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Autore: littlemoonstar    20/11/2013    2 recensioni
Il mio nome è Cappuccetto Rosso, ma in questo nuovo mondo mi chiamano solo Red.
E in questo mondo un tempo fatato cerco di sopravvivere ora dopo ora, cercando di capire cosa lo abbia ridotto in questo stato pietoso e deprimente.
Io sono Red, e vivo in un mondo pericoloso, in cui il vissero felici e contenti non ha più senso di esistere.
Sono una sopravvissuta, e questa è la mia storia.
 
[Capitolo 18]
Ed ora era lì, quella bestia che sempre avevo temuto. Di fronte ai miei occhi, così feroce da paralizzarmi. Riusciva a risvegliare le paure più recondite, i ricordi più dolorosi e macabri della mia infanzia. Era la mia debolezza, il centro di tutta la mia paura.
Era il Lupo cattivo, ed era pronto a mangiarmi di nuovo.
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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8. Who could ever learn to love a beast?





La tempesta di neve si stava placando nel regno di Belle e Adam: dalla torre del castello gli abeti che occupavano fitti e ravvicinati il bosco sembravano tante piccole statuine di cristallo imperlate di bianca e candida neve. Il cielo grigio, tuttavia, minacciava ancora tempesta.
Eravamo usciti sulla torre dell'ala Ovest, la più alta del castello: Belle osservava l'orizzonte, pensierosa, mentre io mi preparavo – mentalmente e fisicamente – ad uscire di nuovo nel bosco.
« Quando il villaggio è stato distrutto, gli abitanti si sono riversati nel bosco, ma non erano più gli stessi. Come accaduto con Adam, l'istinto animale si è impossessato di loro. Adesso brancolano tra gli alberi come lupi allo stato brado. ». Belle si fermò a riprendere fiato, poi tirò nuovamente su il cappuccio della mantella.
Non riuscivo a crederci.
« Sono tanti? » chiesi, cercando di percepire anche il minimo rumore dal bosco.
« Una ventina. » rispose lei, indossando i pesanti guanti che usava all'esterno. « decimati, rispetto alla popolazione originaria del villaggio. Credo ce ne siano altri, ma hanno troppa paura per uscire. Solo i più aggressivi girano per il bosco. Ho dovuto ucciderne tre finora, minacciavano il castello. ».
« Sono mai arrivati fino a qui? »
« Prima. Adesso non lo fanno più. Adam li ha spaventati, perciò hanno paura di avvicinarsi. Ma se tu esci nel bosco, probabilmente ti attaccheranno. ». La vidi mentre puntava i piedi a terra, e dalla punta delle scarpe fuoriuscirono due artigli metallici, somiglianti alla lama di una lancia.
Fece lo stesso con la struttura di cuoio attorno agli avambracci, e anche da li spuntarono una serie di lame dall'aria parecchio pericolosa.
« Quindi dovrò distrarli. Tu devi arrivare dalla parte opposta del bosco. Attraversarlo in tutta la sua lunghezza. ». Sfruttando gli speroni su mani e piedi, Belle iniziò ad arrampicarsi sulla parete della torretta, sul cui tetto non si poteva salire dall'interno. Era un'attrezzatura piuttosto ingegnosa.
La fissavo con ammirazione mentre scrutava il bosco con attenzione, una cacciatrice in abito d'oro. Scese nuovamente alla mia altezza e con un saltello fu di nuovo sulla torre in cui ero rimasta io.
Sorrise, imbarazzata. « Adattamento. Adam riesce a farlo con gli artigli, perciò mi sono dovuta inventare qualcosa. ».
Scendemmo al piano di sotto e Belle portò Adam e me all'entrata posteriore: uscimmo nel grande giardino e arrivammo al grande cancello di ferro battuto, che si aprì con uno scricchiolio. Belle salì in groppa ad Adam, legandolo con le redini che avevo visto in precedenza.
« Vieni. » mi disse, tendendomi la mano. « Se sono lontani, riuscirò a portarti direttamente al confine. ».
