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Autore: Archaix_Lemixia    03/11/2013    3 recensioni
Notte di Halloween. Una festa spensierata che si trasforma in tragedia.
Larxene si trova a dover fare i conti con la sua paura più grande.
HalloweenTown. Scappa larxene, scappa....
"Avvicinò la luce emanata dall’elettricità alla figura stesa sul pavimento…
E si allontanò subito, atterrita.
Lì per terra giaceva Marluxia, in mezzo ad una pozza di sangue."
Genere: Angst, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Larxene, Organizzazione XIII
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Premessa: in questo testo verranno trovati mooooolti riferimenti ad emozioni, ma voi dovete ricordare che quello che provano i Nobody è solo il Ricordo delle loro emozioni.
 
 
Vorrei una maschera
Vorrei una maschera
così spaventosa,
che tremi la gente
più coraggiosa;
da strega o fantasma,
da mostro o vampiro,
da scheletro bianco
che vagoli in giro
tra gli alberi spogli
nel lume lunare,
così che la gente
si metta ad urlare.
E nessuno sappia
che il più spaventoso
di tutti i costumi
ce l'ha il più pauroso.

 
Se avesse saputo a cosa andava incontro, si sarebbe fermata. Se solo avesse immaginato cosa poteva succedere se tutto quello in cui credeva fosse reale…
 
 
 
“Buona pasqua Xaldin!”
“Xigbar non puoi continuare a dire Buona Pasqua per ogni festa che viene!”
“Oh.. Buon… Natale?”
“Ci sei andato vicino. Oggi è Halloween.”
Eh già, finalmente era arrivata la festa dei morti, e l’Organizzazione aveva ottenuto il permesso di Xemnas per festeggiare l’evento. I due Nessuno si incamminarono verso la cucina per finire i preparativi, ma neanche a metà strada sentirono il gran fracasso che proveniva dal salone: Demyx non era andato a dormire, si era fiondato in soffitta (abbiamo una soffitta? 0_o) alla ricerca degli addobbi e dei costumi come neanche un bambino di 5 anni.
Sapete, esistono tre tipi di Nessuno: quelli impassibili e coscienti di non provare emozioni, quelli che se ne dimenticano come Demyx, e quelli che scelgono di ignorare questo piccolo dettaglio.
Un rappresentante di quest’ultimo gruppo era la numero XII, che nonostante non avesse un cuore aveva il viso perennemente contratto in un’espressione di incazzatura.
 
Ultimamente aveva cominciato a parlare con se stessa, o almeno, con il suo subconscio: era l’unico di cui potesse fidarsi in quella “banda di cazzoni” come la chiamava lei.
 
Umpf. Non potrebbe fere meno casino quel Demyx? Qui c’è qualcuno che vuole dormire!
 
[suvvia, in fondo sai che non cambierà mai]
 
Ed invece farà meglio a cambiare in fretta se non vuole che lo aiuti io…
 
 
La mattinata trascorse in fretta tra missioni varie e qualche piccolo imprevisto, ma quando furono tutti pronti si radunarono davanti al grande portone bianco che conduceva al loro salone delle feste, raduno annuale di celebrazioni, al parere di Larxene, inutili. Celebrazioni che però tenevano come unita la voglia di continuare la raccolta dei cuori e le ricerche per tornare ad essere completi, la somma aspirazione di ogni Nessuno.
Finalmente quando Demyx ebbe finito la folla (im)paziente di Nessuno poté aprire gli occhi che da ben mezz’ora teneva chiusi nella (im)paziente attesa che il Notturno Melodico sciogliesse le bende legate sulle loro teste: ciò che si presentò davanti ai loro occhi era indescrivibile, tanto che dodici mascelle (meno quella di Saix) caddero a terra. Quello non era il loro salone, era un’opera d’arte di decori e orrori. Era assolutamente irriconoscibile, come ogni anno, poiché se c’era una cosa che Demyx sapeva fare era stupire gli altri. La cosa più spettacolare era un’enorme zucca al centro della sala, dalle fattezze spaventose, ed il cui ghigno avrebbe potuto scavare nel profondo del cuore che avrebbero dovuto avere.
“C-come cavolo hai…” biascicò appena Xigbar.
“Questa è la forza della volontà! E poi ho ricevuto un aiutino…” rispose lui indicando un angolo della sala dove, stravaccati su un divanetto, giacevano stanchi morti il Soffio di Fiamme Danzanti e le Energie Gemelle.*

