Ciao
a tutti!
Questo
capitolo è stato un po' difficile da scrivere, sopratutto la
prima parte che
sembra non abbia senso. Fidatevi, ne ha nell'ottica cambiamento Lele.
Ringrazio
chi ha inserito questa storia nelle liste particolari e chi ha
recensito. Come
al solito ringraziamento pubblico con nick in grassetto ai nuovi
recensori.
Grazie
a Elenri per i banner che sforna a un ritmo impressionante oltre che
sempre di
alto livello. Grazie!
Vi
lascio al capitolo... BUONA LETTURA!
---ooOoo---
«Tu...
Tu sei Satana in persona! Sei
venuta sulla terra per rendere la mia vita impossibile! Poi, cosa mi
hai dato?
È amaro come la morte! Per colpa tua mi ritrovo te come
ragazza! Il tuo amico
gay mi vuole stuprare! La mia macchina è stata sequestrata!
Ho una multa da
guinness da pagare! Tu sei direttamente un’arma di
distruzione di massa! Tu non
porti sfiga! TU SEI UNA SFIGA!» e con quello bevvi un'altra
sorsata di quella
cosa e non sputai ma tornai nella camera e mi gettai sul letto a peso
morto
sotto il suo sguardo perplesso.
Glee
tornò
in camera e annusò la tazza che teneva in mano e poi ne
bevve un piccolissimo
sorso (anche perché berne di più si rischiavano
conati di vomito).
«No,
è
corretto… pensavo di aver sbagliato le dosi e di averti
avvelenato» disse
posando la tazza sul tavolino.
«Perché?
Mi
hai dato della cicuta?» chiesi sarcastico.
«No.
Del
veleno del ragno crociato…» scattai immediatamente
a sedere e la fissai
sconvolto.
«Ma
pochissimo… non ti fa male…» scattai in
piedi e la agguantai per i polsi.
«Tu
sei una
pazza» scandii chiaramente mentre mi avvicinavo.
Lei
continuava ad arretrare ed io ad avanzare ma quella stanza non era
immensa e in
un attimo Glee si ritrovò con le spalle al muro.
Letteralmente.
«Lele,
calmati. Non è niente di grave… non ti avrei mai
avvelenato… ho provato
parecchie volte quell’infuso e l’ho già
dato anche a Consuelo. Fa bene,
davvero…» ormai balbettava.
La mia
pazienza, che quel giorno era stata messa a dura prova, era
completamente
andata via nello scarico con il resto della medicina che rimaneva
ancora da
bere.
Mai
più
fidarsi di una scellerata come quella!
«Oggi
ho
avuto una giornata che dire pessima è un eufemismo e tu vuoi
uccidermi? Giuro
che prima ti tiro il collo come a una gallinaccia spellata»
probabilmente avevo
anche qualche vaso sanguigno rotto nei bulbi oculari perché
vedevo Glee davvero
spaventata adesso.
«Ti
prego,
scusami» pigolò.
«Dovrai
fare meglio di così per farti perdonare» la mia
faccia era a un centimetro dal
suo naso. Lei ci pensò un attimo e poi propose una cosa
scioccante.
«Senti…
se
mi prometti di tenere le mani a posto, mi metto il completino che mi
hai
comprato e ti faccio vedere come mi sta… ma tu mi perdoni di
tutto». Questa era
una bomba! Una deflagrazione senza precedenti che lasciava sul campo
tutti i
miei neuroni ancora sani. Il mio essere animale sbavante dietro a una
figa,
cominciò a ululare alla luna.
Finsi di
pensarci, poi annuii.
«Andata.
Cambiati e fammi vedere come ti sta» dissi lasciando i suoi
polsi leggermente
arrossati dalla stretta delle mie mani.
Mi vendevo
per poco, ne ero consapevole, ma avevo speso un capitale e me
l’ero immaginata
in ogni dettaglio, adesso volevo constatare se i miei pensieri erano
corretti o
meno. Era tutto per una indagine scientifica.
«Lo
immaginavo... Scopatore universale, vai a sederti sul divano»
mi indicò il
cuscino con un gesto di stizza e, raccolto il sacchettino,
andò direttamente in
bagno sbattendo la porta. Ops, forse si era arrabbiata.
Era molto
arrabbiata, sentivo sbattere le ante dei mobiletti e lei che borbottava
cose
incomprensibili con astio. Onestamente la cosa mi faceva davvero
sorridere.
Dopo
più di
cinque minuti di attesa, iniziavo a pensare che avesse cambiato idea.
Che
codarda! Che sarà mai farsi vedere in reggiseno e mutandine?
«Sei
pronto?» chiese. Vidi distintamente abbassarsi la maniglia e
deglutii
rumorosamente.
Avevo le
mani sudate e la gola secca. Cosa poteva esserci di così
sconvolgente? Ne avevo
viste di ragazze e certo che Glee non poteva essere tanto diversa dalle
altre!
Tette,
culo, gambe saranno tutte nella stessa posizione e, visto la taglia che
avevo
acquistato, il personalino della pazza avvelenatrice non era per niente
da
buttare.
«Vieni
pure... sono pronto!» quasi mi stravaccai sul divano e mi
stampai un sorriso
vittorioso sulle labbra.
«Puoi...
spegnere le luci e accendere solo le due lampade? Vorrei un pochino di
atmosfera». Scoppiai a ridere e obbedii subito.
La maniglia
era completamente abbassata e la porta del bagno si aprì
lentamente. Un braccio
uscì dall'apertura e poi seguito da una spalla, una gamba,
il busto, la testa e
tutto il resto.
