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Autore: Kafkaesque    26/10/2013    12 recensioni
“Puoi sognare questo sogno per me, cara Ginevra?”
[Prima classificata al contest "Ossessioni e vetri infranti II" indetto da Mary Black sul forum di EFP]
Genere: Horror, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ginny Weasley, Harry Potter, Tom O. Riddle
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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Nickname su EFP: Kafkaesque
Titolo della storia: Anthurium {fiore di carne}
Pacchetto scelto/coppia: 5
Rating: Rosso
Contesto: Libro 1-4
Genere: Horror, Introspettivo
Note/avvertimenti: Violenza psicologica. Parecchia.
Introduzione: “Puoi sognare questo sogno per me, cara Ginevra?”
Note dell'Autore: In fondo. Sempre che ci arriviate.








 
Anthurium {fiore di carne}












La prima cosa che Ginny scrive sul diario è il suo nome.


Lo scrive una sera, quando le sue compagne stanno già dormendo e lei è l'ultima rimasta sulle poltrone davanti al camino; lo scrive ad inizio pagina, al centro, come fosse il titolo di un libro – “Ginny Weasley”, con lettere troppo tonde da bambino – . Ginny ha undici anni e una piccola parte di lei si chiede chi mai potrebbe leggere un libro con un titolo così. La pergamena del diario è ruvida, ingiallita dal tempo, e sulla copertina c'è inciso un nome che lei legge e subito dimentica.
Ginny non ci pensa troppo, quando il suo nome scompare per annegare nelle profondità della pergamena.
Avrà capito che volevo cancellare, sbadiglia, sarà uno di quei diari magici.
E in effetti è vero, “Ginny” non va bene. Dopotutto, lei non vuole essere “Ginny Weasley”, la sorella minore, con un maglione di lana ruvida e troppe lentiggini. Forse a Harry non piacciono le lentiggini. Immerge la piuma nell'inchiostro e questa volta sarà diverso, non sarà un titolo noioso.
“Ginevra”, scrive, in stampatello, la 'i' ha una stella al posto del puntino.
Le lettere rimangono sospese qualche istante, ma la pagina lentamente inghiotte anche loro. Non rimane nulla, neanche la stellina sulla 'i'.
Ginny chiude il diario di scatto, con uno schiaffo della copertina di pelle sgualcita. Sua madre le ha comprato un diario difettoso. Ancora. Sbuffa. Non le pesa il fatto che i Weasley non siano ricchi, anzi. Sa che sono una bella famiglia, e va bene così. Ogni tanto, però, vorrebbe avere qualcosa che sia suo, e magari funzioni. E le piaceva così tanto l'idea di potersi sfogare sulle pagine mute del diario– no, Ginny non intende arrendersi. Lo riapre.
È solo allora che nota. La boccetta di inchiostro le scivola dalle dita, rimbalza sul velluto della poltrona.
Al centro della pagina, con la grafia elegante e obliqua che si trova solo nei vecchi tomi della biblioteca, ci sono parole che lei non ha scritto.
Ciao, Ginny. O preferisci Ginevra?
Dopo qualche secondo, anche questa frase affonda. Sfiora la pergamena con un dito. È ruvida ed è intonsa.
La sua mano trema appena, mentre la punta della piuma gratta la pergamena.
Ginevra.
Ancora una volta ciò che ha scritto si inabissa; ancora una volta il diario risponde.
Ginevra è un nome importante da portare, molto particolare. Devi essere una ragazza davvero speciale.
C'è una stellina sulla 'i'.
Ginny sorride senza accorgersene.
Io sono Tom.


Ginny ha undici anni quando passa tutta la notte a scrivere su un vecchio diario che puzza di muffa, mentre le ultime ceneri soffocano nel camino.


*


Tom, Ginny scopre, era uno studente di Hogwarts come lei.
Gli hanno regalato il diario all'inizio del suo primo anno scolastico, proprio come a lei.
Era un suo compagno di Casa, le ha assicurato, a distanza di cinquant'anni: un Grifondoro. Come lei.
Sono così simili, lei e Tom.
Tom è gentile, e molto sensibile: era così dispiaciuto, le racconta, di non aver mai usato il diario che con un incantesimo aveva deciso di infondere i ricordi dei suoi anni di scuola in quelle pagine.

 
In questo momento siamo coetanei, Ginevra. Non ho memorie di cosa sia successo dopo aver lasciato la scuola.
Non sei felice? Di restare ragazzo per sempre, dico.
Sì– e no. Mi ricordo la mia vita tra i corridoi, i miei sogni. Vorrei poterci tornare.
Posso aiutarti in qualche modo?
Oh, Ginevra, lo stai già facendo. Sarei così solo se non ci fossi tu.
Uno strano calore le allarga il cuore. Ginny si morde il labbro per nascondere il suo sorriso.
Non so cosa farei se non mi scrivessi più.
Gli altri non potrebbero capire.


Scrivere a Tom è come pensare, al sicuro nel proprio letto, rannicchiata sotto una coperta, ed avere qualcuno che risponda, che comprenda.
Gli parla delle sue sciocche insicurezze, e lui non la prende mai in giro.
Gli parla dei suoi fratelli: di come Fred e George sappiano far ridere chiunque, di come Bill e Charlie rendano fieri i suoi genitori; di Percy che è il primo della classe, di Ron che tutte le zie adorano. Tom ignora i loro nomi, non chiede di più; scrive di essere contento che sia stata lei a ricevere il diario. Lei, che è Ginevra, un'adulta, e mai 'Ginny'.
Ginny esita a raccontargli di Harry: è penosa, lo sa benissimo, non avrà mai una possibilità.
Quando finalmente lo fa, subito si pente. Serra la piuma fino a tagliarsi un dito, respirare fa un po' più male. Ora penserà che lei sia solo una stupida, stupidissima, ragazzina. Riderà di lei.
Eppure le prime parole, così eleganti, così antiche, che emergono dal vuoto ingiallito sono,
Quando ti saluta sorride?
Mi sembra di sì.
Allora perché tutto non dovrebbe andare nel migliore dei modi?


Ginny dorme con il diario stretto al petto, cullata dall'eco del suo cuore contro la pelle logora.


Caro Tom, oggi a Trasfigurazione,
gli racconta un giorno, annuendo al foglio quando Tom le chiede più particolari.
Caro Tom, oggi Ron,
scrive arrabbiata durante un pomeriggio di pioggia, ma deve sorridere, per forza, perché la risposta di Tom è così buffa e dolce.
Caro Tom, oggi Harry,
una lacrima bagna il foglio e scompare insieme alle parole nelle profondità della pergamena. Ma Tom dice che andrà tutto bene, perché lei è meravigliosa, è speciale. Lei, la sua Ginevra, scrive Tom, la sua Ginevra, con una stellina sulla 'i'.


