Fanfic su artisti musicali > One Direction
Segui la storia  |       
Autore: madelifje    26/10/2013    9 recensioni
Niall Horan è innamorato di Amy Styles.
Niall Horan ed Amy Styles hanno una figlia.
Amy frequenta il Royal College of Music con Ed Sheeran.
Ed Sheeran ha una cotta per Niall.
Amy Styles è la sorella di Harry.
Harry Styles ha una relazione con Sue, la migliore amica di Amy.
Louis Tomlinson è innamorato della sua amica Sue.
Bella, un'amica di Sue ed Amy, si è sposata di nascosto con Zayn Malik.
La cugina irlandese di Amy, Jules, aveva una relazione con Liam Payne.
-Che te ne pare? -chiesi bevendo la mia cioccolata.
-Un disastro.

____________________________________________________________________________
Seguito di "You always will be my angel" http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1264597&i=1
Genere: Comico, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Harry Styles, Niall Horan, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie '(Im)Perfect life'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


Thief.



Non si sentiva volare una mosca. Mi avvicinai il più possibile a Louis, il quale era pur sempre l’unico "uomo" della situazione e pigolai: –Cosa diavolo è stato?
Nessuno mi rispose. Era bello essere ascoltati.
Un altro rumore mi fece venire la pelle d’oca.
Louis ricomparve con una vecchia mazza da baseball trovata chissà dove.
-Ok, io vado a vedere. –bisbigliò.
-Ma neanche per sogno! –sbottai sottovoce –Tu non ci lascerai qui da sole mentre giochi a fare Batman.
-Allora venite con me.
-Ma non posso lasciare qui Sophie, e nemmeno portarla di là!
-Amy, deciditi. –Sue si torceva le mani. Al contrario di noi, non sembrava spaventata. Solo molto, molto nervosa. Una strana sensazione si fece strada nella mia mente. Prima che potessi darle un nome, un terzo colpo ci fece sobbalzare tutti quanti.
-Ok, andiamo! –disse Louis. Gli tirai un calcio negli stinchi a metà frase per ricordargli di tenere un volume basso. Mentre camminavamo molto lentamente nel corridoio desiderai di avere il passo felpato della pantera rosa. Anche un palombaro avrebbe fatto meno rumore di me.
-Devo starnutire! –fece Louis cercando di reprimere l’impulso.
-Non farlo!
-Ma non posso!
-Hai presente il calcio di prima? Starnutisci e ne riceverai uno molto ma molto più forte.
Deglutì.
Il corridoio di quella casa non mi era mai sembrato così lungo.  Alla fine giungemmo davanti alla porta della camera da letto di Sue e ci si annodò lo stomaco.
-Ci siamo.
Louis strinse la maniglia. Louis fissò la maniglia. Louis deglutì ed aprì di scatto la porta. Louis strillò.
Qualcuno stava cercando di saltare dalla finestra.
Gridammo tutti e quattro (sì, anche lui si lasciò scappare un urletto isterico). Quello che successe dopo è ancora abbastanza confuso.
Sono abbastanza sicura di aver urlato “Louis, fa qualcosa!”. Poi Tomlinson e la sua mazza da baseball si lanciarono verso l’intruso, che aveva qualche problema a scavalcare il davanzale. Senza riflettere, mi tolsi un anfibio e glielo tirai contro. Lo colpii sulla spalla, lui si lamentò e sparì oltre la finestra.
-Cazzo! –io e Louis ci affacciammo, appena in tempo per vedere il ladro rialzarsi e correre a tutta velocità in strada. Tutta l’adrenalina mi abbandonò di colpo e dovetti sedermi tremando sul letto.
-È… scappato? –pigolò Sue, ancora ferma sulla porta. Annuimmo.
 