«Vuoi
anche
la musica? Vuoi farmi uno spogliarello stile nove settimane e
mezzo?» chiesi
sarcastico mentre la osservavo che avanzava lenta verso di me...
coperta da un
accappatoio azzurrino.
Lei
sbuffò
e arrossì leggermente mentre mi consegnava il cellulare
«In realtà volevo
mostrarti questo».
Sul display
campeggiava la foto presa allo specchio del bagno che mostrava dal
collo in giù
un corpicino slanciato, senza difetti e tutto curve, coperto dal famoso
completino da mutuo.
«Hai
detto
che se non ti toccavo potevo guardarti dal vivo! Così non
vale!» dentro di me
si ammosciò tutto, dalla mia euforia al mio grande fratello.
«No.
Io ti
ho detto che mi mettevo il tuo completino e ti facevo vedere come mi
stava. È
quello che ho fatto! Quello è il completino e quella
è la foto che ti fa vedere
come mi sta» disse vittoriosa piazzando il dito
sull’immagine.
Velocemente
mi alzai e andai sotto una lampada facendo finta di vedere meglio, nel
frattempo mi inviai un messaggio, questa qui era talmente stronza che
non
appena si fosse rimpossessata del cellulare l’avrebbe subito
cancellata.
«Allora?
Sei soddisfatto?» chiese quasi ansiosa.
«Chi
mi
dice che sei tu lì sotto?» le domandai. Insomma,
il fisico che c’era su questo
display era da resurrezione, probabilmente neanche Megan Fox aveva un
corpo
così perfetto e la signorina dalle venti maglie sovrapposte
non faceva vedere
neanche un centimetro di pelle a sbagliarsi.
Ero certo
di non aver mai visto le sue gambe. Metteva sempre quei pantaloni
mimetici
oppure i cargo, talmente larghi che ero convinto contenessero anche la
sua
gemella invisibile.
«Non
posso
dare una sbirciatina?» occhioni da cucciolo a manetta e
sorriso da strappa
mutande iper collaudato al seguito.
«No»
disse
in modo secco e deciso riprendendosi il cellulare e smanettando
velocemente per
cancellare la foto. Lo sapevo che l’avrebbe fatto.
Sorrisi
sornione al lampo di genio che mi aveva appena illuminato.
«E
poi non
sei stata ai patti! Io non ho visto come ti sta di dietro dal
vivo… hai
presente? Schiena…» era all’angolo.
Non le
avrei permesso di andare ancora in bagno a gabbarmi come prima. Doveva
togliersi quel cavolo di accappatoio tanto enorme da poter coprire
anche Hulk,
e farmi dare un’occhiata.
«Stai
scherzando?» stava ansimando. Adesso cominciava a capire come
ci si sentiva a
essere presi in giro?
«Sedere...»
si stava arrabbiando?
«Non
oserai
chiedere...». Oh sì, invece. Avevo proprio un
sorriso soddisfatto in faccia.
«Scapole...
hai notato che sul retro ci sono tante cose che iniziano per
esse?». Stavo
divagando ma è così soddisfacente.
«Anche
stronzo inizia per esse, ma quello si riferisce a te» ribatte
irritata.
«Allora?
Sto perdendo la pazienza» incrociai le braccia e alzai un
sopracciglio. Lei
sbuffò.
«Se
ti
dicessi di no?» provò ancora.
«Allora
saresti una che non sta ai patti e ricominceremmo la guerra di prima.
Credevo
che fossi una persona di parola con una dirittura morale»
stavo scherzando.
Poteva anche mandarmi a quel paese e non avrei potuto rinfacciarle
niente se
non prenderla in giro per l'eternità.
Si vedeva
che era determinata a non darmi soddisfazione e nello stesso tempo era
combattuta dall'orgoglio di rispettare la parola data.
Dopo alcuni
minuti, che a me parvero ore, si decise ad acconsentire.
«Va
bene.
Però devi stare ai patti: niente mani»
intimò con il dito minaccioso.
«Parola
di
scout» alzai la mano e feci il giuramento immaginario
incrociando le dita
dell'altra mano.
«Scommetto
che neanche l'hai fatto lo scout» ribatté mentre
si voltava e scioglieva il
nodo della cintura.
«Chissà...
magari un giorno te lo dico» risposi a voce bassa mentre
seguivo ogni singolo
movimento della ragazza davanti a me.
Un grosso
sospiro accompagnò lo scivolare dell'accappatoio oltre le
spalle, giù per le
braccia. A poco a poco si scoprì le clavicole delicate, le
scapole sensuali, la
colonna vertebrale flessibile tagliata a metà dal gancio del
reggiseno. Poi
l'accappatoio scese oltre, sull'incavo dei reni, sulle fossette proprio
sopra
le natiche e poi più giù ancora a scoprire le
mutandine che avevano la forma
rotonda del suo sedere.
Spostò
l'accappatoio sul davanti appoggiandolo al torace e lasciando il retro
del suo
corpo alla mia vista.
Le gambe
snelle e sode che, con le loro curve leggere e armoniose arrivavano
alle
caviglie sottili. Il retro accennato del ginocchio, la curva delle
natiche, i
fianchi... era tutto perfetto. Una figura così eterea e
perfetta da sembrare
finta. Eppure era lì, palpitante davanti a me.
Fu
impossibile impedire alle mie gambe di muoversi. Strinsi i pugni per
non fare
cose delle quali mi sarei pentito e avanzai verso di lei.