Con un balzo agile salii su Adam, e in quel momento mi sembrò quasi di sentirlo parlare. Ma mi accorsi, dopo qualche istante, che si trattava solo di un'illusione. Non sentire la sua voce faceva uno strano effetto.
E ritrovarlo lì, di nuovo bestia, di nuovo animale, mi riportava ad un passato che non avrei voluto ricordare.
Ripensai ai lupi del mio bosco. A quando mi ero svegliata con il braccio reciso e sanguinante. A quando avevo pensato alla fine. E al mio secondo risveglio, viva e non più del tutto umana. Ma viva.
Iniziammo a correre tra gli alberi. Adam era agile, e schivava i tronchi fitti e ravvicinati tra loro molto facilmente nonostante la stazza. Belle tirò appena le redini e lui si fermò, girando a sinistra, poi di nuovo a destra e sempre dritto.
In quel momento sentii rumore di passi. Passi veloci, forsennati, diversi da quelli di Adam.
« Belle! » gridai, sperando che mi sentisse. La velocità e il rumore di Adam attraverso la foresta non erano d'aiuto, ma la vidi annuire e voltare appena la testa.
« Si stanno avvicinando, tieni gli occhi aperti! » gridò lei, e Adam aumentò la sua velocità.
Le voci si facevano sempre più vicine, la confusione aumentava. E improvvisamente mi accorsi di due ombre che ci seguivano, percorrendo accanto a noi la stessa strada. Erano coperte dagli alberi, ed erano tanto veloci che non riuscivo a vederli in modo definito.
« Dannazione... » mugugnò Belle, e dal cinturone che aveva in vita estrasse un pugnale dalla lama affilata, legato da un filo elastico alla cintura. Lo lanciò contro uno di loro, e tutto ciò che sentii fu uno schiocco e un mugolio tra gli alberi. Il pugnale tornò indietro grazie all'elastico, per metà coperto di sangue.
Uno di loro tentò di avvicinarsi, e lo respinsi con la mia lancia. In quel momento li vidi: erano umani, con i vestiti stracciati e la faccia sporca.
Sembravano vagabondi, ma sui loro volti c'era qualcosa di diverso: follia, istinto, rabbia.
Erano esseri animaleschi, veloci e aggressivi.
« Che diavolo è successo a questo mondo... » sussurrai tra me e me, ma anche Belle mi sentì.
Continuammo a cavalcare a gran velocità, fino a che le voci non si fecero un po' più lontane. Belle si fermò improvvisamente, tirando le redini di Adam – il quale emise un ruggito flebile.
« La direzione è questa. Vai sempre avanti, non fermarti. Io me la caverò. » mi disse lei rapidamente. Scesi da Adam e lo guardai negli occhi. Mimai un grazie con le labbra, sperando che lui, nonostante quello che era, riuscisse a capirmi. A comprendere quanto fossi grata a tutti loro.
« Perché lo fate? ». Mi uscì spontaneo, quasi d'istinto. Belle mi guardò. « Ognuno di voi cerca di aiutarmi mettendo a rischio la sua vita, e io...io mi sento... ».
« Smettila. » mi interruppe lei, guardandomi dall'alto della bestia. « Tu non hai idea di ciò che il tuo viaggio significhi per me. Per tutti noi. Stai mettendo a rischio la tua vita e ne sei consapevole. Siamo noi, ad esserti grati. Tu puoi farcela, Red. Ce la farai e non potrai fare nulla, per impedirmi di aiutarti. ».
Rimasi ad ascoltarla in silenzio, senza sapere cosa dire. Nessuno aveva mai fatto tanto per me. Tutta quella distruzione mi aveva trasformato in una cinica bastarda, ne ero consapevole. Reprimevo tutte le emozioni, impedendomi anche solo di pensare. Ma quello andava oltre tutto ciò che avevo sempre pensato di quel mondo in quello stato pietoso.
Perché c'era ancora speranza.
Annuii in silenzio e mi voltai. Cominciai a correre, ma la voce di Belle mi bloccò nuovamente.
« Red! » gridò, mentre Adam si sollevava sulle zampe posteriori. « Li ritroverai. L'ho capito, sai? La tua famiglia. E' questo, il tuo scopo. Trovarli tutti. Ce la farai, io ci credo! ».
