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Autore: Ser Balzo    01/12/2013    6 recensioni
"«Volere? Niente» disse Mercer, cercando di penetrare le tenebre in cerca della proprietaria della voce. «Ma posso darvi parecchio, Lady Stark.»
«Un tempo ero una Lady. Ora non più.»
Un viso affiorò alla luce della lampada. La giovane Stark guardò Mercer dritto negli occhi.
E il Frey rimase completamente senza parole."
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Arya Stark, Nuovo personaggio, Sansa Stark
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La rosa e il lupo

 

 

 

La cella era buia, piccola e maleodorante. Un flebile rivolo di luce proveniente da una minuscola finestrella stretta e lunga accarezzava quello che a prima vista aveva tutto l’aspetto di un mucchio di stracci sudici. Per qualche istante l’unica cosa a muoversi nella cella fu il pulviscolo, danzando pigramente in mezzo alla paglia e ai rifiuti.

Poi la porta di legno massiccio si spalancò, lasciando entrare una guardia dallo sguardo cattivo e dal fisico denutrito.

«È ora del pranzo, principessa!» latrò il carceriere, lanciando una mezza forma di pane stantia sul pavimento lurido.

Con una velocità sorprendente dettata dalla fame, il mucchio di stracci si avventò contro il magro pasto, strappando brani di pane ammuffito come fosse una leccornia prelibata.

La guardia ridacchiò, mentre i suoi piccoli occhi neri scintillavano maligni. «Hai fame, eh, principessa? Non si soffre la fame, nel mondo dei Lord e delle Lady.»

Dal mucchio di stoffa livida e consunta comparve il volto lercio e scavato di una giovane fanciulla.

«Non sono una principessa.»

«Oh, si che lo sei. Figlia di Ned Stark e sorella del Giovane Lupo... o sbaglio?»

«Mio padre e mio fratello sono morti.»

«Esattamente» rispose la guardia, godendo il suono di quella parola. «e fai bene a ricordarlo, principessa. La morte è la ricompensa dei traditori.»

Lo sguardo della prigioniera indugiò su di lui, come se un qualcosa di debole e lontano ma non ancora sopito cercasse disperatamente di risalire in superficie. Qualunque cosa fosse, però, non riuscì ad emergere: gli occhi della fanciulla si abbassarono sul tozzo di pane e dopo qualche istante riprese a mangiare.

La sguardia sbuffò soddisfatta. «Brava ragazza. Vedi di fartelo bastare, perché fino a domani non ne vedrai altro.»

Stava per chiudere la porta, quando la prigioniera parlò.

«Mia sorella vi troverà e vi ucciderà tutti.»

La guardia rimase qualche istante interdetta, poi replicò alle parole della fanciulla sputando per terra.

«Tua sorella combatte bene, non c’è dubbio. Ma anche Robb Stark combatteva bene, e non c’è bisogno che ti dica com’è finita.»

La prigioniera non rispose. Finì il pane e poi strisciò di nuovo nel suo cantuccio, dove giacque immobile.

 

***

 

«Mi arrendo.»

La spada cadde sul terreno con uno sbuffo ovattato. Una mezza dozzina di armigeri con il metalupo degli Stark dipinto sugli scudi osservarono quel gesto teatrale.

«E secondo te noi dovremmo risparmiarti?»

«Sono Mercer Frey,  quarto figlio di Ser Stevron Frey. Prendetemi prigioniero, e non ve ne pentirete»

Il capo degli uomini, un sergente sfregiato di mezza età, emise un suono ragliante molto simile ad una risata. «Non mi dire! Un Frey! Abbiamo preso un Frey!» Si rivolse ai suoi uomini. «Che ne dite, ragazzi? Il Frey chiede misericordia.»

Le risate furono sincere, genuine e piene di rabbia.

«È buffo che proprio tu, fra tutte le famiglie di Westeros, venga a chiedere pietà agli Stark.»

Mercer Frey mantenne lo sguardo fisso sul sergente. «Mi risparmierei la fatica, se non fosse per un buon motivo.»

«Conosco soltanto due buoni motivi a questo mondo. Le donne e l’oro.»

«Avrai entrambi se mi porti dal tuo comandante.»