Aveva
tirato i capelli sul davanti, quel colore blu con le ciocche rosa che,
incredibile, era così intonato con il candore della pelle.
Avrei voluto
sfiorarla per vedere se la grana era davvero fine come appariva, se era
davvero
serica quanto splendente.
Glee non
respirava, stava immobile davanti a me e non diceva nulla fissando un
punto
indefinito sulla parete. Non riuscii a fermarmi prima, volevo sentirla
e
poggiai il mio petto alla sua schiena. Subito si irrigidì
dalla sorpresa.
«Non
dovevi
toccarmi, non era nei patti» disse con voce bassa e roca.
Allora non ero solo
io completamente rapito da questa situazione.
«Non...
non
sto usando le mani» balbettai sottovoce. Che scusa stupida,
sarebbe stato più
onesto risponderle che non ero riuscito a evitarlo perché mi
serviva questo
contatto per non impazzire. Sentii il suo respiro agitato mentre mi
rispondeva.
«Adesso
basta, Emanuele». Sorrisi, più che un divieto
sembrava un invito a continuare,
abbassai la
testa e sfiorai il suo collo con il naso. Che profumo.
Il silenzio
era rotto solo dal nostro respiro eccitato e... dallo squillo
insistente del
cellulare di Glee appoggiato sul tavolino.
Fu come se
si fosse rotto un vaso di cristallo, mandando i suoi pezzi da tutte le
parti
possibili. Glee nel momento in cui sentì la prima nota fece
un salto e da lì a
rinfilarsi l'accappatoio fu un istante. Quando rispose aveva il fiatone.
«Pr...
pronto» ma non era ancora padrona di tutto il suo corpo,
esattamente come me
che barcollai indietro sino a sedermi sul divano.
“Glee,
sono
Sara. Posso tornare? Avete sistemato voi due?”.
«Certo,
vieni pure, Lele stava per uscire» rispose lei atona.
Alzai di
scatto la testa a sentire quelle parole. No, non volevo andare via,
dovevamo
parlare.
“Se
è
ancora lì aspetto che esca, chiamami quando è
libero”. Sentii distintamente che
Sara ci concedeva ancora alcuni minuti e avrei dovuto farmeli bastare.
«Sei
bellissima» sussurrai non appena appoggiò il
cellulare. Le tremavano le mani e
sembrava spaurita come un gattino. A sentire quelle parole
alzò uno sguardo
duro.
«Non
dire
cazzate» ordinò e fece per andare di nuovo a
chiudersi in bagno perciò la
afferrai per un braccio.
«No.
Adesso
mi stai a sentire. Sei la persona più allucinante che
conosca, sei testarda,
sei isterica, hai meno gusto nel vestire di una foca monaca da circo,
ma sei
davvero bellissima. Ti giuro che non ho mai visto qualcuno
più bello di te». A
sentirmi dire certe cose... avevo paura che le mie orecchie
disertassero la
testa recidendosi con un taglio netto e fuggendo disperate. Dubitavo di
aver
mai detto una cosa del genere in tono tanto appassionato come in quel
momento.
«Come
se ne
fossi convinto... lascia stare, è stato già
parecchio umiliante, non
infierire». Il suo tono di voce era triste e rassegnato, come
se non credesse
minimamente a quello che le avevo detto.
Sospirai
frustrato. Un'altra insicura. Perché mai le ragazze si
devono fare tanti film
mentali sul fatto di non piacere. È l'uomo che sa cosa gli
piace e se non gli
piaci te lo fa capire, non siamo così raffinati da fare
complimenti a vuoto.
«Gloria... Gloria, guardami» i suoi occhi si
spostarono dal pavimento al mio
viso «Non nego di aver visto tante ragazze meno vestite di
te, ma ti prego...
credimi quando ti dico che tu le superi tutte. Hai un corpo perfetto, e
sei
bella in molti sensi... anzi, in tutti i sensi che mi interessano.
Fidati, io
sono un esperto» sorrisi e le strizzai l'occhio cercando di
alleggerire
l'atmosfera.
«Già,
sei
lo scopatore universale» commentò facendo
comparire un rapido sorriso sulle sue
labbra. Quelle labbra...
Senza che
me ne accorgessi mi abbassati per baciarla e lei fece un salto indietro
e mi
diede un bel cazzotto diretto allo sterno. Okay, adesso sì
che mi era venuto il
livido.
«Ahio!
Ma
che ti prende!» sbottai. L'incanto era definitivamente rotto,
quella era solo
una pazza scatenata. Ci voleva la camicia di forza, altro che carezze.
«Mi
stavi
per saltare addosso... oh, lo so come fate voi ragazzi! “sei
bellissima, sei la
cosa più bella che abbia mai visto, sei meravigliosa... sei
la mia vita, non
posso vivere senza di te” e poi vi troviamo dietro l'angolo
con la troietta di
turno a dirle “sei la mia vita, non posso vivere senza di
te”. Perché è così,
vero? Non potete vivere senza un harem che vi gratifichi. L'uomo
sapiens non è
programmato per essere monogamo e tu ne sei l'esempio
lampante» e detto questo,
si rifugiò in bagno lasciandomi lì allibito a
cercare di capire quando mai le
avessi detto che lei era la mia vita.
«Gloria,
esci» ormai erano dieci minuti che imploravo di aprire la
porta. Poteva essere
anche caduta nel water per quanto ne sapevo. Al momento ero indeciso se
aiutarla
o tirare lo sciacquone.
