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Autore: MaxT    24/04/2008    7 recensioni
Elyon e Caleb devono prendere assieme una decisione difficile.
Genere: Malinconico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Caleb, Elyon Brown
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Le profezie di Meridian'
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dimenticare assieme  

Genere: Fantasy
Fandom: W.I.T.C.H.
Personaggi : Elyon (la "Luce di Meridian"), Caleb, Miriadel.
Rating: verde
 

Dimenticare assieme

C’è un luogo, immerso nel verde, dove alberi maestosi nascondono la vista del cielo, dove i fiori possono essere così grandi e belli da far sembrare che ti guardino, e dove i rampicanti si scostano da soli per permettere il passaggio alla loro padrona.
Questo luogo si estende attorno alle cinque torri che costituiscono il Palazzo Reale di Meridian, ed
è ancora detto ‘il giardino di Phobos’, ricordando il tiranno che lo ha fatto portare al suo splendore.
Anche se non è più popolato da esseri artificiali, quali i mormoranti, questo giardino è ancora un inno al bisogno di separarsi dal mondo reale.
Un angolo è ricoperto da piccoli fiori gialli simili a campanule, dal profumo delicato. E’ l’angolo dove la giovane regina passa la maggior parte del suo tempo. L’angolo dove legge, disegna, sperimenta la magia. La sua vera reggia.
Oggi Elyon non fa eccezione. E‘ seduta sul terreno soffice ed erboso, con un quaderno appoggiato sulle ginocchia.

“Elyon…”.
Da dietro ai rampicanti, vede arrivare la sagoma di una donna dalla pelle color uovo d’anatra, con una lunga veste verdazzurra: Miriadel. Non ha nessun legame di sangue con la casa reale, ma, per i quattordici anni che Elyon ha passato sulla Terra, lei è stata al centro del suo mondo di bambina.
“Ciao mamma! Sto scrivendo una serie di appunti. Su questa”. Girando indietro le pagine del blocco, le mostra un disegno vivacemente colorato. “Sarebbe la prima centrale geotermoelettrica di tutto il metamondo”.
“Bello, Elyon”, risponde indulgente. “Tu progetti in grande. Però la corrente elettrica non è la nostra priorità. Molte delle sue funzioni sono svolte da quel po’ di poteri magici che quasi tutti gli abitanti del metamondo possiedono”.
La reginetta gonfia la guancia. Sono tutti discorsi già fatti. Perché ripeterli?  “Lo sai, la magia potrebbe non durare per sempre. Dobbiamo differenziare le risorse”.
“Certo, cara. Nel frattempo è arrivata quella delegazione. Non è il caso di farli aspettare”.
Elyon sbotta, impaziente: “Mamma, lo sai che io ho piena fiducia in te, e in tutti quelli a cui ho delegato incarichi. Perché non può occuparsene qualcuno di voi?”.
“Luce di Meridian, il popolo ha bisogno di vedere che ti interessi di lui. Se lo deludi, prima o poi ciascuno comincerà a pensare ed agire solo per sé”.
Elyon si alza sbuffando. “Hai ragione, naturalmente”.

Poco dopo, seduta sul trono, Elyon non riesce a prestare più di tanta attenzione a ciò che i delegati le sottopongono. Li osserva distrattamente. Il loro aspetto è molto disomogeneo, alcuni sembrano degli uomini con la pelle verde, altri sembrano quasi a lucertole. I suoi pensieri vagano.
Viene richiamata dalle sue fantasie dal capo delegazione: “Luce di Meridian, cosa dovremmo fare in questa situazione?”.
“Eh?...”.
Miriadel è ancora lì vicino, e si è accorta della sua distrazione; la reginetta percepisce sua disapprovazione al di là dell’atteggiamento ossequioso.
Poi capta una vocina sepolta nella mente, un suggerimento. Grazie!
Seguendo questa percezione, Elyon risponde: “Finora avete agito correttamente, ma dovremo sentire la controparte prima di prendere una decisione. Vi convocherò nuovamente tra dieci giorni”.
“Grazie, Vostra Altezza. I nostri omaggi”. I delegati si ritirano, apparentemente soddisfatti. Se hanno percepito la sua estraneità, sanno nascondere bene la loro delusione.