Non mi lasciò il tempo di ribattere. La bestia si sollevò ancora come un cavallo imbizzarrito, ed entrambi partirono nel fitto del bosco per combattere gli esseri che cercavano di ostacolare il mio cammino.
Mi voltai ed iniziai a correre.
Probabilmente, eccetto il Bianconiglio, nessuno sapeva. Non era solo per trovare la causa di quel caos, che mi ero messa in viaggio. E il dialogo con lo specchio di Belle l'aveva messo in luce. Lei l'aveva capito.
Cercavo la mia famiglia, e questo voleva dire lei.
Mia nonna. Lei era ancora viva, ne ero certa. E sapevo che l'avrei trovata, alla fine del mio viaggio, perché era tutto quello che mi rimaneva al mondo. Dopo di lei ero sola.
Il crepitio dei miei passi sulla neve era silenzioso e costante. Cercavo di mantenere un ritmo veloce per arrivare il prima possibile al confine.
Un bagliore luminoso, improvvisamente, mi distrasse. Mi voltai di scatto per osservare meglio l'intensa luce che proveniva dal fitto del bosco.
Belle.
Rivolsi l'ennesima preghiera al cielo, sperando che quella specie di esplosione non l'avesse ferita, o non avesse procurato danni ad Adam. Sperai con tutto il cuore che stessero entrambi bene.
Un ringhio sommesso alle mie spalle mi mise in allerta. Mi ero fermata, e questo non era un bene.
Voltai appena il capo, indirizzando lo sguardo oltre la neve, oltre me stessa. Uno di loro era proprio lì.
E mi stava fissando con gli occhi di chi ha appena trovato la cena.
Mi voltai lentamente, cercando di non aizzarlo: dopotutto erano uomini ridotti allo stato animale, perciò dovevo comportarmi in modo da non scatenare la loro ira con gesti troppo rapidi o inaspettati. Aveva, in fondo, tutto l'aspetto di un umano: i vestiti, benché stracciati, pendevano a brandelli sul corpo sporco di fango e terra, e la postura ricordava ancora quella di un essere umano nonostante la schiena ingobbita e le braccia a penzoloni.
Quello che mi si era presentato davanti doveva essere un ragazzo piuttosto giovane: i capelli ramati, ispidi e incolti, scendevano a grandi ciuffi sul volto pallido ed emaciato, circondando gli occhi vacui e le profonde occhiaie da fame e freddo. Dietro di lui ne apparve un'altra, una donna dai riccioli rossi con le lentiggini e la pelle chiarissima.
Non potevo ucciderli. Erano ancora lì, me lo sentivo. Sotto quella scorza animale c'era ancora un cuore umano. Ripensai alle parole di Belle: anche lei doveva aver fatto un grande sacrificio uccidendo coloro che minacciavano il castello.
Così decisi di aspettare. Aspettare che facessero loro il primo passo. Contai una, poi due volte, sempre più lentamente. I secondi passavano, e dopo poco ne apparve un altro alle mie spalle. Stavano aumentando.
Non potevo rimanere lì. Dovevo andare via.
Corsi in direzione del ragazzo emaciato e dalla donna dai capelli rossi. Ostacolavano il mio cammino, perciò non dovevo farmi scrupoli. Tenni stretta la lancia attorno alle dita, cercando di spaventarli.
Al contrario, loro mi vennero incontro con lo sguardo inferocito e avido del mio sangue.
Sfruttai la velocità per schivare i loro colpi una, poi due volte. Nel frattempo ne vidi altri, probabilmente un gruppo separato da quello che Adam e Belle stavano combattendo al centro del bosco.
La rossa tornò all'attacco, di tutti era lei la più aggressiva. Mi ringhiò contro, lanciandomisi addosso. Cercai di schivarla, nonostante la sua velocità mi sorprese. Indietreggiai, e ricominciai a contare.
Uno, due, tre.
Uno, due, tre.
Il silenzio religioso del bosco durò per circa dieci secondi. Poi, con un movimento repentino, mi voltai di scatto e cominciai a correre verso il confine. Non volevo ucciderli, e rimanere lì probabilmente sarebbe andato a mio sfavore visto che aumentavano progressivamente di numero.
