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Autore: Sakio    28/10/2013    4 recensioni
E se Wendy non si fosse innmorata di un bambino? Se Wendy la ragazza che amava i pirati si fosse innamorata proprio di uno di essi? Cosa sarebbe successo?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi guardai allo specchio e vidi tutti i miei incubi realizzarsi in un unico momento. Mio padre mi stava costringendo a sposarmi con uno sconosciuto. Lui diceva che questo Jonathan era un bravo ragazzo, di buona famiglia e gran lavoratore. Io lo sentivo come un altro carceriere che avrebbe avuto in mano la mia vita. Mio padre, i dottori, i miei protettori. Tutti uomini che avevano creduto di avere la mia vita nelle loro mani. Questo sarebbe stato solo un altro di una lunga lista.
"Sei bellissima" mi disse mia madre comparendo dietro di me. Non so se capiva il mio dolore in quel momento, fatto sta che sorrideva, felice che la sua unica figlia si sposasse.
Ero agghindata come una vera sposa figlia di un banchiere. Tutto quello sfarzo mi faceva ribrezzo. Avevo vissuto per la strada con stracci, tutti quei fronzoli, abiti ricchi e gioielli erano uno sputo verso la povertà che stava a pochi passi di distanza. Sentivo di non poter sputare anch'io verso i miei compagni.
Bussarono. Sia io che mia madre ci girammo. Mi chiesi chi fosse, le donne erano tutte dentro quella piccola stanza. La porta si aprì lentamente, doveva essere sicuramente un uomo. Troppo timore nell'aprire quella maledetta porta. Infatti ci ritrovammo davanti John, col suo vestito buono. Aveva persino una rosa all'occhiello, ma questa non era rossa, come si usa di consueto ai matrimoni, ma blu, un colore molto usato per i funerali. Lui capiva a cosa stavo andando incontro e voleva farmi sapere che era con me.
"Madre, posso rubarvi un attimo Wendy?" Chiese. Mia madre titubante acconsentì. Finalmente potei uscire da quella stanza. Non ci respiravo più, mi sentivo oppressa da mia madre e dalle balie pronte a ritoccare qualsiasi cosa.
"Grazie" gli dissi.
"Mi dispiace" mi guardò negli occhi. Era tanto tempo che non parlavamo io e lui da soli.
"E di che. Non sei stato tu a cacciarmi di casa e a farmi arrivare a questo punto"
"No, ma io non ho mai detto nulla" disse abbassando gli occhi tristi.
"Mi sei stato vicino. E mi sei vicino tutt'ora" lo abbracciai "grazie" gli sussurrai all'orecchio. Mi strinse ancora più forte. Ci eravamo ritrovati per poi doverci lasciare subito.