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La serata stava trascorrendo piacevolmente fra burle e gare, mentre la luce del sole pian piano scompariva all’orizzonte. Larxene era l’unica che non sembrava divertirsi, partecipava di mala voglia alle attrazioni e buttava di tanto in tanto lo sguardo sulla comitiva. In un angolo intravide pensieroso Lexaeus, che come al solito aveva la socialità di un distributore di merendine. Si girò svogliatamente verso il tavolo del buffet, quando sentì alle sue spalle un leggero fruscio. Voltò di scatto la testa e vide con “sorpresa” che il numero V era scomparso.
Demyx stava segnando i punti di una gara, quando ad un certo punto guardò l’orologio di Spongebob che aveva sul polso e si fermò pensieroso.
“Ragazzi io vado un attimo in camera mia torno subito, Axel lascio a te il comandooo!” esclamò felice e si uscì di corsa dalla stanza. Nessuno se ne curò molto all’inizio.
 
…Era passato un quarto d’ora da quando Demyx era uscito dal salone e non era più tornato. Il primo a preoccuparsi fu Zexion, che non vedendolo arrivare si avvicinò lentamente al Superiore, che stava esortando inutilmente Saix a pescare una mela avvelenata dalla botte piena d’acqua**, e gli parlò sottovoce. I due si scambiarono uno sguardo d’intesa e Xemnas si avvicinò al centro della sala:
“Ascoltate tutti! Qualcuno di voi ha visto per caso Demyx dopo che è uscito da qui?”
Nessuna risposta. Tutti i presenti smisero di svolgere qualunque attività e si guardarono l’un l’altro scambiandosi occhiate, tutti tranne Larxene che quasi non sentì la domanda.
“…Xemnas io sono preoccupato, posso andare a cercarlo?” chiese il numero VI guardando il suo interlocutore dal basso all’alto con due occhioni tristi, mostrando il viso di un innocente bambino: nonostante fosse ormai grande il Burattinaio Mascherato/Mascarato era diventato un Nobody da giovane, infatti la sua statura era rimasta quella di un ragazzo anche più piccolo di Archaix e Lemixia.
“Certo che puoi” rispose l’altro, per poi rivolgersi a tutti i presenti:
“tranquilli è un falso allarme, tornate pure a fare quello che stavate facendAAAAAAAAAAARGH!!!”
D’improvviso un mostro orrendo con il volto sfregiato e un occhio solo gli apparve a tre centimetri dal naso, facendogli cacciare un urlo degno di una cantante lirica***.
“XIGBAR!!!!!”
“Scusa capo, ma non avrei mai avuto un’altra occasione di spaventarti in pubblico così” rispose lui giustificandosi e trattenendosi a stento la pancia dal ridere.
“E comunque saranno andati in bagno non ti preoccupare.. Piuttosto sono finite le patatine XALDEEEEEN!!”
“E va bene, andiamo a prenderle..” rispose sconsolato lui, ed abbandonò definitivamente la cartella della Tombola i cui segni davano chiaramente la ricompensa di una scarsa terna, per accompagnare il Nobody in cucina. Gli altri si girarono tranquilli per riprendere i loro impegni come se nulla fosse accaduto, ma nell’aria ora aleggiava qualcosa di strano, un presentimento fugace, un’inquietante timore che fosse successo qualcosa.
 
Poi dalle loro spalle sentirono provenire un grido disperato.
 
Il pesante portone ebbe uno scossone. Si udì un suono terrificante di mandibole e carne lacerata.
 
 
Si girarono tutti in direzione della porta, e ci mancava poco che Vexen avesse il suo ottavo infarto.
“C-che cos’era??” sussurrarono in coro Lemixia e Archaix.
“State calmi, ora andremo a controllare tutti insieme di cosa si tratta” tentò di tranquillizzarli il Superiore, con un tono che non lasciava intendere che lo stesse dicendo più a se stesso che agli altri.
Con tutta la freddezza di cui era dotato, si diresse verso il grande portone il cui peso stranamente gli consentiva di essere aperto con facilità. Tirò la maniglia e si stupì leggermente di vedere tutte le luci dei corridoi spente.
Aprì entrambe le ante per fare luce e quello che vide lo paralizzò.
Sangue. L’intero pavimento era coperto di sangue.
 
Una traccia rosso scarlatto si dirigeva verso il corridoio centrale, disperdendosi nel buio.
 
