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Autore: samubura    27/10/2013    7 recensioni
Ho pensato per molto tempo a cosa potessi scrivere come fanfiction di un libro di cui mi sono innamorato.
Alla fine ho pensato potesse essere interessante riscrivere la storia dagli occhi di Peeta, personaggio che personalmente ho adorato, e penso sia impossibile non farlo.
Spero veramente molto che vi piaccia e in caso di farmelo sapere con una recensione o un messaggio per consigliarmi su cosa potrei migliorare. Buona lettura!
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Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Effie Trinket, Haymitch Abernathy, Katniss Everdeen, Peeta Mellark, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Peeta's Hunger Games'
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Mi è concesso più tempo oggi, svegliarsi tardi all’inizio sembra un sogno.
Poi realizzo che è solamente per il giorno della mietitura che i miei genitori mi esonerano dai lavori del forno. E il sogno si trasforma nel peggiore degli incubi che una volta l’anno si ripresenta sempre uguale.
Mia madre ha preparato un bagno caldo, mi lavo in fretta, ma con cura, so quanto ci tiene ai dettagli, specialmente in questo “giorno speciale”, devi essere perfetto nel caso fossi estratto, che figura faresti davanti ai tuoi carnefici?
I settantaquattresimi Hunger Games stavano per iniziare. Per ri-iniziare, ogni anno tornavano con i loro maxi schermi, la schedatura e la sceneggiata dell’estrazione e della fondamentale importanza che i giochi avevano per tutti noi abitanti di Panem. Settantaquattro anni di tortura, umiliazione, punizione per l’insurrezione dei distretti contro la capitale. Giro per casa indisturbato, sono tutti ad affaccendarsi attorno al forno, il pane si mangia anche il giorno della mietitura in fondo. Oggi persino io posso mangiare quello fresco, non più quello vecchio e stantio che non si può vendere né buttar via. È una specie di festa in fondo, se si dimenticano i due ragazzi che vengono estratti a sorte e la paura di essere al loro posto.
Il distretto 12 è povero, la nostra economia si fonda sulle miniere di carbone. Il carbone serve a Capitol City, ogni distretto produce qualcosa di specifico per Capitol City. Così è come ci insegnano a scuola. Non parlano quasi mai degli altri distretti, per scoraggiare i contatti e eliminare i rischi di una nuova ribellione. L’ultima ci viene raccontata come un inutile spargimento di sangue e a ricordarcelo ogni anno ci sono la distruzione del distretto 13 e gli Hunger Games.
A diciotto anni i ragazzi iniziano la loro routine nel sottosuolo. Non mancano gli incidenti. Io sono fortunato, i miei genitori possiedono il forno del distretto. È dura mandarlo avanti certo, lavoro già da parecchio dopo la scuola, ma sicuramente non rischio più che una bruciatura. Andare in giro per casa senza molto da fare mi sembra strano. In effetti ci sono ragazzi che rischiano molto di più di me. Dai dodici, quando diventi sorteggiabile, i ragazzi più poveri possono “aggiungere” una nomina per una fornitura di cereali per loro e per altri componenti della loro famiglia. Per fortuna non l’ho mai dovuto fare, siamo abbastanza fortunati qua al distretto 12 non è lusso, ma è meglio di chi non ha niente. Ci sono ragazzi che avranno una trentina di nomine dentro la boccia di vetro dei tributi maschi, io solamente cinque. C’è una certa probabilità anche per me è vero, ma c’è a chi va peggio.
Torno in camera, mi vesto lasciando per la cerimonia della mietitura gli abiti da festa che mia madre ha lasciato ben piegati sul letto.  Mi avvio verso il forno perché ho bisogno di rendermi utile. Attendere senza far nulla il mio destino mi uccide.
Tutti evitano il mio sguardo. Forse per non mostrare la preoccupazione, mancano due anni e poi la mia famiglia sarà fuori dall’incubo della mietitura. Dovremo ancora vedere ragazzi e ragazze scelti e mandati al macello ogni anno, ma potremo stare più tranquilli.
Mio padre e i miei fratelli si mostrano troppo indaffarati per evitarmi. Mia madre è l’unica comprensiva. Mi viene incontro e mi abbraccia, si spinge in punta di piedi per darmi un bacio sulla fronte come quando ero più piccolo. Poi mi porta con lei vicino al ripiano, dove ci sono le torte da decorare. Nel giorno della mietitura è importante fare la vetrina più bella del solito, un sacco di gente verrà in piazza e dobbiamo farci notare. Anche se più della metà delle persone del distretto 12 non può permettersi neanche una fetta mi fa sempre piacere quando le persone si fermano a guardare le mie “opere”. Decoro torte da un po’. È la mia più grande passione. Mia madre dice che sono un artista.