Il sergente rise di nuovo. «Per tutti gli Dei, di tutti i bastardi Frey che ho ammazzato tu sei senza dubbio il più divertente. Per quale motivo dovrei darti retta? Solo i Lannister cagano oro. L’unica cosa in cui siete bravi voi figli di puttana è sfornare bastardi con cui appestare questa bella terra.»

Mercer Frey sogghignò. «Non posso darti torto, la mia famiglia non ha certo una buona nomea. Ma io sono un Frey solo di nome. Negli anni ho conosciuto molte persone: parecchie le ho uccise, altre le ho pagate, altre ancora mi hanno pagato. Ho parecchi nemici, qualche amico, molti contatti. Parlando con le persone giuste, posso farti avere oro e puttane fino al resto dei tuoi giorni.»

Il sergente rimase qualche istante spiazzato dalle singolari parole dell’uomo. «Sembri un tipo che sa il fatto suo. Ma anche io ho conosciuto molte persone. E poche, pochissime hanno mantenuto la parola data.»

Per tutta risposta, Mercer Frey prese un sacchetto dalla bisaccia appesa alla sua cintura e lo tirò ai piedi del soldato.

«In quella borsa ci sono venti dragoni d’oro, più di quanto tu possa avere in una vita intera. Portami dalla Giovane Lupa e avrai cento volte tanto.»

 

 

L’accampamento delle forze del Nord era immenso e pieno di vita. Era incredibile che la giovane Stark fosse riuscita a tirar fuori così tanti uomini da una regione stremata dalla guerra, ma il brulicante affancendarsi di soldati lasciava poco spazio ai dubbi.

Scortato dalla pattuglia di uomini che lo aveva preso in ostaggio, Mercer Frey non potè fare a meno di pensare che solo altre Nozze Rosse avrebbero potuto fermare un esercito del genere.

«Niente male, eh?» 

«Impressionante, Ragnar. Ci darete parecchio filo da torcere.»

«Puoi scommetterci» rispose ringhiando il sergente, che ammorbidito dalle monete sonanti gli aveva rivelato il proprio nome e molti aneddoti sulla sua turbolenta vita. «Re Robb era un vero condottiero, ma questa ragazza... è nata per la guerrra, glielo si legge negli occhi.»

«Non vedo l’ora di conoscerla» disse Mercer con un sogghigno.

Ragnar interpretò nel modo giusto il suo sguardo. «Non credere di avere anche una minima possibilità con lei, Mercer. Anche se il tuo sangue non fosse sporcato dalla parentela con Walder il Traditore, il nostro condottiero sembra immune al fascino degli uomini. È una vergine della guerra.»

«Non credevo fosse così tanto brutta.»

Ragnar emise di nuovo quel verso che riteneva una risata. «Vedrai, caro Mercer.»

La tenda della Giovane Lupa era esattamente al centro dello schieramento, ma non era la più grande. Anzi, sembrava quasi stonare per la sua rozza semplicità. Uno stendardo con il metalupo ringhiante piantato all’ingresso era l’unico ornamento che la proprietaria avesse concesso alla tenda.

La guardia all’ingresso sbarrò la strada al drappello di soldati.

«Abbiamo un’ostaggio, un Frey. Ha chiesto udienza a Lady Stark.»

La guardia squadrò Mercer con vivo disprezzo. «Entrate, ma fate in fretta. Sua Signoria ha richiesto che tutti gli uomini in grado di combattere siano pronti a farlo entro mezz’ora.»

«Si combatte?» chiese allegro Ragnar.

«Se vinciamo questa battaglia, molto probabilmente sarà l’ultima.»

Ragnar mollò una pesante pacca sulla schiena di Mercer. «Non sei contento, Mercer? Non c'é niente di più bello che sterminare i tuoi parenti!»

 

La tenda era buia, rischiarata soltanto da una lampada poggiata su un tavolo da campo, ingombro di mappe e cartigli.

Per qualche istante Mercer credette che non ci fosse nessuno. Poi qualcuno parlò.

«Allora, che cosa può volere un Frey da una Stark?»

«Volere? Niente» disse Mercer, cercando di penetrare le tenebre in cerca della proprietaria della voce. «Ma posso darvi parecchio, Lady Stark.»

«Un tempo ero una Lady. Ora non più.»

Un viso affiorò alla luce della lampada. La giovane Stark guardò Mercer dritto negli occhi.

E il Frey rimase completamente senza parole.