 
La decisione fu unanime, la festa venne sospesa per cercare i quattro dispersi e si formarono dei gruppi da due per sicurezza. Il castello era però un luogo molto misterioso e soprattutto GRANDE, con centinaia di stanze e stanzine segrete costruite apposta per far perdere l’orientamento a chiunque entrasse senza permesso. Perché questo era uno de segreti del castello: la disposizione di alcune stanze si invertiva con un ritmo incostante, rendendo inutilizzabile qualsiasi cartina.
Quando le luci vennero accese, i gruppi si apprestarono a dividersi in coppie.
“Sento che finirà male” disse ad alta voce Axel.
“Temo anche io. Qualcuno ha visto Lexaeus?” chiese Luxord. Silenzio di tomba.
Ecco. Ora i dispersi erano cinque.
 
No, sei.
All’improvviso le luci si spensero, si sentì un tonfo e un rumore di vetri rotti. Un urlo.
Vexen ebbe il suo ottavo infarto ma non morì e Saix riuscì ad arrivare all’interruttore della luce, così l’Organizzazione dovette affrontare un’altra perdita.
“Luxord!! Dov’è finito!?” Marluxia fu il primo ad accorgersi della scomparsa del Nobody e cominciò a guardare freneticamente in giro. Per fortuna gli altri erano ancora tutti presenti.
 
Ormai dimezzata, l’Organizzazione si divise in coppie e partì alla ricerca dei dispersi. Quella festa tanto innocua si stava trasformando in un incubo.
Vexen si diresse in fretta e furia verso un corridoio a sinistra, dicendo che mostro o no doveva fare una cosa importantissima in laboratorio. Adesso. Ma non poteva andare prima??
“Voi due andate a riportarlo indietro, non possiamo perdere altri membri” il Superiore si rivolse serio a loro.
Larxene sbuffò indispettita, ma si diresse ugualmente verso il corridoio in compagnia del Leggiadro Sicario. Non appena superata una certa distanza si misero a discutere animatamente.
 
Ma dai, che volete che sia successo? Sicuramente vogliono farci uno scherzo…
 
[ne sei sicura?]
“Larxene? Mi stai ascoltando?”
“ewh, c-cosa?”
“ecco lo sapevo. Ho detto che l’unico modo per attuare il nostro piano è radunare altri membri…”
“Ah si è vero…”
“Come Ah è vero? Non mi sembri molto presente, bisogna anche eliminare le due impiccione che sospettano di noi senza destare sospetti…”
Non riusciva a restare concentrata con quel discorso, non in quel momento. Continuava a chiedersi che fine avevano fatto quei tre buzzurri, ma non capiva perché gliene importasse così tanto. In fondo lei non aveva bisogno di loro, come di nessuno per altro…
“Ma tu.. ci credi a questa storia?” disse tutto d’un tratto lei, inserendosi nel monologo espansionistico che aveva iniziato il suo compare.
“Uh? Certo che no, Demyx è sempre stato un burlone. Zexion adora prendersi gioco di noi e Luxord l’avranno corrotto.” Rispose semplicemente lui, con una calma quasi innaturale.
Continuarono a camminare, un cupo e denso silenzio calò su di loro.
 
 
 
Quando giunsero davanti a quella porta ebbero un brivido. Improvvisamente il corridoio divenne freddo come in mezzo ad una tormenta di neve, cupo come le viscere di un varco oscuro, gelido come gli occhi di ghiaccio del Freddo Accademico. Larxene ricordò che aveva detto che sarebbe andato in laboratorio un attimo se non errava. Non voleva entrare lì dentro. Ma doveva. Così lei e il suo compagno aprirono lentamente la porta che conduceva al regno di ghiaccio del numero IV.
Dentro l’atmosfera non migliorò per niente, anzi per poco non sobbalzarono alla vista di quel disastro: ogni tavolo da lavoro era stato completamente avvolto nel ghiaccio, tutti gli esperimenti incompiuti erano sparsi sul pavimento in alcuni punti corroso, e tirava dappertutto una densa e cupa aria di morte. Qualcuno aveva appena combattuto lì dentro.
“Vexen! Dove sei?? Non è più prudente girare da soli, vieni con noi dobbiamo cerc…”
No.
Non può essere.
 
[Oh si invece.]
 
