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Autore: Erodiade    17/11/2013    8 recensioni
L’anima mutilata di Voldemort non ha mai abbandonato il corpo di Ginny. Harry lo sa.
Fa lunghe camminate in campagna, torna col terriccio sotto le unghie e l’odore ricco e putrido dell’humus nei capelli. “Ho colto dei fiori,” ma le sue mani sono vuote. Si staglia all’orizzonte e sembra una strega della brughiera, la chioma indemoniata dal vento e le iridi pigmentate d’inferno, pallida come un sudario.
[Dark!Ginny]
Genere: Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ginny Weasley, Harry Potter, Tom Riddle/Voldermort | Coppie: Harry/Ginny, Harry/Voldemort
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Disclaimer: I personaggi di Harry Potter non mi appartengono.
Genere: Dark, forse un po’ horror
Personaggi: Harry, Dark!Ginny, Voldemort
Introduzione: L’anima mutilata di Voldemort non ha mai abbandonato il corpo di Ginny. Harry lo sa. Fa lunghe camminate in campagna, torna col terriccio sotto le unghie e l’odore ricco e putrido dell’humus nei capelli. “Ho colto dei fiori,” ma le sue mani sono vuote. Si staglia all’orizzonte e sembra una strega della brughiera, la chioma indemoniata dal vento e le iridi pigmentate d’inferno, pallida come un sudario.
Note: What if? ambientata nel dopoguerra, OOC (Dark!Ginny) e altro che sarebbe spoiler e non saprei definire.
Altre note (importanti): parte dal presupposto che Ginny conservi un frammento dell’anima di Voldemort dopo la possessione del Riddle-diario, frammento che si risveglia in seguito alla morte dell’Oscuro per mano di Harry, ma che è sempre stato latente in lei: è un po’ come se Ginny fosse l’ennesimo Horcrux non voluto. Riprende di base una mia shot precedente, Hysteria, ma si evolve in modo diverso, e non c’entra nulla con l’omonimo romanzo di Gabriel Garcia Marquez. Sotto per chiarimenti e credits.




 
Dell’amore e di altri demoni




 
Harry non sa quando si è innamorato di Ginny, ma è successo. È il suo modo di calciare la Pluffa col vigore di un’adolescente che se ne frega del sudore, è il profumo di fiori dei suoi capelli quando scrolla il capo per imitare Fleur alla Tana, è la sua espressione dura e splendente mentre lo guarda e gli dice che deve andare ad affrontare Voldemort una volta per tutte.

(Certe cose vanno inghiottite, schiacciate giù giù in fondo allo stomaco, cancellate con un colpo di bacchetta, così il peggio passa e il cielo sa d’estate).

Harry non ha notato Ginny cambiare, da bambina timida a ragazza forte, perché prima era solo la sorellina di Ron, ma adesso la osserva col fiato mozzo e il cuore che trema, perché Ginny è com’è e non come la si vuole, un fiume in piena, imprevedibile.

(Ginny al matrimonio con gigli tra i capelli, gli chiede se pensa che il giglio sia il suo fiore mentre ne gualcisce i petali tra le dita sottili, sorridendo a mezza bocca quasi non ci fosse nulla da sorridere. Lo scruta fra le ciglia, castano venato di cremisi).

Ginny è sole in penombra – i capelli di fuoco liquido, le efelidi sparse sul viso come briciole di pane e quegli occhi furbi, felini, ma anche determinati, da donna. Ginny è bella come l’autunno, pensa Harry, una stagione a metà: foglie morte che hanno colori vividissimi, alberi spogli che si aggrappano al cielo e affondano al suolo, odore umido e carnoso di vita decomposta.

(A pensarlo i brividi si accavallano, il sapore sulla lingua è acre ma – confortevole.)

Una volta vanno al pic-nic sul prato, lei si stende tra l’erba e sospira: “Vorrei fosse sempre così,” e Harry non capisce se si riferisca alla vastità azzurra che si specchia capovolta nel lago o alle loro dita intrecciate. Ha un sorriso remoto, lo sguardo assorto di chi sorregge il mondo drizzando le spalle.

(Gli dispiace che le occhiaie siano colpa sua, ma non ci può fare niente se le notti sono lo smeraldo di Marchi Neri nel buio e i lamenti di Silente nella caverna, se si sveglia con le corde vocali in fiamme e gli occhi strappati mentre Nagini gli sibila nelle orecchie. Lei lo tiene stretto sinché non smette di tremare – le loro mani sono gelide, ma unite).

“Non devi lasciare il Quidditch per me! Mi rifiuto di diventare come una di quelle coppie asfissianti… E non desidero opprimerti.”

“Non lascio la carriera per te” ribatte con un moto infastidito, e poi si perde a fissare il vuoto, il volto che si appiana simile ad una maschera. “Però ci sono cose che devo fare. Cose che vanno fatte.”