«Esci
dalla
mia stanza, così chiamo Sara» mi rispose lei
ostinata.
«Esci
subito o faccio saltare la serratura e ti tocca pagare la
riparazione». Passai
alle minacce.
«Osa
fare
una cosa simile e io...». Di cosa poteva minacciarmi? Di
farmi andare in
bianco? Già ci andavo con lei!
«Senti,
sei
la mia ragazza, non farmi stare in pena per te, per qualcosa che ho
fatto. Esci
dai. Per favore, poi ti prometto che me ne vado» giurai
dietro la porta. Chissà
come, ero riuscito a convincerla e la porta si aprì.
«Non
sono
la tua ragazza! È solo una recita, mettitelo in
testa» sbraitò agitando le mani
davanti alla mia faccia. Era davvero fuori di sé.
«Vuoi
dire
che adesso non mi dai un bacino? Uno piccolo piccolo?».
Adoravo prenderla in
giro. Diventava ancora più isterica se possibile e le sue
guance si coloravano
di un adorabile rosa.
«No.
Quando
siamo da soli non è il caso di fare smancerie»
rispose spingendomi con il
chiaro intento di sbattermi fuori.
Appena
aperta la porta ci trovammo appoggiati al muro di fronte, Sara e Gian
che
stavano chiacchierando e ridendo.
«Oh,
noi...
ehm, stavo aspettando di rientrare e lui mi faceva compagnia»
si giustificò la
cinese, indicando il Fassi che stava sogghignando.
«Sei
stato
veloce» bisbigliò al mio indirizzo ma feci finta
di non aver sentito. C'era una
cosa di cui dovevo assolutamente approfittare prima.
Eravamo in
compagnia e quindi ero autorizzato alle smancerie, che a Glee piacesse
oppure
no. Agganciai il maglione chilometrico che portava e senza darle il
tempo di
pensare mi chinai su di lei e le diedi un bacio.
Non mi
arrischiai ad approfondire, non era il caso di rimanere con un pezzo di
lingua
in meno, però la presi tra le braccia e la strinsi forte.
«Uau!
Lele,
che passione!» rimarcò Gian «Sara, ci
vediamo. Dai, Romeo, andiamo a casa prima
che ti metti a copulare direttamente in corridoio».
Mi staccai
da Glee mettendomi a ridere «Guarda che sei tu quello che si
è scopato quella
rossa direttamente nel corridoio di facoltà».
Per
sicurezza scrutai Glee prima di trovarmi un palo di ferro schiantato
direttamente sul coppino. Infatti non sembrava molto felice
«Ti
ho
detto di non baciarmi» sibilò Glee aggrappandosi
al colletto della maglia.
«No,
tu hai
detto di non fare “smancerie” in privato, ma adesso
abbiamo un pubblico» feci
un cenno verso il Fassi e la sua amica e in tutta risposta quella
angelica
della mia finta ragazza mi diede un altro pugno sullo sterno.
«Ahi!
Giuro
che se lo fai ancora te lo rendo con gli interessi!» strinsi
il suo polso minaccioso
ma lei sostenne il mio sguardo con lo stesso cipiglio scuro.
«Uh
uh.
Quanto amore sento nell'aria» scherzò Gian che mi
aspettava impaziente. Feci
per allontanarmi, salutando le ragazze quando Glee mi
richiamò con un tono di
voce stranamente dolce. Il campanellino della mia sopravvivenza integra
squillò
insistente per proteggermi.
«Dimmi,
Gloria» risposi tranquillo, cercando di trattenere la
curiosità. Perché mi
aveva richiamato? Cosa aveva in mente?
«Tra
due
giorni è sabato. Mi accompagneresti in un posto? Sarebbe
sabato sera. Ho
promesso a una persona di andarci ma preferirei avere
compagnia» mi pregò con
l'espressione più tenera che mi avesse mai rivolto.
«E'
una
festa?» chiesi e avrei fatto altre domande se Gian non fosse
tornato alla
carica con la sua fretta. «Perché fai domande?
È la tua ragazza, no? Ti ha
chiesto un favore e tu farai il bravo e la accompagnerai... queste
scene da
Lele innamorato non me le voglio proprio perdere. Posso
seguirvi?». Ecco questo
era qualcosa da evitare, se no avrebbe visto tutte le botte che dava
lei quando
mi avvicinavo troppo.
«Gian,
sei
il solito! Lasciali in pace e vieni con noi. C'è un mio
amico che fa un
concerto al House In...» intervenne Sara. Che cara ragazza.
«Allora?
Lele, mi accompagni?» chiese ancora Glee.
«Tutto
quello che vuoi, amore» le risposi. Era divertente vedere le
facce buffe che
metteva su quando tiravo fuori questa storia. Questa volta invece si
limitò a
fare una smorfia seguita da un sorriso finto e tirato. Cosa aveva
escogitato?
Con questa
domanda esistenziale mi diressi verso l'uscita, facendo compagnia a
Gian per
tutto il tragitto del ritorno al nostro appartamento.
Quella era
stata davvero una giornata campale, mi era successo praticamente di
tutto. E
ora mi ritrovavo con una ragazza... non sapevo cosa pensare di Glee. Mi
sembrava una tipa tutta da scoprire in tutti i sensi. Un caratterino
multiforme
da prendere con le molle era stimolante, un corpo dove non c'erano
abbastanza
aggettivi superlativi per descriverlo era eccitante. Ci sarebbe stato
da
divertirsi. In un angolo del mio cervello, una vocina mi
suggerì anche che
poteva esserci un altro rischio per la mia persona, ma passai oltre
senza
soffermarmi troppo.