Al centro della stanza, avvolto da uno spesso strato di lastre di ghiaccio, era immobile il Freddo Accademico. Il mantello strappato in più punti, il braccio destro teso ad afferrare qualcosa o a fuggire, l’espressione terrificante dell’orrore puro dipinta su quel volto sempre serio.
I due indietreggiarono “spaventati”: che era successo in quella stanza?? Vexen era lì davanti a loro, con il suo destino infelice scritto negli occhi, ibernato per sempre dal suo stesso elemento.
“T… Torniamo indietro Larxene” disse con un filo di voce lui, arretrando di un passo. Lei non riuscì neanche a sentirlo, la sua mente era proiettata verso quello che sarebbe potuto accadere, verso quello che era successo fino a poco fa. Li stava perdendo tutti.
Tutti i suoi compagni stavano scomparendo e lei non poteva farci niente.
Ma a lei non importava giusto? A lei importava solo sapere chi c’era dietro a tutto questo…
 
[è solo quello che vuoi…vero?]
 
 
Ritornarono in corridoio “sconvolti”. In realtà non lo erano davvero, ma nei loro ricordi chissà perché questo sentimento era stato calcato con tanta potenza da dare loro la sensazione di provarlo davvero. Da cosa nasce cosa. Da paura nasce terrore.
 
Larxene continuava a non capacitarsi di cosa stesse succedendo, ma scacciava via ogni pensiero in una conclusione che ormai neanche a lei pareva più vera.
“Senti Marluxia, io non me la sento di continuare. Continuo a pensare che sia uno scherzo dei ragazzi… è Halloween!”
Marluxia non sembrò darle ragione, anzi la guardò preoccupato: “Guarda in faccia la realtà Larxene” disse solo. I due si rimisero a camminare avvolti in un silenzio che nemmeno i loro passi si sognavano di frantumare.
“Beh io mi sono rotta, continua tu a cercare, io posso benissimo stare da…”
Larxene si voltò per guardare in faccia il compagno. Ma non trovò nessuno. Non c’era nessuno lì con lei in corridoio.
“…sola.” concluse. Le luci si spensero.
 
 
 
“Marluxia! Se questo è uno scherzo NON è DIVERTENTE!” gridò inutilmente al buio. Dove erano finiti tutti!? Quando ne aveva bisogno non c’erano mai…
Si diede immediatamente uno schiaffo sulla guancia: non aveva BISOGNO di loro. Poteva benissimo cavarsela da sola. Peccato che non essendo Saix i suoi occhi non potessero vedere al buio, così fu costretta a camminare in avanti a tentoni, alla ricerca dell’interruttore della luce. Che strano pensò, siamo creature dell’oscurità eppure abbiamo bisogno della luce…
Il corridoio non le era mai sembrato tanto lungo. E buio. Ma che le importava, lei non aveva paura del buio. Lei non poteva averne paura, era un Nessuno. Lei non DOVEVA averne paura, era Larxene.
Dopo aver passato quella che le sembrò un’eternità a vagare nell’oscurità  finalmente incontrò un ostacolo, all’inizio non seppe neanche lei spiegare cosa fosse, ma dato che non era normale trovare qualcosa a terra per il corridoio evocò i suoi Kunai e si concentrò su di essi: dalle punte di ciascuna lama partì una scarica elettrica che si congiunse con le altre formando un intreccio reticolato di energia. Avvicinò la luce emanata dall’elettricità alla figura stesa sul pavimento…
E si allontanò subito, atterrita.
Lì per terra giaceva Marluxia, in mezzo ad una pozza di sangue.
 
Tremante, si voltò e corse indietro più veloce che poté, imboccando corridoi a caso, non le importava dove portassero, voleva solo andare lontano da lì. Perché all’improvviso le porte sono sparite tutte?? Nella mente continuava a vorticarle quell’immagine raccapricciante, il numero XI steso a terra, il petto squarciato e lacerato dalle spine delle rose che tanto amava…
Rose bianche, macchiate del suo stesso sangue.
 
Ormai isterica aprì un varco oscuro, doveva avvertire Xemnas che quello che stava succedendo non era un semplice scherzo per la festa dei morti. Si buttò tra le spire d’ombra che circondavano il portale, ritrovandosi così nell’Altare del Nulla. Sicuramente il Superiore si era diretto lì.
Infatti eccolo lì, in piedi davanti a quella luna a forma di cuore che quella notte emanava degli strani bagliori rossastri. Si diresse spedita verso di lui quando vide un’ombra. Un’ombra che si avvicinò al capo e lo prese alle spalle. Il Nessuno riuscì solo a voltarsi, e nel vederlo sbiancò dal terrore. L’ombra tese il braccio e lo gettò giù dal balcone. Un grido disperato, un tonfo. E tutto finì.
Larxene gridò in preda al terrore ed indietreggiò, aprendo di nuovo un varco oscuro. In un battito di palpebre l’ombra era sparita.
“N-no, non posso aver visto questo.. Ahahahah….” indietreggiò ancora, atterrita, una risatina isterica si levò nell’aria. “N-no è tutto un sogno…. Io…”
Sbatté di nuovo la palpebre.
 