Sentivo le loro grida e i loro passi alle mie spalle, e non erano molto lontani.
Alzai involontariamente gli occhi al cielo: anche in una situazione drammatica come quella riuscivo a trovare il lato comico delle cose, visto che essere inseguita da un'orda di umanoidi in mezzo ad un freddo e umido bosco non era proprio nei miei piani della giornata.
Dallo scalpiccio alle mie spalle mi resi conto che erano decisamente vicini, e decisamente aumentati in numero.
Ma non era l'unico rumore nel bosco silenzioso. No, c'era qualcos altro. Un cigolio metallico, accompagnato da un bizzarro scoppiettio. Avevo le allucinazioni, per caso?
Cercai di concentrarmi nonostante la fatica per la corsa. Si, era decisamente un motore.
Voltai appena la testa, ma concentrarmi su quel rumore anomalo mi rallentava decisamente.
« Ma che diavolo... » mugugnai, constatando che qualcosa si stava avvicinando, e gli umanoidi non c'entravano nulla. Un'ombra sfiorò gli alberi, poi si frappose tra me e il bosco, alla mia stessa velocità.
Quasi mi venne un colpo quando focalizzai l'attenzione su quella sottospecie di tavola da surf di rame e metallo, con gli ingranaggi in vista e una vela color cremisi spiegata nella direzione del vento gelido.
I due motori turbinavano nella parte posteriore della tavola, che si staccava a pochi metri da terra.
Strabuzzai gli occhi, continuando a correre. Non poteva essere vero.
Il ragazzo alla guida mi lanciò un'occhiata intensa, lasciandosi sfuggire un sorriso malizioso.
« J-Jim?! » gridai, e la mia voce superò il rumore dei motori. Jim Hawkins era a pochi passi da me su un bolide in corsa con le rotelle degli ingranaggi che ruotavano a velocità disumana. Molto steampunk.
Ma era Jim Hawkins. Che diavolo ci faceva lì?
« Sali! » mi gridò, abbassandosi di poco. Lanciò un'occhiata fugace alle bestie che mi stavano alle costole, poi schivò abilmente un tronco bruciato e si rimise in linea retta.
« Che diavolo ci fai qui?! » gridai ancora, seguendo con le dita i bordi della sacca che tenevo in spalla. Appese al lungo manico di cuoio c'erano una serie di piccole sferette ancorate a dei ganci in ottone. Ne sfilai una, poi mi voltai e la lanciai all'indietro, proprio al centro della folla inferocita. La sfera emise un suono acuto e breve, poi esplose mandando tutti nel panico.
« Red! » gridò nuovamente Jim, avvicinandosi in volo. « Sali, maledizione! ». Mi tese la mano.
Nella mia testa circolarono una serie di pensieri nell'arco di pochi secondi.
Non voglio il tuo aiuto.
Questi tizi sono veloci, mi raggiungeranno.
Jim Hawkins è qui.
Sali.
Mi voltai si scatto, e con un salto bilanciato tesi la mano e afferrai la sua, poggiando i piedi sulla tavola motorizzata. Barcollai per qualche secondo, ma trovai sostegno nelle braccia di Jim. Mi strinsi attorno alla sua schiena e mi voltai ancora, osservando la folla alle nostre spalle.
« Tieniti forte! » gridò lui, e in pochi istanti partimmo a tutta velocità verso il confine.






Attraversare il confine fu come una doccia fredda. Mi ricordò la fuga dalle guardie della Regina rossa nel Paese delle Meraviglie. Attraversammo l'ultima parte del bosco innevato e poi a tutta velocità verso l'esterno.
Quando superammo l'ultima fila di abeti, ero sicura della nostra salvezza: gli umanoidi erano legati a quel regno, e il loro essere animalesco non gli permetteva di prendere decisioni in merito. Non potevano muoversi da lì. Ce l'avevamo fatta.
Fuori dal bosco la neve era sparita: quel dannato cambiamento climatico dovuto alle tempeste radioattive aveva fatto proprio un bel casino. Il passaggio ci creò non pochi problemi: attraversare la barriera tra le due zone destabilizzò i motori della tavola di Jim, che vacillò per qualche metro.