Sue Callaghan era una delle persone più intelligenti che avessi mai conosciuto, ma perfino il mio cane Killer mentiva meglio di lei.
Dopo aver controllato che non mancasse nulla,  ci invitò con gentilezza ad uscire, blaterando qualcosa sulla polizia. Sta mentendo e c’era qualcosa che non andava. Era chiaro come il sole. Ci assicurò che sarebbe stata benissimo anche da sola e ci sbatté la porta in faccia.
-Le hai creduto? –chiese Louis.
-No. Tu?
-No.
Sospirò. –Cosa facciamo?
-Non so te, ma io devo andare in giardino a recuperare la mia scarpa. –gli depositai in braccio mia figlia e mi avventurai nel retro della casetta di Sue.  Dopo un paio di metri capii di aver commesso un errore tattico abbandonando Louis, perché avevo una paura tremenda.
Anche un idiota capirebbe che non puoi cercare una scarpa nera in un prato nel buio più completo. Nemmeno se il tuo cellulare ha un’applicazione così figa come la torcia. In compenso feci una scoperta affascinante. Il cappellino in lana grigia era ai piedi di un albero . Conoscevo molto bene quel cappellino. E anche la H nera che avevo fatto ricamare su un lato in occasione dei diciannove anni di mio fratello. La mia scarpa giaceva qualche centimetro a destra.
Avrei voluto rientrare nella casa della mia migliore amica e urlare tutto quello che pensavo di lei, della sua sconsideratezza e di quell’idiota che purtroppo era imparentato con me, ma non lo feci. Volevo vedere come si sarebbe evoluta la faccenda.
-Ehi! –esclamò Louis vedendomi –Che fine avevi fatto? Stavo per chiamare il team di Buffy l’Ammazzavampiri.
Alzai gli occhi al cielo.
Come facevo a dire ad un ragazzo del genere che la persona di cui era innamorato da anni continuava a frequentare Harry? No, non potevo farlo.
Non ne hai nemmeno il diritto. È un problema di Sue, non tuo, disse una vocina alquanto vigliacca nella mia testa.
I segreti però non hanno mai fatto bene a nessuno.
 
Tyler Moore aveva deciso di rovinarmi. Lo dimostrava il messaggio molto sintetico che lui mi inviò alle sette della domenica mattina.
Lunedì, 16.00 a casa tua. Vedi di esserci.
Che idiota. Se aveva scritto “a casa tua”, era abbastanza ovvio che ci sarei stata.
Ok. Ma dovevi proprio svegliarmi? E dove hai trovato il mio numero?
Tu fai troppe domande, Styles.
Per poco non lanciai il cellulare contro al muro.
Ricaddi pensantemente sui cuscini e chiusi gli occhi.
Alle sette e dieci il telefono trillò ancora. Dovevo assolutamente ricordarmi di inserire il silenzioso.
Liam: Cosa fa una cecoslovacca?
Digitai in fretta. Rifletti, Payne. Ne vale davvero la pena? P.S. la Cecoslovacchia non esiste più.
Ovviamente mi ignorò.
Liam: Le cecoslovacche fanno cecoslomuuuu!
Dio, ti prego, perdonalo.
Non gli risposi. E non feci neppure in tempo a ridistendermi, perché mi arrivò un altro messaggio. Ma possibile che tutti dovessero pensare a me proprio in quel momento?
Noelle: Oggi pomeriggio andiamo al parco?
Viviamo nella stessa casa. Non me lo potevi chiedere dopo?
Noelle: Avevo paura di dimenticarmi.
Ridicolo. Ormai non c’era più verso di dormire, così mi alzai. Urtai inavvertitamente la sveglia, che piombò sul pavimento facendo un fracasso inaudito e svegliando Sophie, che si mise a strillare.
La giornata iniziava malissimo.
 