Appena il portone azzurro e dorato si richiude alle loro spalle,  Sua Maestà si volta verso il suo angelo custode. “E’ andata bene, mamma?”.
Miriadel esita un attimo, prima di rispondere. “Elyon, le decisioni su queste cose le posso prendere io, ma la gente ha bisogno di percepire la tua attenzione. E’ il collante della nostra società. Tu dovresti percepire i loro bisogni prima ancora che aprano bocca!” .
Poi si volta verso la grande finestratura e guarda lontano, al di là della città ai piedi del palazzo. “Ti parlerò chiaro. Avevi iniziato bene, almeno si sentiva la buona volontà. Invece, da un anno, vivi in un mondo tutto tuo. Ciò può essere sopportabile per una nobilotta di campagna, ma se dovesse continuare così…”. Si volge verso la regina. “… c’è in gioco l’unità di tutto questo mondo!”.
Mentre Miriadel parla, lo sguardo di Elyon passa dallo stupito allo sdegnato. “Ma… ti rendi conto di quello che stai dicendo?”.
“Certo!” Miriadel sostiene lo sguardo. “Il nostro mondo ha molto più bisogno di una regina attenta di quanto abbia bisogno di una grande maga o di una sperimentatrice di novità aliene. Conosco anche io la tecnologia terrestre, il suo rovescio della medaglia, e so che un tentativo di trasformare Meridian in una brutta copia della Terra ci porterebbe ad una catastrofe!”.
La regina la ricambia con uno sguardo d’ira. “Capitano Miriadel, non intendo parlarne più! Le ho delegato di trattare le questioni di ordinaria amministrazione. Se le pesano, me lo faccia sapere, e troverò un’altra persona di fiducia!”.
Detto questo, la Luce di Meridian svanisce con un baluginio dalla sala del trono.

Un istante dopo, il giardino prende forma davanti ai suoi occhi. Le felci verde brillante, l’erba morbida e soprattutto i suoi meravigliosi fiori gialli, i Konnestras, sembrano aspettare la loro padrona.
Si siede sul pendio, fremendo di rabbia. Si rialza, e cammina avanti ed indietro un po’ di volte. Come ha osato! E’ questo, ciò che pensa di lei?
Si siede di nuovo, stringendosi le ginocchia al viso. Come possono essere così ciechi? Se non sarà lei ad occuparsi di quei progetti, nessun altro lo farà.
Respira a pieno il profumo di quell’angolo di paradiso. Alza lo sguardo, verso le piccole chiazze di cielo tra le chiome degli alberi giganti ornati di rampicanti. Questo posto riesce sempre a farla stare meglio, a ridarle coraggio e convinzione.

La sua attenzione viene attirata da un sommesso parlare al di là della cortina di rampicanti. Sono due uomini. Uno è Daltar, il giardiniere. L’altro… Caleb! Caro!
Si sente combattuta. Riuscirà a consolarla, o riprenderà il rimprovero di Miriadel? Ha detto già più volte come la pensa.
Eppure lo adora. Lui è speciale. Quando ne tracciò un ritratto a matita, tre anni prima, era solo un gioco tra ragazzine, la sua interpretazione del ragazzo dei sogni della sua amica Cornelia. Nessuna delle due si sarebbe mai sognata di trovarselo avanti in carne ed ossa.
Bello, come solo un sogno può essere. Coraggioso, come un principe delle favole. Capace di scrutarti dentro, e di parlare alla tua anima. Misterioso, con quelle striature verdi che ti ricordano che appartiene ad un altro mondo… Oh, cavolo, l’ho pensato ancora! A questo mondo, non ad un altro!

