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Autore: La Dame Blanche    27/10/2013    1 recensioni
Un'altra storia vera: il resoconto delle mie vacanze estive anno per anno; ovviamente non ricordo benissimo i particolari di ciò che successe anni fa, ma TUTTO ciò che ho scritto è la pura verità. Il campeggio esiste, i miei amici sono reali, veramente ci conosciamo da una vita, anche se per la maggior parte di loro ho usato i soprannomi che uso quando ci parlo. La dedico a tutti loro, e al nostro amato campeggio La Vecchia Torre di Gallipoli.
Genere: Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Me, myself and I'
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Memories_      ANNO 2010

Il 2010 è l'altra estate che ricordo con maggior piacere; all'inizio non era così, ho cercato di rimuovere alcune cose che erano successe, ma adesso sono libera di pensarci senza dovermi sentire in colpa per il godimento che mi suscitano i ricordi.

Arrivai che tutti erano già lì: Michela, Fiore e Fede, Rosy, Fra, Elsa, Julin, Miki e Fabio, Cri, Renato... ; solo Thias non c'era, perché era rimasto a casa per lavoro. Per quanto riguarda l'animazione, era mista: c'erano i due Gigi come l'anno prima, due ragazze nuove (Miki aveva già provveduto a farsi Sonia, probabilmente per non essere da meno di Renato, anche se raggiungere Renato è veramente un' impresa), e Brio. Non ricordo esattamente come conobbi Brio; di sicuro, successe appena arrivata.

Bisogna premettere che io ero di nuovo fidanzata, e molto felicemente per giunta, con un ragazzo che, sebbene di dieci anni più grande di me, mi aveva fatta innamorare; la cosa aveva solo sei mesi, era ancora fresca, e noi eravamo nel bel mezzo del periodo più bello di una storia d'amore; per capire, vi basti pensare che quell'anno se non fossi andata a Gallipoli non ne sarei neanche stata troppo dispiaciuta.

Comunque, il sabato pomeriggio, arrivata da poche ore, con le mie amiche andammo in piazzetta a vedere le lezioni di salsa: io non ne avevo alcun bisogno, dato che per tutto l'anno avevo frequentato dei corsi (grazie a Massimo!!), ma volevo vedere come se la cavavano le nuove animatrici. Erano le 19 circa e io mi stavo avviando a casa per rispondere alla chiamata post lavoro di Francesco, quando arrivarono Brio e gli altri e ci fermammo a chiaccherare. Notai subito che Brio tendeva a parlare più con me rispetto alle altre, e  confermò i miei sospetti quando mi chiese:

"Ma tu quanti anni hai?".

E io, solita tonta e civetta malriuscita, invece di rispondergli sbattendo le ciglia con il classico , candida candida gli feci:

" 18, perchè?".

Lui mi sembrò rassicurato, o quantomeno sollevato, nel replicare con un vago "Niente, niente..".
Uhm... < proviamo >, pensai, e tirando fuori da non so dove un po' di malizia, gli feci:

"Perchè tu invece?".

"24!", esclamò guardandomi un po' sorpreso. E io guardai lui, e lui continuò a guardare me.
A questo punto la voce di Michela mi fece tornare sulla Terra:

"We Sofi ma tu non devi andare a casa? Sono le sette e mezza!!".

Spaventata nel rendermi conto di quanto poco ci mettevo a perdere la testa, corsi a casa, solo per trovare mia madre sospettosa e due chiamate perse nel cellulare: mio moroso. 
Ma quell'estate, come nel 2008, non ero io: qualcuno mi aveva posseduta. E quindi cosa feci? Chiamai Francesco, lo liquidai in 5 minuti e con la scusa di cercare le mie ciabatte (che tendono a staccarsi dai miei piedi in maniera totalmente indipendente appena arrivo in campeggio: un anno ne persi 3 paia di fila a Gallipoli..) tornai in piazzetta, per vedere se gli animatori fossero ancora lì; e fui premiata da Brio che mi venne incontro a parlarmi appena mi vide. Vidi che i due Gigi lo guardavano un pò sospettosi, e sua sorella Silvana con un mezzo sorrisetto. Bene.

                                                                    *

La sera c'era il cinema, quindi serata libera per gli animatori; la domenica mattina, incapace di dormire, scesi in spiaggia alle nove e mezza, rinunciando a svegliare Michela di persona pur di essere lì quando sarebbero arrivati gli animatori, proprio dove ero io col telo. Non è mica colpa mia se devono attaccare la cassa proprio dove siamo soliti metterci noi a prendere il sole; noi stiamo lì da 15 anni, loro solo dal 2008.

Anche quest'anno, sebbene mancassero quelli di Lecce, eravamo veramente tanti; probabilmente memori del nostro entusiasmo nel preparare Grease, i due Gigi proposero un altro spettacolo a Silvana e Brio: Roxy Bar. Roxy Bar è un musical, sconosciuto ai più, che racconta la storia di una compagnia di ballerini assunti dal gestore del Roxy Bar che inscenano ogni sera uno spettacolo diverso. Il progetto aveva molti aspetti che, per il nostro gruppo, lo rendevano anche migliore di Grease: intanto dovevamo solo ballare, non recitare, e quindi era molto più facilmente preparabile; secondo, i balletti li decideva Silvana. E Silvana fu così arguta da capire che almeno tre di noi ( io, Michela e Rosy) avevano bisogno di un ruolo di primo piano, e così intelligente da inserire tre balletti singoli: Dirty Dancing, Flashdance e un balletto di sua invenzione, un po' osè, su una canzone stupenda di Sadè.

