò a camminare per i corridoi iniziò a procedere come un automa, muovendo le gambe in avanti a un ritmo serrato e costante. In poco tempo e senza rendersene conto arrivò nella sala delle udienze private e aprì la pesante porta e un coltello si conficcò nello stipite accanto alla sua testa. Trasalendo guardò Astaroth con fare interrogativo e notò il volto arrossato del Gran Demone.
Malvoleo se ne stava stravaccato sulla sedia col ghigno tipico di uno che la sa lunga dipinto sul volto. Le gambe incrociate sul tavolo  e le braccia incrociate dietro il capo gli davano un’aria di impertinenza.
Dall’altro capo del tavolo Berith si sistemò gli occhiali sul naso e scuotendo il capo si voltò verso Shenyur.
Il Principe estrasse il coltello dallo stipite e avvicinandosi lo posò sul tavolo col manico in direzione di Astaroth e solo quando si fu seduto notò una ciocca di capelli di Malvoleo sul pavimento, molto probabilmente il risultato del lancio del coltello di qualche minuto prima. Il Gran Demone si voltò verso di lui e disse: “ Tuo fratello ha appena esaurito la mia pazienza, quindi ti conviene dirmi che hai assolto ai compiti che ti avevo assegnato.” Shenyur non ricordava nemmeno che Astaroth gli avesse affidato dei compiti, quindi ora ogni risposta sarebbe stata una condanna a morte certa.
Perfetto Shenyur, congratulazioni.
Continua a perdere quel po’ di senno che ti resta.
Guardando il Demone negli occhi annuì e disse: “ Certamente.” L’altro spazientito sbuffò e continuò: “ E per metterci al corrente di quello che la tua illustre mente ha partorito hai bisogno di un invito scritto?” Malvoleo sghignazzò dicendo: “ So io cosa ha partorito la sua mente!” Una duplice occhiata truce fece fare spallucce al demone che prese a rimirarsi le mani.
Berith tossicchiando attirò l’attenzione di astaroth e disse: “ Ho provveduto io alle ricerche per conto di Shenyur, è stato molto occupato con nostro padre in questo periodo.” Voltandosi verso suo fratello minore il demone in questione lo ringraziò con un’occhiata gentile per il provvidenziale intervento. Meraviglioso. Ormai aveva decisamente bisogno di una balia. Astaroth afferrò i fogli dalle mani di Berith e dopo una veloce occhiata continuò: “ Bene, quindi alla luce di tutto ciò siamo pronti per affrontare la guerra?” Improvvisamente i tre demoni divennero seri.
Malvoleo si ricompose e poggiò le mani sul tavolo. In contemporanea annuirono. La pace all’inferno era una Chimera.
 
 
 
Averno.
Città di Adentinarx , undicesimo giorno della Terza Luna.
 
 
 
 
 