Lui scosta prudentemente alcuni rampicanti. “Posso parlarti, Luce di Meridian?”.
Gli fa un sorriso imbronciato. “Vieni, caro. Ma per te, sono semplicemente Elyon!”.
“Non c’erano dubbi su dove trovarti!”, le dice avvicinandosi.
Lei gli fa cenno di sedersi accanto. “Conosci posto migliore, in questo palazzo?”.
“Per una regina, sì”. Inarca un sopracciglio. “Almeno, sei stata attenta a non respirare il polline?”.
“Ancora queste raccomandazioni?”, risponde imbronciata. “Non sono una sprovveduta”.
Anche lui prende posto sul pendio, accanto a lei. “Miriadel mi ha raccontato di poco fa. Ci è rimasta molto male”.
Elyon sospira. “Lo so. Le chiederò scusa”.  Prende fiato. “E’ che non capisco la sua insistenza! Io non so nulla delle questioni su cui vuole farmi decidere! Sono sicura che tu, lei e cento altri sapreste farlo molto meglio di me”.
Lui attende a rispondere. Alla fine, esala: “Su questo hai ragione. Ma c’è un’altra cosa”.
“Come?”. Lo sguardo di Elyon è sorpreso. Non è quello che si era sentita rispondere finora. “E allora, spiegami, perché mi hai sempre detto le stessissime cose di Miriadel, prima di oggi?”.
Caleb si guarda attorno mentre cerca le parole. “Partirò da lontano. Nella società di tutto questo mondo, ciascuno sa quale è il suo dovere secondo le leggi e le convenzioni. Ma perché deve attenersi?”.
E’ un indovinello? “Mah… per morale?”.
“Anche. Ma se uno volesse sgarrare?”.
“Per non essere punito… credo”. Dove vuole arrivare?  ‘Eppure, quasi ovunque, le punizioni previste non sono così terribili’.
Lui riprende: “Eppure, quasi…” .
“Te l’ho già letto nel pensiero, Caleb, và avanti”.
“Hai ragione, la faccio breve. Tutti stanno al loro posto, perché il loro superiore può individuare ogni cattiva intenzione, ogni malefatta, proprio leggendo il pensiero”.
“Opprimente!”, esala lei, alzandosi in piedi.
“No, se è usato bene. I capi non devono sapere tutto dei loro sottoposti, ma sanno porre le domande giuste e scrutare le reazioni. Sono capi anche per questo!”.
Elyon sbuffa. “Non ti è venuto in mente che tutto ciò si presti ad una tirannia orribile?”.
“No! Io so bene cos’è la vera tirannia, e non è questa! I controllori non possono abusare della loro posizione, sono a loro volta controllati. Così, di gradino in gradino, si arriva ai feudatari, ai conti, ai delegati della Luce di Meridian…”.
“… ed alla regina stessa. A me. Volevi arrivare qui?”.
“Sì. Lasciami continuare. Se uno qualunque degli anelli intermedi non funziona, può essere individuato e sostituito. Ma il gancio che tiene su tutto è proprio la Luce di Meridian. Le persone si aspettano la sua attenzione, si aspettano che lei legga dentro di loro per capirne le paure, i bisogni, ed apprezzarne la lealtà”.
“Caleb, anche tu sai leggere i pensieri. Anche Miriadel”. Scrolla le spalle. “Quasi tutti lo sanno fare, chi più, chi meno”.
“Ma il potere psichico di una regina Escanor è molto maggiore. Elyon, tu non lo hai ancora sviluppato pienamente, ma quando ci sarai giunta, nessuno potrà sperare di ingannarti, come potrebbe anche succedere a me ed a Miriadel.
Lei si tormenta le mani. “Potrei potenziare i vostri poteri. Ho già letto come fare. Nella biblioteca segreta… ”.
“No, non basterebbe. Questa organizzazione può funzionare bene se c’è un solo vertice. Immagina che due sottoposti siano senza controllo, ed entrino in competizione per ottenere più potere o vantaggi personali…”.
Lei  sbuffa. Sente che, ancora una volta, la logica ineccepibile del sistema la sta avvolgendo senza lasciarle uscita. “E se fossi proprio io a volere più potere o vantaggi personali?”. Sa già la risposta.
“Elyon, la Luce di Meridian ha già piena autorità su tutto. Non può desiderare più potere di quello che ha. Questo garantisce l’imparzialità del suo operato”.
“E mio fratello Phobos, allora?”, chiede lei, in un ultimo tentativo di ribellione all’evidenza.
“Phobos era un usurpatore. Ha agito da tiranno proprio perché ha voluto un potere che non gli spettava”, continua Caleb, calmo e sicuro. “Poi ha guardato nelle coscienze dei suoi collaboratori solo con il sospetto di trovarci critiche, ed ovviamente le ha trovate. Così ha quasi distrutto una intera generazione di telepati di corte, quelli che servivano per tenere unito questo mondo, e li ha rimpiazzati con esseri artificiali, i mormoranti. Io ho assistito con i miei occhi a tutto questo!”.
Elyon gli afferra convulsamente una mano. “Anche un mormorante può avere una coscienza!”.
Caleb accarezza con delicatezza le mani di lei, finché non sente la sua presa divenire più naturale. “Lo so, Elyon”. La guarda, cercando di infonderle sicurezza. “Ma non ho ancora finito di spiegarmi. Questo sistema gerarchico è stato quasi distrutto a Meridian, la capitale, ma in tutto il resto di questo mondo funziona ancora, a livello di contee. Ebbene, bisogna dimostrare ai conti che la Luce di Meridian è tornata nel pieno delle sue funzioni prima che questi si macchino di azioni che poi li rendano restii ad accettare un controllo: corruzione, guerra, abusi. Devi riprendere il ruolo che fu di tua madre e di tutte le regine Escanor del passato. Fallo subito, o l’esitazione di oggi sarà la causa delle guerre di domani”.