E fu così che il lunedì mattina seguimmo l'animazione in piazzetta, dove avevano spostato le attività per il troppo vento che impediva di stare in spiaggia, e tra me e Michela stressammo Silvana per sapere quali balletti avremmo fatto; lei propose a Michela Flashdance, e disse che era indecisa tra me e Rosy per Sadè e Dirty Dancing. Subito cercai un modo carino per dirle che secondo me Michela doveva fare Sadè (appunto perché era osè) e Rosy Flashdance, appunto perché era un balletto di classica; che poi io rimanessi proprio con Dirty Dancing.... beh, non era mica colpa mia se il bene dello spettacolo andava di pari passo ai miei interessi. No?

Vedendo che Michela era d'accordissimo con me, Silvana disse che ci avrebbe pensato e riferito nel pomeriggio, quando avremmo anche iniziato le prove, e andò ad aiutare Sonia col mini club; vista l'ora tarda, decidemmo che non valeva la pena scendere in spiaggia e rimanemmo lì, dove fummo raggiunte da Fra, Fede e Rosy; Fra rimase con noi, mentre Fede, che quest'anno aveva un feeling particolare con Rosy (come l'anno precedente con me), volle scendere in spiaggia, e con mia somma gioia Rosy la seguì fedele. Eravamo lì tranquille a chiaccherare e ascoltare la musica che Brio metteva quando iniziò "Que tengo que hacer" di Omega, il tormentone dell'anno, e io mi misi a ballare seduta: era un merengue stupendo. Michela e Fra mi incitarono ad andare a chiedere a qualcuno dei tre di ballare, ma mi vergognavo troppo; per fortuna Gigi le sentì ed esclamò:

"Brio!! La Sophie vuole ballare! Falla ballare!".

Dopo che anche l'altro Gigi si mise a dargli man forte, lui scese dal palco e venne verso di me:

"Ma sai ballare?".

"Certo che si!", risposi, anche se un po' titubante: se era vero che avevo fatto un anno di corso, era vero anche che al merengue avevano dedicato poco più di un mese. < Coraggio > mi dissi, < basta che tieni il tempo e ti fai guidare!> 
E allora ballammo questa lunghissima canzone vicini, stretti come vuole il ballo caraibico; e fu solo l'inizio: da lì, ogni sera in cui c'era piano bar, Brio lasciava gli altri a condurre la salsa o la bachata di gruppo e in un angolo ballava con me. La prima sera, non aspettandomelo, ballai la salsa un pò terrorizzata, ma poi mi lasciai andare e mi lasciai stringere nelle innumerevoli bachate che provvedeva a mettere su. Dopo queste performance che lasciavano le mie amiche stupite che fossi così brava dopo solo un anno, e le comari del campeggio a parlottare sotto le mani, mia madre era sempre più furiosa: aveva annusato che c'era qualcosa sotto, e l'idea che potessi avere una tresca con Brio le dava letteralmente il panico. Non litigammo mai così tanto come in quei 15 giorni.

Il lunedì pomeriggio ci radunammo in piazzetta: prima Silvana distribuì i balletti, e poi iniziammo le prove. Michela avrebbe fatto Sadè con Miki, Cri e Renato; in gruppo avremmo fatto Thriller, Moulin Rouge noi ragazze e Full Monty i ragazzi, e Blues Brothers; l'unico inghippo, tanto per cambiare, stava tra me e Rosy. Entrambe volevamo fare Dirty Dancing, e solo lei era in grado di fare Flashdance, che era classico; per di più, Dirty Dancing iniziava come salsa. Ovvio, no? Invece no. Miss Rosy voleva fare Dirty Dancing, usando come scusa le prese che avrei dovuto fare; Silvana era in palese imbarazzo: oltre ad avermi già detto che lo avrei fatto io, non le sembrava giusto dare a lei due balletti e a me nessuno. Per fortuna, intervenne Brio: si avvicinò mentre provavo le prese con Renato e decretò:

"No, Dirty Dancing lo deve fare Sophie, è una salsa. E le prese sono facili da imparare".

Incoraggiata, Silvana si disse d'accordo, e io non potei trattenermi dal guardare trionfante Rosy. Avrei baciato Brio sull'istante, da quanto ero contenta: anche se pensavo che l'avesse fatto per avere strada più facile con me, il risultato era ciò che contava.
Rimanemmo fino alle sette e mezza a provare Thriller, che era il più complicato; stra gasata per avere il balletto migliore e per averla avuta vinta su Rosy (dopo Grease, poi) e perchè Brio mi veniva palesemente dietro, tornai a casa a cena, ancora una volta dimentica di Francesco e ancora una volta con mia madre sempre più ansiosa e repressiva. Quella sera io e Brio ballammo insieme per la prima volta, e per la prima volta mi salutò al microfono quando arrivai; se qualche anziano campeggiatore avesse ancora avuto dubbi, questi furono fugati dal mio arrossire.