«Allora,
adesso raccontami tutto. Parti dallo spiegarmi perché
Glee». Gian camminava al
mio fianco. Non avevamo la macchina ed eravamo costretti a tornare a
casa a
piedi o con i mezzi pubblici, ma quella sera avevamo voglia di fare
quattro
passi.
Mani in
tasca avanzavamo lenti.
«E'
particolare, è simpatica e molto carina» risposi
stando abbastanza vago.
«Più
della
metà della tua rubrica telefonica corrisponde a quella
descrizione. Intendo
dire la tua descrizione. Per te particolare vuol dire scema, simpatica
vuol
dire che la da a tutti e carina che si può guardare. Devo
applicare questa
logica anche alla tua nuova ragazza?».
Ma ero
così
superficiale? Ci pensai un attimo e risi del profondo ragionamento del
Fassi.
Era quasi un miracolo quando usava il cervello.
«No.
Lei è
davvero un tipo particolare, simpatico e carino. Senza
sottintesi» gli chiarii.
«Come
fai a
dire che è carina? Certo, di viso non è male ma
ci sono altre decisamente
meglio. Per il resto potrebbe essere anche una taglia cinquantaquattro
che non
me ne accorgerei».
«Prova
a
immaginare un fisico bellissimo. Il più bello di tutti.
Quello perfetto»
suggerii.
«
«Sì,
va
beh. Diciamo più morbido» cercai di portarlo verso
il pensiero giusto.
«
«Non
ci sei
ancora. Più carne che plastica» adesso ci sarebbe
arrivato.
«Un
ciborg
stile fumetto manga! Non sapevo che Glee fosse giapponese».
Mi misi le
mani sulla testa e scossi i miei riccioli ribelli. Niente da fare, Gian
era
sempre il solito, quando sembrava che avesse un barlume di
intelligenza, questa
affogava negli altri residui di scorie.
«Ha
un
corpo da favola. Non hai mai visto niente di così perfetto.
Hai presente
Valentina? Cento volte meglio» sbottai. Forse così
avrebbe capito.
«Quando
dici cento volte meglio ti riferisci a una singola parte o a tutto
l'insieme?
Perché a me mica piaceva tanto lo stacco di
cosce...». Niente da fare. Quando
non voleva capire, non c'era nessuno peggio di Gian per riuscirci.
La strada
verso casa al freddo ebbe la capacità di schiarirmi le idee.
Quella
giornata era stata tremenda. Mi ero svegliato con l'impegno di aiutare
Lily per
la spesa, mi ero ritrovato scoperto da Glee, mi ero dichiarato per
scherzo, mi
avevano affibbiato una ragazza che aveva cominciato subito a
sfruttarmi, ero andato
a fare una commissione e mi ero trovato assalito da commessi arrapati
ad
acquistare completini intimi da stupro. Mi avevano requisito la
macchina, mi
ero preso la pioggia ed ero quasi stato avvelenato da quella pazza
psicopatica.
Però,
l'ultima parte della giornata non era stata niente male. Appena
chiudevo gli
occhi vedevo la schiena di Glee, i glutei, le gambe e poi le labbra, il
bacio
sul tappeto e ancora sulla porta.
Era la mia
ragazza per finta ma, ad essere sincero, non mi dispiaceva per niente.
Magari
se fosse rimasta zitta sarebbe stata perfetta, visto il fisico che si
ritrovava. Non si poteva avere tutto dalla vita, ma quella ragazza era
senz'altro un buon inizio.
Forse
essere fidanzato poteva essere una bella esperienza, in fin dei conti
non mi
era mai capitato.
Quando
arrivai a casa, Mattia e Jake erano in cucina ad aspettare il nostro
ritorno.
«Niente
uscita con le vostre ragazze?» chiesi ironico mentre mi
accomodavo al tavolo e
annusavo i manicaretti che quei due stavano preparando.
Per essere
dei ragazzi non ce la cavavamo male. Ormai la pasta e le bottiglie di
sugo non
avevano più segreti, e dopo aver capito che la piastra non
mangiava la carne ma
la cuoceva, andavamo verso la civilizzazione dei fornelli.
«Starò
con
Lily domani e sabato e credo che Jake riesca a stare una sera senza la
dolce
Consuelo... oggi è giovedì, giusto? Serata tra di
noi. Poi, Lele, tu hai
qualche cosa da dirci, giusto?». Mattia sembrava tornato
apposta per sapere
tutto di questa storia, perciò mi armai di pazienza e
cominciai a raccontare la
storia molto romanzata e senza riferimenti a una notissima bionda.
«Beh,
è
stato davvero imprevisto. Non so neanche io come sia successo ma mi
sono
accorto che mi piace» e forse era anche vero.
«Ma
lei? Ti
è caduta tra le braccia così?» chiese
scettico Jake. Conoscendo Glee, sarei
stato scettico anche io.
«A
dire il
vero, proprio per niente. Mi ha detto che forse avrebbe potuto
funzionare ma
che per ora ero in prova. Secondo lei dovrei corteggiarla, farla
innamorare e
regalarle il sogno dell'amore stile Disney» ero appoggiato
sul tavolo con il
gomito e scrutavo la faccia sconvolta degli altri tre.
«Stai
dicendo che ti vedremo sospirare, comprare fiori e cioccolatini e
correre da
lei appena schiocca le dita?». Gian era decisamente incredulo.