Semplicemente, mi piace farlo. Mi rilassa e mi fa uscire dagli spazi stretti del distretto 12. So che non andrò mai via di qua, è impossibile, ma posso spaziare con l’immaginazione quanto voglio e lavorare la glassa, usare colori, comporre forme che mi fanno sentire un po’ più libero. Mi piace anche quando la gente si ferma davanti alla vetrina. Mi fermo anch’io a guardarli che indicano le mie torte. C’è una ragazzina, bionda, che viene sempre con la sorella. Si fermano sempre a guardare e restano più di tutti. Non mi stancherei mai di guardare dall’altra parte del vetro se non fosse per mio padre che mi richiama arrabbiato.
Conosco quella ragazza con lo sguardo troppo freddo per il sorriso che ha sulle labbra mentre asseconda la sua adorata sorella. Gli occhi grigi della gente del Giacimento, il quartiere più povero, diversi dai miei azzurri, ma immensamente belli e profondi. Fa la mia scuola e la “conosco” da sempre. In effetti, non è proprio così, penso che non ci siamo neanche mai scambiati una parola. Solo qualche sguardo da un lato all’altro di un corridoio.
Un giorno ricordo che era fuori dalla panetteria, pioveva e stava malissimo. Suo padre era morto da poco in un incidente e il peso della famiglia era ricaduto sulle sue spalle ancora non pronte. Sua madre paralizzata dal dolore, incapace di superarlo. Stava morendo di fame. Io lavoravo al forno, stavo cuocendo il pane quando la vidi accasciarsi con la schiena appoggiata al tronco di un albero. Sarei voluto uscire ad aiutarla, ma di gente che muore per la strada al distretto dodici ce n’è parecchia, che fosse una ragazzina non faceva differenza. Due pagnotte caddero nel fuoco. Mia madre mi picchiò e mi urlò di stare più attento.
Mi mandarono fuori per darle ai maiali. Erano completamente nere fuori, ma erano tutto per qualcuno che non ha nient’altro e tre bocche da sfamare. Le lanciai nella sua direzione, non dissi niente, lei neanche. Fu solo un lungo intenso sguardo.
Non era stata disattenzione.
Ogni anno, prima di sperare di non essere estratto per la mietitura, spero che non sia lei.
Mi occupo io della vetrina, mia madre me lo lascia fare. Nel suo sguardo c’è quel “potrebbe essere l’ultima volta” non proprio rassicurante. Bisogna sempre prepararsi al peggio. La fortuna può non essere a tuo favore.
La mietitura si svolge nella piazza principale, già dalla sera prima avevano iniziato a montare i tralicci per i maxischermi, il palco e tutte le apparecchiature televisive per non far perdere neanche un minuto ai famelici telespettatori di Capitol City. La mietitura inizia all’una in punto. C’è ancora molto tempo ma sembra già tutto pronto per quegli attimi fatali. Gli stendardi con il simbolo della capitale sono appesi ovunque, squadre di pacificatori sorvegliano la zona, addetti delle troupe televisive si muovono freneticamente per scegliere dove piazzare le telecamere per una migliore inquadratura. Vestiti con i colori sgargianti della capitale sembrano a dir poco fuori luogo qua nel distretto 12 dove quello che non è nero per la polvere di carbone è grigio.
Solo i boschi che si estendono al di là della recinzione elettrificata sono di un bel verde intenso. Li guardo spesso quando ho del tempo per stare un po’ con me stesso. Dicono che la recinzione si possa scavalcare facilmente, molti vanno a cacciare la selvaggina e la rivendono al mercato nero perché è illegale ovviamente. Non mi sono mai arrischiato neanche ad avvicinarmi al recinto. Non voglio mettere nei guai la mia famiglia. Anche se i pacificatori del distretto 12 non sono così ferrei, la legge è la legge e possedere armi, anche solo per cacciare potrebbe assicurarti una pallottola in testa.
Cerco di essere più intento che posso nel mio compito. Curo ogni dettaglio sperando di ingannare il tempo più che posso facendo qualcosa che mi piace. Non pensare a quello che sta per succedere.
Quando torno in casa mi stanno aspettando in cucina, attorno al tavolo sono già seduti mio padre e i miei due fratelli maggiori. Le loro facce rabbuiate mutano al mio ingresso in sorrisi incoraggianti. C’è poco da nascondere, è ovvio che siano preoccupati, ma fa piacere lo stesso vedere come si sforzano di far sembrare tutto normale. Oggi a pranzo niente scoiattoli e pane stantio. Mamma ha comprato carne più pregiata al mercato, gli scoiattoli di solito mio padre li compra da Katniss. È il nome della ragazza del Giacimento che accompagna la sorellina a guardare le mie torte. Lei caccia, nei boschi. Quasi la invidio, mi chiedo quante meraviglie possa trovare laggiù tra le valli. Mio padre è contento di fare affari con Katniss. Come praticamente tutti nel distretto è affezionato a sua sorella. Dice anche che è una cacciatrice provetta, centra sempre gli scoiattoli in un occhio. Partirebbe in vantaggio in dei possibili giochi.