Il martedì pomeriggio provammo ancora thriller tutti insieme,e poi Flashdance e Dirty Dancing; la sera, ero mezza d'accordo con Elsa e Renato di vederci il film, ma non riuscii a trovarli da nessuna parte: la misteriosa sparizione venne spiegata il giorno dopo, quando Elsa mi raccontò che si erano praticamente imboscati col film e si erano baciati. Io ero oltremodo sbalordita, non poteva esserci una coppia peggio assortita, secondo me: il latin lover della situazione, che non guarda in faccia nessuno e cambia ragazza ogni settimana, con la sensibile e intelligente Elsa, forse la ragazza più seria ed equilibrata che conosca. E invece io, come tutti quelli che la davano per spacciata dopo tre giorni, fummo spettatori della più lunga storia che Renato abbia mai avuto (credo), per di più conclusasi, dopo ben 6 mesi ( sei mesi!!! sei!!), con lei che scaricava lui; Elsa è l'unica al mondo che può dire di aver lasciato Renato, ed è una gran cosa da poter dire.

Comunque, nonostante il nuovo amore, quella fu l'estate in cui passai più tempo con Renato, ironia della sorte, proprio adesso che lui non mi interessava più e che eravamo entrambi insieme ad altre persone; mentre Rosy, Fiore, Miki e Cri accompagnarono i rispettivi genitori nell'inscursione al mercato di Gallipoli, alla volta di collant e giarrettiere per noi e giacche e pantaloni lunghi per i ragazzi, io e Renato passammo un'ora abbondante, il mercoledì mattina, in acqua a provare la presa Volo d'Angelo, proprio come nel film, in modo da essere certi che non mi avrebbe fatta cadere in teatro, nel pomeriggio. Infatti, dopo aver salutato Julin che partiva, alle 15 io, Renato, tutti gli animatori, Elsa e un altro pò di curiosi ci trovammo in teatro per provare Dirty Dancing, mentre Silvana lavorara con Rosy a Flashdance in piazzetta. I due Gigi erano contrari a farci fare anche il Volo d'Angelo, avevano paura che Renato non mi tenesse; ma, incoraggiati da Brio, li facemmo desistere dimostrando loro che lui era perfettamente in grado di tenermi su; il problema, semmai, ero io, che non ero abituata a stare perfettamente immobile. Quale soluzione escogitò quel genio di Gigi per allenarmi a irrigidirmi al massimo? Ma ovvio, che provassi con lui che, molto più alto e muscoloso di Renato, non aveva problemi a sollevarmi per aria ripetutamente e tenermi su.
Ce la cavammo in poco tempo, il resto del balletto era semplice, e io e Renato continuammo a provare da soli, lasciando il posto a Michela che doveva imparare il suo balletto osè.

Imbarazzata dal pubblico nonostante l'abituale faccia tosta, quando vide suo padre, soprannomianto Robespierre in gioventù, venuto ad assistere alle prove esclamò:

"Ehi Robby sono qua hai visto? Devo fare la zoccola anche quest'anno!".

E con questa uscita si rilassò e riuscì a provare abbastanza sciolta. Fu un pomeriggio molto pieno, questo; finito il balletto di Michela, perdemmo Fede e Kikka, che preferirono andre in spiaggia piuttosto che vedere prove di uno spettacolo a cui non avrebbero partecipato, e noi ripassammo thriller; io ero vagamente preoccupata: il giorno dopo saremmo andati in scena, e ancora non avevamo provato neanche una volta nè Moulin Rouge nè lo spogliarello dei maschi.

                                                          *

Quella sera fu la prima sera in cui Brio mi chiese di uscire. Di uscire insieme, io e lui. C'è da dire che non passava mattina senza che io lo salutassi in spiaggia con baci sulle guance, o serata senza che lui mi dicesse "Ecco che arriva la mia cocorita" (in riferimento al ballo di gruppo* che Fiore preferiva e che però ero sempre io a richiedergli) al microfono, o pomeriggio senza che non facessimo in modo di incontrarci casualmente. Voleva andare a Gallipoli a mangiare il gelato; alla mia debole obiezione "Solo noi due?", mi rispose tranquillo di si, ma che se avessi voluto l'avrebbe chiesto anche a qualcun altro, tipo Elsa e Renato. Certo. Vincendo la paralisi che a questa sua mossa mi aveva attanagliato le gambe, mi diressi senza speranza da mia madre, che mi guardò come se le avessi detto che stavo andando sulla Luna con l'uomo nero, e ovviamente non me lo permise. Se da un lato avrei tanto voluto accogliere il corteggiamento di Brio, uscire con lui e avere anche un bel flirt estivo, dall'altro lato sapevo di avere un fidanzato, da qualche parte, con cui ero felice, oltretutto; mia madre non mi riconosceva più, e devo dire che anche io, quando mi fermavo a pensarci sopra, non mi riconsocevo più; ma ero come dentro a un vortice, in una spirale senza via d'uscita.