(Fa lunghe camminate in campagna, torna col terriccio sotto le unghie e l’odore ricco e putrido dell’humus nei capelli. “Ho colto dei fiori,” ma le sue mani sono vuote. Si staglia all’orizzonte e sembra una strega della brughiera, la chioma indemoniata dal vento e le iridi pigmentate d’inferno, pallida come un sudario).

Harry si sorprende a pensare che Ginny sembri più grande di quanto non sia mai stata, così, all’improvviso, quando fa sporgere la mascella e contrae i pugni, decidendo che per ora è meglio non avere figli.

“Come potremmo, tu sempre al lavoro, io con le mie pozioni…? Come potresti occuparti di un bambino se non riposi nemmeno?”

(“… se hai i tuoi fantasmi aggrappati alla schiena?” Il non-detto aleggia invisibile, ironico e vero. Lui vorrebbe così tanto un bambino, uno da stringere e chiamare Albus, e un James e una Lily, così sarebbero una famiglia vera e potrebbero ricominciare, e cos’è meglio che dare la vita per riprendere a vivere?)

“Aspettiamo, Harry. Cosa sono pochi anni a confronto di una vita intera?” Gli scosta la frangia, accarezza la cicatrice con un indice freddo. “Preferisco un marito in salute che un padre assillato da demoni antichi.”

(Lui non è in salute. Se lo fosse non vedrebbe un cadavere allo specchio ogni mattina e il Serpentese non gli scivolerebbe giù dalle labbra in una conversazione con sua moglie senza che nemmeno se ne accorga. Meglio non imporre a nessuno un padre disturbato. “Bevi, è un calmante” offre lei sollecita).

A volte Harry ha paura che Ginny possa lasciarlo. È un Auror a tempo pieno, la mente satura d’informazioni sugli ultimi avvistamenti dei Mangiamorte latitanti, in prima linea se si tratta di sventare minacce, utile alla comunità e affabile coi colleghi, iperattivo. Con Ginny si sente solo un garbuglio di problemi, un parassita inerte affetto da una malattia contagiosa.

(“È sempre lui. Ancora lui. Voldemort.”

“Devi superarla.” Schianto secco del pestello nel bacile, polvere finissima di asfodelo. Ginny si pulisce i palmi macchiati di sangue, metodica. “Non te ne libererai mai” dice il suo sguardo. “Io lo so.” Gli pare quasi che lo derida, disprezzandolo.)

Harry si considera una persona indipendente, ma in fondo sa di avere bisogno di qualcuno – di Ginny. Sa che anche lei, alla fine, ha bisogno di lui, perché non si può sempre essere forti; tutti possiedono delle crepe, e Ginny è autunno e sole in penombra, sospesa tra due mondi, mezza di tenebra quando cava occhi ai rospi e sfodera sorrisi di taglio che le fanno scomparire le labbra, mezza di luce quando lo abbraccia nostalgica e gli respira lieve sul collo.

Se non avessero bisogno l’uno dell’altra non si terrebbero per mano, sdraiati nel buio e derubati del sonno.

(“Aiutami,” sembrano implorare le mani strette a quelle di Harry, la luce morente di Ginny che lacera il silenzio con urla mute.

“Aiutami,” pregano le mani di Harry strette alle sue, la sagoma pallida e scheletrica di un essere che emerge da un calderone, Greyback che affonda le zanne nel ventre di Lavanda schizzando sangue, il ghiaccio strisciante dei Dissennatori sotto la pelle. “Inchinati alla morte” sussurra la voce nei muri, e Cedric è una macchia esanime sul prato).

Un giorno torna in Albania, nella foresta dove ha disperso le ceneri del suo nemico prima di resuscitarlo nella propria testa, e nel notare che Ginny l’ha seguito avverte uno strappo all’altezza del petto.

“Proprio qui…” sono le uniche parole che lei pronuncia, una nota cupa, glaciale, gli occhi che si dilatano appena e le narici frementi nell’aria del mattino.

A Harry si stringe il cuore, il sangue gli annebbia la vista

(indeciso se accoglierla tra le braccia o conficcarle un paletto nel torace).

Ma è la stessa donna che gli bacia le labbra tremanti sotto i piumini,

(che passa un lembo di lingua sulla fronte sudata quando lui finge di dormire, consapevole che non stia dormendo);

la stessa donna che, quando le ombre hanno smesso di trascinarsi lungo i muri, intreccia le dita fredde alle sue chiedendo perdono,

(che gliele afferra in una morsa sin quasi a spezzargli le ossa);

la stessa della sua prima volta, quando era una Ginny radiosa di futuro, quando ancora non doveva affondare in lei col timore che svanisse, o con quello più crudele che gli premesse i denti nel collo tanto da bloccare il cuore, che gli strappasse la bocca a morsi con pupille imbevute dall’odio e dita striscianti verso la bacchetta sotto al cuscino.

