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Autore: misslittlesun95    25/11/2013    4 recensioni
SEGUITO DI "L'Incessante sogno"
Carola, la nipote di Bart, ha ormai venti cinque anni, vive tranquilla a Firenze e sente regolarmente le persone lasciate a Roma quando arriva la notizia della morte improvvisa di Isabella di attacco cardiaco.
Il dolore di Bart, della figlia, dei colleghi dell'uomo e della ragazza è enorme, fino a che una sera non è Rosanna a bussare alla porta di casa di Carola, consegnandole alcuni fogli che la stessa Isabella le aveva detto di darle.
La verità racchiusa in quei fogli porta le due ragazze a muoversi a modo loro in un mondo poco pulito, mentre la morte di un altro disabile sempre per infarto fa capire ai Ris che forse Isabella non aveva il cuore malato.
Su due linee parallele si snoda una storia che porterà tutti a chiedersi davvero fino a che punto si può essere leali con chi si ama.
Genere: Drammatico, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I

Il funerale di Isabella aveva mostrato a tutti quanto quella donna forte avesse lasciato un segno indelebile in chiunque l'avesse conosciuta anche solo per un giorno.
Bart non aveva avuto il coraggio di piangere, troppo occupato ad asciugare le lacrime sul volto della figlia.
Ci sarebbe stato un momento, quando si sarebbe trovato solo, lontano da tutto e tutti, per piangere ed esternare il suo dolore, ma non era quello.
Carola, invece, aveva mostrato ai presenti il suo dolore.
Aveva pianto e si era stretta allo zio e al fidanzato, che l'aveva raggiunta a Roma, alla ricerca di un po' di conforto.
Non se ne era vergognata, aveva imparato fin troppo bene quanto vergognarsi fosse inutile.
Si ricordava di quando era tornata in palestra dopo la malattia. La ripresa era stata lunga e faticosa, spesso si era trovata a sbagliare esercizi che un tempo faceva senza nessun problema. Un giorno, mentre si allenava guardando le ragazze dell'agonismo perfette come era stata lei un tempo, si era quasi vergognata, tanto che tornando verso casa si era chiesta se non fosse il caso di mollare tutto.
Che figura ci faceva lei, con tutte quelle ginnaste abilissime? Lei che aveva perso l'unica cosa di cui era sempre andata fiera?
Ma poi ci aveva pensato bene e aveva capito che lasciare sarebbe stata la scelta peggiore.
Sì, certo avrebbe smesso di mostrare a tutti quanto fosse diventata incapace, ma sarebbe rimasta, incapace, e il suo obiettivo non era di certo quello.
Aveva messo da parte la paura di sbagliare e passare per negata e si era messa di impegno.
Piano piano aveva recuperato tutto, in palestra, ma soprattutto Carola era tornata a credere il sé e in quello che era sempre stato il suo motto; “Io mi conosco, io so perché sbaglio o faccio bene, io so che sono nel posto giusto e che faccio la cosa giusta, in ogni caso”. Se lo ripeteva sempre prima delle gare di ginnastica, e poi aveva imparato a ripeterselo prima di tutte le gare grandi e piccole che la vita le metteva davanti.
Anche in quel momento.
Due giorni dopo il funerale la ragazza era tornata a Firenze e aveva preparato una valigia più grande, con dentro tutto quello che le sarebbe servito per fermarsi a Roma alcuni mesi.
Il fidanzato, Alessio, non aveva obiettato la scelta di Carola di tornare dallo zio, capendo quanto fosse per lei importante.
Si erano salutati quando lei aveva preso il treno, con la promessa di vedersi appena possibile e sentirsi continuamente.
A casa di Bart la ragazza aveva trovato la stessa atmosfera pesante e dolorosa che aveva lasciato, e la sua speranza era quella di poter migliorare almeno un minimo la situazione.
Non era semplice, lo sapeva bene. Non è facile perdere la persona amata, non è facile perdere la propria madre.
Lei aveva passato entrambe le cose e si sentiva di poter dare una mano allo zio e alla piccola Elena, per quanto perdere la mamma da bambina fosse diverso dal farlo da adolescente.
Sul perdere chi si ama, invece, la situazione era ben più delicata, ma Carola sapeva con certezza di poter definire reali i suoi sentimenti per Giacomo e giusta la sua sofferenza alla morte del ragazzo.
Malgrado ciò che lui aveva fatto, malgrado tutto.
Era ottobre, l'autunno iniziava a farsi breccia anche nella sempre calda Roma, imponendo a tutti di coprirsi e abbandonare i ricordi dell'estate che era da poco finita e già appariva un ricordo lontano.
Elena aveva iniziato la prima elementare poco prima della morte della madre, sconvolgendo i compagni di scuola ma trovando un supporto in Samuele, un bimbo della sua età che aveva subito il suo stesso dolore a soli quattro anni e che le aveva spiegato come anche se le loro mamme non erano più sulla terra non era vero che non gli volessero più bene.
Il padre, invece, era tornato a lavorare quasi subito sperando di potersi distrarre un po'.
A lui la presenza di Carola in casa faceva bene; la sua forza e il suo modo di essere sempre pronta ad affrontare tutto sorridendo e senza paura gli facevano capire che bisognava andare avanti senza piangere, senza dolore.

Certo, dentro di lui e tutti gli altri si era formata una voragine che mai si sarebbe richiusa, ma la sofferenza andava nascosta per i momenti privati, fuori bisognava continuare la propria vita. Ma davvero, non fingendo come fanno in molti quando si trovano in situazioni simili.
Di come l'unico modo per andare avanti fosse rimanere uniti, proprio come se il lutto fosse una camminata in un luogo oscuro, sconosciuto e pericoloso, Bart se ne era accorto una sera, quando tornato a casa la figlia gli aveva chiesto di giocare un po' insieme e lui aveva accettato senza neanche pensarci.
Mentre giocava con la piccola gli era parso che nulla fosse mai accaduto, come se stare vicino a lei lo rendesse immune al dolore.
Stare vicino a lei, a Elena, lei che aveva solo sei anni e aveva perso la sua mamma.
Carola, intanto, faceva la spola con Firenze per riuscire a completare gli studi universitari.
Era all'ultimo anno di psicologia, aveva deciso che si sarebbe occupata della psicologia relativa alle patologie gravi, specialmente oncologiche, ma non le era dispiaciuto neanche approfondire degli studi sulla psicologia applicata allo sport.
Rimpiangeva molto il non aver potuto continuare a livelli agonistici la ginnastica, era vero, ma ogni volta che ci ripensava si diceva che, in fondo, la cosa positiva era essere in vita.
Sarebbe potuta morire, lo sapeva bene, e quindi tanto meglio così.
Un giorno, mentre si trovava a Roma, era tornata sulla tomba di Giacomo.
Per un attimo aveva rivissuto tutto, dalle cose più belle al finale dolorosissimo di quella storia.
Tornata in città dal cimitero era passata a salutare il medico che l'aveva avuta in cura e si era messa a piangere uscendo dall'ospedale dopo aver visto bambini e ragazzini ammalati.
A casa però anche la presenza di una bimba di soli sei anni senza più una madre la aveva intristita, e per un attimo si era chiesta se davvero l'infanzia si potesse considerare un momento felice.
Ma la domanda era svanita appena prima di dormire, quando aveva visto la piccola Elena parlare con la foto della madre e raccontarle della sua giornata.
Forse la fantasia dei bambini era ancora in grado di salvarli dai dolori più atroci, si era detta.

   
 
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