L’ ombra era davanti a lei.
 
Era forse la cosa più spaventosa che avesse mai visto. Non solo quell’ombra nera aveva ucciso Xemnas, ma quell’ombra ERA Xemnas.
I capelli di un tetro nero corvino, un ghigno terrificante che incorniciava il volto inesistente, due occhi bianchi puntati su di lei.
Larxene cacciò un urlo terrorizzato e si gettò all’indietro nel portale.
 
 
Uscì dal varco ancora terribilmente scossa e si mise a correre in una direzione a caso. Chi se ne frega dove, non poteva rimanere lì. Voleva andarsene, voleva uscire da quel castello e nascondersi più lontano possibile, ma la ragione l’aveva completamente abbandonata.
Continuò a correre con uno strano groppo alla gola che la soffocava finché non sbatté contro un altro ostacolo. Una porta. Non ricordava dove conducesse e nemmeno gliene fregava, le bastava che ci fosse qualcuno dall’altra parte. Non che avesse paura di restare sola, è che le dava un certo fastidio sentire solo i suoi pensieri riecheggiare nella sua mente, quando lei era sempre abituata a doversi sorbire i chiacchiericci di tutti i Nobody presenti nel raggio di tre kilometri. Ed ora l’innaturale silenzio che aleggiava intorno a lei la rendeva quasi “isterica”.
Ma che sto dicendo.
C’è qualcuno nascosto nell’ombra. Qualcuno che ha ucciso Marluxia.
Qualcuno che aveva spinto Xemnas giù dall’altare del Nulla.
Qualcuno che è identico a Xemnas.

Tese le braccia per trovare la maniglia e tirò con forza, aprendo il portone. Venne inondata dalla fredda ma rassicurante luce della sala dei troni, quella sala circolare dove l’Organizzazione si riuniva per discutere sulle questioni importanti. L’aria che si respirava era più pesante del solito.
Con “gioia e stupore” trovò tre figure incappucciate che parlavano fra di loro in uno stretto cerchio.
“Ehi ragazzi che succede!? Nessuno di voi è riuscito a trovare qualc…” le parole le morirono in bocca, quando li vide in volto. In realtà non li vide, i loro visi erano nascosti dai cappucci, ma le loro espressioni erano talmente cupe che gli occhi erano praticamente invisibili.
“Per fortuna, almeno tu ti sei salvata. Marluxia non ce l’ha fatta, vedo…” disse atono uno di loro. Larxene indietreggiò “spaventata” nel sentire quella voce. Semplicemente annuì cupa, in silenzio.
“Che succede? Perché sono scomparsi tutti?” chiese infine  lei con una nota di impazienza nella voce. I tre la guardarono preoccupati, o almeno così lei credette dato che i loro occhi, specchio dell’anima, erano oscurati dai cappucci.
“Qualcuno ci vuole morti. Non sappiamo chi. Dobbiamo andarcene” rispose cupo Axel.
 
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“Morti?” ripeté in modo meccanico lei. Si, era ovvio, morti. Qualcuno aveva ucciso Marluxia e tutti gli altri e ora sarebbe toccato a loro. No, non si sarebbe fatta prendere dal panico né tantomeno da quel qualcuno, lei era Larxene e nessuno le teneva testa. Nessuno.
“Chi sono gli altri due?” rivolse lo sguardo verso le altre due figure incappucciate, rimaste in disparte.
“Siamo noi due” rispose uno di loro, anzi UNA, Lemixia. L’altra sicuramente era Archaix.
Axel aprì un portale oscuro e i quattro si apprestarono ad attraversare le tenebre, quando le luci si spensero.
 
“Che succede!? Lemixia dove sei? AAAAAAAAAAAAAAAAAAAARGH!!”
 