Caro Tom,
comincia a scrivere una sera, ma il diario la interrompe inghiottendo l'inchiostro.
Oh, Ginevra, ti prego, non chiamarmi così. Non ricordarmi che sono solo un diario.
Ginny cerca di rispondere più in fretta che può, macchiandosi le mani di nero, ma Tom è più veloce.
A meno che non stia per 'caro amico'.
La bambina ride sollevata.
Certo che sta per 'caro amico', caro Tom.


Ginny ha iniziato a scrivere sul diario promettendosi di farlo almeno una volta alla settimana – prima era un diario, ora è Tom – , ma non ricorda esattamente attraverso quali tappe “una volta” si sia trasformato in “tutti i giorni”. Non ci fa troppo caso; non è così difficile mentirsi, ignorare il fatto che le sue abitudini, le sue giornate – i sorrisi di Harry – hanno meno senso se non c'è nessuno a cui raccontarle.
Ginny adora la grafia di Tom: così sottile e raffinata, ma mai leziosa. È bella, ed è sincera, nella sua assenza di riccioli e curve inutili. Non pensa che sia possibile, con una calligrafia così, scrivere altro che la verità.


 
Non pensavo che mi avresti scritto anche oggi, cara Ginevra.
Avevo bisogno di te.


*


Tom ha un cuore d'oro perché vuole che si parli sempre di lei; Tom è l'amico ideale perché sa ascoltare.
Anche le cose più stupide, i particolari più inutili, le giornate più insignificanti. L'aiuta con le materie che deve studiare, le spiega come rendersi simpatica ai compagni, a piacere a tutti, ad essere forte. È proprio Tom a far sbocciare in lei la determinazione, è lui ad accendere quel bagliore nel profondo dei suoi occhi.
Se vuoi una cosa, cara Ginevra, non devi limitarti a volerla. Devi considerarla già tua.

Tutti si rendono conto di come lei sia cambiata – in meglio – . Fred le lancia strane occhiate, Ron le chiede cosa sia successo.
Niente, risponde lei, mentendo. Tom è successo.
Tom che è un vero amico, Tom che le ha aperto gli occhi.
Quando Ginny guarda Harry, Harry è già suo.

Sì, Tom le ha aperto gli occhi. Forse è per questo che ormai è così difficile chiuderli.
Perché dormire quando Tom non dorme mai?


*


Quando Ginny si guarda allo specchio, si vede pallida e spenta, con gli occhi scuri segnati da ombre viola. Ma Tom le dice che è comunque bellissima, che è solo stanchezza; Tom le ha insegnato a stringere i denti e andare avanti. Se non fosse per lui, non si alzerebbe neanche dalla poltrona davanti al camino. Ginny si accorge dei giorni che passano solo quando li riassume nel diario: solo sulla pergamena ruvida del diario sono importanti, solo lì può viverli davvero.
I volti dei suoi compagni sono sempre un po' sfocati, imprecisi nella sua memoria, come se li avesse visti tanto tempo prima, in vecchie fotografie. Pazienza, pensa Ginny. Non c'è niente da raccontare su di loro. Solo Harry conta. Harry e i suoi capelli neri, Harry e i suoi occhi verdi.


 
Hai visto Harry, oggi?
Sì, con Ron e Hermione.
Tom sa tutto su Ron e Hermione- in effetti, Tom sa tutto quello che lei sa.
Ecco perché Ginny rimane spiazzata, quando le parole che emergono le chiedono,
Ti piace Hermione?
Corrugando la fronte, Ginny immerge la piuma nell'inchiostro,
Caro Tom, certo, perché non dovrebbe piacermi? È simpatica, è mia amica.
Sì, però- pensaci. Quando Harry la saluta sorride?
Queste parole impiegano un minuto intero per dissolversi, rimangono lì, così nere, così acuminate.
Per qualche strano motivo, le bruciano gli occhi.
Sì, Harry sorride quando saluta Hermione. Ma è normale. Il sorriso con cui saluta Hermione, però, è molto più ampio di quello con cui saluta lei. Nonostante Harry sia suo.
Non ci ho mai fatto caso.
Sei troppo buona, Ginevra.
No, vorrebbe scrivere, ma non ci riesce.
Probabilmente sbaglio, ma mi sembra che la tua cara amica Hermione stia cercando di tenere Harry tutto per sé.
Ginny sente la gelosia bruciarle la gola col suo sapore di cenere. Spine di un'emozione sconosciuta, così rossa e contorta, trafiggono il suo cuore in aritmia.
Le sue unghie artigliano la copertina del diario.
Sono solo amici.

Sì, Tom le ha proprio aperto gli occhi, ora lo vede chiaramente.
Hermione che sfiora il braccio di Harry, Hermione che lo fa ridere, Hermione che sa sempre tutto; Hermione che non è bella abbastanza, ma neanche brutta a sufficienza.
Hermione che non si meriterebbe niente di tutto questo, perché non è una vera strega.
Hermione che è solo una Mezzosangue.


Una sporca – la osserva da lontano, mentre cammina con Harry –, sudicia – ecco l'emozione rossa che urla e si contorce come una sanguisuga – , Mezzosangue.
Quando Hermione passa l'angolo del corridoio e scompare dal suo campo visivo, Ginny sente l'impellente impulso di correre in bagno a vomitare.


*


Caro Tom, pensi che io sia una persona cattiva?


*


E non è solo Hermione.
Hogwarts è piena di Mezzosangue. Non ci aveva mai fatto caso, prima; ora può quasi sentire il fetore del loro sangue ammorbare l'aria del castello.
Ginny continua a sorridere, perché ha imparato a stringere i denti e non pensarci, ma sta diventando sempre più difficile.
A pranzo, nella Sala Grande, nella sua mente vede il coltello conficcato nel tacchino librarsi e crivellare il volto di Colin Canon dall'altra parte del tavolo. Il rumore del suo cranio che si incrina e si sgretola, ancora e ancora – e i lineamenti dolci si trasformano in una maschera di sangue e cartilagine – , non la lascia neppure quando scappa dalla Sala con una scusa e un sorriso tirato. Il giorno dopo, la scena si ripete. Questa volta, però, Ginny sfila il coltello dal tacchino. È freddo, pesante. Lo scricchiolio di teschi rotti le dice di farlo, di farlo ora.


Ginny si sente nauseata, sente la sua testa pulsare di una febbre fredda.
Tom è il suo rifugio, la sua casa lontano da casa.
Posso chiederti una cosa?
Certo.
Ci vuole del tempo per raccogliere il coraggio, e un respiro profondo, e un singhiozzo soffocato.
Hai mai pensato di
Smette di scrivere, ma la pergamena non riassorbe le parole. Sta aspettando.
uccidere qualcuno?
La risposta di Tom arriva lentamente, con la calma di un cadavere che riaffiora in superficie. È breve, brevissima, solo due lettere, ma è abbastanza perché Ginny si senta esplodere di illogica, delirante gioia.
Sì.