 

 

 

Il mucchio di stracci si sollevò di scatto, non credendo alle proprie orecchie. Rimase qualche istante in ascolto, colma di speranza. Il silenzio, però, ben presto la convinse di essersi immaginata tutto quanto.

Si ridistese per terra, svuotata. Ogni giorno si sentiva più debole, costretta in quella cella umida a morire di fame. Si chiese quanto a lungo sarebbe potuta andare avanti. Con un brivido, realizzò che avrebbe potuto farlo ancora molto a lungo.

Come una scintilla oscura, di nuovo quel pensiero terrificante si fece strada dentro di lei. Era semplice, quasi ridicolo.

Falla finita.

Bastava legare gli stracci di cui era avvolta alla finestra, avvolgerseli intorno al collo e lasciarsi andare, mentre la vita volava via dal suo corpo e raggiungeva suo padre e suo fratello nell’aldilà.

Semplice.

Sarebbe stata la sua ultima ribellione, il suo ultimo atto di sfida.

Poi il corno suonò di nuovo, e questa volta fu certa di non essersi ingannata.

Balzo in piedi, mentre la vita le scorreva dentro potente e generosa, avvolgendo ogni fibra del suo corpo.

Il corno suonò ancora, e ad esso si unirono altre voci, centinaia, migliaia di grida squillanti.

Prese il secchio dove faceva i bisogni, lo rovesciò e ci salì sopra, arrivando a sbirciare dalla finestra.

Lontano, su una collina erbosa, un cavaliere si ergeva solitario. La distanza impediva di scorgere il volto, ma quando vide la chioma ramata danzare nel vento capì subito chi era quell’uomo.

Perché non era un uomo.

Era una donna.

Arya Stark, figlia di Ned Stark e Lady di Grande Inverno, strinse forte le sbarre della sua cella.

Sua sorella veniva a salvarla.

 

Sansa Stark, Rosa del Nord e Giovane Lupa, donna e soldato, principessa e guerriera, osservò il cupo castello ergersi minaccioso a qualche miglio davanti a lei e sentì una rabbia prepotente scuoterla dai piedi alla punta dei capelli.

Aveva pianto, aveva sofferto, era stata picchiata, maltrattata, umiliata e derisa. Era stata la figlia di un traditore e la sorella di un re morto.

Ma non adesso. Non in quel momento.

Ora Sansa avrebbe avuto vendetta.

Con un gesto che voleva dire tutto, estrasse la sua lunga spada. Dietro di lei, l’enorme esercito del Nord esplose in un boato di gioia ferale. Come un mastodontico rullo compressore, centinaia di migliaia di uomini si misero in moto.

Sansa guardò quella sterminata massa di soldati, tutti pronti a morire per lei. Erano i suoi uomini, i suoi fratelli, i suoi figli.

«IL NORD NON DIMENTICA!» gridò con tutta la voce che aveva in corpo.

«IL NORD NON DIMENTICA!» rispose il suo esercito.

Mentre il suo destriero acquistava velocità, Sansa ebbe l’improvvisa certezza che una disperata richiesta d’aiuto giungesse dalle mura impenetrabili del castello.

Abbassò la spada, e la marcia divenne carica.

 

Non temere, sorella mia. Sto arrivando.


 



«Lady Sansa, tu vivrai più a lungo di tutti noi.»
-Tyrion Lannister






L'ANGOLO DELLA CHIACCHIERA: era da tempo che fantasticavo su su una Sansa in armatura che riprende in mano il Nord sbandato e finalmente le suona un po' a tutti. Poi un giorno l'intenet mi venne in aiuto. Ovviamente la mia testa non ha voluto saperne di smettere di ronzare finchè non ho buttato giù questo racconto, che spero diverta voi come ha divertito me scriverlo. 
Il personaggio di Mercer Frey l'ho inventato di sana pianta. Il nome proviene da un personaggio del videogioco Skyrim che porta lo stesso cognome della famiglia delle Due Torri, e non ho resistito a portarlo qui nei sette regni. Mi piaceva l'idea di un Frey che non è proprio un miserabile stronzo, e che è costretto a sostenere il marchio di infamia della sua non certo virtuosa famiglia.
Quasi certamente la storia prenderà un'altra piega, ma nel frattempo mi balocco con questo futuro futuribile di spavaldi Frey e principesse guerriere.
Detto ciò mi inchino e riverisco, e alla prossima storia!

 

  
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