Ad Adentinarx  la situazione era la stessa. La tensione palpabile rendeva l’aria pesante e nonostante le finestre aperte, la sala delle udienze sembrava il baratro di Abaddon. Feraji era seduto rigidamente sulla sedia rivestita in pelle e i lunghi capelli neri con riflessi bordeaux ne incorniciavano il volto teso.
Le labbra ormai ridotte ad una linea bianca e sottile sembravano sul punto di dividersi in due e gli occhi ossidiana erano spalancati in cerca di una risposta.
Quel malato mentale di Belzebù aveva dichiarato guerra alle altre due città dominanti e come se non bastasse Adentinarx  doveva ancora riprendersi dall’ultima campagna militare nelle lande di ghiaccio. Di fronte a lui Luryel e Zoray fissavano la dichiarazione di guerra scritta in bella grafia col sangue del regnante di Dis e firmata con quello del sovrano e dei suoi funzionari. La pergamena era spessa e il sigillo in ceralacca raffigurante una mosca risaltava nell’angolo a sinistra. Feraji, riscossosi dal suo momento di catalessi, si rivolse a Luryel dicendo: “Possiamo affrontare una guerra?”
L’Angelo inspirò profondamente e rispose con tono fermo: “ No. Non abbiamo le forze militari necessarie, l’esercito e cavalleria hanno subito circa mille e cinquecento perdite nell’ultima battaglia, quasi due intere unità.
I soldati ancora rimasti sono feriti e solo una parte potrebbe avere le energie necessarie per una breve sortita.” Feraji scosse il capo e guardando Zoray chiese: “Le guardie alate come sono messe?” Il fratellastro di Luryel si sporse leggermente in avanti e rispose: “Un po’ meglio rispetto all’esercito, ma sono poche unità e se la battaglia si farà nei pressi dei vulcani sarebbero completamente inutilizzabili.”
L’altro sospirò e guardando i suoi figli adottivi disse: “ Ragazzi, vi chiedo uno sforzo enorme, un’ultima guerra. Luryel partirai domani per il fronte raduna più unità possibili e mettiti in contatto con Fosforos. Zoray, organizza le guardie alate per la custodia e la protezione dei nostri territori. E che il Cielo ce la mandi buona.” I più giovani si inchinarono e uscirono. In corridoio Zoray si avvicinò a Luryel e gli disse: “Pensi di farcela?”
L’angelo gli sorrise e rispose: “ Non oserai dubitare del mio grande potenziale!” E si diede un tono di superiorità con un gesto della mano, ridendo poco dopo. L’altro sorrise e lo salutò, diretto dal suo secondo in comando.
Luryel percorse i corridoi rapidamente mentre un resoconto generale delle forze di cui disponeva si delineava nella sua testa. Dubitava seriamente di poter resistere ad una guerra di logoramento e di trincea, ma c’era da tenere in conto che prima o poi i soldati feriti sarebbero guariti e quindi li avrebbero raggiunti in battaglia. Quando uscì alzò lo sguardo sul cielo notturno, intermente nero e privo di stelle.
La fugace immagine del cielo del Paradiso gli attraversò la mente. Ricordava quando di sera guardava il manto notturno, comodamente seduto sul davanzale della finestra della stanza che condivideva con i suoi gemelli e ora invece stava preparando una guerra.
L’ennesima.
Rimuovendo quelle immagini nostalgiche si diresse verso il centro di comando e al suo passaggio tutti i Demoni scattavano in piedi e lo salutavano rigidi come statue. Si diresse verso uno degli uffici ai piani superiori e entrò senza bussare. I tre Demoni scattarono in piedi e i loro mantelli frusciarono sul pavimento. Con voce grave disse: “ Affilate le spade signori, si va in guerra. Amertines, tu convocherai le legioni che non hanno combattuto la precedente guerra. Oliert, tu farai un giro tra i guaritori e gli ospedali per stilare una lista di feriti utilizzabili in battaglia e Yurned invece radunerai medici, volontari e soldati di leva. Avete tre ore signori.”
Senza salutarli e senza attendere eventuali domande scese rapidamente le scale e attraversando di nuovo il campo entrò nella reggia e si rintanò nella sua stanza. Le pareti dipinte di bianco e i colori chiari gli diedero un senso di pace momentaneo.
Le tende azzurre del balcone si muovevano sospinte della calde folate di vento. Il solo pensiero della guerra lo fece rabbrividire e sospirando si sedette sul letto, stendendosi e restando a guardare le costellazioni disegnate sotto il letto a baldacchino.
Che storia assurda che era la sua. Un serafino che si trovava ad essere il Principe dell’Inferno. Scosse il capo ridacchiando tra sé. Un tempo era stato anche lui un Angelo degno di questo nome, ma il suo declino era iniziato più o meno una decina di anni addietro. Era stato mandato sulla terra nell’accademia di Rothenburgh per collaborare con dei demoni e per trovare l’assassino di numerosi Angeli e Demoni. E poi da lì il declino. Aveva scoperto di essere figlio dell’arcangelo Uriele, il quale si era auto esiliato dal Paradiso, sperando un giorno di ritrovare la redenzione per il suo peccato d’Amore tramite la sua stirpe. Peccato che Luryel invece di purificare l’anima del padre, altro non aveva fatto se non macchiare la sua e condannarsi ad una vita lontano dalla Luce.
Era stato lo stesso Uriele a cacciarlo dal Paradiso.
Non c’è che dire, un padre coi fiocchi.
Luryel sebbene non l’avesse ammesso nemmeno a nessuno si era innamorato e cosa peggiore, questo amore lo stava mandando al manicomio. Sospirando convinse il suo corpo a tirarsi giù dal letto e si trascinò svogliatamente verso lo scrittoio. Prese un foglio di pergamena e intinse la punta della piuma di Fenice nell’inchiostro di zolfo, storcendo il naso per il forte odore. Attento a non sbavare le lettere iniziò la lettera indirizzata a Fosforos.
 