*


La cosa più bella è che Ginny non è mai sola, non è mai sola finché c'è Tom.
È un suo compagno di Casa, a distanza di cinquant'anni, un Grifondoro, come lei. Con un diario al primo anno, come lei. Nella sua testa uccide Mezzosangue e la sinfonia delle loro ossa fracassate è il controcanto dei suoi passi. Come per lei.
Quindi lei non è sbagliata, perché è come Tom, e nessuno che scriva con una grafia così elegante e sincera può essere sbagliato.
Ginny potrebbe piangere, ma sorride perché Tom le ha insegnato a farlo.


L'emozione rossa è un tarlo dentro di lei, scava sentieri e apre antri nel suo petto, sanguina ma non cicatrizza.
La marcia di crani spaccati la segue ovunque: durante le lezioni, i pasti, mentre parla coi suoi compagni. È sotto ogni silenzio, è dietro le sue palpebre quando lo sfinimento la fa crollare. Tom le dice che è normale, le dice che tutti pensano ad uccidere ogni tanto, soprattutto uccidere i Mezzosangue – come Hermione che porterà Harry lontano da lei – .


È il 31 Ottobre quando l'emozione rossa sboccia dentro di lei. È un fiore brutto, sanguinolento, coi petali di carne.
Ginny non va alla festa di Halloween, no. Ginny è stanca.
Forse dorme.
Forse si sveglia con le mani sporche di rosso.
Ma nel corridoio c'è Mrs Purr appesa al muro e una minaccia sul muro. Rossa.
Se Lavanda Brown non avesse bussato alla porta, Ginny si sarebbe lavata le mani fino a scorticarsele.


Dove sono stata ieri sera, Tom? Ti prego, è importante. Ero qui? Ero qui?
Sei andata alla festa. Non ricordi?


*


Orde di coltelli e incubi con occhi da rettile la aspettano, accovacciati tra le pieghe del suo cuscino.
Sono allucinazioni di giorno. Sono scelte di notte.
Ginny ha undici anni e scappa. Nel camino il fuoco brucia tutta la notte come una stella morente e sembra sussurrare, Consumati.


*


Sta impazzendo.
Quando si guarda allo specchio, vede le occhiaie colarle in lacrime viola sulle guance.
L'insonnia le sta sfibrando l'anima, lentamente; ma si sente bene- benissimo. Solo un po' stanca. È la scuola, è Harry, pensa, osservando i suoi occhi iniettati di sangue. Quando Colin Canon si siede di fianco a lei a Incantesimi, la marcia rischia di assordarla, il fetore del piccolo Mezzosangue le fa salire un conato di vomito. Lui le sorride e lei gli sorride. È diventata bravissima a farlo. Quando Colin inizia a scrivere, può quasi vedere il fango putrido che scorre nelle vene in rilievo sul suo polso.
Se solo ci fosse un coltello, se solo ci fosse un coltello-
Ginny si gratta un polso, per minuti, per ore, immaginandosi vene recise e fontane di vermi.


Secondo te, si può diventare pazzi? Sono pazza, secondo te?
Non sei pazza. Sei perfetta.
Mi vorresti bene anche se lo fossi?


La stanchezza è fumo grigio negli occhi, un torpore intossicante; è così difficile distinguere un giorno dall'altro, una settimana da un secondo. Il tempo ruota coi suoi carri di stelle, ma lei lo intravede appena, ecco, un turbinare sfocato.
Ginny non può dormire. Ginny si gratta le croste sui polsi, se le strappa per vederle sanguinare. I muri sussurrano quando lei non li guarda.
Ginny non ha paura di sognare.
Ho paura di svegliarmi, Tom.
Ogni volta che apre gli occhi è sempre un po' più stanca, sempre un po' più sporca. Che siano le mani rosse, o le piume sulla divisa, o la ruggine che le cresce sugli occhi.
Perché sei saggia. Sai che le conseguenze di un sogno non possono toccarti, finché stai sognando.
Le conseguenze dei suoi sogni – lo sa, per qualche motivo, qualcuno gliel'ha detto ma non ricorda chi – sarebbero l'enorme muta di un immerso serpente, spire biancastre e abbandonate. Le sue squame sarebbero il viso scuoiato di Colin Canon, una geometria di file e file di volti identici deformati dal terrore.
Devi solo tenere gli occhi aperti, cara Ginevra. Non dovrai mai svegliarti, se non ti addormenterai.
Ginny ci prova; ci sta provando, veramente, sciolta come una chiazza di veleno sulla poltrona davanti al camino. Tom le ha aperto gli occhi ed è solo normale che adesso pretenda che lei continui la sua opera. Qualcosa dentro di lei, però, non si arrende. C'è una piccola, piccola consapevolezza di qualcosa di molto sbagliato – odore di marcio sulle sue mani –, che vibra là dove il suo sguardo non può trovarla. Ginny non può sognare perché, perché, perc-
Le radici del fiore di carne spingono contro il suo cuore.
Ginevra, devi ascoltarmi. Devi tenere gli occhi aperti. Non. Devi. Dormire.
C'è una stellina sulla 'i', quindi Tom lo dice per il suo bene.


Pensano che sia una malattia. Percy, Ron, Fred e George. E (forse) Harry. Soprattutto (forse) Harry.
La guardano preoccupati, ma non troppo, perché ci sono preoccupazioni più grandi. C'è un mostro nella scuola, ma la vera paura è chi lo sta risvegliando.
A me sembrano sciocchezze, Ginevra. Perché darsi da fare per risvegliare un mostro quando chiunque può diventare un mostro?
Non perdere di vista il vero problema.