Le turbine si spensero per qualche istante, poi si riaccesero troppo tardi: la tavola si impuntò a terra e noi ruzzolammo giù.
Sentivo odore di terra bagnata. La polvere mi entrò nel naso, mentre rotolavo a qualche metro di distanza dalla tavola. Lasciai subito andare la lancia per evitare di avere la lama troppo vicino, e vidi il corpo di Jim distanziarsi dal mio.
Quando aprii gli occhi, a terra, ci misi un paio di secondi a capire cosa era accaduto. Mi rialzai lentamente, cercando di ignorare il dolore alla gamba. Dovevo essere finita su una pietra, o qualcosa del genere.
Mi guardai attorno: la tavola era ancora conficcata nella terra, le turbine si erano spente e la vela era ancora aperta. Jim era a poca distanza. Cercai di muovermi il più rapidamente possibile verso di lui, recuperando sulla strada la lancia che avevo abbandonato durante il volo.
Jim era disteso sulla schiena, con le braccia aperte e il volto coperto di terra. Quando cercai di svegliarlo una prima volta non rispose, tossicchiando appena ad occhi chiusi. Tirai un sospiro di sollievo, constatando che almeno non era morto durante la caduta. Di quei tempi, era un grosso passo avanti.
« Jim, mi senti? ». Lo vidi aprire lentamente gli occhi, battere le palpebre rapidamente un paio di volte e poi fissarsi su di me. Rimasi in silenzio, tirando un altro sospiro di sollievo.
« Stai bene? » mi disse con voce roca, tossendo ancora. Lo guardai storto: lui era in quello stato pietoso ed ero io a dovermi preoccupare della mia salute?
« Si...tutto okay. Ma forse dovresti controllare il tuo carretto. » gli risposi, cercando di tirarlo su con entrambe le braccia. Si mise a sedere, massaggiandosi la testa.
« Ehi, non chiamarlo così. Ah, la testa. Abbiamo fatto un bell'atterraggio, eh? » concluse, tirando fuori il solito sorrisetto che oramai riuscivo a riconoscere. Come poteva sorridere anche in una situazione come quella, era un mistero che non avrei mai capito.
A poco a poco riuscì ad alzarsi, e anche io feci lo stesso. Ci avvicinammo alla tavola impuntata a terra, e Jim la studiò da lontano. Poi, con forza, la liberò dal suolo e la mise nuovamente in posizione orizzontale.
« Vediamo un po'. ». Accese di nuovo i motori, che scoppiettarono per qualche secondo. Chiuse la vela, la riaprì e valutò le condizioni di ogni centimetro. Si alzò in volo e fece qualche piroetta, ma avevo l'impressione che quell'ultima parte servisse solo per darsi un po' di arie.
« Nessun danno. » asserì entusiasta, scendendo nuovamente a terra. Spense i motori e legò la tavola alla schiena con un cinturone di pelle. Poi lanciò un'occhiata alla mia gamba. « Ehi, ma tu sei ferita. Fatti dare un'occhiata. ».
« Oh, non è niente. Sono abituata e – » non feci in tempo a finire che mi ritrovai seduta sul terriccio umido con Jim che valutava la mia gamba da lontano. La sua espressione rendeva tutto ancora più comico.
« Va bene, va bene. Ora controllo. Basta che la smetti. » mormorai, scostando la mantella rossa dalle gambe. Al di sotto, le calze in pelle nera e lattice erano ancora intatte. Raggiunsi il bordo nella metà superiore della coscia e sganciai il reggicalze, tirandone giù una. Erano molto pesanti, e fornivano la protezione ideale per fronteggiare il freddo del mio bosco. Effettivamente si vedeva una piccola escoriazione sul ginocchio, ma nulla di grave.
Jim era diventato stranamente silenzioso. Frugai nella mia sacca, fino a che non trovai una fascia bianca e il sidro di mele che mi aveva dato Biancaneve. Dall'ultimo assaggio ricordavo che il tasso alcolico era parecchio alto, ed era comunque la cosa che si avvicinava più ad un disinfettante in quel momento. Ne lasciai scorrere un po' sulla ferita, poi fasciai delicatamente il ginocchio e tirai di nuovo su la calza.
