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Autore: Son of a preacher man    22/11/2013    4 recensioni
- Ha dimenticato il resto.
Ride, mostrandomi la sua dentiera, e si raddrizza gli occhiali.
- Grazie caro, vedo che l'educazione esiste ancora nel nostro paese!
Le sorrido, prima di allontanarmi.
- Ma scusi, posso chiederle una cosa? - mi blocca lei, intimidita.
- Dica.
- Come mai va in giro a piedi nudi?
Il sole mi sta sciogliendo, sento un braccio che ha perso sensibilità e l'altro in preda a degli spasmi.
Scrollo le spalle per rispondere alla signora, facendo finta di nulla, notando le dita che mi si stanno screpolando, insieme alle nocche che variano il loro colore verso il violaceo.
L'occhio destro comincia a muoversi senza il mio consenso, si sta scaldando.
Devo coprirmi, ora.
- Sicuro di stare bene? La vedo pallido.
Io annuisco, prima di scattare sotto una tettoia.
Passo la lingua sul mio labbro superiore, screpolato e grigiastro, e mi appoggio al muro, col fiatone.
Genere: Dark, Fluff, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Incompiuta, Tematiche delicate, Violenza
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Partecipante al terzo turno (amore) del contest Autunno Originale indetto da Faejer


- Hey, tutto bene?
Voglio dire, guardami: mi hai chiesto come sto per il semplice fatto che sei sicuro della mia risposta. Sai benissimo che ti dirò di sì, anche se entrambi sapremo nel profondo di mentire a noi stessi.
Tu non sei interessato a sapere se va veramente tutto bene, come io non sono pronta a confessarti tutto.
Non lo sarò mai, come tu non sarai mai pronto a capire perché ti fisso con uno sguardo speciale, uno di quelli che non concederei nemmeno al più grande barattolo di Nutella presente al mondo.
La verità è che va male per colpa tua. Non sarai mai davvero mio, ma io sono davvero tua. Infinitamente.
Passo giornate a guardarti impacchettare fiori nel tuo chioschetto in centro, immaginando come deve essere poterti prendere la mano o, addirittura, abbracciarti. Lo giuro, mi accontenterei di un minimo contatto per essere felice.
Sei tu la chiave: puoi rendermi triste, felice, arrabbiata, esaltata, depressa, sorridente, euforica, stanca, rilassata, agitata con un semplice sguardo o sorriso. Tu puoi plasmarmi, ma io non posso fare lo stesso con la tua chioma bionda e il tuo immancabile cappello di paglia.
Non posso pretendere che tu mi noti, dato che lo fai, ma nel modo sbagliato.
Anche oggi, sul bus delle cinque e mezza, mi hai parlato. Ma sei completamente sicuro di ascoltarmi sul serio?
Voglio penetrare nella tua iride e scovare la tua anima, nascosta sotto quegli incantevoli bulbi oculari.
Li guarderei per ore, entrerei ogni giorno in quel negozio solo per sentire il suo odore, vederlo sorridere al mio “Arrivederci”... sorriso valido per tutti i suoi clienti abituali, dalla vecchia pensionata al brufoloso adolescente che compra una rosa rossa, affrettata per un primo appuntamento.
Lui sta al buio, esce il meno possibile di giorno. Cerca di nascondere la sua bellezza, ma come una lucciola.
Una lucciola, sapete, non può decidere di spegnersi da sola. Quando si fa buio, si accende come la mia passione ogni volta che lo incrocio sull’autobus del martedì sera. Io torno dalla mia giornata di lavoro mentre lui torna dal suo chioschetto.
Mi vien quasi da piangere, a vederlo, ma allo stesso tempo sono ancora fiera di quel giorno in cui, tutta decisa e sotto pressione, gli ho parlato: abbiamo riso e scherzato tutto il viaggio, una decina di minuti. Da quel giorno, ogni martedì, finiamo sempre per trovarci e parlare.
Sembro una bambina innamorata della scuola media, forse interiormente ancora lo sono.
Invitarlo a uscire? Io? Quandomai!
Sapete, subisco umiliazioni ogni giorno. Anzi, la mia vita è una vera e propria umiliazione, quindi manca poco perché possa davvero non farcela più.
- Scusi, tutto bene? – ripete lui, facendomi tornare alla dimensione terrena.
- Sì.
Il treno si ferma, lui mi sorride ed estrae dalla tasca alcune monetine.
- Tenga signora, vada a prendersi una bella focaccia calda. – aggiunge infine, prima di scendere.
Io gli sorrido, senza mostrare i miei denti cariati, e metto quelle poche monetine che procuro solitamente in cinque ore di lavoro nella tasca non bucata del mio vecchio e logoro giubbotto, rubato da un centro commerciale. Infine copro le lacrime con il mio foulard, per non farmi notare dagli altri passeggeri, che mi stanno fissando come se fossi un alieno.
Va tutto bene, mio caro fioraio, no si rovini la giornata a causa di un’inutile macchietta di olio presente nella sua vita; i miei problemi non possono preoccupare una persona così giovane, bella e dolce come lei.
   
 
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