[Harry è il problema, Hermione, i Mezzosangue, il loro fetore, e le loro ossa sporche e fragili; le sue urla, quando in bagno l'isteria la dilania perché Tom non può vederla, non sono il problema]

Pensano che sia una malattia. Pensano che non sia importante. Non lo è, infatti.
È una cosa normale sentirsi gli occhi scivolare fuori dalle orbite, è una cosa normale vedere i propri bulbi oculari cadere con un tonfo umido, schiacciarli fino a ridurli a gelatina sanguinolenta. Così, rimanere cieca. Ginny sarebbe cieca ma i colori li vedrebbe tutti. Se cadessero veramente i suoi occhi, Ginny si chinerebbe per raccoglierli. Non sono più suoi, del resto. Li ha regalati a Tom, perché Tom è un vero amico e sa usarli meglio di lei. Ginny era tanto sciocca, prima che arrivasse Tom.
Ora Tom le graffia via le palpebre, quando vuole che apra gli occhi – le vene del polso di Colin Canon, un coltello, Hermione che sfiora un braccio a Harry – ; le torce le ciglia verso il basso, quando vuole che li chiuda; ma mai per dormire, perché ci sono le scelte, là, le mute di serpente, e Ginny poi sarebbe costretta a svegliarsi.
Ogni tanto, però, Ginny crolla nel suo letto, trova qualche ora di conforto nel nero dello svenimento. Non è proprio dormire – non si sveglia, rinviene –, ma sta comunque disobbedendo a Tom. Non le piace disobbedire a Tom. Per niente. Tom potrebbe offendersi. Tom le ha aperto gli occhi e potrebbe anche strapparglieli.


Tom potrebbe anche perdere la pazienza.


*


I muri sussurrano, Segui il serpente, segui il serpente, segui-
Ginny non è sveglia, ma non dorme. Il suo è il mondo diafano del coma, la vita pulsa per forza d'inerzia. Lei è Atlante al rovescio, non può addormentarsi perché deve tener ben saldo il mondo sotto i suoi piedi. Non può chiudere gli occhi – mai per dormire, mai per svegliarsi, mai – . Lacrimano dallo sfinimento e bruciano, e lei sorride, però, un sorriso larghissimo, perché Tom le ha spiegato che si sorride così.
Ti prego Tom ti prego non
L'inchiostro schizza e cola sulla pergamena vomitando lingue nere.
ce la faccio più sto così male perc
Smettila.
Le parole emergono di scatto, con angoli duri pieni d'odio; ma è la grafia semplice di Tom, quindi è ovvio che sia solo il rimprovero di un amico.
Oggi, cara Ginevra, ti insegnerò un sogno.
Ma Tom non posso dormire mi hai detto che
Siamo Grifondoro, Ginevra. Non ti fidi di me?
Ginny si chiede se sia possibile morire soffocati dai singhiozzi. Sì, mi fido, mi fido, dicono i singhiozzi.
Sono uguali, lei e Tom, sono Grifondoro; Tom le vuole bene, Tom è così dolce, Tom desidera solo aiutarla, e per Tom lei è Ginevra, adulta e responsabile e infestata da fiori di carne. Ginny annuisce come se il diario potesse vederla.
Il diario la vede.
Dovresti sapere, allora, che non ti costringerei mai a fare nulla contro la tua volontà.
Con una risata scolorita, Ginny crolla contro lo schienale della poltrona. Che amica ingrata che è. È disgustosa. Le croste sanguinano.
Tom non la costringe mai a fare nulla; lui chiede, e non è colpa di nessuno se Ginny non conosce altra risposta che 'sì'.
Non devi dormire per sognare questo sogno.
Non devi neanche svegliarti.


Angelina Johnson nota il vecchio diario di pelle, quello che Ginny Weasley tiene sempre con sé, abbandonato sulla poltrona davanti al camino. Lo prende, senza aprirlo, e lo nasconde sotto al cuscino della bambina. Sorride, pensando a quanto sarà sollevata quando lo ritroverà, tutti i suoi piccoli, meravigliosi segreti da undicenne al sicuro.
Non si chiede come mai Ginny Weasley non sia ancora nel suo letto.


*


Quando Ginny apre gli occhi, scopre di averli già aperti.
Non ha dormito: Tom non le ha mentito, perché è un Grifondoro. Ha fatto un bel sogno, però.
Non se lo ricorda.


[Ginny cade nel diario e ad aspettarla c'è la pietra dei corridoi di Hogwarts, davanti al bagno delle ragazze.
Striscia Ginny, striscia sul pavimento che non dovrebbe esistere, non dentro al diario.
In piedi, davanti ai lavandini, c'è un ragazzo. È bello, pensa Ginny con la mente che non dovrebbe avere. Assomiglia ad Harry, ad Harry se fosse più adulto e – gli occhi grigi – più folle, ad Harry se Harry fosse più come Ginny lo vorrebbe. Quando il ragazzo muove le mani, qualcosa lo tradisce, così, – le dita lunghe, eleganti, le ossa dei polsi appena sporgenti – e Ginny, il verme che striscia, capisce. Capisce che il ragazzo che non dovrebbe esistere è Tom.
Qualcuno sta piangendo, dietro la porta di uno dei due bagni, una ragazza, una vocetta patetica e infantile; e qualcosa ruota, sotto il bagno, qualcosa spinge per uscire: un'ombra, una scelta, un serpente. Tom sussurra e sibila come fanno i muri, e poi sorride – è il sorriso di Harry quando la saluta? – .
La porta del bagno si apre e la porta sotto il bagno si apre. Ginny può solo strisciare.
Ginny si è sbagliata, stupida e ingenua Ginny, non c'è nessuna ragazza nel bagno nel diario; solo un cadavere che prima piangeva, e Tom che l'osserva con il suo sguardo luminoso da artista. La scelta ha gli occhi gialli, una lingua saettante color carne marcia, e ha dormito per secoli nella sua bara di statue e acqua.
Chiunque può uccidere, chiunque può essere un mostro. Anche un verme.
Transtulit sanguinis*.”
Ginny è sul suo letto e non sta strisciando. Il diario è sotto il suo cuscino, ma lei sa cosa c'è scritto sulla prima pagina.
Nel suo petto, radici di carne le stringono le costole e petali viscidi si chiudono sul suo cuore.
Ora sai cosa fare]


Ha fatto un bel sogno e tutte le sue preoccupazioni sono svanite. Non le importa più di svegliarsi e morire. Non disobbedirà mai più a Tom, gli occhi di Ginny sono solo suoi.
Nei corridoi gli studenti urlano sussurrando perché Colin Canon è coricato su una barella e non respira, ma la cosa non sfiora neanche il sorriso perfettamente studiato di Ginevra Weasley.


*


Qualcosa è sbagliato, però, le suggerisce il tempo che passa.
Niente di importante, no, Ginny non vuole insinuare questo; ma qualcosa, dei dettagli – il fatto che allo specchio Ginny sembri un cadavere, o che Colin Canon sia solo una statua grottesca dimenticata su un lettino dell'infermeria – .
Ha fatto un bel sogno, la notte in cui Colin è stato attaccato.
Non fartene un cruccio, Ginevra. Era solo un Mezzosangue.
Ginny pensa alle vene sui polsi di Colin Canon e prova ad immaginarsele piene di fango. Ci riesce a fatica. I teschi rotti tacciono. I muri alzano sempre di più la voce, però. Ecco, qualcosa di sbagliato. Ma alla mattina, rialzandosi dal tiepido nulla del collasso, è sempre più stanca. È difficile badare a cose così inutili.
Un giorno, però, la bambina si sveglia tremando con uno strano e sciocco – così inutile, ripete Tom, che ha sempre ragione – senso di colpa.
Dimenticatene.
Non è un ordine, è una domanda senza domanda e la risposta è sì, sì, sempre. Del resto, se si è dimenticata un bel sogno, le sembra solo equo dimenticarsi anche un incubo.