« Sei contento, adesso? » mugugnai, ma lui si limitò a rispondere con un cenno silenzioso. Mi alzai in piedi, stiracchiandomi. Il mio corpo era ancora intorpidito dalla caduta. Quello che vidi attorno a me aveva tutta l'aria di un territorio di transizione: il bosco alle nostre spalle sembrava lontanissimo e inaccessibile, mentre davanti a noi si imponeva una lunga distesa di terra chiara. Mi voltai.
« Ti ringrazio di avermi portata fino a qui. » iniziai, sapendo che era arrivato di nuovo il momento di separarsi. « Adesso posso proseguire da sola, e tu puoi tornare alle tue...cose. ».
Jim mi guardò divertito. Non ero capace a fare quel genere di discorsi, lo sapevo benissimo. A dire il vero potevo sembrare piuttosto ridicola, e forse Jim stava pensando proprio a quello.
« Scherzi? Non ti lascerò in questa landa deserta. Vengo con te. » rispose lui, sistemando nuovamente la tavola sulle spalle.
« Oh! Grazie, ma...ma no, grazie. » mormorai, nonostante lui si fosse già avviato. Lo seguii a passo rapido, sperando che mi desse un po' di considerazione. « Ehi? Mi hai sentito? Ce la faccio da sola! ».
In quel momento mi ritornarono in mente le sue parole, e pensai inevitabilmente a Peter.
Non ti lascio di certo qui.
Tutti lì a volermi aiutare, come se non potessi cavarmela da sola. Come se non potessi farcela.
« Sappi che ce la faccio benissimo da sola. Non ho bisogno che tu mi faccia da spalla. » mugugnai, raggiungendolo.
« Oh, ma questo lo so benissimo. » rispose lui, attirando la mia attenzione. « Ma non voglio lasciarti sola. ».
Quelle parole sparirono nel silenzio. Non ribattei. Semplicemente, lasciai che il muto suono del vento le portasse via. Forse perché volevo dimenticarle. O forse perché mi avevano colpita.
Jim mi guardò di nuovo, e sentii quella stessa sensazione che avevo percepito al nostro primo incontro.
Camminammo in silenzio per un bel po', attraversando la landa deserta. C'era una brezza piacevole, nonostante il sole che cadeva a picco sulle nostre teste. Le cose cambiarono solo quando, improvvisamente, sentii uno strano odore diffondersi attorno a noi. Era piacevole, davvero piacevole.
« Lo senti? » sussurrai, e Jim si voltò. « C'è odore di...sale. ».
« Sale? »
« Si. Non so come spiegarlo... ». Jim annusò l'aria, e sulle sue labbra apparve un sorriso. Poi iniziò a correre.
« Ehi! » gridai, cercando di raggiungerlo. In pochi istanti alle mie orecchie giunse un rumore scrosciante, impetuoso, ma allo stesso tempo delicato.
Quando raggiunsi Jim, all'orizzonte una striscia blu si frapponeva fra la terra e il cielo.
Il blu intenso del mare.


 













Nb. Eccomi qui, e scusate se non ho aggiornato prima ma ultimamente ho parecchio da fare! Comunque, come vedete Jim si ripresenta nel corso della storia e i nostri eroi vengono condotti fino all'oceano. Mi è piaciuto scrivere questo capitolo, ho immaginato la fuga di Red in mezzo alla neve e il salvataggio da parte di Jim in ogni dettaglio. Ultimamente sto scrivendo con il sottofondo musicale dei Mumford and Sons, qualcuno di voi li conosce? Fanno della musica bellissima, dategli un ascolto, e magari potranno accompagnarvi nella lettura di questo capitolo.
Per il resto spero che la storia vi stia piacendo, e fatemi sapere cosa ne pensate! Ringrazio tanto coloro che hanno lasciato un commento, o anche solo un pensiero.
Significa tanto per me.
Un abbraccio,

L.



  
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