Il cielo era stranamente limpido. Non avevo nessun motivo per rifiutare l’invito di Noelle, perciò andammo tutte e tre a Hyde Park. Verso mezzogiorno e mezza mangiammo dei panini sedute sulle panchine e Noelle si mise a fare le parole crociate. Io cercai di insegnare a Sophie a camminare e lei riuscì a fare cinque passi tenendomi le mani.
-Noelle, guarda come siamo brave! –urlai.
-Ho visto, ma che brava che è questa bambina! Ah, vedo anche che ti sta chiamando Niall.
Mi porse il telefono.
-Ehi! –esclamò.
-Ciao. È questa l’ora di chiamare?
-Ho avuto… da fare. Come state?
Staccai un fiorellino da prato e lo usai per fare il solletico alla bambina. –Noi benissimo, siamo a Hyde Park! Sophie, saluta il papà! –le avvicinai il telefono all’orecchio e sentii la voce di Niall esclamare qualcosa con il tono destinato ai bambini piccoli.
-Ha detto che ti saluta anche lei, -lo informai.
-Davvero?
-Certo che no, scemo! Ma cos’hai mangiato?
-Io? Caviale. –e da quando nella casa dei ragazzi si mangiava il caviale?
-Be’, non ti fa un bell’effetto. …No, Soph, lascia stare la terra! Cavolo, la mia maglietta! –tenendo il cellulare tra l’orecchio e la spalla cercai di rimediare al disastro, ma la macchia non voleva proprio saperne di andare via.
-Cavolo, so quanto ti piace quella maglia. –disse Niall dall’altra parte della cornetta.
-Sì, be’, la posso lavar… Ehi. Tu come fai a sapere quale maglietta indosso?
Nessuna risposta.
-Niall?
Scattai in piedi e mi guardai intorno. Coppie che si baciavano, persone che facevano jogging, bambini che giocavano a palla e ragazzi che studiavano seduti sulle panchine. Intravidi dei capelli biondi su una collinetta.
-Noelle, -iniziai senza distogliere lo sguardo –è appena successa una cosa un po’ strana. Penso che Niall possa essere qui.
-Quando arrivano gli Horan? –disse lentamente lei.
-Settimana prossima, perché?
-Settimana prossima? E allora quei due signori dall’aria molto sofisticata che stanno parlando con Niall chi sono?
Seguii la direzione del suo dito. Niall era a Hyde Park. A Londra. Per la precisione se ne stava ai piedi della collinetta e discuteva animatamente con una coppia vestita in modo elegante. Lei era castana e indossava un vistoso cappotto marrone, lui aveva i capelli grigi e una giacca dello stesso colore.
-Oh merda. –sussurrai. I miei guai ovviamente non erano finiti. Noelle sistemò Sophie nel passeggino, mi prese a braccetto e mi trascinò a forza verso l’allegra famigliola.
-Ciao Niall! –esclamò a voce volutamente alta.
-Cosa fai? –sibilai mentre Niall perdeva vent’anni di vita.
-Ti faccio conoscere i futuri suoceri. –la faceva sembrare come la cosa più innocua e banale del mondo. Io volevo morire.
I “futuri suoceri” avevano già iniziato la scannerizzazione. -Le conosci? –chiese infine la signora Horan al figlio. Sono abbastanza sicura che lui abbia considerato per un paio di secondi l’idea di negare.
-Sì. –ammise.
-Mamma, papà… loro sono Amy e Noelle, due mie amiche.
-E la bambina? –chiese non proprio educatamente Bobby.
-È la figlia di Amy. Sophie. –sperai ardentemente che i coniugi Horan non facessero due più due. Sophie assomigliava parecchio al padre.
-Oh, -esclamò Maura –è molto carina. Com’è che le conosci?
-Perché parli come se loro non fossero presenti?
-Niall, non iniziamo. –lo ammonì il padre –Quanto ci mette Elizabeth?
Oh, no. Non ero assolutamente in grado di reggere anche Lizzie Sono bella e me ne vanto Waldorf.
Feci per andarmene, ma Noelle bloccò con un piede le ruote del passeggino.
-Lei è la sorella di Harry Styles, –spiegò Niall indicandomi –e Noelle è la sua coinquilina.
-Avevo capito che la famiglia di Harlold non avesse problemi economici. Perché una coinquilina?
Ma saranno cazzi miei? -È una lunga storia, signora Horan. –dissi sorridendo e cercando di sembrare amabile.
-Anche la maglia ha avuto una storia lunga. –mormorò al marito, assicurandosi che sentissi. Mi ricordai della terra. Avvertii un bruciore alla gola.
-Mamma! –sbottò Niall.
-Noi andiamo via, -dissi. Come se interessasse a qualcuno. Non mi ero mai sentita così umiliata in tutta la mia vita. Noelle non ebbe la forza di ribattere ed annuì.