Mangiamo in silenzio, tenendo d’occhio l’orologio di cui posso quasi sentire il ticchettio. Quando abbiamo finito i miei fratelli tornano al forno, mi danno delle pacche sulle spalle e un augurio di buona fortuna forse mai più sentito di così. Anche mio padre mi saluta, mi stringe tra le sue braccia forti.
-Spero di rivederti Peeta.
-Anche io papà…
Torno in camera per vestirmi. Tutti si mettono il vestito buono per far bella impressione. In fondo si va in televisione. Mia madre entra e mi pettina i capelli. Mi abbraccia e piange, senza dire niente. È così ogni anno, dev’essere particolarmente dura per lei.
Scendiamo insieme in piazza, il resto della mia famiglia scenderà più tardi. Lei invece mi accompagna fino a che non dobbiamo separarci, mi stringe forte la mano che non mi ha lasciato da quando siamo usciti di casa e mi bacia sulla guancia.
I ragazzi e le ragazze sorteggiabili devono essere prima schedati, poi vengono indirizzati da alcuni pacificatori in dei settori recintati da cordoni. Ci si dispone in file in ordine di età, mi ritrovo con alcuni compagni di scuola con cui scambio solo un saluto nervoso. Non è il momento migliore per fare due chiacchiere.
Sul palco ci sono le due bocce con le strisce di carta che segnano i nostri nomi e il nostro destino. Solo 5 con scritto Peeta Mellark e comunque una grande paura. Ci sono solo due persone sul palco. Sedute, aspettano piuttosto agitati. Uno è il sindaco del distretto è un uomo alto, non più giovane, avrà pressappoco l’ètà di mio padre. Ha una figlia che ha la mia stessa età, anche lei può essere sorteggiata, nei suoi occhi vedo la stessa inquietudine che regna in tutti gli abitanti del distretto radunati e accalcati per scoprire che saranno gli sfortunati estratti per rappresentare il distretto 12 nei settantaquattresimi Hunger Games. Accanto a lui è seduta Effie Trinket, la accompagnatrice del nostro distretto in pieno stile Capitol City. Capelli rosa e un elegante tailleur verde prato. Sulle labbra un sorriso falso perché tutti sanno che muore dalla voglia di essere assegnata a un altro distretto. Nel dodici c’è solo un vincitore ancora vivo, ma solo due in totale. Che al momento è assente e a quanto sembra dalle facce di Effie e del sindaco Undersee nessuno sa dove si trovi.
È compito degli ex-vincitori essere mentori dei nuovi tributi. Generalmente ogni tributo ha il suo mentore personale, ma essendoci solo Haymitch nel distretto 12 entrambi gli sfortunati scelti sono costretti a riporre le loro poche speranze di salvezza in un alcoolista.
L’orologio sopra il palazzo di giustizia batte le due e il sindaco Undersee si alza in piedi e prende posto al microfono ripetendo il discorso che ricorda a tutti noi abitanti dei distretti i Giorni Bui della ribellione, la distruzione del distretto tredici e la nascita degli Hunger Games. Nel Trattato del Tradimento vennero stipulate le regole dei giochi per tener viva la memoria della rivolta dei distretti contro la Capitale. Due tributi, un ragazzo e una ragazza, da ogni distretto. Ventiquattro entrano nell’arena, uno solo esce ricoperto di gloria.
E tutto questo è celebrato dalla Capitale come un evento televisivo, una festa, una competizione sportiva, e siamo costretti a celebrarlo anche noi. Per dimostrare quanto è forte il potere di Capitol City. Quanto la nostra amata capitale ci tenga in pugno, tanto da costringerci a far lottare i nostri figli all’ultimo sangue in diretta televisiva.
Terminata la formula di prassi appare Haymitch Abernathy sul palco. È visibilmente ubriaco urla qualcosa che nessuno riesce a capire e si accascia sulla sedia che gli spetta quasi per miracolo. Cerca di abbracciare Effie che riesce ad evitarlo scandalizzata. Per cercare di recuperare la situazione inizia un applauso tentennante e il sindaco presenta Effie che si alza e raggiunge il microfono ticchettando sui suoi tacchi a spillo.
-Felici Hunger Games! E possa la buona sorte essere sempre in vostro favore!
Il classico slogan idiota dei giochi. Continua a blaterare nell’accento della capitale che prendiamo sempre in giro quando siamo soli tra ragazzi. Dice di essere felice di essere ancora qua al distretto 12 ma tutti sanno che è una bugia. Non la ascolto. Penso solo che tra pochissimo ci saranno le estrazioni e la tensione è alle stelle –Come sempre, prima le signore! – il mio sguardo si sposta dalla mano di Effie che scende a pescare nella boccia di vetro alla folla di ragazze in cerca di Katniss. Non la trovo e torno a fissare il palco dove Effie è tornata davanti al microfono per leggere il biglietto.
-Primrose Everdeen!
No.
Non lei.

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