«Il
fatto
di correre lo sto già facendo per tutti voi, quale sarebbe
la differenza?»
obiettai.
«Per
una
ragazza che non sia una tua cara amica? Mai»
confermò Mattia.
Forse aveva
ragione, non mi ero mai sbattuto per qualcun altro che non fossero i
miei
amici, gli unici ai quali riuscivo ad appoggiarmi e di cui mi fidavo.
«Fammi
capire. Lei ti piace talmente tanto che le farai da zerbino? Ti ricordi
come si
è ridotto Jake quando si è messo con
Consuelo?». Gian non aveva mai digerito
l'atteggiamento servile dei primi tempi di suo fratello.
Solo con il
tempo e osservando con attenzione, avevamo capito che quella incapace
di dire
di no era la spagnola.
«Non
ero
uno zerbino» protestò il Fassi «In ogni
caso ho avuto il premio... come me lo
sia guadagnato non ha importanza». Una rivelazione!
«Vuoi
dire
che non importa cosa potrà accadere, devo agire per arrivare
all'obbiettivo
finale?». Mi sentivo come una spia del controspionaggio.
«Esattamente!
Questa è una guerra. Tu sei l'armata che circonda il
castello, lo assedia e lo
deve espugnare. Devi avere un piano, studiare le difese e demolirle a
una a una
e poi contrattaccare sino ad arrivare alla vittoria»
spiegò esultante Jake.
«Più
prosaicamente, entrare nel suo letto e poi nella sua vagina»
chiarì Gian con il
suo solito modo signorile di descrivere qualcosa, rigorosamente a luci
rosse.
«Credo
che
Jake intendesse 'entrare nel suo cuore e farla innamorare di
te'» intervenne il
dolce Mattia. Solo lui poteva essere così svenevole e
romantico e trombare selvaggiamente
con la sua ragazza almeno due volte al giorno.
«Comunque,
se già non le piacessi, non ti avrebbe mai dato una
possibilità» commentò Jake
incoraggiante.
Peccato che
la possibilità non solo non me l'aveva data, ma neanche
esisteva. Era tutta una
recita per pararmi il culo. Che situazione di merda.
Beh, io me
l'ero cercata e io avrei dovuto tirarmene fuori.
«Allora?
Sabato? Dove vai con la donzella?» chiese Gian, ricordandosi
dell'appuntamento
che Glee mi aveva strappato davanti alla sua porta.
«Non
ne ho
la più pallida idea, ma può essere una buona
occasione per iniziare l'attacco
alla fortezza» strizzai l'occhio a Jake che mi
alzò il pollice in segno di
approvazione.
«E
tu?
Niente per sabato?» chiese Mattia, portando i piatti di pasta
in tavola.
Gian
arrossì «Sara mi ha invitato a una serata di
musica di un suo amico». Sembrava
imbarazzato. Perché non infierire? Lui lo faceva sempre.
«Che
intenzioni hai con Sara? Ti comporti quasi da umano con lei»
commentai leggero
guardando il piatto, mentre lo osservavo sottecchi.
Lui
sbuffò
infastidito «Cosa vuoi che ti dica? Anche io devo pur farmi
qualcuna e se devo
lavorarci sopra un pochino... Mica ce le ho tutte disponibili come con
te».
Ecco che
ricominciava, ma cosa centravo io se le ragazze erano così
vuote da voler
scopare con uno al quale non interessava nulla di loro.
«Non
trattarla male, lo sai che è la piccolina della casa dello
studente, se Lily o
Consuelo intuiscono qualche cosa di marcio nel tuo modo di fare,
castrano te e
noi due facendoci lo sconto comitiva!» lo avvisò
Mattia lievemente preoccupato.
«Parlate
come se fosse una minorenne. Mica ha quindici anni»
protestò il gemello.
«Vero,
ma
non è neanche una che la dà per sport. Fidati,
riconosco i tipi e quella è
decisamente blindata» intervenni io.
«Okay,
farò
il bravo... poi comunque Sara è simpatica, non
sarà tanto male». Sembrava che
Gian fosse sulla via della redenzione e che avesse deciso di arrendersi.
«A
proposito delle altre, come la metti con le ragazze che ti cercano e
alle quali
tu non disdegni attenzioni?» mi chiese Mattia mentre finiva
di mettere i piatti
sporchi nel lavello.
«Cosa
intendi?».
«Che
tu hai
una rubrica piena di numeri di ragazze, più che disposte a
concedersi a te,
come farai a rinunciare a tutte per una? È un cambiamento
davvero epocale per
te».
Mattia
aveva ragione. Sarei riuscito a cambiare così la mia vita?
«Mi
ha
chiesto di esserle fedele» sussurrai. Quasi volevo scavarmi
un buco e
seppellirmici dentro. Io fedele? Mica ero un cagnolino! Non ero un lupo
o
un'aquila reale, io ero una tigre, un poligamo conclamato ed
irrecuperabile.
«Uhmm. Sembra che sei proprio in prova, ed io con Glee ci starei
attento
con queste regole. Una volta l'ho vista alle prese con un tizio, giuro
che l'ha
fatto piangere». Questa cosa non suonava tanto bene.
«Allora
adesso vado a dormirci sopra, così ci penso e vedo se
continuare questa cosa o
lasciare perdere» dissi alzandomi.