Non voleva sapere cosa sarebbe successo. Si buttò fra i fiotti oscuri senza guardare indietro e corse senza fiato avvolta nel suo mantello nero, raggiungendo l’uscita insieme ad Axel…
 
“…Dove siamo?” fu la prima cosa che disse il numero VIII appena usciti.
Larxene si guardò intorno spaesata, neanche lei aveva idea di dove fossero finiti. Il ricordo della paura le attanagliava il petto nel punto in cui avrebbe dovuto avere un cuore, ma non lo diede a vedere. Anzi, sfogò la sua rabbia sul compagno:
“Ma come <>!? L’hai aperto tu quel varco! Devi sapere dove ci ha portati idiota!”
“Stai calma scaricatrice di porto, ho aperto il primo varco che mi è capitato se fossimo restati ancora due secondi lì quel qualcuno ci avrebbe presi! P-R-E-S-I got it memorized?”
“Ma per favore! Lo avrei steso chiunque fosse.”
“Sicuramente… S-I-C-U-R"
“TI AMMAZZOOOO!!!!”
“Ehi aspetta parliamone..”
E partì un inseguimento che durò vari minuti.
Stavano ancora rincorrendosi quando all’improvviso nella mente di entrambi si insinuò un leggero fruscio, una voce sottile  come il soffio della morte.
“Cos’è stato!?”
“Non lo so, però ho sentito una cosa strana, ho i brividi alla schiena.”
“Intendi dire… che hai PAURA?”
“Credo di si. Perché tu no?”
“Io? No… Io non ho paura, non ne ho mai avuta e mai ne avrò!  Potrei benissimo stare da sola io!” sbuffò indispettita Larxene. Anche in un momento come quello cercava di difendere il suo orgoglio.
Poi sentì un fruscio alle sue spalle, e si voltò.
 
[Sei sicura? Allora penso proprio…]
 
[che rimarrai sola]
 
No, non può essere. Si voltò di scatto. Axel era sparito.
Le gambe le tremavano, no, lei non aveva paura, lei non…
 
 
Vagò sperduta alla ricerca di un punto di riferimento, in quel luogo a lei sconosciuto e ostile. Stava per arrendersi quando in lontananza vide un fiume, e qualcosa che galleggiava in superficie. Si avvicinò con circospezione alla riva, controllando di tanto in tanto che nessuno la stesse seguendo, arrivando in fine davanti a quella cosa galleggiante. Sembravano dei capelli… Si! Dei capelli blu!
“Saix!! Che bello rivederti, ma che stai facendo? Ti sembra il momento di fare il bagno? E poi, a te non è mai piaciuta l‘acq..”
Allungò una mano per toccarlo. Non si mosse. Il corpo del Nessuno avvolto nel vestito nero galleggiava senza vita.
Larxene indietreggiò di scatto, ormai isterica. Se prima il dubbio l’aveva torturata in ogni istante, ora quello era diventato certezza. Non era rimasto nessuno. Ora toccava a lei.
........ Doveva scappare... No... ormai scappare non sarebbe servito a nulla, l'assassino misterioso l'avrebbe presa...
Perché ormai era rimasta sola....
No...No! Lei non si sarebbe arresa così, avrebbe lottato con tutto il fiato che le rimaneva......
Si voltò tremante allontanandosi dal fiume.
Dove sarebbe andata ora?
Davanti a lei si parò un folto bosco, buio, tetro e assolutamente poco rassicurante.
Non poteva fare altrimenti. Si addentrò circospetta nella foresta, l'immaginazione galoppava e le mostrava alberi animati pronti ad ucciderla in qualsiasi momento.
Non avrebbe potuto fare scelta peggiore.
Le ombre degli alberi si confondevano nella notte, rischiarata da una luna di un bianco diafano. Correva silenziosa cercando di nascondersi ad ogni cosa, fermandosi solo per riprendere fiato. E troppo occupata a controllare i movimenti degli alberi, divenuti all'improvviso più inquietanti, non si accorse dell'ombra che torreggiava su di lei...
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Che cosa era successo?? Perché è tutto così buio....
Larxene provò ad aprire la palpebre per vedere, ma la grossa benda glielo impedì.
Bende, Corde... Tutto le stava facendo pensare ad un rapimento.
Ma perché qualcuno avrebbe voluto rapirla? E che cosa le avrebbe fatto?
Un pensiero macabro le attraversò la mente....
Il misterioso assassino aveva riservato proprio a lei, l'ultima, il servizietto speciale.
Forse l'avrebbe torturata uccidendola lentamente e in modo agonizzante... Ma sì giusto per divertirsi un po’...
In fondo, pensò, aveva fatto bene a lasciarla per ultima, se lo meritava lei di morire tra atroci sofferenze.
Ma non perché avesse fatto soffrire qualcuno. No. Perché lei era tra tutti quella che avrebbe resistito di più facendo divertire il suo macabro carnefice.
Finalmente sentì il suo rapitore fermarsi.
Dalla spalla la lasciò cadere pesantemente a terra lasciando che dalla bocca malamente imbavagliata uscisse un gemito di dolore.
Sentì il terreno freddo attraverso il mantello nero.
Dopo il primo tentativo aveva tenuto gli occhi chiusi tutto il tempo sapendo che era inutile tentare di sbirciare, ma l'urto causato dalla caduta era riuscito ad abbassare leggermente la benda da un lato permettendo a l'occhio destro di venir inondato dalla cupa luce di una candela posta davanti a lei per l'occasione.
Il terrore si impossessò di lei un'altra volta: davanti a lei si ergeva la più spaventosa tra le dimore, la casa del Baubau.
 