Il giovedì pomeriggio ci trovammo alle due per provare, con annesso squadrone-genitori reclutato per la costumeria: fu comico buttarmi ripetutamente giù dal palco in braccio a Renato mentre mia madre, Franco il padre di Miki e altri tagliuzzavano e coloravano coi gessi bianchi le giacche dei ragazzi per Thriller. Finalmente poi, mentre noi ragazze aiutavamo i genitori a sostituire le cuciture dei pantaloni per spogliarello con velcri, i ragazzi, compreso Gaetano, il ragazzo di Fiore, impararono Full Monty, al termine del quale sarebbero dovuti rimanere in mutandine colorate; poi, fu la volta di Moulin Rouge, per il quale avevamo reclutato anche tre ragazze nuove, Ele, Consu e Marty, perchè nè Elsa nè Fiore vollero partecipare. 

E poi successe la disgrazia. Rosy volle provare un'altra volta il suo balletto, nonostante fosse stanca e non ne avesse alcun bisogno; sospetto volesse mettersi un pò in mostra, dopo un sacco di ammirazione rivolta a me e Renato per il Volo d'Angelo ben riuscito. Comunque, fece quella che sembrava essere una splendida finta caduta, migliore perfino di quella dell'attrice nel film; ma subito ci rendemmo conto che qualcosa non andava, perché Rosy non si alzava. E allora capimmo che quella non era una finta caduta, ma una scivolata bella e buona, e sua madre la portò subito in ospedale, perchè si era rotta la pelle del mento. Le dettero alcuni punti e un antidolorifico che la lasciò un po' stordita e la rimandarono in campeggio, ma lei non se la sentì di fare Flashdance, partecipando solo a Moulin Rouge e Thriller; con mio sollievo, annullarono solo Flashdance, e non l'intero spettacolo.

Preoccupati per Rosy, stanchi, sudati, sporchi di gesso e tempera, pieni di ritagli di vestiti e ognuna di noi con la sua brava giarrettiera rossa, tornammo a casa tipo intorno alle otto di sera, con meno di un ora di tempo per lavarci e mangiare; io avrei dovuto anche chiamare Francesco e perdere ben 10 dei miei preziosissimi minuti con lui, farfugliando scemenze mentre il mio cervello pensava in agonia a tutt'altro.
Alla fine non mangiai, avevo lo stomaco chiuso dall'ansia: e se non avessi fatto a tempo a cambiarmi tra un balletto e l'altro? Se mi fossi dimenticata i passi? Se fossi caduta dal palco durante la presa? Sarei morta. Ma di vergogna.

Carica di vestiti alle 20.50 di giovedì 29 luglio 2010 mi appropriai della sedia che, col mio nome sopra, costituiva il mio camerino: niente privacy; non che fosse quello il mio problema, in realtà: se fossi stata in difficoltà coi cambi di costumeria, qualcuno se ne sarebbe accorto, almeno; inoltre, quesi tutti erano amci che conoscevo da almeno 5 anni, che mi avevano vista mille volte in costume in intimo: come dimenticare tutte le volte che Miki o Thias sbucano a casa mia a chiedere in prestito il phon, incuranti del fatto che io sia in intimo? In preda all'ansia mi sistemai i vestiti in ordine inverso: sotto tutto il top nero, i jeans corti e le calze rotte per Thriller, poi il vestito nero con lo spacco e una collatura vertiginosa sulla schiena e la giarrettiera rossa per Moulin Rouge, poi il vestito rosa e i tacchi bianchi per Dirty Dancing, e sopra a tutto i jeans e la camicia bianca di Renato per Blues Brothers. Dopo cinque minuti, rinunciai a cercare di calmarmi e fui grata a Renato che volle provare il balletto: almeno non passavo io, per la solita perfettina rompi scatole. Ma ciò che mi creava angoscia, a parte la non del tutto trascurabile presa, erano i 25 secondi che avrei avuto per cambiarmi.