 
Città di Adentinarx
Diciassettesimo giorno della terza luna.
 
All’attenzione del reggente di Fosforos, Lord Lucifero e del Primo Principe Shenyur.
 
 
Con la qui presente missiva io, Luryel figliastro del sovrano Faraii e Principe di Adentinarx , rendo nota la nostra partecipazione alla campagna militare contro la città di Dis. A breve sarà mia premura informarvi dei nostri piani di battaglia e delle risorse di cui disponiamo.
 
Attendo risposta.
Ossequi, Luryel Principe di Adentinarx .
 
 

Rilesse più e più volte il testo per scongiurare errori dovuti alla mano tremante con cui aveva scritto il corpo della lettera. La sua mente stava già vagando avanti e ora si rendeva conto che le risorse di cui disponevano erano ancora più scarse di quelle che credeva. Tirando a sé un cassetto dello scrittoio ne estrasse una scatolina in legno e osso. Poggiò le labbra sul lucchetto e sibilò: αυγή .
La serratura si aprì lentamente e il coperchio scattò verso l’alto.
Uno strato solido di ceralacca occupava il fondo della scatola e incastrato sotto il coperchio c’era un piccolo pugnale nero con il manico ricoperto di incisioni. “Che il sangue mi indichi chi sei.” Questo stavano a significare le lettere intarsiate. Luryel afferrando il pugnale aprì il palmo della mano e iniziò a tracciare un pentacolo per poi continuare a incidere un occhio e infine un paio di ali circondate da una mezzaluna e dodici stelle. Quei simboli non era no a caso, infatti decodificati davano vita alla frase: “Ti mostrerò il mio passato e il mio futuro e tu capirai chi sono.”
Era una sorta di risposta alla domanda implicita raffigurata sul pugnale.
Il sangue iniziò a gocciolare sulla ceralacca e questa si sciolse iniziando a riscaldarsi. Le incisione nel palmo di Luryel iniziarono a ruotare tra loro, formando lo stemma si Adentinarx  e una porzione di cera si staccò e iniziò ad assumere la forma del sigillo regale. Con estrema cura l’Angelo lo spostò verso il foglio e lasciò che questo si attaccasse alla pergamena arrotolata. Quando ebbe finito tirò un sospiro di sollievo e ripose tutto con cura, chiudendo la serratura dello scatolo tramite la parola ηλιοβασίλεμα.
Si alzò e sgusciò fuori dalla sua stanza, ritrovandosi a camminare pensoso per i corridoi.
Arrivò nella sala dei messaggeri e si diresse infondo verso la finestra. Exiroth stava rovistando tra le ultime carte arrivate e quando vide il suo principe si fermò immediatamente, chinando il capo e salutandolo con un: “ I miei omaggi, vostra altezza.” Luryel rispose: “ Ho un compito per te.” Prese la lettera e la depose nelle mani del messaggero spiegandogli: “ Deve arrivare a Fosforos immediatamente, massimo un giorno. Pensi di farcela?” L’altro si inorgoglì per l’incarico ricevuto e con tono solenne disse: “ Certamente maestà. In meno di un giorno sarà tra le mani di Lord Lucifero.” L’Angelo sorrise e girando i tacchi andò via.
 
 
 
Averno.
Città di Fosforos, tredicesimo giorno della Terza Luna.
 
 
 