È un caso, veramente; è un caso.
Perché Ginny sta tornando nella Sala Comune per scrivere al suo caro Tom e sicuramente, se la porta dell'ufficio di Gazza non fosse aperta, non si fermerebbe. Non si fermerebbe a guardarla, non sbircerebbe dallo spiraglio e, soprattutto, non vedrebbe un nome scintillare su una placca riposta sullo scaffale. “Tom Riddle”, in lettere chiare e scolpite. Il sorriso di Ginny è largo e le scopre tutti i denti, come Tom le ha insegnato.
Corre subito in biblioteca, ovviamente: lei vuole sapere tutto su Tom. Tom è la persona migliore che conosca, non la stupisce che abbia reso “Servizi speciali alla scuola”. Ginny lo cerca sulla lista di studenti premiati perché vuole sapere esattamente cosa abbia fatto. Qualcosa di meraviglioso, senza alcun dubbio. Tom, con la sua grafia sincera; Tom è come Harry, una di quelle persone nate per essere grandi e cambiare il mondo.
[Una parte di lei si ricorda del suo sguardo grigio da artista fisso sul cadavere di una ragazza e rabbrividisce dall'estasi]
Ginny legge registri e registri pieni di nomi, prima di trovare quello che cerca. “Giugno, 1942, Tom Riddle,” c'è scritto, “già distintosi come attento Prefetto della Casa Serpeverde”. La bambina annuisce: non potrebbe essere altrimenti, Tom sembra una persona così diligente e cordiale. La sua curiosità, stranamente, svanisce all'improvviso, facendole chiudere il registro con un colpo secco. Ginny torna alla Sala Comune, ma non scrive a Tom.


La bugia impiega qualche ora ad entrarle in circolo, affonda lenta come una carcassa nel fango.


“Giugno, 1942, Tom Riddle, già distintosi come attento Prefetto della Casa Serpeverde”, mormora tra sé e sé come fosse un curioso indovinello.
Serpeverde,” ripete con calma, e in quel momento muore un pochino. Così. Un rumore di vetri rotti.
[Tom è un Grifondoro quindi Tom è uguale a lei quindi Tom non le mentirebbe mai quindi Tom le vuole bene quindi per Tom lei sarà sempre 'Ginevra']
Se Tom non fosse un Grifondoro– Il delirio di una bambina ingenua è una scala a chiocciola ed è così facile salirci; ma in discesa ogni gradino diventa un minuscolo, insoluto suicidio, e non sa se i suoi piedi raggiungeranno mai il primo. Ginny vorrebbe piangere, veramente, ci prova, sente gli occhi pieni di spilli, ma non ci riesce.
Può solo sorridere col sorriso di Tom ormai, labbra tirate e denti scoperti, e ridere via tutto il suo dolore.
Nel fiore di carne che Tom le ha donato ci sono petali marci e dolci lusinghe, odio affilato e radici di tetano. Ma se scava bene, se scava e affonda fino ai gomiti tra le sue spine, può vedere qualcosa, sì, una foglia vicino al suo cuore. Verde. Giusto. Ha imparato anche questo da Tom, dopotutto. Se vuoi una cosa, cara Ginevra, non devi limitarti a volerla.
Cosa vuole Ginny?


Ginny sta ancora ridendo e ha il diario in mano, la copertina ruvida e scura che profuma di casa e pazzia. Se Tom fosse stato un Grifondoro avrebbe potuto mentirle per sempre, avrebbe potuto usarla e gettarla come un verme a strisciare. Se Tom fosse stato un Grifondoro avrebbe potuto chiamarla Ginevra per tutta la sua vita.
È un grido disumano quello con cui butta il diario nel bagno delle ragazze – guarda le pagine ingiallite gonfiarsi d'acqua e si chiede se i ricordi possano annegare – ; è una preghiera che le sfigura il volto, una maledizione che le graffia la gola. I muri tacciono. Ora sente l'eco del suo cuore. Lo abbandona in una pozza, vicino ai lavandini; se ne va e non si volta, corre e si accascia sulla poltrona nella Sala Comune. Dal camino serpeggia un unico filo di fumo. C'è ancora una fiamma sotto la cenere, ma impiegherà tutta la notte per soffocare.
È questo che voleva?
Dentro di lei, i petali brillano di sangue fresco.
Se Tom fosse stato un Grifondoro, Ginny avrebbe potuto amare Tom come ama Harry e amare Harry come ama Tom.


Vorrebbe non sentirsi così prosciugata, vorrebbe una rabbia viva e violenta, vorrebbe detestarlo; non così. Non questa metastasi d'odio, non queste radici secche ancora piantate dentro di lei. L'unica cosa che prova è stanchezza, e disgusto per quel fantasma raccapricciante nello specchio, con gli occhi segnati di viola e i capelli rossi. Lo spettro di una stupida, stupida undicenne. Le croste sui polsi, dopotutto, non smetteranno mai di sanguinare. Non finché lei continuerà a strapparsele.
Nonostante tutto, è colpa sua. È lei la traditrice.
Se Ginny fosse stata Serpeverde, sarebbe potuta rimanere per sempre Ginevra, con una stellina nera sulla 'i'.


*


E una notte si pente e chiede pietà sussurrando ai muri. Scivola fuori dal dormitorio e corre nel bagno delle ragazze, scalza, l'acqua che schizza sporca e fredda sotto i suoi talloni. Su quel pavimento ha strisciato, una volta, si ricorda. Tanto tempo prima, in un sogno. C'era una voce che piangeva e poi una voce che non piangeva più. Occhi grigi, mani eleganti, le ossa dei polsi appena sporgenti; l'artista davanti all'orrore ha lo sguardo che brilla di stelle. Tanto tempo prima, però. Non è importante che sia importante, il pensiero affonda come parole di inchiostro nella sua mente, e la confusione la fa tremare, la pozza ondeggia gelida contro i suoi piedi nudi.


Controlla ovunque. Il diario non c'è più.
Ginny smette di cercarlo quando si ricorda di non volerlo trovare.