"Bene bene bene, chi abbiamo qui? Una ragazza tutta sola nel paese degli orrori, come mai non c'è nessuno con te?"
Una voce terrificante proveniva dalle sue spalle, non riusciva a vedere a chi appartenesse ma poteva immaginarlo: l'ombra misteriosa, lo spietato carnefice dei tredici delitti.
Cercò disperatamente di trovare una via d'uscita, ma non le si offrì alcuna possibilità. Tastando lentamente il terreno sotto di lei però si accorse che non era terreno. era una lastra di metallo.
all'improvviso delle cinghie le immobilizzarono gambe e braccia, stringendole i polsi e provocandole un secondo gemito di dolore. Ne era certa. Quella era una sala delle torture.
 
"Non rispondi piccolina? Sei spaventata? Non ti preoccupare, se può renderti più sicura posso slegarti la benda..."
La cosa non fece che peggiorare la situazione. appena liberi di guardare, gli occhi della donna videro ciò che mai avrebbero voluto vedere.
Quella non era una sala delle torture.
Alle pareti erano appesi scheletri in putrefazione i cui sguardi vuoti traspiravano ancora di terrore, sul soffitto penzolavano insetti di varie dimensioni e forme, ed al centro della stanza, proprio davanti a lei, ribolliva un calderone di lava incandescente.
quella non era una sala delle torture.
 
"O beh, è ora di cena. Vuoi fermarti da me?" disse quella voce sadica alle sue spalle.
 
 
Finalmente quel qualcuno si spostò nella visuale limitata di lei: lo guardò più con stupore che con paura, chi era quello? Non era l’ombra che aveva visto gettare Xemnas giù dal balcone. No, questo era un sacco di pelle vivente, con un ghigno irritante stampato sulla faccia.
Il Baubau prese dei dadi e cominciò a scuoterli: "Come mai non urli in preda al terrore? Perché non chiedi aiuto?? Oh... forse perché non c'è nessuno che ti verrà a salvare?"
Larxene guardò disperata il calderone bollente davanti a lei, no, lei non voleva fare quella fine.
"I-Io non ho paura e non ho bisogno di essere salvata!!" rispose indispettita.
"Ah no?" si sentì dire alle spalle. il  Baubau si era portato davanti alla leva che l'avrebbe fatta precipitare nel calderone.
" Non hai bisogno degli amici, della famiglia..." detto questo lanciò i dadi color rosso sangue, che caddero sul pavimento e segnarono il numero della sorte dalla Nessuno.
"Bene!!! Un 8, sono proprio fortunato oggi!" disse ciò e impugnò la leva. "1,2,3,4,5,6.......7..........."
"NO ASPETTA!!!!!!!!!"
Stava per tirare un'ultima volta, quando si fermò. Sul suo viso la cucitura della bocca prese una leggera piega divertita.
"Ultimo desiderio??”
“voglio rivedere la mia famiglia!!!”
“OTTO!!!!!!!”
 
Larxene sbarrò gli occhi, non riusciva a distogliere lo sguardo dal pentolone di lava bollente dove pochi istanti dopo sarebbe finita.
Gridò un'ultima volta, un grido disperato rivolto agli amici che aveva sempre avuto accanto e che ora non c'erano più.
è finita.
 
 




 
 
...
E invece no. Invece di precipitare nella lava la lastra di vetro scattò all'indietro catapultandola al centro della stanza a gambe all'aria.
Larxene si rialzò confusa e dolorante, quando li vide.
Tutti i suoi amici, la sua famiglia.
 