 
La lettera di Luryel fu uno schiaffo in pieno volto. Non tanto per il tipico linguaggio pragmatico delle comunicazioni ufficiali, ma per il suo contenuto. Shenyur sperava vivamente di vedere l’Angelo fuori dal conflitto e al sicuro nella reggia e invece se lo ritrovava in campo, al comando di esigue forze militari, pronto a buttarsi nelle braccia di Tristo Mietitore. Luryel aveva una malata propensione a rischiare la morte. Era così tanto diverso dall’Angelo che era stato un tempo. Sospirando il Demone continuò a tenere lo sguardo fisso sulla lettera, come a volerne cambiare il contenuto con la sola forza del pensiero. Non si accorse che suo padre Lucifero gli aveva appena fatto una domanda e che ora lo stava fissando intensamente attendendo una risposta. Il Re, sbuffando gli schioccò le dita davanti al volto, facendolo ridestare dal suo momento di catalessi. Con voce leggermente alterata disse: “ Un giorno di questi mi dirai cosa sta succedendo al tuo cervello. Comunque era mia intenzione chiederti come pensi di sistemare l’esercito e le forze di cui disponiamo.”
Shenyur tossicchiò e dopo un breve momento di riflessione iniziò a parlare: “ Pensavo di schierare in campo solo metà delle forze armate e dividere le restanti in unità che si sparpaglieranno sulle montagne circostanti alla pianura dove combattere e altre unità che resteranno qui.” Lucifero sorrise guardando suo figlio e gli disse: “ Procedi pure. Invia una lettera ad Adentinarx  per rendere noto il nostro piano di azione.
Un’ultima domanda shenyur, perché sei così distratto in questo periodo?” Il Principe  distolse lo sguardo alzandosi dalla sedia e guardando il genitore rispose evasivo: “ Sono solo impegnato con Astaroth e con i soldati, tutto qui.” Lucifero continuò: “Personalmente ritengo che restare nella tua stanza a pensare a qualche tua fiamma non sia esattamente un impegno ufficiale come quelli che descrivi tu.” Shenyur avrebbe voluto sprofondare nel pavimento in marmo nero e andare a fare una visita di cortesia ad Abbadon, pur di sfuggire da quella imbarazzante situazione. Senza guardare il padre negli occhi disse: “ Sei completamente fuoristrada, Luryel non c’entra niente.” E poi si morse la lingua. Così forte da farla quasi sanguinare.
Si era tradito da solo.
Lucifero alzò le sopracciglia con finto fare sorpreso e disse: “ Ma io non ho mai parlato di Luryel.” Shenyur si diede mentalmente dello stupido per una decina di volte. Si, il suo cervello era decisamente da buttare.
Era più fritto di un uovo di condor sui vulcani della terra di fuoco.
Lucifero guardò suo figlio e disse: “So che io e te non abbiamo mai parlato molto, ma ora voglio dirti questo.
Tempo fa un angelo si innamorò di me e io commisi l’errore di lasciare che ci separassero. Non fare questo stupido sbaglio. Ora torna alle tue mansioni e cerca di concentrarti.” Shenyur guardò confuso suo padre e gli chiese solo: “ Perché mi dici questo?” Lucifero si alzò e posando una mano sulla spalla del figlio rispose: “Sangue del mio sangue, carne della mia carne.” E voltandosi di spalle gli fece segno di andare via.
Conoscendo bene il carattere di suo padre poco propenso ad accettare contraddizioni di qualunque sorta, Shenyur andò via. Percorse in fretta i corridoi e si rintanò nella sua stanza. Lì prese inchiostro e pergamena e celermente iniziò a scrivere una lettera diretta ad Adentinarx .
 
 
 
 
Città di Fosforos.
Ventunesimo giorno della terza luna.
All’attenzione del reggente Feraji e del Primo Principe Luryel.
 
Con la qui presente missiva, io, Shenyur figlio del sovrano Lucifero e principe di Fosforos, comunico la presa visione della Vostra precedente missiva. E’ necessario un incontro affinchè si discuta delle strategie di guerra.
 
Attendo risposta,
Ossequi, Shenyur Principe di Fosforos.
 
 
Compì con massima precisione e meticolosità il rituale per sigillare la lettera con la ceralacca. Rilassandosi chiamò un servo e gli consegnò la missiva affinché la consegnasse ai messaggeri. Rimasto da solo iniziò a rimuginare sulle parole di suo padre. Doveva parlare con Luryel e al più presto per giunta. Prese un foglio della sua carta da lettere personale e scrisse due semplici parole.
L’urgenza trasudava da quelle lettere in grafia incerta e la necessità di rivedere l’amato si faceva spazio lungo il foglio bianco.
“Devo vederti.”
Due semplici parole che altro non erano se non l’espressione di quasi dieci anni di patimenti interiori. Salendo al piano superiore entrò nella voliera e si avvicinò al suo falcone, scoprendogli gli occhi.
Fissandolo nelle pupille gli trasmise l’immagine di Luryel per permettergli di trovarlo e gli legò il bigliettino alla zampa. Liberò l’animale nei cieli pesanti di fuliggine, sperando di aver fatto la cosa giusta.
 