Ginny è bella tra le brume dell’alba, gli occhi d’autunno bordati di sangue, i capelli annodati e infiammati dal sole. Mostra il corpo di una silfide, talmente sottile da confondersi in un raggio di luce e dissolversi.

Harry non vuole che scompaia.

Allora allunga le dita a cercarle il viso – chi sei? – e la sua pelle è alabastro, profuma ancora di fiori

(i fiori che imputridiscono sotto uno strato di neve)

e lui si riscopre ad amarla di un amore cocente che vibra di luce, di un amore vorace che scuote la Terra – chi sono?

Harry non sa quando si è innamorato di questa Ginny, strega di lava e lapilli che taglia radici la notte e osserva gli astri in attesa, affilando sorrisi spietati senza sprecar voce per lui, ma sa che c’è la sua Ginny, sepolta nel ghiaccio, nascosta dalla penombra, dove l’estate non è ancora autunno; sa che Ginny è lì che lotta per non lasciarsi cadere, che gli afferra le mani finché entrambi non si ritrovano i palmi incollati da un sudore gelido.

(Entra una sera in cantina, ammaliato dall’odore di carni mozzate, sangue fresco e ceneri d’ossa, il sentore graveolente di fiori viscidi lasciati in ammollo e una pozione circondata da una caligine di cristallo. Se ne sazia ad ogni respiro, rapito.

“Ti amo,” prima di bere.

Un sorriso come una lama tra le costole, occhi bruni iniettati di rosso. “Lo so.”)

Quando la segue in giardino, la sua camminata è grazia di tenebra e soffio di morte, i capelli sono inchiostro allo scoccare della mezzanotte. Le apre la veste rivelando i seni di luna, assaggiando la pelle serica del ventre, e si china a contemplarla dal basso. Ginny attorciglia una ciocca corvina sulla sua tempia, gli preme il capo nell’incavo delle gambe affusolate, incide la cute con unghie aguzze.

“Saprai fare quel che ti ordino?”

Ginny è come una dea dallo sguardo torbido e distante che varca i secoli; come un demone dell’oltretomba che cammina nel sangue a piedi scalzi.

“Sì.”

La pozione sobbolle e lei gli porge il pugnale d’argento, inclinando il capo a scrutarlo.

(Harry si ricorda legato ad una lapide – fa’ che affoghi, supplicava, fa’ che muoia. Adesso la lama cala sul polso senza esitare, trancia i tendini e innerva vertigini. Offre il suo sacrificio al calderone respirando in sibili dolenti, ma ancora assuefatti al profumo di lei).

Attende, diavoli nel cervello e coltelli incuneati tra le coste, ombre che lo assillano dagli angoli del giardino e pensieri pieni di mani avvinghiate alle sue e labbra ghiacciate sulla fronte. Attende perché non c’è altro tranne la semplicità di un amore di fiamma che gli scioglie la pelle e gli incendia la vista, Amore che è la più potente delle magie.

Quando la superficie s’infrange avverte qualcosa di sbagliato nella figura che si staglia sullo sfondo di nebbia, emaciata ed esangue

(Ginny, dov’è Ginny?)

ma Lui odora ancora di sangue nemico, carne del servo e ossa del padre

(di fiori rigonfi come i ventri degli annegati)

e gli occhi sono proprio quelli che rammenta, imbevuti di un rosso livido, spiragli di rettile per pupilla.

Un brivido di sollievo scorre lungo la schiena.

“Vestimi.”





 
N.d.A.: è qualcosa che pensavo non avrei mai e poi mai scritto. Irreparabilmente OOC a causa beh, del Dark!pg (più che Dark!Ginny, è proprio Fem!Voldemort, ma precisarlo su sarebbe stato spoiler), dell’Amortentia, della depressione post-bellica di Harry che in canon non dovrebbe avere, perché sì, Harry è depresso o non penserebbe cose come ‘voglio un figlio per sentirmi felice’. Brrr. Comunque, mi sono ispirata a Kafkaesque con la sua Anthurium {fiore di carne} per il concetto di Ginny come ibrido a metà tra Tom e Ginny stessa (per il resto i suoi personaggi rimangono IC) e ho ripreso il tema di una mia vecchia OS, Hysteria, dove Riddle riusciva a rimanere aggrappato all’anima di Ginny e a possederla anche dopo la morte di Voldemort. Ecco, il finale aperto di questa shot è fatto apposta, così si può immaginare cosa succede dopo, anche se un'idea ce l'ho... Voldemort poteva usare l’Imperius, sì, sarebbe stato più da lui, ma Harry l’ha ucciso ripetendogli che l’amore è la più potente delle magie... e anche Voldemort impara dai suoi errori, dopo la millesima volta che li commette.
 
   
 
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