Passai il
venerdì in stato quasi vegetativo. Avevo solo una lezione in
facoltà ma non ero
abbastanza concentrato per provarci anche soltanto ad uscire di casa,
pertanto
andai a ritirare l'auto al deposito e pagai la multa per poi tornarmene
a
dormicchiare.
Sembrava
fosse passata un'eternità da quando sospiravo per Lily e
adesso il suo pensiero
non mi aveva neanche sfiorato.
Da quando
Glee mi era entrata così dentro? Dalla sera dei funghi?
Dalla dichiarazione
finta? Dal bacio sul tappeto? Dallo spogliarello che mi aveva regalato
la sera
prima?
Continuavo
a guardare il suo corpo sul display del cellulare. Quella figuretta da
pin up
anni cinquanta da far sognare chiunque.
Eppure non
era solo il suo corpo, era la sua testa che mi intrigava. Il suo essere
fuori
dagli schemi, il suo carattere forte eppure così dolce e
disponibile. Voleva
proteggere Lily e aveva
incastrato me.
Chissà se davvero era così o magari un pochino le
piacevo?
Perché
se
ero sincero con me stesso, lei mi piaceva parecchio.
Non era una
delle solite disponibili che mi scopavo a tempo perso, lei era vera,
era viva e
mi sconvolgeva l'esistenza.
Certo, se
il resto dei miei giorni fosse stato come ieri, mi sarei suicidato,
anche
perché l'alternativa sarebbe stata una lunghissima terapia
psicologica. Però
avevo la speranza che, se ci fossimo davvero messi insieme, le cose
sarebbero
andate meglio.
Dovevo
provarci sul serio con lei? Dovevo provare ad innamorarmi ancora una
volta?
Era questa
la domanda più difficile.
Se davvero
lei non provava niente per me ed era solo per coprire Lily, allora se
mi
buttavo in questa avventura senza salvagente, avrei rischiato di
rompermi
ancora e questa volta niente e nessuno sarebbe riuscito a rimettere
insieme i
miei pezzi.
«Un
passo
per volta, Lele» mi dissi.
Potevo
cominciare a frequentarla e conoscerla, poi se ci fossimo trovati bene
insieme,
avremmo potuto creare qualcosa di più profondo e nostro.
Sì. L'esperimento
potevo rischiarlo. Decisi di provarci ed affrontai il sabato
più fiducioso.
Sulla mia
segreteria c'erano nove messaggi di ragazze varie e neanche uno di Glee.
«Sei
pronto
per questa sera?» mi chiese Mattia la mattina del sabato.
Avevo
dormito tutta la notte senza sognare nulla. Ero riposato e arzillo,
pronto per
qualsiasi cosa che Glee avesse avuto in mente.
«Credo
di
sì. Ho dormito, ho fatto colazione e adesso mi godo questa
giornata di assoluto
riposo in vista della serata». Quello era il mio programma
per il giorno.
«Che
fine
aveva fatto la tua auto?».
Il mio
cuore si strinse in una morsa. Quello che avevo sborsato per la mia
piccolina
era quasi stato un furto.
«Sosta
vietata davanti a un passo carraio, rimossa dai vigili e portata al
deposito.
Praticamente uno scherzetto da 157 euro» risposi con
scoramento.
«Un
affarone. E perché eri davanti a un passo carraio se mi
è lecito chiedere?».
Bella domanda...
«Stavo
facendo una commissione per Glee» risposi. In quel momento mi
accorsi che
Mattia era decisamente perplesso.
«Fammi
capire. Hai abbandonato la tua adorata auto al rischio rimozione e/o
multa e/o
sfregio, per Glee? Chi sei tu? Cosa ne hai fatto del mio amico
affezionato
barra ossessionato dalla sua macchina? Se non fosse che mi sembra
assurdo,
direi che sei cotto a puntino di questa ragazza». Mattia era
decisamente fuori
di testa per dire una cosa simile.
Io perso
per Glee? In quale film? Ai confini della realtà?
Figuriamoci.
Carina
sì,
senza dubbio. Innamorato? Nah! Assolutamente!
Non risposi
e con la mano lo mandai direttamente a quel paese e lui si mise a
ridere.
Il nostro
discorso finì lì ed io mi dedicai a pensare alla
serata che mi attendeva.
Chissà
come
mi sarei dovuto vestire? Magari si andava in discoteca o in un pub,
oppure a
una festa privata. Meglio saperlo prima.
Presi il
cellulare e risalii al numero di telefono di Glee tramite la foto che
mi ero
autospedito. Era troppo azzardato metterla come sfondo? Tanto non si
vedeva il
viso, lo sapevo solo io.
Il
cellulare iniziò a squillare. Una volta. Due volte. Tre
volte. Quattro volte.
Cinque volte. Sei volte. Stavo per perdere la pazienza. Sette volte. Ma
dove
era andata? Otto volte. Davvero ha seppellito il telefono da qualche
parte?
Nove volte. Ancora una e avrei messo giù. Dieci volte. Giuro
che avrei
riattaccato se non mi rispondeva subito. Undici volte. Ma non va in
segreteria?
Dodic...
“Pronto?”
una voce affannata come per una corsa, rispose al cellulare.
«Gloria?
Sei tu?» chiesi perplesso. Sembrava una voce delle caverne
con l'asma.
“Pronto?
Sì, sono Gloria. Chi parla?”. Tristezza! Non mi
aveva riconosciuto.
«Ciao,
sono
Lele» risposi tronfio.
“Lele,
chi?”. Ma che bastarda!
«Emanuele
Mancini, amore».
“Chi?”.