 
 
Averno.
Città di Adentinarx , quindicesimo giorno della Terza Luna.
 
 
 
Luryel aveva consegnato la lettera nelle mani di Feraji e aveva notato l’urgenza velata che animava le dita del suo patrigno mentre staccava la ceralacca. Mano a mano che gli occhi scorrevano tra le righe i tratti del demone si andavano rilassando e quando ebbe finito di leggere tirò un sospiro di sollievo e disse: “ Dobbiamo organizzare un incontro con Fosforos e cercare un’intesa. Forse possiamo ancora vincere. Zoray, voglio che tu vada a convocare il Primo Ministro e che lo preghi di convocare Lord Astaroth al più presto.” Il Fratellastro di Luryel si alzò e uscì. Feraji guardò l’Angelo e disse: “Volevo parlarti un attimo.” L’altro mettendo le mani innanzi disse: “ Se è un altro discorsetto sull’Amore, ti chiedo gentilmente di risparmiarmelo, non sono dell’umore giusto.”
Il Demone scosse il capo e rispose: “Tranquillo non riguarda questo. Volevo solo chiederti se ti sentivi pronto a combattere di nuovo.
So che ti ci vuole tempo per assimilare tutte le battaglie e ora non ne hai avuto a sufficienza.” Luryel digrignò i denti maldicendo silenziosamente la sua parte angelica.
Tutte le barbarie che vedeva durante le battaglie erano delle fitte nella sua anima, come dei pugni ad uno specchio. Ogni notte sognava tutti i cadaveri che aveva visto e sentiva gli ultimi respiri di tutti i Demoni a cui aveva strappato la vita. Sembravano dirgli: Ti aspettiamo nel Limbo, piccolo bastardo. E lui prima o poi sarebbe finito in quella prigione per le anime senza più un corpo.
Sospirando guardò il suo patrigno con occhi gentili. Feraji era un Demone eppure era stato un padre migliore rispetto ad un Arcangelo. Che contraddizione. Uriele lo aveva scacciato dal paradiso quando si era accorto della malformazione di Luryel: gli mancavano le ali fin dalla nascita. Invece Feraji lo aveva adottato e lo aveva educato e allenato, dandogli le armi necessarie ad affrontare la vita alla quale era stato relegato.
Sorridendo appena gli rispose: “Il tempo è relativo. Vorrà dire che mi prenderò una lunga vacanza dopo aver dato una lezione a Belzebù.” Il Demone bisbigliò appena: “ Sii prudente figliolo.” E gli fece segno di uscire. Luryel si congedò e percorse i corridoi nella sua stanza. Si fermò per guardare fuori dalla finestra del terzo piano e scrutando attentamente la Stella dell’Inferno vide una figura alata dirigersi verso il palazzo.
Un falcone.
Con un’insana felicità salì le scale restanti e si precipitò nella sua camera. Entrato, si richiuse velocemente la porta alle spalle e vide l’animale appollaiato sul suo terrazzo. Raspando con gli artigli sul muretto la bestiola gracchiò e si sfiorò la zampa col becco.
Luryel uscì fuori e permise al volatile di posarsi sul suo braccio, protetto da un rivestimento in metallo. Carezzò il capo del falcone e gli grattò un po’ sotto la gola bisbigliandogli: “ E tu che ci fai qui? Mi hai portato un messaggio?” L’animale gracchiò, ma quando l’Angelo avvicinò la mano alla zampa gliela toccò infastidito col becco. Luryel rise e disse: “ E va bene, prima la ricompensa e poi il biglietto, ho capito!”
Prese un pezzetto di carne essiccata dalla riserva e lo diede alla bestiola che iniziò a mangiare con gusto.
Sciogliendo il laccetto che teneva legato il foglio alla zampa dell’animale Luryel non poté non arrossire. Scosse il capo per nascondere a se stesso quella reazione e prendendo il bigliettino lesse le due parole. La prima cosa che gli venne in mente fu: anch’io ho bisogno di vederti, Shenyur.” Riprendendo un po’ di buon senso e di lucidità mentale appallottolò il foglio pronto a cestinarlo, quando qualcuno bussò alla porta. Senza attendere risposta Zoray entrò e disse: “ Non avrai intenzione di ignorare il messaggio, spero!” Luryel sospirò. Il suo fratellastro era peggio di un gruppo di vecchie comari.