In un battibaleno, il dietro le quinte fu pieno dei miei amici, tutti agitati e ridanciani; in ancor meno tempo, vennero le dieci, e noi iniziammo; l'unica cosa di cui mi rammarico, è il non aver potuto ascoltare il dialogo tra Gigi e Brio, che facevano uno il barista e l'altro il manager della compagnia di ballo.
Vestite da uomo, con gli occhiali da sole, io, Rosy, Michela e Fra uscimmo a fare da spalla a Carmine e Daniele, due perfetti Blues Brothers; uscii di scena letteralmente volando, e grazie al cielo sia Sonia sia Elsa erano lì ad aiutarmi a cambiarmi, incuranti delle venti persone che guardavano: avevo mezzo minuto per diventare Babe e tornare a ballare. Cercando di non pensare al mio stomaco, che pareva voler ballare al posto mio, mi stampai in faccia un sorriso che avrebbe dovuto essere felice e andai incontro al mio Jhonny, di ritorno per l'ultimo ballo: grazie a Dio, e grazie a Renato, andò tutto a meraviglia: non sbagliammo niente, tenemmo il tempo e mi tenne sospesa nel Volo d'Angelo almeno 6 secondi. Storditi, uscimmo tra una salva di applausi che sembrava non volersi fermare, e finalmente potei tirare un respiro di sollievo: era andata, la parte peggiore era finita.
on comodo mi misi il vestito per fare la prostituta e intanto buttai l'occhio sul palco, dove i ragazzi si stavano metodicamente spogliando. Tutte gasate, sulle note del "Tango de Roxanne" entrammo trascinando sensualmente le nostre sedie, e facemmo il nostro bel balletto tutto braccia e gambe nude, seguito, tanto per restare in tema, dal balletto (quasi) sadomaso di Michela con Miki, Cri e Renato. Nel frattempo dietro le quinte noi ci sottoponemmo alla catena di montaggio che Fede, responsabile di trucco e parrucco, aveva impostato per truccare da zombie venti persone in tre minuti e mezzo: primo, cerone bianco da Sonia; secondo, ombretto e matita nera da Silvana; terzo, rossetto viola da un'amica di Fede; quarto, lacca e pettine per cotonare i capelli da Fede. Alla fine, eravamo spaventosi. Quando entrammo, chi zoppicante, chi striscinate, chi da dietro il coperchio di una tomba (Carmine buttò giù la tomba dietro cui era nascosto nel preciso istante in cui la musica faceva il rumore della porta che sbatteva), alcuni bimbi piccoli si misero addirittura a piangere; Thriller fu davvero uno spettacolo.

Dopo il bis, gli animatori finirono la serata con i soliti balli di gruppo, e noi rinunciammo a toglierci il mascherone che avevamo in faccia: io e Michela ci mettemmo a ballare ancora in stile zombie, e fu con le lacrime agli occhi che filmai Franco e Robespierre ballare il chuchua sul palco al posto degli animatori.

                                                                        *

Fu con un ansioso senso di ingiustizia che guardai Brio e gli altri andare al Praja all'una di notte: io e Michela eravamo rimaste in campeggio, in ossequio al nostro status di fidanzate, status che, al momento, mi creava unicamente fastidio. 
La settimana finì tranquillamente, senza eventi degni di nota, a parte i litigi quotidiani con mia madre causati in apparenza da sciocchezze, in realtà dall'ansia che le procurava il corteggiamento di Brio e, soprattutto, la mia benevolenza e lusingata accettazione. Anche a causa dell'infelice uscita di una vecchia, che non aveva trovato di meglio da fare che andare da mia amdre a dirle: "Ma quanto dietro gli va quell'animatore a tua figlia?!", la domenica sera si raggiunse l'apice.

Essendo arrivato Massimo, il fidanzato di Michela che era venuto a trovarla per il weekend, dovetti deviare le mie abitudini dalla routine e vivere quei due giorni in simbiosi con qualcun'altra; fortunatamente, pur avendo Renato, che quest'anno non sembrava neanche lui, Elsa accettò di buon grado quella che poteva sembrare la brutta copia dei bei tempi andati. Per questo motivo, quella domenica sera ero seduta sul muretto con lei, a guardare Rosy, Kikka, Fede e Fiore fare gruppetto a bordo pista, mentre Michela era a Gallipoli. Forse ringallunzito dal vedermi lì praticamente da sola, Brio mi avvicinò e sganciò la bomba: mi chiese se mi andava di andare a ballare salsa al Quartiere Latino insieme a tutti gli animatori. Io avrei dato pressochè qualunque cosa pur di andare: adoro ballare, sia Brio che i due Gigi erano ballerini provetti e con loro di sicuro avrei ballato tutta la notte, e non ci vedevo neanche niente di male, dato che c'erano sia Sonia che Silvana; Sonia aveva addirittura un anno meno di me. Incoraggiata da Elsa, andai da mia madre pensando di farle una richiesta del tutto ragionevole e innocente; purtroppo per me, mia madre ci vide un sacco di male, e non volle sentire neanche una parola delle mie brillanti argomentazioni, me lo proibì e basta. Allora anche io, accecata dalla delusione, mi arrabbiai sul serio, e non ci parlammo per i tre giorni seguenti. Anche se il risultato non cambiò: loro andarono a divertirsi insieme, io rimasi in bungalow.

                                                                       *

Il lunedì, contenta di riavere indietro la mia amica, convinsi Michela a pranzare in spiaggia; ero talmente su di giri da allargare l'invito a tutte le ragazze, che con entusiasmo si apprestarono a depredare il market di tutta la frutta disponibile. Dopo una giornata vissuta da lucertole, e con ancora la gente che ci fermava per il campeggio per farci i complimenti per il nostro successone, con Brio che pareva aver perso la testa per me, avevo ancora un sacco di adrenalina in corpo; figuratevi Michela, molto ma molto più confusionaria e allegra di me normalmente, che umore poteva mai avere con tutto questo e un sacco di energia repressa da sfogare dopo due giorni passati buona e zitta a fianco del fidanzato. Fu per questo che successe la Faccenda del Trenino, che passerà agli annali del campeggio La Vecchia Torre come la Terza Guerra Giovani vs Anziani.