Ginny è un'ingenua, perché è veramente convinta di poter ricominciare a vivere. La cosa più ridicola è che pensa veramente, povera stupida, di poter parlare con tutti questi Mezzosangue e ridere insieme a loro senza ricordarsi dello sporco che annerisce il loro sangue; di poter sorridere con un sorriso che non sia quello che le è stato insegnato. Crede davvero di poter guardare Harry e vedere solo lui. Harry è gentile, bello, nobile ed eroico– ma come può Ginny dimenticarsi che Harry sarebbe Tom, se solo non fosse un Grifondoro?
Ginny è un'ingenua, perché è sicura di poter ignorare il diario sgualcito che un giorno scorge nascosto tra i libri di Harry.
All'inizio ci riesce davvero: lei dovrebbe odiare Tom, detestarlo; Tom le ha mentito, Tom l'ha fatta soffrire.
[Tom l'ha trasformata in un mostro, Tom l'ha fatta strisciare davanti a un cadavere]
Non vuole averci più niente a che fare. Mai più. Poi, però, pensa a Harry. Non vuole che Tom faccia male anche a lui, non lo sopporterebbe. Non deve sforzarsi per immaginarselo: Tom lo conquisterebbe con poche parole, con la sua grafia elegante e le sue bugie al miele; Harry si lascerebbe irretire, passerebbe le sue giornate chinato sul diario a ridere e scrivere segreti – quant'è stupida Ginny, scriverà, non la sopporto, è così inutile – . Tom gli darebbe ragione. Tom gli racconterebbe di tutte le sue patetiche confessioni, di tutte le volte che lei ha pianto, e Harry lo troverebbe divertente. Tom amerebbe veramente Harry e non gli mentirebbe; Harry sorriderebbe al diario nel modo in cui non sorride mai a lei. Ginny piange, nascosta sotto le coperte.
Tutto quello che vuole, deve immaginarlo già suo.


Ginny si ripeterà tante volte di aver sottratto il diario dalla borsa di Harry per salvarlo. Perché lei è altruista, lei sa essere eroica: come Harry, Hermione, Ron, e tutti gli altri. Anche lei ha imparato a sacrificarsi, concluderà così. Una parte di lei, però, la parte di lei in cui le radici scavano i propri cunicoli, saprà sempre di averlo fatto per gelosia.
Di chi, però, non ricorda.


*


Ginny non ha mai avuto paura del buio, né compreso cosa vi trovino i bambini di tanto spaventoso.
Lo capisce ora, rannicchiata davanti all'ultima luce del camino, col diario tra le mani che le bruciano dal freddo.
Passa tutta la notte a fissarlo, e quella dopo, e quella dopo ancora: non può scrivergli, non può scusarsi, non può scappare. Ginny si immagina la rabbia di Tom come qualcosa di così gelido e grande da sembrare giusto. È tutta colpa sua, sì, tutta colpa sua; stupida, piccola, tremante Ginny nella sua camicia da notte quando il fuoco nel camino muore.


Finché una sera non si addormenta. Quando si risveglia, sente lingue di caldo lambirle le guance. Qualcuno ha riacceso il camino.
Forse, pensa, annebbiata dal sonno, forse è stata la persona che le sta accarezzando la testa.
Sono dita lunghe quelle che la stanno sfiorando, mani eleganti; affondano e scorrono tra i suoi capelli, con le ossa dei polsi lievemente sporgenti che le solleticano la pelle. È un ragazzo, vede quando socchiude gli occhi, i capelli scuri e la sagoma sottile.
“Harry,” sussurra ingenua, con voce roca.
“Oh no. Mi dispiace, Ginevra.”
Sono gli occhi – grigi, freddi, folli – che riconosce, anche se li ha visti solo in sogno; è la voce che riconosce, anche se non l'ha mai sentita prima. Se quelle parole vivessero su un foglio di pergamena ingiallita, sarebbero scritte con una grafia elegante e onesta. Ginny prova a sollevarsi, prova a correre via, ma la mano tra i suoi capelli diventa una morsa.
“Resta pure sdraiata, non scomodarti.”
Tom sorride col suo sorriso sintetico, fatto di labbra perfette e denti candidi.
'Ti prego, Tom, ti prego,' vorrebbe urlare, ma quando Ginny apre la bocca non esce nulla, una lama invisibile le ha reciso le corde vocali. Solo allora nota che la sua bacchetta è in mano a Tom.
“Ti perdono, Ginevra. Ma solo se mi farai un piccolo favore, sì?”
Non è un ordine, anche se le unghie di Tom le si stanno piantando con mezzelune rosse nel cranio, anche se non è più un Grifondoro; è una domanda che non necessita alcuna risposta. Sì, sì, questa è la mia anima, questi sono i miei occhi, prendili–
“Sapevo di poter contare su di te.”
Tom le sfiora una guancia, la punta delle dita bagnata di sangue.
“Puoi sognare questo sogno per me, cara Ginevra?”

Ginny cade nel diario e ad aspettarla c'è la pietra dei corridoi di Hogwarts, davanti al bagno delle ragazze.
C'è una vocetta, fastidiosa, stridula, che piange, e lei cammina lenta dentro al bagno. Si sente stranamente calma, sa cosa accadrà. Perché lo sa?, si chiederebbe in un altro momento, in un luogo lontano dalla stanza che esiste solo nel diario. Sarebbe una domanda molto sciocca. Lei lo sa perché è già successo. 'Ricordare è rivivere', sussurra Ginny con una voce che non è sua, suadente e sincera, 'Ricordare è una vita eterna.'
Non si è mai sentita meglio. Le scaglie le sono cadute dagli occhi. Ora vede. Si sente vuota dentro, ma è un vuoto meraviglioso, un ordine sublime. C'è solo un fiore, rosso e immortale. Ginny nello specchio del bagno è un ragazzo alto e sottile, con gli occhi grigi pieni di estasi d'artista.
Ginny sibila, soffiando via polvere da parole sepolte da quasi un millennio. I muri la sentono, i muri rispondono. Il pavimento che non esiste ruota e nei lavandini si apre un antro nero; i cardini di una porta ruotano e la vocetta smette di piangere. Con un fruscio di scaglie, ecco, – Ginny esulta e nello specchio il sorriso del ragazzo è candido e simmetrico – l'enorme ombra di un serpente, i muscoli tesi, gli occhi giallo ambra e le zanne viola di veleno. Ginny ha scelto, quindi. Non striscerà mai più. Anche un verme può alzarsi, anche un verme può essere un mostro.
La vocetta è un urlo di terrore.
Ginny guarda la vita abbandonare la ragazza nel bagno, e trova la Bellezza nel movimento esatto con cui il suo cadavere si schianta al suolo. Se questo è il costo della perfezione, si chiede, perché mai dovrebbe essere sbagliato? Dentro al diario, la bambina solleva una bacchetta che non le appartiene con una mano troppo pallida e elegante; fruga nelle pieghe del mantello, estrae un libro, no– un diario.
Sa cosa deve fare. Dopotutto, l'ha già fatto. Ginny si strappa l'anima in due.
Nello specchio ci sono una bambina che urla e un ragazzo che ride.
Transtulit sanguinis.”
Un ricordo, metà di loro, un fiore, nel diario dentro al diario. Per sempre.
Ginny è nel suo letto, ansima tra le coperte appiccicate di sudore e, questa volta, ricorda.
È consapevole, è rassegnata, quando, accarezzando con la punta delle dita le spine dentro di sé, apre la Camera dei Segreti.
Ginevra, il mostro con una stellina sulla 'i'.