Era
ancora lunga questa storia?
«Lo
scopatore universale» sospirai e lei si mise a ridere
allegra. Bastarda. Era lì
che voleva arrivare.
“Oh!
Lele,
certo. Dimmi cosa posso fare per te? A parte venire a
letto?”. Simpatica.
«Lo
saprei
ben io... volevo chiederti come dovevo mettermi questa sera, giacca,
giubbotto,
cravatta, nudo... dimmi tu». Sinceramente sperai che
scegliesse l'ultima
opzione. Speranza vana.
“Carino
ma
informale. Camicia e giubbotto andranno benissimo... davvero vieni con
me?”.
Sembrava incredula.
«Certo.
Mi
hai invitato e io sono un ragazzo che segue sempre la sua
dama». Mi parve di
vederla sorridere alla mia battuta.
“Perfetto,
allora ci vediamo alle otto all'hotel GreenRose93
in centro. Puoi anche non mangiare, ci sarà un rinfresco
alla fine. Passo a
prenderti io o preferisci...”. Poteva un ragazzo galante come
me permettere che
una ragazza facesse da taxi? Giammai.
«Passo
a
prenderti io. Sette e mezza così avremo tutto il tempo per
arrivare a
destinazione in orario».
“Perfetto,
ci vediamo questa sera. e... grazie” e chiuse la
comunicazione.
Continuai a
guardare il cellulare per alcuni minuti con uno sguardo leggermente
ebete, poi
mi decisi. Era perfetto come sfondo. Il corpo che tutti mi avrebbero
invidiato
pur non sapendo a chi apparteneva. Caricai la foto e salvai, poi riposi
il
tutto decisamente soddisfatto.
«Secondo
te
dove vuole portarti Glee?» chiese curioso Gian mentre si
stava sistemando allo
specchio. Il dramma di essere quattro ragazzi e un
bagno solo il sabato sera. Chi non ha mai
provato non sa le lotte che bisogna fare per conquistare un pezzo di
specchio o
un minuto di doccia!
«Io,
fossi
in te, mi concentrerei dove vuole portarmi Sara. Pensiamo ognuno alla
propria
ragazza, okay?» risposi piccato. Ero un pochino nervoso e non
avevo neanche
idea del perché. Era solo Glee, la mia finta ragazza. Dovevo
solo passarci una
serata insieme e divertirmi senza aspettarmi niente di più.
«Lily
e
Mattia vengono con noi. Almeno non mi sentirò troppo solo,
anche se sembrerà
una uscita a quattro... avrei preferito ci fossero anche Jake e
Consuelo.
Maledizione a quando l'ha convinto a fare kung fu. Fa pure male se ti
avvicini
troppo!» commentò Gian.
Vero. Jake
e Consi erano tornati nella nostra città per una
manifestazione delle arti
marziali che si sarebbe svolta la domenica mattina.
«Beh,
buon
divertimento a tutti!» augurai chiudendo la porta alle mie
spalle.
«Uau!
Sei
puntualissimo!» esclamò Glee salendo sulla mia
Mito. Naturalmente non era molto
diversa dal solito. I pantaloni erano meno gonfi e più
morbidi, la parte sopra
era coperta da un giaccone trapuntato blu notte che la faceva sembrare
la
moglie dell'omino Michelin, i capelli erano grigi con ciocche azzurre.
Chissà
se sotto si era vestita meglio?
«Hai
ripreso la tua auto senza un graffio o l'hanno ridotta a un
catorcio?»
chiese poi sogghignando mentre mi immettevo nella strada verso la
nostra
destinazione.
«Sei
simpatica come un carciofo infilato nel cu...» sbottai ma
venni immediatamente
stoppato.
«Lele!
Dai,
non voglio litigare. Era solo una battuta... Allora? Sei pronto a
passare
questa serata con me?» chiese con un sorriso splendente.
«Assolutamente.
Ci sarà una festa?» chiesi quasi impaziente.
Cominciavo a rilassarmi e la cosa
mi piaceva.
«Qualcosa
del genere» rispose lei sul vago.
Il traffico
era scorrevole e in men che non si dica ci ritrovammo all'hotel. Girai
attorno
allo stabile e parcheggiai la mia beneamata, poi tornammo sulla strada
ed
entrammo nella hall.
Glee mi
sorrise e mi prese per mano, conducendomi verso una sala che si apriva
sulla
destra.
Sulla porta
c'era un treppiedi con un cartellone.
Era un
convegno. Mi aveva portato a un convegno.
Non sarebbe
stato drammatico, se non fosse stato per il titolo dell'argomento
trattato:
Il
rapporto tra le muffe della Patagonia sud occidentale e i licheni
geneticamente
modificati trovati nello stomaco delle renne della Lapponia.
Si prospettava
una serata davvero divertente.
---ooOoo---
Angolino
mio:
prima
di tutto, grazie a Elenri per le sue idee a cui ho attinto a piene
mani:
giustificare l'interesse di Lele per Glee e il convegno...
Ho
ancora parecchie delle vostre idee da estrapolare e questa serata non
è ancora
finita. Il rinfresco... il dopo convegno... la serata di Gian...
credo
che ci sarà da ridere... ancora.
Comunque
la scena
più divertente è il dialogo tra
Lele e Gian. Il Fassi è proprio fissato con il sesso.
Chissà se Sara riuscirà
ad addomesticarlo?
Per
ora vi ringrazio per l'attenzione e ci leggiamo tra quindici giorni.
Alla
prossima
baciotti