Il problema stava nelle tre serate danzanti, in cui le due ore di musica erano equamente divise in un' ora e mezza di liscio e mezz'ora di balli di gruppo e "musica da discoteca"; aggiungete che i ballerini di liscio erano massimo cinque coppie, che comunque più di dieci minuti non potevano stare in pista senza rischiare l'infarto, mentre a ballare i balli di gruppo, oltre a noi venti, c'era un sacco di altra gente. Profondamente ingiusto, no?                                               Benissimo, dopo anni di soprusi, l'adrenalina che Michela aveva in corpo decise che era ora di farci valere: se non ci facevano ballare, avremmo impedito a loro di farlo.

"E come? Non possiamo mica occupare la pista!", dissi; anche i miei ormoni erano d'accordo nel voler mettere fine a questa soppressione dei nostri diritti, ma dato che la mia testa funzionava ancora un pochino, non vedevo il modo di impedire a quelle coppie di ballare.

"E invece si! Facciamo un trenino e gli giriamo attorno, impedendogli di ballare!", mi rispose esaltata lei.

".... Che figata! Ci ammazzeranno, soprattutto Farfallina... ma chissene!! Però questa è una salsa.. Raduna gli altri, fin che ballo questa con Brio!", le dissi forse più esaltata di lei, il che è tutto dire.

Quando la salsa finì, tornai al nostro muretto che stava già ricominciando la mazurca: trovai tutti, ma proprio tutti, lì pronti, con Michela che aveva pure fatto un cartello: VOGLIAMO BALLARE ANCHE NOI. Determinata, mi prese e mi appoggiò le mie mani sulle sue spalle, incitando gli altri ad accodarsi nel più assurdo trenino del mondo; pur essendo eccitata, mi vergognavo come una ladra, ma mi feci forza vedendo che persino Elsa, oltre alle nuove ragazze, e perfino Thias, accorso dal biliardino della sala giochi al richiamo di Fede, si erano uniti al gruppo. Con un sorriso sfrontatissimo in faccia, Michela guidò il trenino in pista, avendo cura di tagliare la strada e intralciare le tre coppie di mummie che si muovevano, e che ben presto si dettero per vinti e andarono a sedersi; supportati dagli animatori che, chi a gesti chi a parole (Brio ridendo urlò al microfono: "Non ho mai visto fare un trenino su una mazurca!! Bravi ragazzi!"), cacciammo infine anche Farfallina e il marito, che ancora insistevano nel voler ballare. Farfallina era la vecchietta da noi più odiata: a ottant'anni suonati, pareva venire in campeggio unicamente per ballare, infatti si portava mille vestiti con ampie gonne da liscio e imbottiva il marito di Viagra, per tenerlo su.
Il risultato di questa bravata, che portò Robespierre a dire: "Ma perchè quando succede qualcosa c'è sempre mia figlia di mezzo?", fu un'intera ora di balli di gruppo, e la pista piena come non lo era mai stata: coinvolti dall'euforia, venne a ballare persino gente che non lo faceva mai, tipo Elsa o i ragazzi di Orta, arrivati proprio quella mattina; sull'onda dell'entusiasmo, per l'occasione Thias, Miki e Renato riesumarono dall'infanzia la loro personale versione di YMCA: loro tre sul palco a ballarla con i piedi al posto delle braccia, con sulle spalle il cuginetto di Renato, un miniRenato che, bello e adulato fin dai tre anni, prometteva di venire su proprio come il cugino.
A mezzanotte avevamo ancora un sacco di energia in corpo, e decidemmo di andare all'Oasi, l'unico bar sul mare vicino al campeggio, insieme agli animatori; per la prima volta, Brio mi accompagnò a casa; non potevo rifiutare: per la strada da sola alle due di notte non potevo andare, e aspettare gli altri mi avrebbe fatto sforare il coprifuoco di mia madre. Quindi fu con quindici paia di occhi che mi avviai, in preda al panico, con lui; insistetti per non andare via spiaggia, per non aggiungere anche il panorama romantico a questa situazione disastrosa: da un lato, la mia gratitudine per il volermi accompagnare, scambiando due ore di divertimento con gli altri in due ore di solitudine in bungalow, la mia gratitudine per il suo decisivo intervento nello spartire i balletti, e la mia vanità lusingata dal suo persistente e molto evidente corteggiamento, e i miei ormoni che mi spingevano tra le sue braccia; dall'altra, la consapevolezza che mi occupava lo stomaco come un macigno di avere un fidanzato che era l'ultima persona al mondo che si meritava un tradimento, supportata dalla mia ingombrante coscienza che non voleva saperne di lasciarmi in pace. Quella sera, comunque, mi salvai e riuscii a mandarlo a casa con niente più che due baci sulle guance.