*


È colpa sua se Colin Canon è una statua in infermeria, è colpa sua se Penelope Light è una statua in infermeria, è colpa sua se Hermione Granger – che peccato, come farà Harry ora a salutarla sorridendo? – è una statua in infermeria.
E ancora non basta per farla smettere. Più che una preghiera di espiazione, sembra una lista di tutti i suoi successi.
Ora Ginevra è stata anche Tom, e non le basta più essere Ginny. Ora vede oltre al velo, ora vede con chiarezza tutto quello che è successo – l'insonnia, il terrore, le bugie – e sa che si ripeterà. Non le importa. Perché ora lei può essere Tom e avere Harry. Non dovrà più scegliere. Non sarà mai sola con un'anima a metà. Quell'apatia che sente è illuminazione prematura.


Quando Tom si china sul suo letto, nel buio, prima di farle sporcare le mani di sangue, le sussurra,
“Cosa vuoi, cara Ginevra?”
Qual è il tuo prezzo?
Se avesse un'anima tutta sua forse scapperebbe, se avesse degli occhi solo suoi forse li chiuderebbe.
Invece risponde – la risposta è sempre la stessa – .
“Potresti,” esita, la voce esile da bambina si perde nella densità del silenzio, “potresti abbracciarmi, Tom?”
La cosa più strana è che, quando Tom la stringe, il suo mantello profuma; il suo corpo è solido e caldo contro di lei, così fragile e fredda. Nascosta tra le braccia di Tom, si chiede chi di loro sia veramente un ricordo.
Ginny conta i petali del fiore dentro di sé attorcigliandoli con l'indice e mormora, M'ama, non m'ama, m'ama, non m'ama- Non riesce mai a scoprirlo perché dopo l'ultimo petalo ce n'è sempre un altro, e dopo quello un altro ancora. Ha già una vaga idea di come andrà a finire. Ora sa cosa significhi essere Tom, pensare con la sua testa, vedere con i suoi occhi grigi. Anche Ginny, se fosse in lui – e lo è, scalza nelle pozze d'acqua nel bagno delle ragazze – , farebbe lo stesso.
Ogni giorno Ginny dona qualche soffio di vita a Tom, e ogni notte lui la uccide un po'. Vivi a metà, ricordi a metà. Tom alla fine avrà la sua vita perché se la merita. Ginny sarà il ricordo dissanguato nelle segrete. Va bene così. Nel tempo che le rimane i colori saranno più brillanti – è Tom che ha i suoi occhi, la renderà un'artista – e tutto quello che vuole sarà suo. Tom sarà suo perché lei sarà Tom, e Harry sarà suo perché Tom lo irretirà.
Il prezzo da pagare per la perfezione è una schiera di statue in infermeria e una morte sistematica, che la porta via a frammenti.
E Tom la stringe tra le sue braccia sempre più calde, le sfiora i capelli con le sue dita eleganti e mormora,
“Quando ucciderò Potter, ti regalerò i suoi occhi; ti piacciono così tanto i suoi occhi. Li potrai tenere sul tuo cuscino, guardarli mentre ti addormenti.”
Ginny è gelida nel suo abbraccio rovente. Tutto andrà bene: lei, Tom e Harry. Felici nelle sue bugie.
“Anzi, no. Quando ucciderò Potter, prenderò il suo corpo. Non ti piacerebbe, cara Ginevra?” Le labbra perfette di Tom bisbigliano bruciandola, si incurvano, come se le stesse rivelando il più meraviglioso dei segreti, “Se ucciderai Potter, Ginevra, potrai averlo per sempre.”


Ginny però è troppo codarda per essere felice. Ginevra ha il coraggio di Tom e il suo sorriso, Ginevra è il mostro– Ginny è il verme, Ginny ha undici anni.
Ginny è una codarda e corre da Harry come un ratto, un lurido ratto con gli occhi incrostati di lacrime e il naso che cola muco. Ci prova la piccola bastarda, a spifferare tutti i loro segreti. Per fortuna nessuno la prende sul serio, per fortuna nessuno l'ascolta. Percy parla e Ron parla e Harry – non esita un solo secondo – parla.
La parte peggiore per la traditrice arriva quando i suoi eroi la lasciano sola con i suoi segreti.
Anche Ginny, con tutta la sua inesauribile stupidità, può capire che adesso Tom non potrà non punirla.
Tom sa. Tom è furioso. Tom è un viso contratto dal disgusto e labbra che non conoscono l'anatomia di un sorriso sincero. Ginny ha rovinato tutto.
“È così, dunque, che ripaghi la mia gentilezza.”
La sua voce è quella di sempre, il tono dolce e garbato. È terrificante.
Ginevra conosce i pensieri di Tom perché lei è Tom.
Non tenta neanche di scusarsi. Non tenta di sottrarsi al suo potere, che le muove gli arti con la grazia scomposta di una marionetta.


È finita, pensa, affondando le mani nel sangue, tracciando maledizioni monumentali sul muro del corridoio.
'Il suo scheletro giacerà nella Camera per sempre'
Lo scrive perché Tom glielo chiede e perché il suo scheletro giacerà nella Camera per sempre. Si chiede se farà male diventare un ricordo.
Nel bagno delle ragazze, il sangue è rosso sulla ceramica del lavandino quando lei si sciacqua le mani; nel bagno delle ragazze, la voragine che affonda nel profondo del suolo è nera, ma Ginevra è coraggiosa e determinata e cammina senza esitazioni verso il teatro della sua esecuzione.
Non è mai stata nella Camera dei Segreti, ma, in qualche modo, l'ha sempre conosciuta. Tutti conoscono la propria tomba. La sua non ha angeli di pietra ma colossi grotteschi, una bocca spalancata e muta; non avrà crisantemi, ma ossa di innocenti. Con il diario stretto al petto, Ginny aspetta al centro della sala, aspetta di essere sepolta.
Quando Tom esce dal diario, le ginocchia della bambina crollano sotto il peso della sua realtà.


Dietro il nero delle sue palpebre può quasi vederli, gli occhi grigi da carnefice di Tom.