Elyon tace a lungo, oppressa da un peso enorme. Alla fine, esala, quasi inudibile: “Perché io?”. Sa già la risposta.
“Sei la sola che…”.
“Questo lo so, fin troppo bene!”, Elyon trattiene a stento le lacrime. “Maledetta discendenza! Se non fosse per questo, noi due saremmo liberi! Potremmo…”. Appoggia il viso alla sua spalla, cercando di nascondere le lacrime.
“Elyon cara…”. La accarezza sulle guance, sul collo. Gioca con le sue trecce. Quando lei alza il viso, le dà un bacio sulla fronte, e le chiude le labbra sfiorandole con un dito. “Elyon, ne abbiamo già parlato”.
“Ti prego, Caleb. Ti prego!”.
Lui scuote il viso tristemente. “Elyon, lo sai. Se fossimo solo un uomo ed una donna, non esiterei un attimo. Ma io sono stato creato come un mormorante, ed anche se ho voluto diventare un uomo, con tutto me stesso…”.
“Non dirlo!”. Gli mette una mano sulla bocca. “Tu lo sei! Hai l’aspetto, il cuore, il modo di sentire di un uomo. La tua forza, il tuo…”.
Caleb scuote la testa. “Non basta, purtroppo. Lo sai anche tu: volontà, amore, magia non hanno effetto fin dentro quelle che tu chiami le cellule del corpo. Io non sarò mai in grado di darti dei figli”.
“Figli… Ho pochi, troppo pochi anni per parlare di figli!”.  Si copre il viso. “Non so più neanch’io quanti anni ho. Per la Terra, ne avrei sedici…”.
Caleb scuote il capo. “Elyon, la mia lealtà verso la Luce di Meridian va al di là di questa persona  -indica sé stesso - che vorrebbe essere, e non lo sarà mai, un semplice uomo come gli altri. Per il bene di questo mondo, tu dovrai generare quella che sarà la prossima Luce di Meridian. La più potente regina e maga della sua era”.
Lei alza il viso, cercando i suoi occhi. “Passeranno anni, forse molti più di quello che possiamo immaginare ora. Perché buttare via la possibilità di essere felici assieme?”.
“Il futuro ha radici nel presente. Questa sarebbe una strada senza uscita, o ci costringerebbe a compromessi che ci peserebbero troppo. Forse passeranno davvero moltissimi anni, ma ciò non toglie che tu sei l’unica che può farlo. E non con me”.
Elyon china di nuovo il capo. “E questo sarebbe il potere che mi spetta? Quello di cui non potrei desiderare di più?”.
“Sai che ho ragione. Mi costa dirlo, mi costa tanto. Ma è meglio se usi il tuo stesso potere per dimenticare almeno un po’ di ciò che proviamo”.
Alza gli occhi, quasi inorridita. “E tu?”.
“E io… non preoccuparti, resterò il tuo fedele amico ed attendente”.
“No! Continueresti a soffrire!”.
Caleb respira a fondo. “Allora prepara una pozione anche per me. Fallo, e domani saremo più sereni, tutti e due”.
Lei lo stringe a lungo. “Non posso, Caleb”.
Lui le accarezza i capelli. “Ti prego, Elyon. Fallo per Meridian, e fallo per me”.
Elyon continua a stringerlo. Lentamente, i suoi sussulti finiscono, ed alza gli occhi arrossati verso i suoi. Studia ancora il suo sguardo deciso. Lentamente, fa un assenso con la testa. “Andiamo nel mio laboratorio”.
Quando il giardino tremula e svanisce tutto attorno, i loro sguardi restano fissi l’uno nell’altro.

