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Autore: Hope_Estheim    18/11/2013    2 recensioni
Il suo nome era Sora, Sora Kingdom... e, sì, quel pazzo pervertito era suo fratello gemello, Vanitas Kingdom. Un fratello che amava divertirsi con il castano, divertirsi in tutti i sensi, quel pensiero faceva sempre disgustare Sora.
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Axel lo guardò con la coda dell'occhio, un'espressione puramente contrariata a ciò che il più piccolo gli stava raccontando. Si ritrovò senza volerlo veramente a stringere i pugni. Tornò a fissare davanti a sé.
"Ti proteggerò io da lui" disse spezzando il silenzio pesante che si era creato.
Genere: Drammatico, Fluff, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Axel, Sora, Un po' tutti, Vanitas
Note: OOC | Avvertimenti: Incest, Non-con | Contesto: Più contesti
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Capitolo 7
Nightmare

 

Doveva essere tutto un incubo. Solo un terribile, spaventoso incubo.
Sua madre non poteva aver davvero detto quelle parole. Doveva assolutamente essere solo un incubo. Uno di quelli così reali da farti accapponare la pelle. Uno simile a quello che ha fatto alla sua spiaggia segreta, solo più vivido. Quasi gli venne da ridere, o da piangere. Perché negli incubi non si sa mai che fare, soprattutto in quelli che sembrano veri. Perché lo sono talmente tanto da non darti alcuna via di fuga. E sei bloccato tra la vita e la morte. Poi cominci a sperare seriamente che tutto sia un solo sogno, porti una mano al braccio e ti tiri un pizzicotto con tutta la forza che hai, per svegliarti con il fiato sospeso, ma sollevato di vedere il tetto della tua stanza macchiato della muffa che tanto odi, ma che in quel momento ti sembra la visione più bella della tua vita.
E Sora ci provò, a rivedere quel soffitto macchiato di muffa. Portò le dita all’altra mano, ne torse una piccola parte di pelle con forza, trattenne un gemito di dolore e chiuse gli occhi, spaventato, ascoltando l’irregolare battito del suo cuore. Quando sollevò nuovamente le palpebre ebbe un tuffo al cuore del notare che non era cambiato assolutamente nulla. C’era ancora il muro assurdamente bianco davanti a sé. Sentiva il lettino duro sotto la sua schiena e il rumore fastidioso di tutti quei macchinari proprio accanto alle sue orecchie. E poi la voce del dottore che non faceva che ciarlare, ciarlare e ciarlare. Forse stava cercando di rassicurarlo che andrà tutto bene, che non aveva senso aver paura. Perché lui non sapeva… Non era a conoscenza di tutto quello che Sora doveva passare. Non era il pensiero di un’operazione a fargli battere con forza il cuore per il panico, ma la consapevolezza che Vanitas ritornerà con più furore di prima, pronto sicuramente a fargliela pagare.
E tutto questo il dottore non lo sapeva.
E nemmeno la sua ingenua mamma, che si ostinava tanto a difendere il gemello dai capelli neri come la pece così da considerare quello con gli occhi cerulei solo una disgrazia venuta come un fulmine nel ciel sereno della loro famiglia.
L’aveva vista uscire dalla stanza poco dopo averlo offerto come volontario per una donazione, senza nemmeno consultarlo prima, con fare alquanto soddisfatto di sé e aveva sentito il terrore e il disgusto prendere possesso del suo cuore definitivamente. Si era lasciato portare via dal dottore fissando la porta dalla quale la madre era sparita, senza nemmeno provare ad opporre resistenza. In fondo, che senso ha dimenarsi e strattonare come un ossesso se sai che non ti ascolteranno mai? E’ una partita persa dal principio.
Tornò con la mente nella realtà quando sentì altri dottori entrare nella stanza per portarlo nella Sala Operatoria.
Altre voci, altre inutili rassicurazioni di chi non sapeva.
Sora guardò con orrore la mascherina che gli misero sul volto dopo un infelice “Serve per farti addormentare”
L’idea di perdere coscienza di sé e del suo corpo lo spaventò, così alzò una mano per togliersela, ma ne sentì un’altra bloccargli il polso e uno strano torpore cominciare a invadergli dolcemente il corpo e rendergli stancante qualunque altro movimento. Dopo di ché fu buio.