*


Ginny pensa veramente di essere morta. All'interno di una bara d'acqua, ogni rumore è confuso e distorto, lontano.
Sente Tom dire, “–piccola, sciocca Ginny–”, e quello fa un po' male, perché lei per Tom dovrebbe essere Ginevra con una stellina sulla 'i'. Non lo biasima, però, non lo detesta. Odia solo se stessa, per essersi districata dal loro intrico di spine. [Sarebbero stati felici per sempre]
'Ginny' fa un po' male, sì, ma tutto il resto è nulla, anestesia. La cosa terribile della morte è che si è completamente soli.
Ginny si lascia annegare di nascosto, senza che nessuno la noti.
Ginevra resta e serra i denti, torce le radici dentro di sé per concentrarsi sull'ultimo respiro che le rimane.
È allora che un miracolo la salva.
Il miracolo è un dolore inimmaginabile che le squarcia il petto, è l'urlo di Tom che si schianta contro la sua bara con la forza di un maremoto. E Ginevra lo può sentire chiaramente, come si trattasse di un prolungamento del suo cuore, il diario. Un pugnale lo trafigge, una, due, tre volte, e l'incendio che sente contro le sue ossa è il veleno che sta bruciando le pagine di pergamena. Può sentire la sofferenza di Tom come se fosse sua, perché lo è. Nel momento in cui l'urlo di Tom si estingue, il suo comincia.
Quando apre gli occhi, di scatto, sussultando come un affogato, vede il diario dilaniato e una zanna mostruosa sporca di sangue.
Le viene quasi naturale chiudere gli occhi e sperare di riaddormentarsi per poter continuare quel sogno, in cui lei era Ginevra e Tom nello specchio, in cui il prezzo da pagare era sempre troppo alto e la felicità una bugia meravigliosa. Non funziona.
“Ginny,” la chiama Harry, “Ginny– ”


Nel letto dell'infermeria tutto è bianco e privo di importanza: il tempo, le coperte, le persone che le chiedono ancora e ancora, Come stai? Ti senti meglio? Come stai?–
Bene, è la soluzione a tutti i suoi problemi, la chiave per qualche minuto di silenzio, Meglio; bene, grazie.
Solo Harry la guarda con una punta di sospetto, come se avesse intuito qualcosa, come se potesse sentire il profumo del fiore rosso che ancora non l'ha abbandonata. Ma, no; no, le sorride, le dice che Hermione ora sta bene. Oh, sono così contenta, sospira lei.
Del resto Harry ha solo dodici anni, solo uno più di quanti ne avesse Ginny. Non può ancora capire certe cose.
Non capisce che non si può uccidere un ricordo.
“È finita,” le dice, convinto della propria grandezza, compiaciuto dal proprio eroismo. Pensa di averla salvata.
Ginevra sorride con il suo sorriso sintetico.


La cosa più buffa è che nessuno si accorge che sia Ginny ad essere morta.







 
**





Tutto cambia senza mai cambiare. Un ricordo è come un parassita, muore solo quando l'ospite muore.
'Lieto fine' è il momento in cui tutti si dimenticano della storia e passano a raccontarne un'altra.


Tom rimarrà sempre parte di lei, metà della sua anima lacerata.
Tom è la scossa d'odio che l'attraversa ogni volta che Harry trionfa e la rabbia quando lo bacia, sarebbe così facile strappargli le labbra a morsi.
Tom è il Molliccio che Ginevra scaccia da un vecchio armadio alla Tana. Fred e George la prendono in giro: come può un ragazzo alto dai lineamenti fini e l'aria seriosa essere ciò di cui lei ha più paura? È proprio una ragazzina, ridono, lei e tutte le sue cotte. Sotto sotto ne sono felici perché, in un mondo in cui gli incubi ritornano, bisogna essere particolarmente innocenti per aver paura dell'amore. Lei vorrebbe spiegare quanto si sbaglino. Vorrebbe mostrare ai gemelli i suoi occhi folli e grigi illuminarsi davanti a un cadavere.
Tom è il profumo dell'Amortentia; il suo mantello, la pergamena del diario, l'aroma di petali di carne.
Tom è la felicità devastante che le fa esplodere il cuore per un istante quando pensa che Harry sia morto.
Tom è la ferocia con cui le sue unghie graffiano la schiena di Harry fino a farla sanguinare la prima volta che fanno l'amore. Quando vede i suoi occhi verdi guardarla dal cuscino, pensa che, dopotutto, Tom ha mantenuto almeno una promessa.
Tom è la sua risposta quando Harry le chiede, con finta noncuranza, “Ginny, qual è il tuo fiore preferito?” Ginny avrebbe detto 'papavero', ma lei è Ginevra e risponde, “L'Anthurium rosso,” senza esitare. L'espressione di Harry è poco convinta quando, al loro matrimonio, guarda l'altare circondato da fiori così rossi e grinzosi da sembrare di carne. Ma Harry è un marito perfetto e non le dice nulla; Harry è l'uomo che ama e che la ama ed è così romantico quando, per il loro anniversario, le regala un Anthurium. “Ho fatto un incantesimo, sai, alle radici,” sorride, così innamorato, “non appassirà mai.”
E, quando guarda il petalo rosso e gonfio dell'Anthurium che mai sfiorirà, Ginevra non si ricorda più se ami Harry perché è l'unico Tom che può veramente avere, o se ami Tom perché è l'unico Harry che può veramente capire.
Non è importante. I fiori che le hanno donato, dopotutto, sono uguali.











* "Transtulit sanguinis", incantesimo per creare un Horcrux



Note-più-interessanti:

Questo è un Anthurium. È BRUTTISSIMO.
Varie citazioni che potete trovare sparse e rielaborate nella storia: “What you're feeling is premature enlightenment” (Chuck Palahniuk, Fight Club), “There was a star riding through clouds one night, & I said to the star, 'Consume me'” (Virginia Woolf, The waves); e due citazioni da Lolita di Nabokov, “What's so dreadful about dying is that you are completely on your own” e l'espressione “tangle of thorns”/“intrico di spine”. Atlante è il Titano che regge il mondo per la mitologia greca. Ho evitato la sindrome di Stoccolma, ma Freud è ovunque: sia nel transfert dell'amore di Ginny da Harry a Tom e viceversa, sia in “Ricordare è rivivere”. Attenzione: può contenere tracce di Schopenhauer, Nietzsche e arachidi.
È una continuazione, in qualche modo, dell'altra mia storia su Tom, ma si possono benissimo leggere come slegate. Probabilmente il nesso è così debole che ce lo vedo solo io, se strizzo bene gli occhi. Se, invece, ci vedete un pochino di Tom/Harry, vuol dire che ci vedete benissimo. Ho letto troppe (bellissime) storie di Erodiade per impedire che succedesse.


 
  
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