 
"SORPRESA!!!" gridarono tutti in coro.
Larxene guardò uno per uno i membri dell’Organizzazione, della SUA organizzazione. La sua casa. Mai era stata felice di rivederli, ma era confusa. Fece un passo indietro.
“Non ti preoccupare Larxene, è tutto finito” annunciò una voce che si stava facendo largo tra la piccola folla. “Questo è il nostro regalo di Halloween, per farti capire finalmente che non devi essere crudele e spietata per essere accettata da tutti”
La collera si impossessò della donna.
"COME SCUSA!? ERA TUTTO UNO SCHERZO!?" gridò lei in preda ad una crisi isterica.
"Calma calma ora  ti spieghiamo tutto!!" tentò di addolcirla Demyx.
"Questo è il nostro regalo di Halloween per te, per farti capire il vero significato della nostra organizzazione. Noi siamo uniti, siamo una famiglia!"
La numero XII fumava di rabbia. E di gioia. Mai era stata così felice di rivederli.
"Per gli effetti speciali devi ringraziare il nostro caro Zexion ^^ su fatti avanti"
Il Baubau, rimasto in disparte, si avvicinò titubante a lei e si sfilò la maschera, mostrando il viso del piccolo Nessuno. Sapeva già che la Ninfa Selvaggia glie l'avrebbe fatta pagare.
"Ora capisci Larxene?" continuò Demyx con un sorriso sincero.
 
 
Lei scattò in direzione del Nessuno che preso alla sprovvista evocò il suo Sitar, ma non ce ne fu bisogno. Perché quello che ricevette fu l’unica cosa che mai si sarebbe aspettato da Larxene.
Un abbraccio.
“Grazie piccolo idiota” disse con un fil di voce, ma non con durezza. In quelle parole, in quell’abbraccio, c’era tutta la gratitudine del mondo.
I festeggiamenti durarono fino alle due di notte, e quella notte Larxene ricordò il vero significato di essere felice.
 
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Epilogo:
L’atmosfera di pace si dissolse circa tre giorni dopo: la Ninfa Selvaggia era tornata furiosa e spaccona come sempre.
“Senti Larxene se non ci dai un taglio l’anno prossimo ti facciamo uno scherzo peggiore” minacciò Axel puntandole un dito contro.
“Cosa vuoi fare, sfidarmi per caso?” fortuna volle che in quel momento la donna tenesse in mano un pesante scatolone, altrimenti si sarebbe gettata su di lui per strappargli tutti quei capelli da istrice. Le decorazioni di Demyx erano bellissime, ma così complicate e numerose che ci vollero tre giorni interi per smontare tutto. Tutte le missioni erano state rimandate e ogni Nobody dava il suo contributo per far tornare al suo normale stato il salone, ma quella scenetta attirò la concentrazione di tutti.
I due si guardarono con occhi feroci e avvicinarono i volti per mandare vibrazioni negative l’uno all’altro, e in quel momento delle piccole scariche partirono dagli occhi di lei e di lui creando una piccola tempesta elettrica.
“Beh in questo caso…” disse Larxene, e lasciò andare lo scatolone proprio sul piede del numero VIII che imprecò dal dolore.
“Non cambierai mai eh?” disse un Nessuno appeso al soffitto che aveva osservato tutta la scena e ora se la rideva della grossa. Lei si limitò a girare i tacchi e si apprestò ad uscire dalla sala.
Xigbar tornò con i piedi per terra e quando la numero XII fu a debita distanza si rivolse ad Axel:
“Calmo fuoco fatuo, sappiamo che in fondo è buona.”
“Ah questo lo so. Lei lo è già… Ma lo dimostra a modo suo” rispose lui.
Nascosta nel corridoio, Larxene aveva sentito tutto. Sul suo viso si fece largo un piccolo sorriso.
Grazie ragazzi.
 
 
 
 
 
 
 
* = si, le Energie Gemelle (che nome fantasioso -_-) siamo noi due, Archaix e Lemixia.
**= Saix: obiezione vostro amore. Io sono un GATTOOOO!!!
*** = avete capito bene. UNA cantante lirica.
 
 
 
P.S. Le Energie Gemelle (che nome fantasioso -_-) siamo noi due, Archaix e Lemixia, delle Nessuno con un potere diverso da quelli degli altri ma con la capacità di usare un Keyblade (sennò Xemmy mica ci prendeva) se volete sapere di più su di noi recensite in molti e vi faremo una storia in cui si capisce bene chi siamo da dove veniamo e che cavolo centriamo con tutto questo (perché alla fine centriamo come se fossimo nella storia vera…).
 
 Angolo delle autrici: Ebbene si, abbiamo deciso di postare il nostro tributo (seppur in ritardo) alla festa più macabra che esiste, proponendovi un lato della numero XII che raramente (se non mai) viene a galla...
Ragazzi, facciamo un sondaggio: chi di voi aveva capito che era uno scherzo a metà della storia e chi ci è arrivato alla fine??
Muhahahahaha!! Si siamo un po’ in ritardo ma..
 
Buon Halloween…
  
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