..."siamo qui per unire quest'uomo e questa donna nel sacro vincolo del matrimonio. Chiunque avesse qualche motivo per cui questo matrimonio non si deve fare, parli ora o taccia per sempre" pregai che qualcuno si facesse avanti. Con tutto il cuore, che chiunque si alzasse da quelle brutte panche di legno e fermasse il matrimonio. Cercando di non farmi vedere scrutai le persone che stavano assistendo alla mia carcerazione. Stavo andando verso la morte della mia libertà. Perché nessuno lo capiva e fermava quell'imminente esecuzione?
Ma nessuno si alzò. Nessuno fermò il matrimonio. Guardandolo le lacrime mi uscirono dagli occhi. Non so cosa pensarono gli altri, neanche mi importava. Volevo rimanere sola con il mio dolore.
Alla domanda che mi fece il prete risposi, senza titubanza. Di filato. Ormai la mia via era stata decisa, non avrei potuto fare altro se non accettarla e percorrerla.
"Si lo voglio" dissi. Parole. Tre misere parole potevano distruggere una vita. Avendole dette, avevano distrutto la mia. Guardai Jonathan baciarmi. Non ero nel mio corpo. Vedevo tutto dall'alto. Non riuscivo a muovermi, ma realmente non c'era nulla da muovere? Ero aria, ero un qualcosa di immateriale. Vidi io che mi allontanavo dall'altare con la mia mano in quella di mio marito. Io che ballavo insieme a lui. Il mio primo figlio. Il mio secondo bimbo. Questa volta una femmina. Mio marito mi maltratta davanti ai piccoli. Un'altra gravidanza. Mio marito che mi picchia mentre sono al quarto mese. Mi spinge dalle scale. Io cado. Il bambino che muore dentro di me. Riesco a vedere tutto ciò che accade nella mia vita. Cresco davanti ai miei occhi. Quelli che per me sono attimi, per l'altra me sono anni. Mi vedo vecchia. Mio marito muore mentre io gioisco in silenzio. Mio figlio va in guerra e muore in battaglia. Lo vedo spirare sotto il fuoco nemico. Mia figlia vive in una casa lontana dalla mia, in campagna assieme ai miei nipoti. Arrivano gli aerei nemici. Sento delle bombe, ma non riesco a vederle. Distruggono qualcosa. Davanti a me è tutto buio.la prima cosa che riesco a vedere é la loro casa, distrutta e i loro corpi senza vita tra le macerie
Vedevo la mia vita scena dopo scena, come in un teatro. Finché non arrivai alla mia morte. Io in un letto in una casetta povera. Nessuno intorno a me. I miei figli tutti morti, nessun amico, nessun parete. Sono sola. Lentamente muoio e la morte mi accompagna in quell'ultima avventura. La vedo, di spalle, prendermi per mano. Io mi alzo e la seguo. Stanno per oltrepassare la porta della mia camera. La morte si ferma. Lentamente si gira. Sto per riuscire a vedere cosa c'é sotto al cappuccio. Finché non lo vedo...

"Ahhhhhhhh" urlai. Due braccia mi strinsero forte e iniziarono a cullarmi.
"Shhhhhh" faceva. Davanti a me c'era il volto di Uncino. "Calmati piccola. Era solo un brutto sogno" mi diceva. Assaporai il suo viso. Avevo vissuto un intera vita senza di lui. Ero arrivata a dimenticarlo. Non riuscivo a crederci, non capivo come potevo essere riuscita a farlo. Per fortuna era stato solo un brutto sogno. Realistico. Troppo, ma pur sempre un brutto sogno.
Ricordavo tutto quello che era successo solo ieri, anche se per me sembravano essere passati anni. Peter era venuto insieme ai miei fratelli, bimbi sperduti e indiani sulla Jolly Roger.
Io avevo deciso da che parte stare, quella dell'unico uomo che amavo. Ripensai a mio fratello John. Anche nel sogno sapevo che lui mi voleva bene, come potevo non essermene accorta ieri quando mi aveva guardato con gli occhi più tristi che avessi mai visto?
Pensai a Peter, lui non mi avrebbe mai potuta amare. Ma non potevo perderlo per questo.
Iniziai a calmarmi. Non tremavo più. Uncino iniziò a rallentare il dondolio.
"Stai bene?" mi chiese. Mi avvicinai al suo viso, sentii il suo inconfondibile odore di acqua di mare e pino. Mi era mancato il suo odore. Lo fissai negli occhi. Lui ricambiò lo sguardo.
"Promettimi che non mi farai tornare mai più a Londra. Il mio posto é al tuo fianco e a quello dei miei fratelli. Domani andrò sull'isola per rappacificarmi con loro. Ma ti prego, non riportarmi a Londra. Promettilo"
"Promesso" disse accarezzandomi le guance. Mi sporsi un poco e lo baciai.

Angolo dell'autore
Allora, la nostra avventura é arrivata al termine. Spero vi sia piaciuta.
Allora, errori, spero non ce n'è siano. Ho ricontrollato e ricontrollato e ricontrollato.
Ci sono periodi molto corti, decisione mia. Credo che renda di più ciò che avrei voluto scrivere.

Mi mancherete, ognuno di voi, miei 157 lettori, ma in particolare, vorrei ringraziare di cuore: SognatrceAocchiAperti, FeniceAzzurra e Malika che mi hanno accompagnato aiutandomi in questa storia.
Spero di scrivere altro, quindi vi dico...Alla prossima raga

Sakio
   
 
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