Fissandolo truce disse: “ Non ti riguarda io faccio quello che preferisco.” Il Demone scosse il capo e lo rimproverò a voce alta: “ E guarda caso sbagli il novanta percento delle volte.” Cercando di sbarazzarsi in tutti i modi possibili del petulante parente adottivo disse: “ Ora non ho bisogno di un intreccio pseudo sentimentale con qualcuno.” Zoray lo afferrò per le spalle e scuotendolo disse: “ Ma perché non vedi che quello di cui hai bisogno è proprio di fronte a te?

Luryel si finse evasivo e guardando il falcone disse: “ Di fronte a me vedo solo un animale e per quanto ne riconosco l’utilità, non è nella lista delle mie priorità al momento.” L’altro gli tirò un ceffone di rimprovero sul capo e si alzò.
Prima di andare via si voltò indietro e gli disse: “ Pensaci bene Luryel. La possibilità di essere felici qui all’Inferno capita solo una volta.” Stressato da quella breve conversazione l’Angelo guardò il falcone e sospirando disse: “ Non fissarmi così!” Quando realizzò che si era ridotto a parlare con un pennuto il suo sconforto aumentò. Chiudendo il terrazzo, spostò il falcone su un poggiolo in fondo alla stanza e gli bendò gli occhi. SI stese sul letto, provando a trovare un po’ di conforto nel sonno ristoratore. Come previsto Morfeo aveva altri piani per lui e così decise di rovinargli le ore di riposo con incubi di ogni sorta. Solamente un’immagine fu capace di svegliare Luryel nel bel mezzo della notte facendolo urlare. Shenyur era ritto e immobile in fondo ad un corridoio lungo e tetro.
L’angelo correva verso il Demone chiamandolo a gran voce, ma non riusciva ad avvicinarsi in alcun modo. Arrancava sul pavimento scivoloso, ma sembrava fermo. L’affanno gli impediva di muoversi con disinvoltura e i polmoni erano pesanti come macigni di pietra.
Gridò in un urlo muto il nome del Demone che non si girò. E poi l’Incubo. Una lama spuntata da un punto non bel precisato tranciò di netto la testa di Shenyur che rotolò macabramente a terra, voltando verso Luryel con gli occhi spalancati. Madido di sudore l’Angelo si ridestò ansante. Non poteva essere vero. Era solo un maledetto incubo. Si afferrò la testa tra le mani e la portò tra le ginocchia cercando di riprendere fiato. Gli occhi non riuscivano a distinguere alcuna figura nella stanza e per quanto si sforzasse non riusciva in alcun modo a far decellare i battiti del suo cuore. Con uno scatto si alzò barcollante e afferrò il biglietto che il Demone gli aveva mandato il giorno prima. Lo portò al volto e ne ispirò profondamente il profumo, poggiando un delicato bacio sulla carta che egli stesso aveva stropicciato. Si diresse verso il suo scrittoio urtando contro la cassapanca ai piedi del letto e maledicendosi per la sua goffaggine.
Prese uno dei suoi fogli da lettere personali e scrisse velocemente: “ Prima della battaglia. Ti aspetto all’alba sul monte Retrez.” Scoprì gli occhi del falcone che si ridestò all’istante spalancando le ali. Gli legò il messaggio alla zampa con mani tramanti e assicurò bene il nodo più volte. Poggiando la sua fronte sul capo dell’animale bisbigliò: “ Ti prego, fa in fretta.” Indossò un guanto di ferro e fece appollaiare il falcone sul braccio. Quando uscì sul balcone storse il naso a causa del forte odore di cenere e zolfo che lo investì. Si stava preparando una tempesta.
Sporgendo il braccio in avanti permise al falcone di spiccare il volo e lo guardò districarsi nel cielo notturno. Legato alla zampa di quell’animale c’era la conferma di tutti i sentimenti che Luryel aveva sempre nascosto e represso nel suo cuore. Lui amava Shenyur.
 