 
***
 
Jules O'Malley si sforzava di odiare il suo lavoro, ma proprio non ci riusciva.
Le piaceva girare per Dublino con i mezzi pubblici.
Le piaceva salutare tutti quelli che incontrava nel tragitto  ingresso-scrivania (sì, anche la segretaria baffuta particolarmente scorbutica).
Le piacevano i suoni dell’ufficio: il digitare sui tasti dei computer, lo squillare dei telefoni, il ticchettio dei tacchi vertiginosi di qualche impiegata e le voci squillanti che chiacchieravano appena possibile.
Le piaceva anche bere l’ottimo caffè della macchinetta prima di iniziare la giornata lavorativa, ma purtroppo non era l’unica.
Evitare Liam Payne era un’altra delle innumerevoli cose in cui Jules O'Malley non riusciva. E, odiava ammetterlo, non le dispiaceva affatto.
Soprattutto da quando lui aveva preso l’abitudine di indossare quelle camicie.
-Buongiorno.
-‘Giorno.
-Caffè anche stamattina, eh?
-Già.
Quelle conversazioni erano snervanti. Lui non scherzava più con lei. Non le raccontava più la “stronzata del giorno”, come la chiamava Amy, e lei non poteva più fargli notare quanto fosse squallida. L’argomento più emozionante dei loro discorsi era il tempo. Jules non sapeva quanto ancora avrebbe saputo resistere prima di urlargli in faccia tutta la verità.
“Non fare boiate,” le aveva detto Sue. Oh, al diavolo.
-Così non possiamo continuare. –dissero contemporaneamente lei e Liam, spiazzandosi a vicenda.
-Oh! –esclamarono. Seguì un risolino.
-Prima le signore, -fece lui.
Vigliacco.
-Non sopporto questa situazione. Ci incontriamo casualmente di continuo, eppure non sappiamo tenere una cazzo di conversazione decente. Alle macchinette, davanti alla stampante, all’ingresso, in ascensore. Cavolo, ho smesso di venire in macchina per non incrociarti nel parcheggio! “Rottura pacifica” ci eravamo detti. Questa è… è…
-Una “rottura di merda”. –l’aiutò.
-Esatto! Non possiamo andare avanti così, dobbiamo comunicare per forza.
-E allora cosa facciamo? Devo far finta di non pensare a te che lavori seduta alla tua scrivania? Al modo in cui probabilmente mordicchi la penna e cerchi di fare canestro nel cestino? Perché lo faccio, sai, continuamente!
Ok, forse Jules non si aspettava che fosse così diretto.
E perché era all’improvviso felice?
-Tra di noi non funziona, Liam, ormai lo sappiamo.
-Sì, ma io non riesco nemmeno a fingere che tu non esista. Quindi cosa facciamo, proviamo ad essere amici?
È forse una delle frasi più usate al mondo.
-Sì. –si sentì dire –Amici.
Gli fece un mezzo sorriso e lui ricambiò. –Vediamo cosa succede, Payne. Adesso però devo andare, o il mio capo si lamenterà.
Il suo sorriso sghembo si allargò ancora di più. –Mi hanno detto che il tuo capo è alle macchinette a prendere un caffè.
Lei fece per andarsene. Voleva solo chiudersi in bagno e urlare.
-Jules?
Si voltò. –Sì?
-Sai cosa fanno le cecoslovacche?


 -Amy! Apri questa maledetta porta!
-Ma è sempre così a casa tua?



Augh.
Sì, è sabato sera, ma sono troppo distrutta per pensare di mettere un'unghia fuori di casa. 
Non sono morta e non mi sono trasferita in Mozambico. Lo studio e la scarsa ispirazione hanno fatto sì che finissi il capitolo solo cinque minuti fa, decisamente in ritardo. Scusatemi davvero, meraviglie ♥ Per farmi perdonare ho pubblicato un capitolo lunghissimo. Non odiatemi.
L'ispirazione è tornata, quindi dovrei essere più puntuale. Vi anticipo che nel prossimo capitolo tornerà una vecchia conoscienza :) Lui/lei iniziava a mancarmi ahah
Poi boh, i genitori di Niall sono dei pezzi di merda, adoro Jules e Liam e non so più cos'altro dire.
Ho pubblicato una nuova originale (nel caso non vi foste stufate di me e della mia follia)... per leggerla basta cliccare sul banner qui sotto :)
basta, vi lascio
tantissimissimi baci,
Gaia ♥


 

La memoria genetica è il ricordo di esperienze che non abbiamo mai vissuto di persona, ma che sono state ereditate e sono presenti alla nascita. Alcuni, come Freud, non ci credono. Altri le chiamano “vite passate”. 
Parigi, 1889 – Arielle è intrappolata nella sua vita e l’unica via d’uscita sembra essere Stephane.
San Pietroburgo, 1907 – Leon aiuta Vera a fuggire dalla reggia dello zar durante la rivoluzione russa.
Nuova Delhi, 1818 – Samira è promessa sposa ad un uomo che non ama. E poi è arrivato James.
Kingston, 1703 – Rosalyn, travestita da uomo, si imbarca su un veliero e cerca di mantenere il suo segreto. Con il mozzo Henry, però, è più difficile.

North Dakota, 1704 – la Cheyenne Malia scappa dalla sua tribù con Gilbert, l’uomo bianco che le ha salvato la vita
Londra, 2013 –tutti si incontrano di nuovo. Ariel, Stefan, Vivian, Liam, Sam, Jace, Rain, Erik, Maya e Gideon. 
Perché la storia ha la brutta abitudine di ripetersi.
  
Leggi le 9 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: madelifje