L’ambiente che riappare ai loro occhi è immerso nella penombra. In risposta ad uno sguardo di Elyon, i tendoni pesanti si divaricano, facendo entrare la luce del pomeriggio nello stanzone bianco e disordinato. Due grandi tavoli mostrano alambicchi e fornelli che non stonerebbero in un laboratorio di alchimia. Alle pareti, otto grandi specchi deformanti rimandano immagini grottesche. Su un lato, vocino ad una porta, c’è una specie di salottino spartano con un divanetto, un tavolino e due poltrone. Nelle vetrinette, teste di bronzo e di legno, monili e ciondoli fanno compagnia a libri e a flaconi etichettati con gli antichi caratteri di Meridian o con quelli, ancora più arcani, di un altro mondo chiamato Terra.
Caleb conosce quel locale, e rabbrividisce. Prima che della Luce di Meridian, questo laboratorio fu di Phobos.
Elyon va ad un armadietto, con il passo rassegnato di un condannato a morte. Estrae due bustine di carta di un vivido colore giallo. Le mostra a Caleb, studiandolo alla ricerca di qualunque segno di esitazione, ma non ne vede.  “Ecco, caro. Queste ci aiuteranno”. Estrae due bicchieri, e li riempie d’acqua da una fiaschetta. Strappa le bustine, versando la poverina, gialla come la carta che la contiene.
Caleb alza il suo bicchiere davanti agli occhi. Studia come la polverina, sciogliendosi lentamente, evidenzia le minime correnti nel bicchiere dividendosi in filetti colorati che si diffondono lentamente nell’acqua, quasi come sottilissimi tentacoli. Qualcosa che afferra i ricordi e li trasforma in…
Cerca di scacciare il pensiero amaro con una domanda banale. “Così giallo… è fatto con il polline dei konnestras?”.
“Anche. Ma c’è ben altro”. Lei fa una smorfia impercettibile, come se il pensiero la disturbasse ancora di più. “Caleb, questo filtro funziona così: subito prima di berlo, e finché non fa effetto, devi pensare al colore giallo, ed al tempo stesso ai ricordi che vuoi dimenticare”. Allunga la mano verso una scatoletta, e ne estrae una benda di trasparente tessuto giallo. “Questa può aiutarti a visualizzare”.
Lui la prende in mano per un attimo, e vi guarda attraverso. “Tu la userai?”.
“No. Sono allenata. La visualizzazione è il punto di partenza di quasi tutte le magie”.
Lui rende la benda gialla con un gesto garbato. “Non credo di averne bisogno neanche io, grazie”. Osserva che nella stessa scatola ve ne sono anche di rosse, e alcune con una sottile fascia azzurra. “E quelle, a cosa servono?”.
Elyon ne estrae tristemente dei lembi. “Questa pozione funziona in modi diversi a seconda di cosa visualizzi mentre la prendi. Giallo, per dimenticare. Rosso, per imprimersi un ricordo fasullo. Azzurro, per ripristinare i ricordi originali”. Li ripone, sospirando. “Però, oggi non ci serviranno”.
Lo guarda a lungo. Spera ancora di percepire un’esitazione. “Sediamoci, amore mio. Questa roba ci farà addormentare come sassi per un po’”.
Caleb si accomoda accanto a lei, sul divano. “Hai scelto bene, regina. Domani staremo meglio, tutti e due”.
“Elyon! Per te, per sempre, solo Elyon”. Esita. “Caleb, amore mio, è l’ultima volta… Non vorresti…”.
Lui le tiene una mano. “Elyon, ti prego, è già difficile così. Non facciamoci mancare il coraggio, ora che lo abbiamo trovato!”.
Lei assente. Il gesto di asciugarsi la guancia con una manica vanifica il suo tentativo di espressione stoica. “Domani staremo meglio… ma ora, è un po’ come un…”. Un groppo alla gola le impedisce di completare la frase.
Prende fiato, e trangugia in un fiato il suo bicchiere.
‘E tu?’, sembra dire il suo sguardo di attesa, che in pochi secondi sfuma in un sonno senza sogni.
Caleb attende ancora qualche istante, poi si alza a vuotare il bicchiere nel lavello.
La guarda. E’ stata le scelta giusta, per lei.
Da parte sua, Caleb non vuole dimenticare. Chi vorrebbe essere un uomo vero non ha il diritto di sfuggire questa prova.
Si china a sollevarla. Pesa poco, sembra più una bambina che una donna. Si incammina verso l’uscita, per le scale che scendono dalla torre.
Domani mattina la Luce di Meridian si sveglierà nel suo letto, con un’angoscia in meno. Sarà lui a portare tutto il peso di quell’amore impossibile, come ora porta lei, afflosciata, incurante degli sguardi allarmati dei servitori.
Forse sarà l’ultima volta che la tiene tra le sue braccia.
 
 
 
 
 
 
 

Questa storia  è nata come una riscrittura, non ancora pubblicata, del cap. 3 di Profezie. La prima pagina conserva una certa somiglianza con l’originale, ma tutto il resto della storia è assolutamente inedito, e costituisce un racconto autoconclusivo pubblicato per partecipare ad un contest.
La memoria ed il ricordo, temi del concorso, sono stati interpretati come una alterazione del ricordo di un amore impossibile.
Il colore, altro tema, è il giallo ricorrente nei fiori, nella pozione, e nella tecnica di visualizzazione necessaria a farla funzionare.
Ringrazio Eleuthera per il suo graditissimo aiuto come beta-reader, e tutti i lettori che, come ha già fatto Crimsontriforce : ), vorranno lasciare un commento.
MaxT
 
 
 
 
 
 
 
 

  
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