                                                                        *

Il martedì e il mercoledì passarono tranquilli, se tranquilli si possono definire dei giorni in cui passavo metà del tempo a evitare Brio, e l'altra metà a cercarlo e a creare occasioni d'incontro, giorni in cui la mia coscienza mi ordinava "Non farlo, non pensarci neanche!" e qualcos'altro mi suggeriva "Tanto ormai... questo è già tradimento mentale.. tutti questi sguardi, il vostro cercarvi, toccarvi.. il ballare insieme, fare il gioco aperitivo solo per rivolgergli la parola.. tanto vale che vai fino in fondo e lo fai contento! E' grazie a lui che hai fatto Babe, che balli tutte le sere..". L'unico evento che ci stupì tutti quanti fu la notizia che Fra, la nostra introversa e poco sicura di sè Fra, aveva mollato il flirt con il fratello di Marty e ne aveva iniziato uno con Fabio di Orta, lo stronzo che nel 2009 mi aveva baciata e poi ignorata. Se già il fatto che Fra avesse avuto il coraggio di mettersi con Simone era un bel passo in avanti, il fatto che lei senza alcuno scrupolo fosse passata a Fabio avrebbe dovuto preoccuparci: dov'era finita la nostra timida Fra?? Ma al momento tutte avevamo i nostri pensieri: io Brio, Michela stava cercando di scoprire chi la spiava e poi riferiva a Massimo ogni suo spostamento, Fede stava ancora cercando di far cadere Gigi tra le sue braccia... Quindi mi limitai a un bel discorsetto intimidatorio a Fabio, che si riduceva a "Comportati bene con lei, stronzo!".
Mercoledì sera, tuttavia, ero troppo stanca per seguire gli altri a prendere la crepe all'Havana: fu per questo motivo se all'una di notte ero seduta sul bordo del palco con Brio che mi accarezzava il ginocchio, con il gruppo che si avviava all'Havana borbottando e guardandosi indietro. Sperando di concludere con me, aveva bidonato l'uscita all'Havana ed era rimasto lì; ma anche questa volta, con mio sommo dispiacere, e chiedendomi se stessi davvero facendo la cosa giusta, rimase deluso, e dopo avermi accompagnato ancora una volta a casa, raggiunse gli altri.
Nonostante ciò, giovedì mattina erano tutti convinti che io e lui ci fossimo almeno baciati, niente di quello che dissi li distolse dalle loro idee: nè Rosy, che come al solito volle sapere e ricambiò il mio "Ovviamente no" con uno sguardo carico di scetticismo, nè Fabio che, più schietto, espresse quello che tutti pensavano: "Puoi dire quello che vuoi, secondo me siete andati a letto". Solo Michela mi credette, anche se molti, come Fiore ed Elsa, mantennero un volto impassibile e non dissero una parola.
Io d'altro canto non vedevo l'ora di andare a casa: sapevo che non avrei dovuto avere tentennamenti nè dubbi, ma i miei ormoni la pensavano diversamente; nella mia disperata e svogliata resistenza a Brio, togliermi la tentazione da sotto gli occhi mi pareva l'unica via d'uscita; scappare via prima di decidere che i rimpianti sono peggio dei rimorsi e cedere, accontentando tutto di me tranne la mia coscienza, l'unico baluardo della mia resistenza.