 
Feraji si spostò con le mani dietro la schiena verso la grande vetrata nelle sue stanze private. Il suo compagno Vafarel  riposava tranquillo tra le lenzuola di seta nere del loro enorme letto. Guardandolo il Demone sorrise teneramente. Erano circa tre secoli che avevano legalizzato la loro unione ed erano rimasti insieme nonostante Vafarel fosse sterile. Feraji non aveva mai pensato di ripudiare il compagno e aveva ovviato alla mancanza di un erede adottando due ragazzi tra gli schiavi. A dirla tutta quando si era ritrovato un Serafino tra le classi sociali più basse del suo regno era rimasto interdetto.
Ma Luryel aveva messo da parte in breve tempo la sua Grazia Angelica. Si era impegnato in tutti gli allenamenti sfiancanti e massacranti a cui era stato sottoposto, imparando in fretta la lingua del Demoni e tutte le leggi che regolavano l’Inferno. Aveva studiato notte e giorno l’etichetta e il comportamento e si era addormentato più di una volta sui pesanti tomi di storia antica. E poi era arrivato Zoray.
Uno sei migliori soldati alati, orfano fin dalla nascita e costretto ad arruolarsi nell’esercito a soli tredici anni.
Erano due sopravvissuti. Due ragazzi che avevano imparato a lottare con le unghie e con i denti. Tornando a guardare il cielo notturno notò un falcone attraversare la Luna e chinando il capo mormorò: “ E così hai scelto, figliolo.” Non si accorse che Vafarel si era alzato e lo aveva raggiunto, circondandogli la vita con le braccia. Sorpreso dalla presenza del compagno si voltò e sorridendogli lo baciò a fior di labbra.
Staccandosi, Feraji tornò a guardare fuori sospirando.
Capendo il suo turbamento Vafarel gli disse: “ Ha fatto la scelta giusta. Shenyur è ciò di cui Luryel ha bisogno.” Annuendo l’altro sorrise e commentò quasi borbottando: “Però questo non mi impedirà di fare un discorsetto al principino di Fosforos.” L’altro rise e continuò complice: “ Ricordati che castrarlo non rientra nel tuo discorso!” Feraji si chinò sulle labbra del compagno e mormorò: “ Vedremo come si comporterà.” Vafarel rise e rispose dolcemente al bacio del Demone.
 
 
 
Averno.
Lande di Fuoco, trentesimo giorno della Terza Luna.
 
I due schieramenti di fanteria si erano disposti in campo e le guardie alate avevano pattugliato i cieli. Orde di Demoni si mescolavano fra loro, cercando si incoraggiarsi fra loro. Molti di loro sarebbero morti. Lo sapevano. Nel momento in cui indossi le armi senti il fiato di Tristo Mietitore sfiorarti il collo e farti accapponare la pelle. Luryel sapeva benissimo che in quella guerra avrebbe potuto perdere la vita e prima di andare a rendere conto alle anime che lo aspettavano nel Limbo voleva chiarire le cose con Shenyur. Prima di allontanarsi era andato dal suo fratellastro. Zoray era impegnato a dividere le varie schiere nei cieli, ma si bloccò appena vide Luryel. Si avvicinò e lo abbracciò. Rimasero vicini l’un l’altro come se si stessero dicendo addio per sempre.
Quando si separarono il Demone disse: “ E’ arrivato il momento, vero fratello?” L’angelo gli posò una mano sulla spalla e stringendo la presa disse: “ Ti voglio bene Zoray.”
L’altro posò a sua volta una mano sul braccio del fratellastro e rispose: “ Per quanto un Demone possa volere del bene a qualcuno, anche io ti voglio bene.” Si separarono con una muta promessa: sarebbero sopravvissuti. Luryel si diresse verso la tenda del suo patrigno e ancor prima di entrare sentì la voce imperiosa di Feraji dettare ordini e preparare piano di attacco. Sorrise tra sé e sé e senza farsi annunciare entrò. I Demoni si inchinarono e il re li liquidò con un laconico: “ Lasciateci soli.” Tutti obbedirono senza fiatare e tornarono alle loro mansioni. Feraji si avvicinò a Luryel, ma l’Angelo lo precedette rintanandosi tra le sue braccia. Sorpreso da quel gesto di affetto, il Demone restò interdetto per qualche secondo, per poi sciogliersi e ricambiare l’abbraccio.
Luryel mormorò: “ Grazie di tutto…” L’altro aumentò la stretta e pronunciò con voce carica di attaccamento: “Sangue del mio sangue. Carne della mia carne.” I due si staccarono e l’Angelo si avviò verso l’uscita, ma il Demone lo fermò dicendo: “Dopo la battaglia mandalo da me, che voglio fargli un discorsetto.” Sorridendo Luryel andò via. Montò a cavallo e corse verso il monte Retrez.