Quando si risvegliò sentì degli strani “bip” al suo fianco e delle voci che parlavano tra loro, senza riuscire ad afferrare il senso delle loro frasi. Lottò contro le palpebre pesanti, che non sembravano intenzionate a collaborare, fino a sollevarle leggermente e notare l’onnipresente bianco.
Giusto, l’ospedale
Pensò con rammarico e i ricordi cominciarono ad affiorargli uno per volta nella mente confusa dall’anestesia totale. E, ad ogni ricordo, una stilettata di paura gli invadeva i sensi.
Quando gli tornò in testa l’immagine della madre che lo offriva quasi fosse carne da macello, sgranò gli occhi di colpo e si guardò attorno. Il suo sguardo cadde su una figura dormiente in un letto affianco al suo.
Vanitas.
Sora non odiava nessuno, non desiderava la morte di nessuno, ma in quel momento desiderò con tutto il suo cuore quella del gemello. Chissà, forse i suoi genitori avrebbero cominciato a prenderlo di più in considerazione o forse l’avrebbero odiato vedendolo come la motivazione della sua morte. E poi si sarebbe sentito in colpa per averla desiderata fino a farla avverare.
Il castano scartò immediatamente quell’idea e accantonò quel folle desiderio nella parte meno visitata della sua mente… per poi pentirsi di averlo fatto nel vedere le palpebre dell’altro cominciare a tremolare e socchiudersi.
Sora si irrigidì e cercò di fingere di dormire, senza contare che avere gli occhi aperti, magari, era sinonimo di stare svegli.
Sentì dei mugolii provenire da Vanitas e sperò con tutto il cuore che fosse abbastanza intontito da non accorgersi della sua presenza.
Peccato che la fortuna non è MAI a suo favore e questo lo dimostrò una risatina sommessa seguita da qualche colpo di tosse.
“E tu.. c-che ci fai qui?” chiese la voce un po’ rauca del moro.
Cercò di non rispondere, di far finta di essere una mummia o un manichino. Qualunque cosa non-parlante e non-vedente, senza molto successo.
Il tremore del suo corpo tradì l’ansia che provava e lo mise allo scoperto e si sentì nudo. Così costrinse le sue labbra a schiudersi e la sua lingua a dare una risposta quanto meno sensata.
“Credo di averti salvato la vita”
La seconda risata fu peggiore della prima e per il povero Sora ebbe lo stesso effetto di una stilettata al cuore.
“Ah sì?” lo schernì Vanitas “Hai uno s-strano modo per salvarmi l-la vita.. La prossima volta a-accoltellami, ti prego” fece lui con finto supplicare, poi la sua voce cambiò diventando fredda e gelida e non c’era bisogno di guardarlo per capire che la sua espressione era il riflesso della furia “Sono f-ferito, non stupido. Ricordo tutto… Come mi hai quasi a-ammazzato buttandomi sotto quella macchina”
“Non volevo farti investire!” tentò il più piccolo (i famosi 10 minuti della nascita) di giustificarsi.
“E che volevi fare?” chiese con freddezza Vanitas, riprendendosi quasi tutto d’un colpo.
Sora affannò cercando una risposta e farfugliò, spaventato “Ho solo reagito, n-non volevo che mi toccassi”
Stavolta il tentativo di Vanitas di ridere fallì perché bloccato da una tosse insistente, ma suscitò lo stesso effetto nel castano.
“Cazzate, Sora” sbottò una volta finito di tossire “Sono s-solo cazzate… Torno a dormire”
L’altro si mordicchiò nervosamente il labbro inferiore e si rilassò appena quando non sentì altro.
Stava per assopirsi quando il moro pensò bene di aggiungere:
“Sappi che non è finita q-qua. Me la pagherai”
E la paura tornò ad annidarsi nel cuore di Sora, che non riuscì più a dormire nemmeno volendo.

Note dell'Autrice
-Salve a tutti! Eccoci qui con un nuovo capitolo, un pochino più lunghetto del solito. Posso considerarmi soddisfatta per essere riuscita a scrivere di più, ma so che mi devo perfezionare ancora tantissimo..! Spero di aggiornare presto! BACIONI!
(Ps: Se lasci una recensione rendi felice uno scrittore nel mondo e la tua vita non cambia, ma quella dello scrittore sì)
Sayoonara <3


Oh già! Questa è la mia pagina facebook: https://www.facebook.com/LangoloDiHopeEstheim?fref=ts
L'ho aperta da pochissimo, qui pubblicherò aggiornamenti e quant'altro! Bacioni e Sayoonara!!
  
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