                                                           *

Venerdì. L'ultimo giorno. Finalmente. O purtroppo? Non lo sapevo, ma non me ne curavo: era l'ultimo giorno in cui avrei dovuto resistere a ciò che invece avrei voluto. Era una fatica tremenda.
Non ricordo cosa successe durante il giorno, ricordo solo il persistente stato parossistico di angoscia che mi pervase non appena aprii gli occhi e non volle lasciarmi per tutto il giorno; non riuscii neanche a mangiare, nè a pranzo nè a cena. Il tempo volava via a spizzichi e bocconi: era ancora primo pomeriggio, e subito dopo era già sera, ed io ero già in piazzetta con le altre a ballare. E subito dopo era già mezzanotte, e noi tutti eravamo seduti vicino al cancello in attesa di non mi ricordo chi per andare ancora una volta all'Havana; io ero seduta sulle ginocchia di Brio. Mi ero messa il vestito che avevo usato per fare Babe, che lui aveva già dimostrato di apprezzare: nella mia balzana concezione delle cose, dato che era l'ultima sera potevo rilassarmi di più, perché il giorno dopo sarei partita e non avrei dovuto fronteggiare di persona il dopo, le conseguenze. Non che avessi in programma di far succedere chissà cosa: il detto "Quello che si fa in campeggio rimane in campeggio" non appariva, ancora, tra i miei principi.
Mi sentivo stralunata, ondeggiante fuori dal mio corpo; quando Rosy disse "Mi viene da vomitare", guardando ostentatamente me che mangiavo la crepe seduta in braccio a Brio, intento a guardarmi in viso, fui talmente brava a fare finta di non averla sentita che lei si sentì in dovere di ripeterlo. Non riuscivo a seguire la conversazione: in testa non avevo altro oltre al pensiero che quella era la mia ultima sera e quindi la mia ultima occasione con Brio; se per respingerlo ancora una volta, o cedere a ciò che ogni minuto che passava sembrava sempre più giusto e ragionevole fare, non lo sapevo ancora. Verso le due e mezza, salutai tutti quanti sentendo solo in parte la solita triste ansia da fine vacanza, da quanto ero intontita: il pensiero di Brio era talmente ingombrante dentro di me da lasciare poco spazio al resto. Consapevole che quindici persone erano certe che stessi perpetrando tradimento aggravato, mi avviai verso la spiaggia per tornare in campeggio, insieme a Brio: non c'era neanche stato bisogno di parlarne. Superato l'Oasi ed entrati nel cono d'ombra, Brio mi passò un braccio sulla schiena, per camminare abbracciati; per una volta, diedi retta al "Tanto ormai.." che mi rieccheggiava in testa e lo lasciai fare. Sul serio, che male faceva se mi abbracciava? In fondo, era già successo, sia con lui sia con gli altri animatori, durante lo spettacolo e le prove; Gigi mi aveva addirittura presa in braccio!                                                                                                       Arrivati ai lettini dell'Hotel Florida, ci fermammo e ci sedemmo un po', a guardare il mare; ero completamente stordita dall'enormità della situazione in cui mi trovavo, e lasciarmi ipnotizzare dalle onde che andavano avanti e indietro sulla battigia non mi sembrava un buon metodo per risvegliarmi, ma continuai a stare in silenzio a guardare la notte, incapace di alzarmi e mettere fine a quell'assurdità. Faceva fresco: faceva sempre fresco in spiaggia la notte, e non era insolito che ci portassimo la felpa quando andavamo ai falò; Brio mi sentì rabbrividire, e sempre in silenzio scivolò in avanti sul lettino per abbracciarmi; completamente nel pallone, estranea a me stessa, quasi inconsapevole della mia presenza in quel posto, in quella compagnia, in quelle condizioni, mi rilassai contro di lui e appoggiai la testa sulla sua spalla. A quel punto, probabilmente sospirando internamente di sollievo, Brio girò la testa in cerca della mia bocca, che trovò in attesa: con gli occhi sbarrati, lo guardai baciarmi stando immobile, senza che nessuna consapevolezza particolare mi investisse; era come se non fossi io, in quella spiaggia, come se stessi guardando un'altra me. Sempre con questo senso di estraneità, gli passai una mano dietro al collo per attirarlo a me, rispondendo automaticamente al bacio; sempre con questa strana lucidità distaccata, mi adagiai sul lettino tirandolo giù con me; sempre con gli occhi spalancati, guardai il cielo nero trafitto di stelle senza sentire più alcun freddo, mentre Brio mi baciava.
Mi sbagliavo: non era come se non fossi io, ero io, ma quello non stava veramente succedendo, ero io in un'altra realtà, in una dimensione parallela o in un sogno. Ecco, si, in un sogno: un sogno era il luogo adatto, per quello che stava succedendo e per come mi sentivo io; in un sogno sei sempre te stessa, ma non puoi manovrare il alcun modo ciò che succede, niente dipende da te, niente può essere fermato o impedito. Mi sentivo proprio così, all'interno di un sogno.
Mi lasciai accompagnare a casa sempre circondata da questa sensazione di surrealtà, che mi lasciava intontita; sensazione che si incrinò appena varcai la soglia del bungalow, e in un lampo di lucidità il mio cervello pensò che fosse ora di farsi vivo di nuovo e mi disse: "I denti! Lavati i denti prima di svegliare tua mamma!". Perché Brio fumava, e di certo lei avrebbe sentito l'odore dandomi la buona notte. Andai in bagno sentendomi come un assassino che nasconde le prove: in preda ad un'ottusa lucidità, in un'ansia talmente febbrile da sembrare serenità, mi lavai due volte i denti e mi sciacquai il viso, prima di andare a letto, dove giacqui con gli occhi spalancati su quella realtà parallela che avevo appena vissuto.

                                                     *

Il giorno dopo partii senza salutare nessuno, a parte Michela: mi sentivo un ladro, e non vedevo l'ora di lasciare la scena del crimine; la mia coscienza era ancora intontita, era ancora presto per i sensi di colpa, che mi avrebbero mangiata viva per tutto l'inverno a seguire, ero ancora in mezzo ad un'ottusità ovattata. Insistei per partire presto, io che di solito la tiravo più lunga possibile.
Guardando la muretta del campeggio finire e lasciare spazio alla spiaggia del Florida, pensai:

"Almeno per una volta ti sei dimenticata di piangere!".





Ebbene si. Questo è l'ultimo capitolo di questa storia, almeno per ora. Le stati 2011, 2012 e 2013 non le ho inserite perchè il gruppo si è disgregato sempre più, per finire nello scomparire nel 2013... Ma non metterò un epilogo, primo perchè le amicizie non finiscono mai, nel cuore e nella mente rimangono eterne ed immutabili, qualsiasi cosa accada; secondo, perchè chi lo sa... magari tra qualche anno ci ritroveremo tutti quanti per un estate insieme, o tra vent'anni ci ritroveremo tutti lì con i figli a carico.. e allora io scriverò un altro capitolo e lo inserirò in questa storia!
Spero che sia piaciuta, anche se so che è difficile immedesimarsi nelle peripezie di gente che non si conosce; un saluto particolare, ancora una volta, a tutti loro: Michela, Fiore, Elsa, Fede, Renato, Miki, Thias, Fabio, Francesco, Roby, Ele..


  
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