Shenyur non poteva crederci. Il messaggio che aveva ricevuto da Luryel era stato del tutto inaspettato e quella mattina era perfino tornato a leggere il biglietto, timoroso che fosse tutto frutto della sua mente.
Eppure eccolo lì, su uno dei monti dell’Inferno ad aspettare l’unica cosa di cui avesse veramente bisogno. Luryel puntuale. Il rumore degli zoccoli del cavallo annunciò il suo arrivo e il cuore di Shenyur sembrò volare giù dalla montagna. L’angelo smontò dal dorso dell’animale e si fermò a legare le briglie in cuoio ad un masso. E poi si voltò. I suoi occhi ametista sembravano così luminosi da far impallidire perfino la Stella dell’Averno. Iniziò a camminare e Shenyur si riscosse dal suo intorpidimento, andandogli incontro. Quando furono vicini nessuno dei due fiatò. Non riuscivano a parlare. Luryel azzardò un semplice saluto e aggiunse quasi sottovoce: “ Perché volevi vedermi?” Il Demone riprese controllo della sua lingua e provò a rispondere: “ Volevo parlarti… si insomma è da tanto che non ci vediamo.” L’altro rispose distogliendo lo sguardo: “ Oh. Hai ragione è da molto che non stiamo insieme. Ma è normale, no? Guerre, battaglie…”
E iniziò a vaneggiare.
Shenyur si passò una mano sul volto e imprecò. Guardò l’Angelo negli occhi e due semplici parole sfuggirono dalle sue labbra: “ Ti amo.” Luryel si pietrificò sul posto. La mano con la quale gesticolava ancora alzata e la bocca aperta. Per un momento temette di non aver sentito bene. Shenyur aveva appena detto di amarlo? Riprendendo coraggio disse: “ Puoi ripetere per favore?” Il Demone si sporse in avanti e circondò la vita dell’Angelo con un braccio. Un brivido percorse la schiena di Luryel quando i loro bacini entrarono in contatto e il suo cuore perse un battito quando si accorse che il suo vosi era ad un soffio da quello del Demone. Shenyur gli afferrò con delicatezza il mento tra le dita e indugiando un po’ lo baciò.
All’inizio poggiò con dolcezza le sue labbra su quelle dell’Angelo e dopo pochi secondi le lambì lentamente, invitandole a schiudersi. Come attratte da quella muta richiesta, quelle si aprirono e Luryel rispose al bacio con un ardore impacciato e puro. Posò la sua mano sul collo del demone, lasciandola scorrere tra i capelli neri dell’altro. L’unica cosa che li divise fu il bisogno di ossigeno.
Luryel sorridendo gli disse: “Ho afferrato il concetto. Mi ami.” Il Demone si avvicinò di più e chiede suadente: “E tu? Avanti, voglio sentirti dire che mi ami.” Come ipnotizzato da quegli occhi cremisi l’Angelo sentì il bisogno di assaporare di nuovo quelle labbra rosse e così alzandosi sulle punte baciò il demone. Staccandosi disse: “ Ti amo Shenyur e tu sei tutto quello di cui ho bisogno.” Si abbracciarono, stringendosi come se temessero di svanire da un momento all’altro. Ai piedi del monte la battaglia infuriava e il clangore delle armi aveva iniziato a risuonare nella pianura.
Luryel guardò verso gli eserciti e disse: “ Mi sa che ci tocca andare.” Il Demone annuì e afferrandolo per la vita disse: “ Sappi Angelo, che appena sarà finita la guerra ho intenzione di sposarti.” Luryel rise e posò una mano sul petto dell’altro rispondendo: “ Bhè allora andiamo a uccidere Belzebù, così finiremo decisamente prima!” Shenyur lo baciò di nuovo e lo tenne stretto a sé, giurando che non avrebbe permesso a nessuno di separarlo dal suo Angelo.






 
  
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